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Autore: Gloria Gerald    31/03/2017    7 recensioni
Quando Georgie udì quegli spari e lo vide accasciarsi al suolo pensò con orrore di averlo perso per sempre. Ma a volte la vita riserva una seconda chance...
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Abel Butman, Georgie Gerald
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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21 – Incomprensioni
 
 
 
- Georgie questo arrosto è buonissimo – disse Arthur compiaciuto, mentre gustava il pranzo domenicale in famiglia – Sei davvero un’ ottima cuoca. Abel è proprio un uomo fortunato, hai mille qualità -  aggiunse ridacchiando e cercando lo sguardo complice del fratello.
Ma non trovò risposta. Abel sembrava nemmeno aver sentito le sue parole. Mangiava in silenzio, volgendo ogni tanto la testa verso Georgie seduta accanto a lui, che a sua volta cercava, contro voglia, di deglutire qualcosa, tenendo lo sguardo fisso nel piatto.
Sembrava che entrambi avessero la mente altrove, che fossero turbati.
Arthur si girò verso lo zio Kevin, che lo guardò visibilmente in imbarazzo. Anche lui aveva compreso che qualcosa non andava, ma non ebbe il coraggio di dire nulla.
- Georgie, ho detto che sei stata bravissima, l’arrosto è davvero delizioso –  insisté Arthur, deciso a sbloccare quella strana situazione.
Georgie ebbe un sussulto improvviso, come se aver sentito pronunciare il suo nome l’avesse ridestata da un profondo torpore.
- Scusami? – chiese confusa lei.
Arthur sorrise e disse – Georgie sei con noi? Ti stavo facendo i complimenti per il pranzo. E’ tutto molto buono -.
Georgie sorrise mestamente, senza troppo entusiasmo, e rispose – Grazie Arthur, sei sempre molto gentile. Scusa se non ti ho sentito prima, ero distratta – poi si alzò e ripose il piatto.
- Che fai ora? – chiese Arthur – Hai già finito di pranzare? Hai mangiato pochissimo. Ma le donne incinta non dovrebbero avere più fame? Guarda che devi mangiare per due. Non vorrai mica mettere a dieta il mio nipotino, eh? -.
Georgie scosse il capo e disse accarezzandosi la pancia – No, non preoccuparti. Mi sembra che stia crescendo bene. E’ solo che non ho più fame e desidero stendermi un po’. Sono molto stanca -.
E così dicendo uscì dalla cucina.
Appena ebbe chiuso la porta, Arthur si voltò per guardare lo zio Kevin, che ricambiò con un’occhiata perplessa.
Poi spostò lo sguardo verso Abel, che ancora a testa bassa mangiava in silenzio. Come se nemmeno avesse notato quello che era appena successo.
- Scusa Abel – disse a quel punto Arthur – Ma che sta succedendo? Hai visto Georgie? E’ un po’ di giorni che è strana. Non ha mai voglia di parlare, non sorride più, mangia poco, è sempre stanca. Ma che le sta capitando? -.
Abel a quel punto lasciò cadere rumorosamente la forchetta nel piatto, spostandolo in avanti, facendo intendere che anche a lui era passata la fame.
Sbuffò rumorosamente e alzò finalmente lo sguardo per incrociare quello di Arthur – A me lo chiedi? Ma non vedi che è una settimana che Georgie mi parla a monosillabi? Non vuole essere seccata e ho provato a capire il perché, ma più le facevo domande e più si innervosiva e allora ho lasciato perdere. Non posso obbligarla a parlarmi se non vuole. Non so che le stia passando per la testa. Vorrei aiutarla, ma non me lo permette. E non ho voglia di litigare, quindi la lascio stare. Spero che prima o poi si decida a dirmi cosa la turba -.
Lo zio Kevin comprese che era arrivato il momento di andarsene. I ragazzi avevano bisogno di stare un po’ soli e chiarirsi tra loro.
- Io me ne vado, figlioli – disse lo zio alzandosi da tavola – Vi ringrazio per l’ospitalità, siete sempre gentili con me. Ora è meglio che me ne torni alla mia fattoria, ho tante cose da fare. Ci vediamo presto -.
E così dicendo, anche lo zio uscì dalla cucina, lasciando i due fratelli finalmente soli.
- Ma come sarebbe che non sai cosa le è successo? – riprese a quel punto Arthur – Abel non è possibile! E poi non puoi chiuderti in te stesso e non parlarle. E’ tua moglie, non è un’estranea e ti ricordo che aspetta un bambino da te. Se c’è qualcosa che non va tu devi scoprirlo e starle vicino -.
