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Autore: kaos3003    06/06/2009    2 recensioni
Sono solo una ragazza che sta di fronte ad un ragazzo e gli sta chiedendo di amarla. (Notting Hill)
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Aya Mikage, Toya
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Titolo: Impressioni di rame e sale. (Sono solo una ragazza che sta di fronte ad un ragazzo e gli sta chiedendo di amarla.)

Fandom: Ayashi no Ceres
Personaggi:
Aya, Toya, OC
Avvertimenti:
nessuno

Conteggio parole: 1229 (Criticoni)
Note: l
a storia è stata scritta per Temporal-mente con il seguente prompt

Sono solo una ragazza che sta di fronte ad un ragazzo e gli sta chiedendo di amarla. (Notting Hill)
Disclaimer:
I personaggi e i luoghi descritti o citati in questa storia non mi appartengono, ogni diritto legale è da attribuirsi a Yuu Watase.




“Ricordi come eravamo tre anni fa?”

Aya scosse la testa; nonostante fossero passati quasi tre anni, era ancora strano sentire Toya parlare di ricordi.

Tre anni, erano passati solamente tre anni eppure sembrava un'altra vita, completamente estranea a tutto ciò che vivevano ora: Aki, Shuro, Chidori e troppi altri non c'erano più, la potente famiglia Mikage era ormai alla rovina tra processi e fallimenti aziendali, lei era diventata madre.

Il piccolo Hachirou giocava poco distante da loro con un pallone, regalo del suo zio Yuhi, mentre il sole tramontava all'orizzonte. Era stato Toya a scegliere il nome per loro figlio, sostenendo fosse di buon auspicio; era un vero peccato che le persone generalmente ridessero nel sentirlo: era praticamente impossibile che una coppia giovane come loro potesse volere veramente altri otto figli. Non che potesse contraddirli, nemmeno lei riusciva ad immaginarsi madre di nove bambini.

La luce si fece sempre più tenue mentre una brezza salì dal mare, scuotendo i rami più sottili del ciliegio, in fiore fino a un mese prima; se avessero teso l'orecchio avrebbero potuto sentire distintamente la campana di un vecchio peschereccio e lo stridio dei gabbiani che tornavano al nido.

L'atmosfera era talmente perfetta che sembrava impossibile ricordare come fosse quel posto al loro arrivo. Quando erano giunti sull'isola, la vecchia casa del pescatore li aveva accolti con il cigolio delle imposte scardinate e con i tonfi delle tegole che cadevano a terra, ora li cullava in un silenzio ovattato, pronto ad accogliere un mondo in visita e questo grazie alle conoscenze di suo marito e alla buona volontà dei loro amici.

Una folata di vento li investii e Aya si strinse a Toya in cerca di calore. “Come eravamo...” iniziò, affondando il naso nella sua felpa. “Non eravamo una ragazzina viziata e dispotica e un bodyguard tutto d'un pezzo?”

“Sto parlando seriamente.” rispose lui, accarezzandole i capelli. “Ricordi come eravamo Aya?”

Il suo nome morì in un sussurro, tra non molto Toya si sarebbe addormentato ancora e le ciocche ramate sarebbero ricadute sulle sue palpebre abbassate. Certo, lui avrebbe tentato di riaprire gli occhi, sforzandosi di essere presente al gioco di suo figlio, ma sarebbero stati sforzi sempre più sporadici.

L'odore di salsedine ed erba umida solleticò le sue narici, facendola starnutire. Hachirou era ancora impegnato nel lanciare il suo pallone contro un albero e riprenderlo prima che toccasse terra, ignaro del riposo del suo papà. Non aveva mai avuto il coraggio di spiegare al suo bambino che un giorno il suo papà così forte non sarebbe più stato con loro, preferiva vivere giorno per giorno.

In fondo, si diceva ogni sera, abbiamo superato un altro giorno, possiamo arrivare fino a domani. Erano rimasti insieme per ben tre anni a dispetto delle previsioni del dottor Kurozuka, condividendo tanto, dalla nascita del loro bambino fino al profumo delle torte alla fragole che anche lei, finalmente, sapeva preparare.

L'aria continuava a solleticarle la pelle e lei premette maggiormente il viso sulla felpa di Toya; certamente era colpa dell'aria e di tutta quella salsedine se i suoi occhi stavano diventando lucidi.

La campana del peschereccio si faceva sempre più lontano mentre le prime stelle intervallavano il principio di notte; l'ora di cena era passata da un pezzo, ma Aya non se ne curò. In fondo, si disse, Hachirou era impegnato a correre e creare dei buchi sui suoi calzoni per protestare,e lei era troppo presa dall'odore di Toya e dalla sensazione del suo braccio contro la sua guancia.

