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Autore: Moonshade    30/03/2017    0 recensioni
Un viaggio introspettivo che ci fa vedere come la trasformazione di Gabriel possa essere avvenuta. Il personaggio affronta un dialogo agghiacciante con quella che č la paura pių grande dell'essere umano da secoli, ma che per lui sembra diventare l'alleata pių fidata.
Genere: Dark, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gabriel 'Reaper' Reyes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dark, darker. Yet darker.
 
Mi risveglio al suono di queste parole in una stanza completamente buia. Mi sento appiccicoso, sporco e umidiccio. Decido di stropicciarmi gli occhi per vedere cosa accade, guardo in giro per cercare di distinguere le figure che mi circondano, ma le tenebre continuano ad occupare la mia visuale, come se fossi diventato cieco.
Ci penso un attimo, vengo pervaso da una sensazione d’ansia che mi appesantisce il petto e comincio a sostenere di aver perso la vista. Alzo una mano e la muovo di fronte al mio volto. Ne vedo i contorni confusi, il colore e il movimento, quindi sospiro e accantono quell’idea. Ma la sensazione spiacevole è ancora lì, accoccolata su di me, come potrebbe esserlo un gatto nero, dagli occhi scuri e con l’intenzione di graffiarmi da un momento all’altro.
Provo ad analizzare la situazione a mente fredda per cercare di rispondere alle mille domande che mi annebbiano la mente, ma con scarsissimi risultati. Mi sento come se galleggiassi in un liquido viscoso che impregna la mia pelle rendendomi pesante, allo stesso tempo, però, mi fa rimanere sospeso come se fossi diventato parte integrante di lui, come se io stesso fossi il buio.
Sembra tutto così strano… Un attimo prima ero in camera mia. Il tempo di sbattere gli occhi e mi ritrovo qui dentro, in mezzo al nulla, con un senso di pesantezza addosso che non riesco a capire da cosa possa essere causato. Avverto qualcosa, come se questa non fosse la realtà, come se fosse tutto un sogno.

Cerco di dimenarmi, di tirare calci al vuoto, ma niente. Vengo continuamente bloccato da delle mani invisibili, l’oscurità continua a trattenermi con la sua forza bruta e non mi concede di muovermi. Quando avverto che il panico si sta lentamente impossessando del mio corpo, quella forza misteriosa fa sì che i miei piedi poggino a terra ed è allora che mi è concesso camminare, con un solo problema: le mie gambe sembrano essere risucchiate da una strana melma nera che mi rende difficile il movimento.
Alzo un piede a fatica. Lo vedo sollevarsi e lottare per separarsi da un ammasso nero di liquame che lo avvolge. Rimango lievemente disgustato da tutto ciò e un conato di vomito si fa strada su per la mia gola, ma continuo a lottare contro la fanghiglia finché non riesco a muovere qualche passo.

Sebbene avverta che il cammino proceda lentamente, l’ambiente rimane sempre uguale. È tutto nero, non sembra esserci niente e nessuno, ma sento degli occhi inchiodati su di me, come se qualcuno osservasse ogni mio movimento. La sensazione di ansia cresce a dismisura, le mie dita cominciano a tamburellare un ritmo incostante sulla coscia. Mi stringo nelle spalle e continuo ad andare avanti, il mio unico pensiero ora, verte sul trovare una via d’uscita da quella situazione così scomoda. Un brivido mi attraversa la schiena, come se una mano molto fredda corresse lungo la mia spina dorsale. Una sensazione di distacco mi colpisce improvvisamente e il panico mi assale. Vedo per un attimo me stesso camminare in un luogo tetro, buio e isolato, come se la mia anima avesse preso la decisione di separarsi dal mio corpo. Un attimo dopo, ritorno a vedere i miei piedi che si staccano a fatica dal terreno e realizzo di essere in una situazione di pericolo.

No, non posso più rimanere qui.

Aumento la velocità del passo, mi guardo intorno con ansia crescente, arrivo quasi a correre, ma la melma mi fa inciampare e cado. Incasso la botta con un lamento sommesso mentre il terreno ne approfitta e inghiottisce mani e piedi, privandomi di nuovo del movimento.