Abel a quelle parole si passò nervosamente la mano nei capelli e disse – Hai ragione, ma non me lo permette -.
Arthur era incredulo. Come poteva essere possibile che si fosse creata una situazione del genere senza un motivo? Georgie non era il tipo di persona da comportarsi in quel modo, non l’aveva mai vista così e la conosceva da sempre, da che erano bambini. Doveva essere successo qualcosa di importante, qualcosa che le aveva fatto passare il buon umore. Anche Abel non lo convinceva del tutto. Non poteva essere completamente vero che lui ignorasse le motivazioni che avevano portato Georgie ad essere così. Lui l’amava, di questo ne era certo, e non era da Abel arrendersi così, senza lottare per sapere cosa affliggeva Georgie.
Era strano vederli distaccati. Erano sempre stati uniti, già in passato quando vivevano tutti insieme come fratelli. Ma poi potendoli vedere come innamorati, si era reso conto di quanto fossero fatti l’uno per l’altra, di quanto si amassero.
Come potevano davvero accettare quel tipo di rapporto tra loro? Non era possibile, non era vero. Quelli non erano loro. E se non riuscivano a risolvere da soli i loro problemi, allora sarebbe intervenuto lui, per aiutarli, per farli ragionare.
Teneva ad entrambi e voleva che fossero felici. Bisognava recuperare quell’assurda situazione al più presto.
- Abel non mi mentire. C’è qualcosa che mi nascondi. Non la bevo. Non puoi non sapere cosa ha scatenato tutto questo. E non è da te startene lì imbambolato e lasciare che gli eventi prendano piede. Se continuate così rischiate di perdervi. Te ne rendi conto? Abel, state per avere un bambino. Non è il momento giusto per allontanarvi uno dall’altra -.
Abel sospirò e scrollò la testa esasperato – Te lo giuro Arthur, non so perché faccia cosi – poi appoggiò i gomiti al tavolo e continuò – E’ successa in effetti una cosa, ma senza senso, di poca importanza…. O almeno lo è per me. Ho temuto che questo avvenimento potesse averla ferita e ho provato a parlargliene, ma lei si è chiusa come un riccio. Dice che va tutto bene, che è solo stanca. Ma è ovvio che non è così e io mi sento paralizzato. Non so che fare -.
Abel guardò suo fratello dritto negli occhi e disse disperato – Sento che quando le sono accanto le do fastidio. Lo percepisco, anche se non me lo dice chiaramente in faccia. E tu non sai quanto questa cosa mi affligga. Non era mai successo prima, nemmeno quando era innamorata di Lowell. Non mi ha mai respinto così. E invece ora è così fredda, così distante. E lo sento. Sento che se mi avvicino, se le parlo, lei si irrigidisce, come se mi volesse lontano. E’ palesemente infastidita da me e non so come gestire questa cosa. Non mi aspettavo certo che potesse andare così tra noi. Non immaginavo che si sarebbe mai comportata così con me. Non dopo che siamo diventati marito e moglie e che siamo in attesa di un figlio, almeno. Credimi fratello mio, sto davvero male a vederla in questo stato, ma mi sento completamente impotente -.
Arthur era deciso ad aiutare il fratello. Doveva consigliarlo.
- Se mi dici che è successo qualcosa, anche se per te ha poca importanza, forse è proprio su quello che devi concentrarti. Forse è quella la chiave della questione, anche se lei te lo nega. Dimmi di che si tratta -.
Abel si trovò in imbarazzo. Lui e Arthur erano cresciuti insieme, era in confidenza con il fratello, ma non aveva mai toccato certi argomenti e fece fatica a raccontare tutto fino in fondo.
- Beh è una cosa che risale a tempo fa. Te l’ho detto, per me ha poca importanza – iniziò Abel evitando di incrociare lo sguardo interrogativo di Arthur.
- Io…. Beh ecco…. È capitato quando ero partito per fare il marinaio – iniziò a raccontare in evidente imbarazzo – Ero andato lontano, volevo lasciare questo posto e soprattutto volevo lasciare Georgie. Sai quanto soffrivo a starle accanto da fratello, no? Se me ne fossi distaccato per un po’ avrei potuto soffocare il mio amore per lei… o almeno questo era quello che pensavo… che speravo -.
Chiuse per un attimo gli occhi, ripensando a quel periodo, ai suoi tormenti e a quanto era stato male.
- E se fai il marinaio e vuoi dimenticare la ragazza che ami, hai solo due modi per farlo. Il vino e la compagnia di altre donne -.
