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Autore: DestinyHopeL    05/04/2017    1 recensioni
Carlotta - per tutti, Charlie -sta scappando. Scappa dalla sua famiglia, dalla sua vita, un po' da se stessa e da quella mancanza di privacy che come una costante ha sempre fatto parte della sua vita e l'ha accompagnata nella sua crescita. Sta scappando da Davide, quel ragazzo troppo geloso e possessivo che sembrava averla legata a se stretta, come se fosse stata un palloncino sul punto di volare via. Ed era proprio questo che Charlie voleva,volare via.
Jemie è sempre stato un ragazzo problematico, solo, abbandonato dall'unico familiare che gli era rimasto, suo padre. Per i primi tempi aveva preso la strada di quell'uomo perennemente ubriaco perché sconvolto dalla morte della donna che amava poi il Toby Carvery era diventato l'unico rifugio per lui, l'unico posto dove valesse la pena esistere, tra la spensieratezza e la sfacciataggine dei suoi clienti, le loro storie e quella tranquillità che non aveva mai fatto parte della sua vita.
Ma se l'arrivo di una donna all'apparenza fredda e schiva, avesse minato proprio quella tranquillità agognata da tempo?
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Prologo:

-Il tuo incubo peggiore



Carlotta - per tutti, Charlie -sta scappando. Scappa dalla sua famiglia, dalla sua vita, un po' da se stessa e da quella mancanza di privacy che come una costante ha sempre fatto parte della sua vita e l'ha accompagnata nella sua crescita.

Sta scappando da Davide, quel ragazzo troppo geloso e possessivo che sembrava averla legata a se stretta, come se fosse stata un palloncino sul punto di volare via. Ed era proprio questo che Charlie voleva, volare via. Voleva trovare un posto nel mondo in cui si sentisse libera, voleva librare in aria come quel palloncino e scivolare via dalle mani di chi la teneva incatenata. 

È per tutti quei motivi che in aeroporto ci era andata da sola e senza voltarsi indietro, certo aveva dovuto avvertire la sua famiglia, ma l'aveva fatto a pochi minuti dal volo. Dopo aver riattaccato, le telefonate da parte di sua madre e dei suoi amici e soprattutto da parte di Davide, erano partite a raffica. Non aveva comunicato a nessuno quale fosse la sua meta e già la stava assaporando quel briciolo di libertà che tanto aveva agognato. 

L'Inghilterra era il suo sogno da quando con la scuola ci aveva passato un intero mese, studiando presso un college e alloggiando presso una famiglia composta di un solo membro. Una giovane donna e il suo gatto. Il tutto sembrava gridare "zitella" o "bisbetica" ma non fu quello che pensò lei. Certo, Mel era molto riservata e stranamente ossessionata dalle papere, ma a lei era parsa una donna indipendente, con una bella casa, un lavoro e la sua agognata libertà. Perché in cucina, lo ricordava benissimo, sulla parete vi era affissa una bacheca colma di biglietti aerei, di concerti, musei e fotografie dei vari posti visitati. Melanie era tutto quello che lei si proponeva di essere, una persona che sa badare a se stessa, non per forza sola o solitaria, ma una persona che riesce a ricamarsi il proprio posto nel mondo senza essere intralciata da nessuno.

Charlie lo sapeva che il suo comportamento avrebbe fatto discutere parecchie persone, soprattutto i suoi parenti, da sempre troppo presenti nella sua vita. Sempre pronti a metter bocca dove non avrebbero dovuto, ma lei si era posta un obiettivo e aveva lavorato sodo e stretto i denti per realizzare quella piccola follia. Ed eccola lì in una piccola mansarda nella periferia di Londra, la valigia alla mano e le chiavi in un'altra. 

La proprietaria, Margareth una donna un po' avanti con l'età era stata gentilissima e le aveva ceduto la piccola mansarda di casa sua, ma poteva considerarlo a tutti gli effetti un appartamento perché dotato di tutti i comfort necessari a viverci. Solo dopo aver congedato l'anziana signora Charlie tirò un sospiro di sollievo, si sedette sul piccolo divano al centro della stanza e si godette quel silenzio assoluto, quella pace che nella sua vita non c'era mai stata. Niente urla, nessun litigio, squilli di telefono o il bussare incessante della porta. C'era finalmente solo il silenzio a farle compagnia. Preparò un tè e rimase con i suoi pensieri, ricordò di quando appena diciassettenne si era persa nel bel mezzo della periferia di Londra. 