Avrebbe voluto rispondere che erano sempre “Ricordo di essere stata una ragazza.” iniziò, accarezzandogli il dorso della mano, seguendo il contorno di una piccola cicatrice, frutto del loro recente tentativo di giardinaggio. “Quella ragazza ti guardava sempre, e ti chiedeva di amarla.”

“E ora? Ora cosa siamo?”

Non c'era urgenza nella sua voce, in Toya non potevano esistere insicurezza o ansia, solo una sana, semplice curiosità e la voglia di sentire la sua voce. O almeno, lei voleva sentire solo questo: era più semplice lasciar passare i dubbi e le giornate se tutto rimaneva casuale.

Le stelle si fecero più luminose e la luna fece la sua comparsa; il suo bambino sembrò finalmente essersi stancato a sufficienza e venne lentamente verso di loro, stropicciandosi l'occhio sinistro.

Il tempo passava, le onde si infrangevano contro gli scogli e Toya ancora non apriva gli occhi. Non era mai passato tanto tempo prima che provasse a guardarli.

Il buio era ormai prossimo e lei ancora non gli aveva dato una risposta. Cos'erano ora... le sarebbe piaciuto dire che erano rimasti gli stessi, ma non poteva mentirgli così: loro due non sarebbero potuti rimanere gli stessi, non dopo Ceres e la ricerca della Veste.

A volte la sognava ancora, la Dea Celeste, alcune volte erano sogni nostalgici e Ceres le faceva visita con tutti i suoi amici perduti, altre volte la vedeva volare via stringendo tra le braccia un bambino che lei non era in grado di proteggere. Quelle notti si svegliava con il fiato corto e inevitabilmente correva nella cameretta del suo Hachirou, lì poteva passare ore a guardarlo dormire.

Aya sentì qualcuno tirarle la gonna e abbassò lo sguardo su suo figlio che le porgeva un mazzo di fiori gialli. Stava giusto stringendo fra le dita i sottili gambi, quando una mano si chiuse sulla sua, chiudendoli in un'unica stretta.

La sensazione del respiro caldo sul suo braccio e dello sguardo loro mani le mise i brividi.

“Non credo di potermi ancora definire una ragazza. Guardami, ho un figlio.” sussurrò, lasciando che le dita di Toya si stringessero sulle sue. Su uno scoglio a pochi metri un gabbiano emetteva ancora il suo richiamo mentre lui le sistemava la propria felpa sulle spalle. “Ho visto e fatto troppo per poter essere ancora una ragazza.” concluse portandosi le corolle al petto.

Era vero, in poco più di un anno aveva visto gran parte del Giappone, aveva rischiato di morire e aveva visto morire, si era innamorata ed ora aveva due uomini importantissimi nella sua vita. Alle volte faticava a credere che tanto dolore l'avesse portata a qualcosa di così bello.

Un piccolo peso sulle ginocchia la fece sussultare. Hachirou le si era ormai arrampicato in grembo e lei si alzò, avendo cura di farsi passare le sue piccole braccia intorno al collo. Un giorno, troppo presto, non avrebbe avuto abbastanza forza per sollevarlo in quel modo.

Ormai il sole era completamente tramontato e il cielo aveva assunto una tinta blu talmente scura da sembrare nera, tanto simile ai capelli di quella dea che aveva determinato il loro destino da toglierle il fiato.

“Non sono più una ragazza, Toya, ma sono ancora qui, di fronte a te, per chiederti di amarmi.”

Il respiro regolare dietro di lei le fece capire che il ragazzo si era nuovamente appisolato. Aya sorrise e strinse maggiormente al petto il suo bambino mentre tornava sulla panchina al fianco di quello che considerava il suo uomo.

Hachirou sbadigliò e si assopì fra le sue braccia, Aya si lasciò andare contro la spalla di Toya. Da quella posizione aveva un'ottima visuale dell'orecchino che gli aveva sempre impedito di togliere.

Facendo attenzione a non svegliare il piccolo, si avvicinò al suo orecchio. “Mi ami, Toya?” gli sussurrò, prima di ridere del verso infastidito del ragazzo.

Toya si mosse un attimo e lasciò cadere la testa sulla sua spalla. Aya passò le dita tra le ciocche ramate; presto avrebbe dovuto svegliarlo per rientrare in casa, ma quella sera le stelle erano così belle che avrebbe potuto aspettare.

   
 
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