Riaprì gli occhi e incontrò lo sguardo di Arthur che lo ascoltava attentamente.
- Avevo conosciuto una ragazza giù al porto…. quel tipo di ragazza che trovano i marinai quando vanno a sbronzarsi la sera nelle locande… non so se mi hai capito – disse Abel, vergognandosi di quello che aveva fatto in quel periodo.
- E Georgie ora lo ha scoperto ed è arrabbiata– concluse a quel punto Arthur.
Abel scrollò la testa e rispose – No. Lei aveva già incontrato questa persona. Era convinta fosse la mia fidanzata all’epoca. Io non sono mai sceso troppo dei particolari con lei, non le potevo certo dire che si trattava di una donna che stavo usando per non pensare a lei, per non morire dentro di frustrazione e gelosia, per… - ma si interruppe, vinto dall’emozione – Non vado fiero di me e del mio comportamento a quel tempo. Ma non sapevo più che fare per togliermi Georgie dalla testa e dal cuore. Speravo che, ubriacandomi e stando in compagnia di un’altra donna, avrebbe fatto meno male… e invece più cercavo distrazioni nelle altre, più amavo lei, la mia Georgie, il mio unico amore - .
Nel proferire questa frase gli sfuggì qualche lacrima e ebbe bisogno di fermarsi un attimo nel racconto.
Arthur comprese il malessere di Abel. Ricordare certi momenti difficili, riaprire certe vecchie ferite non era facile. Faceva male. Lui ne sapeva qualcosa.
Guardava il fratello seduto davanti a lui, appoggiato al tavolo, vinto dal dolore e dal rimorso. E lo vide schiacciato dalle sue debolezze del passato, dai suoi tormenti interiori e volle dargli il suo conforto.
Appoggiò gentilmente una mano sulla sua spalla e cercò di tirargli su il morale – Non essere troppo severo con te stesso. Forse non è stato il più bel periodo che hai vissuto e forse hai commesso qualche errore, ma sbagliare è umano e non puoi colpevolizzarti a questi punti. Georgie deve capire che sono cose successe prima che voi formaste una famiglia. Deve andare oltre -.
Abel alzò la testa e riprese a parlare – Ne abbiamo già parlato e pensavo avessimo chiarito. Sono cose di cui non vado fiero, è vero, ma sono ricordi ormai lontani, che intendo lasciare nel passato. E soprattutto sono ricordi che non mi hanno mai turbato dal punto di vista dell’amore che provo per lei. I miei sentimenti non hanno mai vacillato, io amo solo Georgie. E’ sempre stato così e così sarà per sempre. L’altra donna non ha contato nulla per me. Questo non mi rende un gentiluomo, lo so. Però è vero. Ho cercato una distrazione ed è stato inutile. Me ne pento, ma ora è passato. Non c’entra nulla con me e Georgie ora. Il nostro rapporto di attuale, il sentimento che nutro per lei, non potrà mai essere scalfito da quella persona. Mai -.
Arthur sospirò. Gli dispiaceva vedere il fratello così. Era un bravo ragazzo, amava Georgie. Gli errori del passato non potevano essere scontati oggi, non aveva senso.
- Ma certo che è così. Io lo so – disse a quel punto Arthur – E anche Georgie lo sa. Lo sente tutti i giorni quando ti è accanto. Io vi vedo, siete innamorati, avete un legame speciale. Questo è solo un ostacolo di poco conto. Devi parlarle, capirà. Se hai avuto un’amante in passato non  può colpevolizzarti ora. Quello è successo prima, prima di voi insieme, felici, sposati. Prima di tutto. E devi farglielo capire, Abel. Non lasciarla nel dubbio, non darle modo di dubitare di te -.
Abel sgranò gli occhi. Arthur non aveva capito bene, forse.
- Aspetta fratello, non ci siamo capiti – si affrettò a spiegare – Quella donna di cui ti ho parlato non era esattamente la mia amante. Non ho intrecciato una relazione con lei. Non correvo da lei tutte le sere per farmi consolare. L’ho conosciuta quando mi sono imbarcato e al mio ritorno, senza che io le chiedessi nulla, mi è saltata addosso e mi ha baciato. Ma non avevamo il tipo di rapporto che pensi tu. Mi è poi capitato di scendere al porto alcune sere a bere e lei mi ha fatto compagnia. Io le parlavo di Georgie tra un bicchiere e l’altro e lei mi faceva qualche moina, ma non ci andavo a letto. E’ capitato una volta. Una volta sola. E non è un momento della mia vita che amo ricordare -.
