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Autore: karter    30/03/2017    0 recensioni
Dal testo:
"Un sorriso amaro comparve sulle labbra di Yuuka prima di prendere un altro tiro da quella sigaretta. Le piaceva fumare, la faceva sentire bene, rilassata e anche meno ansiosa. Nella sua vita il fumo ricopriva lo stesso spazio che nella vita dei normali ragazzi della sua età ricoprivano gli amici o i genitori, era diventato essenziale e, nonostante sapesse che era un errore, era fiera di questo, di poter sbagliare con le proprie gambe."
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Una vita inconsistente





 

Il cielo era cupo, coperto da immensi nuvoloni neri che impedivano ai raggi del sole di filtrare tra di esse portando un po' di calore in quella giornata fredda e tetra. Sottili gocce di pioggia scendevano fitte dal cielo compiendo una danza infinita prima di abbattersi incessantemente sulle strade ormai piene d'acqua e sugli edifici grondanti di quelle gocce cristalline. Poche persone si aggiravano per le strade coperte da ombrelli delle più svariate tonalità, avvolti nei loro impermeabili, cercando di ripararsi da quei fili di pioggia capaci di inzupparli come pulcini mentre le auto correvano per le strade schizzando i poveri sventurati che si trovavano sul loro cammino.
Tra tutta questa marmaglia, si distinguevano chiaramente masse di studenti che, con zaino in spalla, si dirigevano verso un edificio grigio e in  degrado da ormai troppo tempo, lasciandosi sfuggire commenti seccati e infastiditi.
Una ragazza camminava svogliatamente per quelle strade portando in spalla il suo inseparabile Eastpak nero e reggendo con una mano il suo ombrello rosso sangue che la proteggeva da quelle gocce trasparenti che s'infrangevano su ogni dove.
Camminava tranquilla, incurante di tutto ciò che la circondava, senza preoccuparsi del tempo che scorreva. La scuola non era molto lontana, riusciva a scorgere chiaramente i cancelli in ferro battuto che stavano per essere chiusi dagli inservienti. Un sorriso sarcastico le incurvò le labbra a quel pensiero. Non era la prima volta che rimaneva chiusa fuori e doveva attendere il suono della seconda ora per dirigersi in classe.
Senza preoccuparsi d'altro raggiunse l'entrata dell'edificio, senza farsi notare, sgattaiolò nella parte posteriore delle mura e, mettendo in atto i due anni di esperienza, si arrampicò sulla parete entrando nel cortile scolastico con un agile balzo. La pioggia le bagnava il volto e gli abiti rendendoli trasparenti e aderenti al suo corpo magro e ben proporzionato. Senza preoccuparsi dell'acqua che la inzuppava da cima a piede si diresse sulle scale antincendio riparandosi sotto la tettoia che le ricopriva. Si sedette su quelle scalinate umide buttando dietro di se lo zaino ormai grondante d'acqua ed estrasse dalla tasca dei jeans il suo inseparabile pacchetto di sigarette.
-Merda!- disse notando che era ormai fradicio, mentre tentava di accendere quella stecca che era diventata fondamentale per andare avanti.
Provò più volte ad accenderla finché non sentì il familiare sapore di tabacco inondarle la bocca e scendere giù in gola, prima di essere ricacciato dalle labbra rosee sotto forma di nuvoletta bianca che sospinta dal vento si disperdeva nel cielo scuro.
Non ricordava più da quanto tempo quel gesto meccanico fosse diventato di primaria importanza nella sua vita, sapeva solo di non poterne più fare a meno se voleva sopravvivere in quel mondo che disprezzava e che le aveva portato via tutto.
Un sorriso amaro comparve sulle labbra di Yuuka prima di prendere un altro tiro da quella sigaretta. Le piaceva fumare, la faceva sentire bene, rilassata e anche meno ansiosa. Nella sua vita il fumo ricopriva lo stesso spazio che nella vita dei normali ragazzi della sua età ricoprivano gli amici o i genitori, era diventato essenziale e, nonostante sapesse che era un errore, era fiera di questo, di poter sbagliare con le proprie gambe. Con calma allungò una mano smaltata di nero nel suo zaino e ne estrasse il suo fedele mp3. Poteva sembrare antiquato che nel secolo della tecnologia una diciassettenne possedesse solo uno stupido apparecchio decrepito come quello, ma per nulla al mondo si sarebbe mai separata da quell'aggeggio ormai in disuso che era giunto a rappresentare buona parte del suo mondo. Senza preoccupazioni si mise le sue adorate cuffiette e decise di far partire la sua playlist preferita, mentre con la schiena appoggiata alla ringhiera prendeva un sorso da quella birra che non mancava mai nel suo zaino, aspettando di percepire le prime note della canzone farsi strada nella sua testa e liberarla da pensieri inopportuni.
Sorrise riconoscendo le note di wake me up when september ends dei Green Day farsi strada nelle sue orecchie. Amava quella canzone. I toni malinconici e le parole disperate di Bill Joe le erano entrate nella testa dal primo momento in cui le aveva udite. Quella canzone così malinconica le ricordava tanto la sua vita che non trovava da anni un punto d'appoggio, una persona che l'aiutasse a non cadere a picco, che le tendesse una mano per uscire da quel baratro oscuro che fin da bambina l'aveva avvolta e ora non voleva più lasciarla andare e la stringeva a sé nella sua morsa infinita.
Rimase lì, immobile, mentre le note delle sue canzoni preferite le sfondavano le orecchie, persa con i suoi pensieri, a farsi cullare dalle proprie passioni senza badare allo scorrere del tempo o alla pioggia che l' aveva inzuppata, facendo aderire la sua lunga chioma rossa con qualche mesh nera al volto scarno macchiato da qualche lentiggine sotto gli occhi cioccolato perennemente spenti e opachi.