Sono nella merda. penso.

Digrigno i denti e sollevo lo sguardo, nel tentativo di vedere qualcosa, qualsiasi cosa, ma me ne pento subito dopo.
Dal fondo dell’oscurità, una strana figura bianca si avvicina progressivamente a me. Sta sorridendo in maniera sghemba, gli occhi neri sono intrisi di celata malignità, man mano che si avvicina noto che è il volto di uno scheletro, le sue mani bianche aleggiano appena più in basso, come se non avesse avuto un corpo. Comincio a pensare che il buio circostante, sia in verità il manto che l’avvolge e, vista la strana situazione, non sembra una supposizione così lontana dalla realtà.
Il respiro si fa corto, comincio a dibattermi contro la fanghiglia cercando, invano, di liberarmene per alzarmi e correre il più lontano possibile, ma l’effetto che ottengo è quello opposto. Infatti, il mio corpo sprofonda sempre di più, come se mi trovassi nelle sabbie mobili.
Cerco di urlare, ma la voce si blocca, come se fossi diventato improvvisamente muto. La sensazione d’impotenza, mi provoca un nodo alla gola che presto sfocia in un pianto silenzioso.
Resta tutto invariato mentre la figura mi raggiunge e prende posizione ad un palmo dal mio naso. Ora ne posso vedere meglio il cranio crepato e ingiallito dal tempo, le mani scheletriche e affusolate si muovono convulsamente, quasi come se fosse nervosa. Lei mi studia attentamente, di rimando.

«E così tu saresti il famoso Gabriel Reyes.» Pronuncia Lei in un sibilo canzonatorio, simile a quello di un serpente «Ho sentito parlare molto di te

«Chi cazzo sei tu?» cerco di dire io, ma la voce torna a bloccarsi in gola e nessun suono fuoriesce dalle mie labbra.

Lo scheletro emette una risata agghiacciante, quasi divertito dalla mia espressione attonita.

«Sembra che a qualcuno manchi la parola!» La figura si contorce e mi gira attorno per poi tornare a guardarmi da vicino «Sono sicura che avrai un sacco di domande da farmi… ma purtroppo non ti è concesso esprimerle.»

Serro le labbra in preda al panico, sentendomi impedito nel fare qualsiasi cosa. Strattono di nuovo le mani, ma la fanghiglia continua a stringerle con forza e non accenna a liberarle.

«Devo ammettere che è strano ricevere visite… Di solito non viene nessuno qui dopo la morte. A meno che non sia incredibilmente assetato di potere.» continuò passandosi un dito sulla mascella.

Avverto una strana sensazione di vertigini, poi scuoto la testa incredulo.

Cos’ha detto?

Lei continua ad osservarmi e il suo sorriso si allarga ancora di più.

«Giusto… tu non sai di essere morto.»

Spalanco la bocca e cerco d’imprecarle contro, ma il risultato è lo stesso di tutti i tentativi precedenti: la mia voce non sembra voler uscire.
Quella che ormai sembra essere la rappresentazione della Morte, continua a fissarmi con interesse, come se godesse nel vedermi dannare.

«Vorrai delle spiegazioni, immagino. Vorrai sentirti raccontare tutta la storia, di come tu sia morto, chi è stato a causare la tua dipartita, ma entrambi sappiamo che tu non sei qui per questa ragione.» Con una mano, la figura mi fa separare dal terreno melmoso e mi rimette in piedi con l’ausilio della telecinesi «Siamo qui perché vedo del potenziale in te.»

Scuoto la testa, confuso. Tutto ciò non ha il ben che minimo senso. Sento le gambe cedermi di nuovo e cado sulle ginocchia, rannicchiandomi su me stesso tenendomi la testa.

«Vedo della rabbia e un desiderio che arde in te.» la Morte mi gira intorno provocandomi brividi in tutto il corpo «Vorresti essere tu al comando. Vorresti surclassare il tuo superiore, non è vero? Un certo Morrison...»