Arthur inarcò le sopracciglia per lo stupore e ascoltò il racconto del fratello.
- Quella sera ero corso al porto disperato. Avevo visto Georgie e Lowell insieme, mentre si baciavano. Non so come si fossero incontrati quel maledetto giorno, ma mi capitò di passare nei dintorni del ruscello accanto alla casa dello zio Kevin e li vidi, seduti per terra, mentre lui si avvicinava a lei per baciarla – iniziò Abel, mentre gli occhi gli si riempirono di lacrime. Quel ricordo faceva ancora male – Lei si lasciò baciare. Era evidentemente innamorata di quel damerino e io mi sentii morire. Poi la mamma ci raccontò del padre di Georgie, del fatto che fosse un deportato… ricordi? - .
Arthur annuì, rattristandosi a quella dolorosa rievocazione.
- E io sono scappato, Arthur – disse a quel punto Abel tra le lacrime – Sono fuggito da questa casa, dalla mamma che mi aveva rivelato quel segreto scomodo, da Georgie che si lasciava baciare da un altro, dalla terribile verità che riguardava suo padre... sono scappato da tutto, da tutto. Sentivo un dolore impossibile da sopportare, sentivo il peso di un macigno sul cuore. Dovevo fuggire, non pensare. Smetterla di pensare. Solo quello volevo. E sono arrivato al porto, sconvolto, distrutto, disperato. Volevo solo bere, Arthur. Avevo bisogno solo di bere, di affogare i dispiaceri. Volevo ubriacarmi così tanto da stordirmi, da non pensare più. Penso di aver anche desiderato di morire quella maledetta sera. Ero come un cavallo imbizzarrito. Ero impazzito.
E così sono andato da quella donna e le ho chiesto di darmi tutto l’alcol che aveva sotto il bancone. Un bicchiere dopo l’altro, senza sosta, senza fermarmi un attimo, sperando di perdere coscienza il prima possibile. Lei mi aveva già visto star male, ma non come quella sera. Fu così che si fece più audace con me. Aveva compreso la mia debolezza e ne approfittò. E io cedetti, Arthur. Ero così ubriaco, non ero lucido e stavo soffrendo così tanto. Avevo nella testa l’immagine di Lowell che baciava Georgie e sentivo le parole della mamma che non facevano altro che ripetere che lei era la figlia di un deportato. Ero arrabbiato, confuso e mi sono lasciato trascinare da quella tizia. Ho lasciato che mi portasse nella sua stanza al piano di sopra. Era come se io non fossi nel mio corpo, come se assistessi a quella scena da un’altra prospettiva, completamente al di fuori. Volevo punire Georgie, volevo vendicarmi. Lei stava con un altro? Beh, avrei fatto anche io la stessa cosa e così fu -.
Si fermò un momento, per raccogliere le idee e contenere le emozioni che lo stavano attraversando, ma poi riprese – Quanto sono stato stupido, fratello mio. Stupido e scellerato. Non ero molto presente, non riuscivo a formulare un pensiero lucidamente. So solo che quella ragazza mi spinse sul suo letto e poi basta. Tutto diventò nero. Non ero più nella stanzetta di una semi-sconoscita, sopra la locanda del porto. Ero come caduto in un baratro oscuro, divorato dall’alcol, divorato dal dolore. Sentivo la ragazza che mi toccava e non riuscivo nemmeno a tenere gli occhi aperti. Vedere il suo viso mi disgustava. Non perché fosse brutta, tutt’altro, ma perché non era Georgie. Non era bella quanto lei… dolce quanto lei…. meravigliosa quanto lei. Perché in realtà avrei voluto solo essere con lei e non con quell’altra. E iniziai a pensare a come sarebbe stato se ci fosse stata Georgie con me in quel momento -.
Chiuse nuovamente gli occhi, in preda al ricordo delle sensazioni che aveva provato e poi riprese a parlare – E nel torpore di quel momento, come in preda ad un’allucinazione, vidi il suo bel viso. I suoi occhi verdi, i suoi capelli biondi. E la cosa mi tranquillizzò un poco. Era come se ci fosse Georgie con me. Poi ebbi un barlume di lucidità e mi ricordai dell’altra donna. E allora sperai che fosse tutto un incubo. Che non fosse vero niente. Sperai di non aver davvero visto Georgie baciare un altro. Sperai che non fosse davvero la figlia di un deportato. Sperai di non trovarmi nel letto con un’ altra donna. Sentii la testa girare vorticosamente, avvertii un senso di nausea e di smarrimento. E poi ci fu il buio, l’oblio. Non ricordo più nulla. So solo che quando tornai in me, mi ritrovai senza abiti addosso in un letto non familiare, con una ragazza nuda che non amavo addormentata accanto a me -.