Mel le aveva spiegato più e più volte la strada di casa, che avrebbe dovuto percorrere da sola, l'autobus da prendere e la fermata segnati su di un bigliettino. Lei credeva di aver capito benissimo, nella foga del momento non aveva chiesto l'indirizzo di casa, sicura di se. Dopo ben sei ore di lezione in lingua inglese e quella che era la prassi per ambientarsi in una nuova scuola, aveva il cervello quasi fritto. Prese l'autobus con la testa fra le nuvole e chiese informazioni al conducente che gentilissimo le indicò la fermata. Charlie passò quasi due ore a girovagare per quelle strade che le parevano familiari ma allo stesso tempo sconosciute. Si era persa e da orgogliosa qual era non voleva ammetterlo con se stessa. Dopo aver percorso e ripercorso la stessa strada diverse volte, inquietata dai molteplici cimiteri all'aperto e dalla sera che si stava apprestando a scendere decise di mettere da parte l'orgoglio e chiedere informazioni a qualche passante. 

Non si era resa conto, nonostante se la cavasse a scuola con l'inglese, di quanto in realtà fosse molto difficile parlarlo. Nella sua testa si affollarono regole e regolette, cercava di tradurre dall'italiano quello che voleva dire, ma solo con il tempo capì che quello non era il metodo giusto. Dopo aver mostrato il bigliettino scritto da Mel a qualche passante poté appurare di trovarsi alla fermata giusta e fu lì che conobbe Margareth. Inizialmente l'anziana donna si prese gioco di lei ma prese subito a cuore la questione quando le raccontò la vicenda. Vedendola sconvolta, persa e sì, in preda al panico la portò con sé in un bistrot proprio di fronte la fermata dell'autobus, offrendole una spremuta d'arancia e rifiutando tutti i suoi tentativi di pagare. 

In qualche modo l'anziana signora aveva sbloccato Charlie che aveva iniziato a parlare naturalmente, senza riflettere troppo sulle regolette. Fu in quel momento che la donna la prese sinceramente a cuore, le offrì il suo cellulare e lì la sbadata ragazzina si rese conto di quanto fosse stata stupida a non chiedere il numero della donna che l'avrebbe ospitata. Dopo aver fatto un giro di telefonate tra i suoi compagni e il responsabile delle classi dall'estero, avevano rintracciato la sua "Host family" che l'aveva subito raggiunta nel posto in cui si trovavano lei e l'anziana signora. A quanto pare la donna pur di non lasciarla sola aveva perso l'ultimo bus della giornata. Melanie ovviamente la riaccompagnò a casa e la donna dopo aver abbracciato la sbadata diciassettenne le aveva lasciato il suo numero e per Charlie quella che era inizialmente una sconosciuta era diventata una specie di nonna adottiva. Non smisero mai di tenersi in contatto, scrivendosi anche per E-mail. Charlie nel tempo aveva ritrovato in Meredith una confidente e soprattutto un'amica fidata, e dopo averle raccontato tutti i suoi problemi la donna non aveva potuto evitare di invitarla nuovamente lì in quella terra che l'aveva resa libera già una volta. In un primo momento la ragazza aveva rifiutato, consapevole di non poter abbandonare tutto e tutti da un momento all'altro, ma poi le cose avevano iniziato ad andare sempre peggio. Il lavoro era stancante e non portava a nulla di concreto. Davide, il ragazzo che aveva conosciuto al liceo e con il quale portava avanti una relazione instabile e turbolenta da parecchi anni, aveva iniziato a farle pressioni per condividere un appartamento. Erano ben sette anni che si ritrovava invischiata in una relazione che in realtà non voleva, i sentimenti per Davide si erano sempre più raffreddati e l'unica persona con la quale ne aveva parlato era proprio Meredith. E quando le propose ancora una volta di tornare in Inghilterra Charlie era al limite, reduce da una discussione con Davide e dalla ficcanasaggine dei suoi parenti che avevano sempre avuto da ridire, qualsiasi scelta avesse fatto nella vita. Dalla più banale scelta di un abito a un matrimonio alla più seria, la relazione con il ragazzo che voleva fare l'artista e quindi non avrebbe portato a nulla di buono. Ma non era di certo quello il motivo della loro rottura, ancora da assimilare da parte di lui e già del tutto assimilata da parte della ragazza. Il vero problema era il suo essere ossessionato da lei, geloso all'estremo e il suo volerla chiudere in una gabbia e Charlie era uno spirito libero, voleva viaggiare e vedere posti nuovi, amava leggere e sognava di visitare i luoghi delle avventure in cui s'immergeva pagina dopo pagina. Aveva iniziato a scrivere la sua di avventura per poi abbandonarla quasi subito scoraggiata dalle persone a lei vicine. Certo avrebbe dovuto concentrarsi sull'università, avrebbe dovuto scrivere la tesi, non stupidi romanzetti rosa per ragazzine. Quella morsa che piano piano si era andata sempre di più a restringersi su di lei aveva fatto si che raggiungesse il suo limite. Fu per quel motivo che prenotò il primo volo diretto verso Londra con i risparmi di una vita, decisa a voltare pagina.