Dice quel nome con un tono viscido e a quel punto non ce la faccio più. Scatto in piedi preso dalla rabbia e le vado incontro, pronto a sferrarle un pugno che le avrebbe distrutto il cranio rendendolo polvere, ma Lei lo aveva previsto. La melma nera mi stringe ancora una volta rendendomi incapace di muovermi. Mi continuo a dimenare mentre Lei ride di gusto.

«Non sono qui per farti del male, Gabe, ma per farti una proposta. Ti va di ascoltarla?»

Digrigno i denti e inarco le sopracciglia rabbioso, ma Lei sembra ignorare la mia disapprovazione e continua il suo discorso.

«Voglio solo che tu possa avere ciò che desideri. Ti do la possibilità di diventare più forte e voglio che tu riesca a guidare un esercito contro la mia più grande rivale. Dovrai soltanto permettermi di riportarti in vita e concedermi di usufruire del tuo corpo per raggiungere il mio scopo.»

Una delle sue mani passa sotto al mio mento. Io lo scosto e Lei sorride amareggiata.

«Ti darei anche modo di sfogare la tua rabbia repressa e di poterti prendere la tua bramata rivincita contro quell’uomo… Alla fine ti spetterebbe una piccola vendetta, poiché è stato lui a provocare la tua condizione attuale...»

Sgrano gli occhi stupito dalle sue parole. Lei ghigna rendendosi conto che ha centrato il bersaglio stimolando il mio interesse.
La stessa mano che un attimo prima mi sfiorava, mi accarezza la tempia provocandomi delle visioni raccapriccianti sulla mia morte. I miei occhi si muovono a scatti mentre i ricordi di un’esplosione nella nostra base si fanno strada nella mia mente. Sento il respiro farsi affannoso, avverto il dolore fisico provato durante il mio decesso, scuoto la testa e chiudo gli occhi cercando d’interrompere le immagini mentali. La mano della Morte si separa da me interrompendo la mia sofferenza, lasciandomi ad ansimare e a riprendere fiato.

«Allora…» continua Lei tenendo lo sguardo basso e ticchettando la punta delle dita sulle nocche «Vuoi unirti a me?»

Allunga una mano verso di me, la melma lascia la presa ed io torno ad essere libero per qualche istante.
Chiudo gli occhi, faccio un grosso respiro e le sento ancora. Quelle parole agghiaccianti che mi avevano trascinato qui.
 
Dark, darker. Yet darker
 

Note dell'autrice (?):

HoI~
Ciao a tutti, pochi lettori raccattati da chissà quale parte del web (?) io sono Luna e oggi ho voluto partorire una schifezza sul personaggio che adoro di più di Overwatch, Reaper (se non si fosse capito HAH.)
Diciamo che è davvero da tanto tempo che non scrivo a causa di quella che possiamo tutti chiamare "incubo che ci distrugge l'esistenza" meglio conosciuta come "scuola". Ieri sentivo questo enorme senso di pesantezza dentro di me, una persona mi ha dato l'imput della frase iniziale (presa spudoratamente da Gaster di Undertale) e ho avuto la necessità di scrivere qualcosa sul mio stato d'animo... solo che dopo poco, ho pensato che tutta questa schifezza potesse essere riadattata a Reaper, magari durante la sua trasformazione... E QUINDI ECCOCI QUI.
Non sono un'esperta di Overwatch, è da poco che mi sono interessata effettivamente al gioco... e siccome mi piacciono tutti questi personaggi misteriosi e tristi (come piacciono alla maggior parte delle persone, credo), ho deciso di dedicargli qualcosa di mio... anche perché mi trovo molto affine a lui, in un certo senso...
Se ci sono errori di trama o cose simili... prendetela più come una storia scritta molto casualmente... non era dedicata a lui inizialmente, quindi...
Spero comunque che vi piaccia! Se mi vengono altre idee, vorrei farla diventare una long su lui e Soldier76 (eh beh sì, una delle poche coppie che "shippo"). Ditemi se ne vale la pena 
fa spallucce.

Grazie a tutti per averla letta!

  
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