Abel scrollò la testa, trovando assurdo tutto quello che gli era capitato quella notte.
- Ero sconvolto, mi resi conto di aver fatto una stupidaggine. Ero disgustato da me stesso. Come avevo potuto permettere che accadesse una cosa del genere? Non amavo quella ragazza, non avrei dovuto andarci a letto. Ero giunto alla conclusione di essere una persona orribile, che utilizzava la gente per dimenticare le proprie sofferenze. Forse quella ragazza non era virtuosa, ma di sicuro non meritava di essere usata così. L’unico fattore positivo era che gli effetti dell’alcol erano completamente scomparsi e insieme ad essi anche tutto il dolore che avevo provato prima. Era come se finalmente avessi fatto chiarezza dentro di me. Non mi importava se Georgie era innamorata di un altro. E non mi importava che fosse figlia di un deportato. Io la amavo. Amavo lei. Volevo lei. Stare con un’altra donna era stato talmente squallido da farmi capire che nel mio cuore non poteva esserci spazio per nessun’altro se non per Georgie. Se non altro avevo preso coscienza del fatto che il mio amore per lei era forte e determinato e avevo capito che avrei saputo aspettare pazientemente il momento giusto. Certo, ero ignaro che nel frattempo la mamma le stava rivelando tutta la verità, sconvolgendola e facendola allontanare da noi -.
Arthur sospirò tristemente. Ricordava gli eventi di quella maledetta notte. Era stato davvero tragico. Ma ignorava l’inferno che aveva vissuto Abel.
- La amo così tanto, non saprei nemmeno spiegarti a parole quanto. Per questo per me non ha alcun valore quanto è successo quella sera. Per me non ha significato nulla e trovo assurdo che dopo così tanto tempo io debba essere ancora qui a rivangare quei momenti, a giustificarmi per qualcosa che nemmeno volevo, per qualcosa che ho chiuso nel passato e che non voglio più dover affrontare  - concluse Abel amareggiato.
- Ti capisco Abel e non ti giudico – disse a quel punto Arthur – Forse io non mi sarei comportato in quel modo, avrei affrontato il problema in maniera diversa. Ma è normale. Io non sono te. Noi siamo molto diversi. Ma in un certo qual modo ti capisco. Può succedere di commettere una stupidaggine. Ma se Georgie è turbata da quella storia tu devi convincerla del fatto che per te non ha nessun valore. Devi farglielo capire quanto la ami, esattamente come lo hai fatto capire a me. Del resto è una cosa avvenuta molto prima che voi vi metteste insieme. Non è un tradimento. E’ solo un ricordo scomodo, ma lei deve essere forte e lasciarselo alle spalle. E tu devi aiutarla in questo -.
Abel si passò una mano nei capelli nervosamente. Era già stato abbastanza duro affrontare quel tipo di discorso con Arthur, anche se da un certo punto di vista gli aveva fatto bene aprirsi. Si era tolto un peso dalla coscienza, si sentiva alleggerito.
Però con Georgie era diverso. Come poteva parlare con lei di certe cose in maniera così schietta? Come poteva essere sincero fino in fondo come lo era stato con Arthur? Cosa avrebbe pensato lei? Non era fiero di quel periodo della sua vita. Aveva tenuto vari comportamenti scorretti e Jessica ne era stato l’apice.
Aveva usato quella ragazza e lo aveva fatto per scacciare i suoi demoni, sperando di trovare un sollievo. Un sollievo che non era mai arrivato. L’unica cosa che gli aveva fatto capire quella notte era che lui non poteva amare nessun’altra donna che non fosse Georgie.
- Una cosa ancora mi sfugge – disse a quel punto Arthur, ridestando Abel dai suoi pensieri – Perché ora? Perché pensi che quella donna rappresenti un problema tra te e Georgie proprio adesso? E’ una cosa successa tempo fa -.
Abel guardò il fratello e rispose – Perché alcuni giorni fa l’abbiamo incontrata per caso al porto. Era il giorno che avevo l’appuntamento con il sig. Abbott per parlare del mio studio. Mentre discutevo con il mio socio degli ultimi dettagli, Georgie è rimasta sola con quella donna e non so con precisione cosa si siano dette. Georgie non mi ha fornito una risposta chiara. E’ stata vaga, ma è da allora che mi evita. Ho subito pensato che avesse scoperto qualcosa che potesse averla turbata, ma me lo ha negato più volte e mi sono arreso. Se davvero non è per via dell’altra ragazza, non saprei proprio cosa le stia passando per la testa. Il dubbio mi resta, ma se Georgie mi ha risposto che non è in alcun modo turbata da quell’incontro e che non si sono dette nulla di importante, io devo crederci. Non è una bugiarda. Che senso avrebbe mentirmi? Solo che a questo punto, se non è per via di questo, non so cosa ci sia che non vada. Sto impazzendo! -.