Fu distratta dal leggero bussare della porta e mentre stringeva forte tra le mani la tazza colma di tè andò ad aprire. Meredith dall'uscio le sorrise, un vassoio colmo di biscotti tra le mani. Lei la fece entrare volentieri, considerando la donna, l'unica in grado di invadere la sua solitudine. Tra una tazza di tè e qualche biscotto, parlarono tanto e di molteplici argomenti, soprattutto di lavoro. La donna aveva rilevato, il bistrot dove le due si erano conosciute parecchi anni addietro e le stava offrendo l'opportunità di dirigerlo. 

Al Toby Carvery l'atmosfera era molto rustica e tranquilla, la mattina venivano per la colazione i soliti clienti abituali, quelli di tutta una vita. Beth che con la sua spocchiosa aria da contessina faceva sorridere lo staff, abituato oramai da anni ai suoi modi di fare crudi e altezzosi. E che dire di Jim? L'anziano signore che pendeva dalle sue labbra e continuava a farle il filo nonostante i ripetitivi due di picche ricevuti. Caroline e le sue piccole pesti, le gemelline Babi e Lù che la mattina riempivano il locale con la loro sfrenata loquela, facendo domande impertinenti a tutto spiano. Jemie, vi era oramai abituato. Da quando la donna che l'aveva in qualche modo tolto dalla strada, gli aveva affidato il locale lui aveva finalmente trovato una famiglia in quelle persone che soprattutto la mattina presto si precipitavano giù al Toby Carvery per la colazione, scambiavano quattro chiacchere con lui, che dal bancone prendeva le ordinazioni e le mandava alla cucina. 

Jemie è sempre stato un ragazzo problematico, solo, abbandonato dall'unico familiare che gli era rimasto, suo padre. Per i primi tempi aveva preso la strada di quell'uomo perennemente ubriaco, sconvolto dalla morte della donna che amava. Incapace di soffocare quel dolore aveva perso di vista le cose importanti. Il lavoro, suo figlio, e presto si era ritrovato con l'acqua alla gola, i conti da pagare e senza un lavoro. Jemie, cresciuto troppo in fretta aveva iniziato a lavorare all'età di 14 anni, per riuscire a mantenere se stesso e suo padre. L'uomo non smise mai di causargli problemi e rimase invischiato con la droga e i suoi traffici, Jemie per far fronte alle spese di suo padre, si ritrovò ben presto costretto a spacciare per quelli che avevano ucciso il suo unico genitore. 

Fu all'età di diciassette anni che Meredith l'incontrò, negli occhi lo sguardo di chi aveva visto il peggio. Proprio in quegli anni la donna aveva deciso di rilevare il Toby Carvery e allo stesso tempo di prendere sotto la sua ala protettiva Jemie Price quel ragazzino biondo dai capelli sempre arruffati, nascosti dal cappuccio di una felpa troppo larga. Non fu facile, Jemie era diffidente, non credeva neppure in se stesso, ma pian piano la donna riuscì a conquistarsi il suo affetto e la sua fiducia. Da allora erano cambiate parecchie cose, il ragazzo era sempre circondato di gente, amava stare tra la folla e attirare l'attenzione su di se, soprattutto se quell'attenzione gli era rivolta dal gentil sesso. Erano infatti molte le ragazze, soprattutto liceali, che si fermavano la mattina per poterlo ammirare.