-Sta per suonare la seconda ora!- le disse d'un tratto una voce a lei nota scuotendola per un braccio e riportandola nel mondo reale -Sarebbe il caso che andassi a darti una sistemata nel bagno Yu-chan! Sembri uno zombie!- continuò quella voce che la rossa identificò come quella di Marcus, uno degli inservienti scolastici, e l'unica persona in tutto quell'edificio con il quale aveva stabilito un minimo contatto.
Era un uomo sulla cinquantina con i capelli brizzolati e delle leggere rughe attorno agli occhi di un intensissimo azzurro cielo. L' aveva conosciuto appena trasferita in quella scuola e le era apparso subito come un nonno apprensivo, principalmente nei suoi confronti.
La diciassettenne non rispose limitandosi ad annuire con il capo, mentre, alzatasi da terra, gettava via la bottiglia di birra ormai vuota e si incamminava verso il bagno sotto lo sguardo preoccupato dell'uomo.
Percorse tranquillamente le scale incurante delle gocce d'acqua che cadevano dal suo corpo e si abbattevano a terra, su quei pavimenti impolverati a causa della poca voglia di lavorare degli operatori scolastici.
Senza preoccuparsi di nulla entrò nel bagno dei ragazzi. Non amava quello delle ragazze, c'era sempre qualche oca a sistemarsi il trucco per apparire perfetta agli occhi del mondo, senza rendersi conto di sembrare una Barbie per i quintali di fondotinta usati.
Buttò lo zaino a terra e si perse a guardare l'immagine riflessa in quello specchio ornato di crepe e bruciature. Osservò attentamente la sua chioma rosso sangue che, completamente bagnata, le cadeva attaccata al volto e alle esili spalle, decidendo di raccoglierla in una coda di cavallo per essere più comoda, lasciando scoperto ad occhi indiscreti la piccola fragola che aveva dietro l'orecchio sinistro. Senza distogliere lo sguardo dalla sua figura prese l'asciugamano che aveva nello zaino e, dopo essersi tolta la giacca in pelle e la canotta bianca con la rappresentazione della morte lateralmente, iniziò ad asciugarsi la pelle pallida prestando particolare attenzione al petto, dove faceva bella mostra di se un cuore alato intrappolato in un groviglio di spine, e all'ombelico dove riluceva il suo adorato piercing rosso sangue. Tornò nuovamente ad osservarsi il volto. La pelle solitamente rosea era più pallida del solito, solo le gote erano colorate di un'intensa tonalità rosata, il freddo aveva lasciato il segno; le sopracciglia rosso sangue erano perfette come al solito e la loro forma particolare evidenziava il piercing che si era fatta qualche mese prima su quello sinistro; i grandi occhi cioccolato erano contornati da uno spesso strato di trucco nero che andava a unirsi perfettamente alle marcate occhiaie che erano diventate parte integrante del suo volto e che, ogni mattina, venivano coperte da un velo di correttore; le labbra sottili e rosee erano coperte da un velo di gloss opaco. Nonostante lo stato in cui si era ridotta era rimasta ugualmente una ragazza affascinante, conscia della propria bellezza. Rimase qualche altro secondo ad osservarsi allo specchio, prima di sentire il suono della campana che annunciava la fine della prima ora e il vociare dei ragazzi che sfruttavano quei cinque minuti prima dell'arrivo del prossimo prof per chiacchierare tra loro. Immediatamente si rivestì. Le piaceva giocare con il prossimo, ma non amava che qualcuno potesse avvicinarsi e provare a sfiorarla. Solo l'idea che delle mani non sue entrassero in contatto con la sua pelle le dava la nausea.
Una vena di tristezza le passò negli occhi, mentre la mente le riproponeva immagini sgradite, ricordi che avrebbe voluto buttare nel cesso e dimenticare, ma che puntualmente la coglievano nei momenti meno opportuni, facendola finire in uno stato pietoso in cui era vittima di se stessa e della sua mente e probabilmente sarebbe accaduto lo stesso anche in quel momento se la porta non si fosse spalancata permettendo l' ingresso in quel luogo ad una figura a lei fin troppo nota.
-Non vorrei disturbare dolcezza, ma credo tu abbia sbagliato bagno!- disse con un ghigno stampato sulle labbra il ragazzo appena entrato.
La rossa lo osservò scettica prima di scoppiare a ridere.
-Proprio una femminuccia come te parla, eh Genta?- rispose ghignando e raccogliendo da terra il suo zaino -Comunque non preoccuparti, stavo andando via così non dovrai nascondere le tue grazie!- aggiunse prima di uscire dal bagno chiudendosi la porta alle spalle.
Percorse in silenzio l'immenso corridoio che l'avrebbe portata in classe, sentendo su di sé lo sguardo di tutti gli studenti del piano. Non passava mai inosservata con il suo aspetto ribelle e trasandato, quei lunghi capelli rossi che madre natura le aveva donato, e il fatto che oggi sembrasse un pulcino bagnato non aiutava di certo, anzi la faceva diventare più che normale.
Sorrise al solo pensare quella parola. Normale. Nella sua vita niente era stato normale. Aveva avuto un'infanzia non del tutto piacevole per sgorgare in un'adolescenza orribile, se poi ci si aggiungeva il suo modo di essere e il suo particolare aspetto, la parola normale non era proprio nel suo vocabolario.
Incurante di tutte quelle attenzioni proseguì a passo spedito verso la sua aula, pronta a dare il via a quella stupida routine che ormai era la sua vita.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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