Arthur rimase per un attimo a fissare il fratello, con espressione esterrefatta. Abel notò la cosa e inarcò il sopracciglio, senza capire cosa stesse pensando Arthur.
- Abel stai scherzando, vero? – chiese a quel punto – Davvero ti sei bevuto la storiella che non è per via di questa ragazza che Georgie è così strana? Abel svegliati, non sei nato ieri! Ma che dubbi vuoi avere? E’ ovvio che è successo qualcosa con questa tizia. Sono rimaste sole a parlare, chissà che si sono dette. Anzi, cosa questa ragazza può aver detto a Georgie. Io non la conosco, non posso giudicare, ma tu dovresti immaginare che cosa può essere successo tra loro due. Insomma, che tipo è questa donna? -.
Arthur aveva ragione. Come aveva potuto essere stato tanto ingenuo da credere alle risposte di Georgie?
Abel sospirò e rispose – E come vuoi che sia? E’ una ragazza abituata ad aver a che fare con marinai ubriaconi e molesti. Si sa difendere bene. E’ il tipo di donna che ghermisce un uomo e ne fa ciò che vuole. E ti assicuro che se vuole sa essere crudele - .
Arthur si mise una mano in fronte e sospirò sconsolato.
Abel comprese la reazione del fratello e aggiunse – Lei detesta Georgie. Figurati, io andavo alla locanda ad affogare i miei dispiaceri nel vino e a parlarle di quanto ero ossessionato dalla mia dolcissima e bellissima sorellina adottiva e nemmeno notavo i tentativi che faceva lei per sedurmi. Per non parlare di quanto successo quella notte. Quando le ho detto chiaro e tondo che amavo Georgie, so di averla ferita. Non ne vado fiero, ma l’ho offesa. Ha capito che non mi importava di lei e che l’avevo usata. E non ha mai perdonato questa cosa a Georgie, perché la ritiene responsabile di tutto. Quando l’abbiamo incontrata l’altro giorno e ha visto che lei era incinta ha fatto una scenata. E’ palesemente gelosa. Povera Georgie, chissà cosa può averle detto -.
Arthur si alzò e si avvicinò al fratello, inginocchiandosi accanto alla sedia sulla quale era seduto.
- Ora tu vai da tua moglie e le chiedi che è successo. E insisti fino a quando non ti darà una risposta. Ma che sia plausibile. Abel tu devi mettere a posto questa situazione -.
Abel annuì. Arthur aveva ragione.
- Sì, devo farlo subito.  Sono stato uno stupido – disse amareggiato Abel – Come ho potuto non arrivare a fondo di questa questione? -.
Arthur gli sorrise e rispose – Sei stato ingenuo e non hai dato peso alla cosa, perché per te non rappresenta nulla. Ma per Georgie è stato diverso -.
Abel scrollò la testa e disse – No, la verità è un’altra. La verità è che sono stato egoista. Non ho voluto approfondire e mi sono accontentato delle sue risposte vaghe, perché in realtà questo non è un argomento di cui volevo parlare. Non volevo ferirla, non volevo rivangare. E ho lasciato che lei si dannasse da sola. Chissà che le ha detto quella megera! -.
- Dai Abel, non dire così – lo interruppe a quel punto Arthur – Volevi evitarle un argomento scomodo, non volevi farla soffrire. L’hai solo protetta -.
Abel non seppe trattenere il pianto e lasciò che le lacrime sgorgassero copiose dai suoi occhi – No, Arthur. In realtà ho protetto me stesso. Sono io che non voglio parlare di quell’altra, perché non vado fiero di quello che ho fatto e ho solo paura che Georgie possa capire che mostro sono stato e mi lasci. Ho il terrore che lei non capisca come mi sentivo in quel periodo e giudichi le mie scelte insensate. Se realizza di aver sposato un uomo che in passato, alla prima difficoltà, ha trovato rifugio nell’alcol e nelle donne facili, come potrebbe reagire? Io provo solo disgusto per me stesso e lei potrebbe fare la stessa cosa. Lei non merita questo, non merita un uomo come me. Lei è così meravigliosa, così pulita -.