Quando Charlie varcò la soglia del locale, si rese conto che non era affatto cambiato, l'odore di uovo fritto alleggiava nell'aria e quel calore familiare la invase all'istante. Molte furono le persone che con lo sguardo corsero a guardarla. Entrò alla sua maniera, con quella camminata lenta ma sicura, già pronta a prendere le redini del locale. Perché se esisteva una donna fatta per comandare, quella era sicuramente lei. Prese posto al bancone, seduta schiena dritta sullo sgabello color porpora, come i divanetti tutt'intorno nel locale. In stile retrò, i toni caldi del porpora e del legno gli conferivano un area accogliente e familiare. Jemie si accorse della ragazza nuova con qualche minuto di ritardo. Bob ammiccava spudoratamente nella sua direzione e Beth oltraggiata per quelle attenzioni non più rivolte a lei, bensì alla scollatura della camicetta della nuova arrivata se la prese con lui, lamentando la colazione troppo fredda. Jemie sorrise, abituato a quei piccoli screzi tra i due che sembravano proprio una coppia di neosposini, passò la colazione della donna qualche minuto in microonde. Charlie si schiarì la voce, per ricordare al ragazzo la sua presenza. Questo, fin troppo conscio del detto "il cliente ha sempre ragione", oramai un mantra nella sua testa, si avvicinò alla ragazza, dipingendosi uno dei suoi miglior sorrisi di circostanza sul volto. «Cosa le porto?» chiese cercando di sembrare quanto più gentile possibile. 

La ragazza non si era fatta per nulla intimidire dal suo atteggiamento da finto gentiluomo, si sporse in avanti sul bancone, annullando le distanze e cogliendolo quindi di sorpresa. «La specialità della casa» il ragazzo che ce l'aveva a pochi centimetri dal viso, rimase incantato per qualche secondo ad osservare quegli occhi gelidi, azzurri come il ghiaccio, fissi nei suoi. 

«Allora?» Si allontanò a fatica il biondo, ammaliato da quel contrasto di colori su quel viso: l'azzurro chiaro e il color cioccolato dei capelli che in ciocche ricadevano ai lati del viso chiaro e luminoso. Deglutì e Charlie osservò attentamente il suo pomo d'Adamo fare su e giù e capì di averlo messo in difficoltà. Si dipinse il miglior sorriso sfrontato che aveva sul volto, guadagnandosi l'antipatia del ragazzo, che sì non poteva negare la sua bellezza e lasciare impuniti quei suoi modi da prima donna.

«Non abbiamo una specialità, posso servirle altro?» la donna parve compiaciuta, non le erano mai piaciuti i grandi conquistatori e colse l'occasione per irretire uno di questi. «Iniziamo male... vorrà dire che sarà il primo compito che ti assegnerò» Nella sala calò un inquietante silenzio, non si era accorta di aver parlato a voce alta. Perfino Jessamine e Lizzie, le due cameriere si erano fermate con i piatti a mezz'aria. Jemie era sbiancato tutto d'un tratto e aveva perso la sua aria da spaccone . «Mi scusi, ma lei chi è?» gli occhi fissi nei suoi a celare una grande paura, le nocche strette a pugno sul bancone. "Il tuo incubo peggiore" avrebbe voluto rispondere lei, ma si limitò a sorridere «Il tuo nuovo capo».

***

Salve Ragazze

eccomi qui con una nuova storia, a mio parere forse più matura, so che "keep this love in a photogaph" non è ancora completa, ma mi era venuta l'ispirazione per qualcosa di completamente diverso. Spero che il prologo v'incuriosisca almeno un po'. Grazie per aver letto pazientemente le note dell'autore e che dirvi? Al più presto con un nuovo aggiornamento. Baci Lucia

  
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