E pronunciando queste parole, si abbandonò sulle spalle del fratello, scosso da un pianto a dirotto.
Arthur si stupì di quella reazione. Non aveva mai visto Abel in uno stato simile. Era proprio disperato e si sentiva schiacciato dal senso di colpa.
Lo abbracciò stretto. Voleva fargli sentire la sua vicinanza e fargli capire che non era solo.
- Avanti, non fare così – sussurrò in tono consolatorio, sperando di farlo calmare – Sono errori di gioventù. Non hai fatto nulla di terribile. Eri giovane, innamorato, disperato. E poi ti sei ritrovato solo, lontano da casa in mezzo ai marinai e posso benissimo immaginare che esempio ti abbiano dato. Stavi soffrendo e loro ti hanno insegnato la via più facile per dimenticare. Peccato che in realtà poi quella strada non porti da nessuna parte se non all’autodistruzione. Fidati, ne so qualcosa. Non ho navigato quanto te, ma quando ho lasciato Sidney alla volta di Londra per seguire te e Georgie, ho lavorato su una nave e ho frequentato i marinai. Non sono tutti così, ma la maggior parte di loro non ha uno stile di vita esemplare e ci provano a coinvolgere gli altri, soprattutto i giovani. Per loro sono cose normali. Ma tu sei sensibile e certi comportamenti non ti appartengono. E’ normale che tu te ne sia pentito, ma credimi, non è successo nulla di grave. Sono certo che se chiarisci con Georgie lei capirà e non ti giudicherà. Ti ama, non dimenticarlo -.
Abel si staccò da quell’abbraccio e guardò il fratello dritto negli occhi. Gli era grato per i consigli e per quanto gli era stato vicino.
Stavano recuperando il loro rapporto. Non solo, lo stavano addirittura migliorando.
Arthur aveva dimostrato di tenerci a lui e si stava rendendo utile per consentirgli di fare pace con Georgie. Aveva dimostrato una grande maturità. Si era fatto da parte, nonostante amasse Georgie, per consentire loro di essere felici insieme.
Non era da tutti essere così altruisti e generosi. Ma Arthur era così. Un ragazzo unico, speciale e lui era estremamente fortunato ad averlo come fratello.
Nonostante i terribili avvenimenti di Londra che lo avevano visto protagonista, nonostante avesse rischiato la vita cadendo nel Tamigi, nonostante avesse dovuto sopportare la scelta di Georgie, Arthur alla fine era riuscito a perdonare e ad andare avanti.
E ora gli stava dimostrando tutto il suo amore fraterno.
- Grazie – mormorò emozionato Abel – Grazie per esserti accorto che non ero felice e avevo bisogno del tuo aiuto. Grazie per aver ascoltato pazientemente il mio sfogo. E grazie per non avermi giudicato. Sono fortunato ad averti accanto. Vorrei solo saperti essere di sostegno, proprio come tu lo sei stato con me, ma purtroppo non sono come te. Io so solo essere egoista e….- ma non ebbe modo di finire il discorso che Arthur prontamente lo interruppe.
- Non dire stupidaggini, Abel! – tuonò serio Arthur – Perché dici questo? Perché sei così severo con te stesso? Non ho fatto niente di speciale. Ho solo fatto quello che un buon fratello deve fare: esserci nei momenti di bisogno. E so che tu ti saresti comportato allo stesso modo -.
Abel scosse la testa e rispose – No, io non sono come te -.
- E invece sì! – incalzò Arthur – Hai solo un modo diverso di dimostrarlo. Ma ci sei stato quando ho avuto bisogno. Pensi che mi sia dimenticato? Chi si è sostituito a me in quella torre? Chi ha rischiato di morire pur di salvarmi? Chi era disposto a morire da solo in quel carcere pur di permettere a me e Georgie di far ritorno in Australia sani e salvi? Tu Abel. Hai fatto tutto tu e lo hai fatto tra enormi sacrifici e sofferenze. E non lo dimentico. Io so che mi vuoi bene e che sei sempre pronto ad aiutarmi. Noi possiamo contare uno sull’altro. Sempre. Perché siamo fratelli e perché ci vogliamo bene. Quindi ora smettila con le stupidaggini, ricomponiti e vai a chiarirti con tua moglie. Voglio vedervi di nuovo felici e non voglio più che le sciocchezze del passato tornino a turbarvi. Noi siamo andati tutti oltre e siamo pronti a vivere una nuova vita felici. Lo sto facendo io e potete farlo anche voi. Dobbiamo solo continuare a volerci bene ed essere uniti. Siamo una famiglia, non dimenticarlo mai -.
Abel sorrise commosso a quelle sagge parole del fratello, annuì e si asciugò le lacrime.
Era felice di essersi consigliato con Arthur. Ora sapeva cosa era giusto fare e lo avrebbe fatto.
- Va bene – disse – E’ ora di smetterla di piangersi addosso. Devo agire. Andrò subito da Georgie e parlerò con lei -.
Si alzarono entrambi e Arthur diede una pacca sulle spalle del fratello – Bravo Abel, era ora che prendessi la situazione in mano. Vai da Georgie, ha bisogno di te. E aggiusta le cose. E’ un ordine! -.
Abel rise a quelle parole e uscì deciso dalla cucina. Doveva assolutamente affrontare sua moglie e rimettere le cose al loro posto il prima possibile. Non erano più bambini. Dovevano essere più maturi e responsabili.
Raggiunse in fretta la camera da letto che condivideva con lei, ansioso di parlarle, ma appena aprì la porta rimase deluso. Di Georgie nessuna traccia.
- Ma dove si è nascosta? – pensò Abel tra sé e sé.
Non si diede per vinto e continuò la ricerca della moglie per tutta la fattoria, ma non la trovò.
La chiamò, urlò il suo nome, ma non ricevette risposta.
Dove poteva essersi cacciata? Iniziò a preoccuparsi. E se fosse scappata? Se fosse stata troppo arrabbiata con lui o troppo turbata per via di Jessica e avesse deciso di starsene per conto suo per un po’? Però dove poteva essere andata? Era una ragazza sola, incinta, non era saggio allontanarsi da casa. Che intenzioni poteva avere? Che cosa le stava passando per la testa? Che cosa poteva averle detto Jessica di così sconvolgente da ridurla in quello stato?
Iniziò a sentirsi molto agitato. Aveva bisogno di trovare Georgie ed accertarsi che stesse bene.
Corse in casa. Doveva assolutamente avvertire il fratello.
- Arthur, Arthur! – urlò piombando in cucina – Vieni, presto -.
A quelle parole Arthur gli andò incontro preoccupato.
- Ma che sta succedendo, Abel? – chiese a quel punto – Perché non sei con Georgie a chiarire? -.
Abel appariva agitato e la cosa spaventò molto Arthur.
- Georgie è sparita – spiegò Abel con fare concitato – Non è in camera nostra e non la trovo da nessuna parte. L’ho cercata per tutta la fattoria, ma di lei nemmeno l’ombra. Arthur ho paura che sia scappata e che le possa succedere qualcosa. Era troppo pensierosa, non vorrei che commettesse qualche sciocchezza! -.
Arthur cercò di tranquillizzarlo – No, ma che vai a pensare. Georgie può essere arrabbiata, ma non farebbe nulla di insensato. Su questo ne sono certo. Più che altro bisogna che stia attenta. E’ in uno stato avanzato della gravidanza e non deve fare imprudenze -.
Abel non sapeva cosa pensare. Dove poteva essere andata Georgie? Si sentì in colpa per quella situazione. Se solo le avesse parlato prima non sarebbero mai arrivati a quel punto.
- Dividiamoci – disse Arthur – Io provo a controllare se per caso fosse andata dallo zio Kevin e poi rientro a casa ad aspettarla, se dovesse far ritorno. Tu cerca altrove. Cerca di pensare in quali posti potrebbe aver voglia di trovar rifugio in questo momento. Forse ha solo bisogno di trovare un luogo tranquillo per riflettere. Pensaci Abel, pensa quale luogo potrebbe esserle caro e raggiungilo. Potresti trovarla -.
Abel annuì. Era confuso in quel momento, ma doveva cercare di mantenere la calma e riflettere. C’erano un sacco di posti a loro cari. Li avrebbe setacciati tutti e l’avrebbe trovata. Doveva trovarla.
Sellò immediatamente il cavallo e lo montò. Non doveva perdere altro tempo.
- Io vado, Arthur – disse rivolgendosi al fratello – Devo assolutamente riportarla a casa. Non me lo perdonerei se dovesse succederle qualcosa -.
- Stai tranquillo, Abel – rispose – Vedrai che la ritroverai e andrà tutto a posto -.
A queste ultime parole, Abel fece un cenno di assenso, poi lasciò la casa, lanciando il suo cavallo in una folle corsa disperata.
- Georgie, amore mio, dove sei? – pensò tra sé e sé, mentre il suo cuore veniva divorato dall’angoscia e dalla paura.
 
 
 
TBC…..
   
 
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