PRINCE
OF PERSIA:
THE JOURNEY OF LIGHT
alcuni giorni più
tardi...
Era un pomeriggio normale nel deserto, il sole
batteva caldo sulla sabbia, il vento soffiava leggero sulle dune
spostando lunghe ondate di granelli con se, e nessuna nuvola carica
di pioggia era all'orizzonte.
Il paesaggio continuava cosi per
kilometri e kilometri, tranne che in un punto, dove si trovava una
lunga scia di impronte sulla sabbia lasciata da un insolito
gruppetto.
Due persone stavano attraversando il deserto a bordo di
un animale.
Un giovane uomo, che per vivere faceva il predatore di
tombe, una principessa magica di un regno ormai in rovina, e un asina
che cominciava ad essere stufa del suo lungo viaggio.
“quanto
manca ancora?” chiese elika mentre prendeva una borraccia
“non
molto ormai,domani sera sera saremo già arrivati in citta” rispose
lui.
era stato un viaggio abbastanza tranquillo, niente
corruzione, nessuno che tentasse di ucciderli, niente trappole
mortali o pericoli, insomma sembrava che fossero tornati a vivere una
vita normale.
“allora elika, ora ce finalmente abbiamo un
po' di pace, perché non mi racconti qualcos'altro di te?”
chiese il principe
“beh cosa vorresti sapere?”
“non
so, com'è stata la tua infanzia, com'eri da piccola, queste
cose insomma.”
“beh” inizio lei sorseggiando un
po' d'acqua dalla borraccia presa poco prima “forse ti stupirà
saperlo ma da piccola non facevo altro che combinare disastri”
“sul
serio?, tipo cosa?” chiese lui curioso
“beh non
ascoltavo mai la mia istruttrice , mi divertivo a nascondermi facendo
disperare tutta la servitù, cose cosi insomma”
“sul
serio?, eri cosi pestifera?” chiese lui stupido continuando a
condurre l'asina nel deserto
elika prese un altro sorso
d'acqua.
Dopo aver bevuto continuò “ si lo ero, ma
poi crescendo ho capito l'importanza delle cose e che come
principessa avevo delle responsabilità a cui non potevo
sottrarmi.”
“e tu invece? Com'eri da piccolo? Correvi
già dietro alle ragazze e ai tesori?” chiese scherzosa
lei sporgendosi un po' verso di lui.
“veramente no, ero un
ragazzo un po' come tutti gli altri, giocavo, aiutavo mio padre nel
lavoro, niente di particolare, la vita scorreva tranquilla... poi
venne la guerra...” aggiunse cambiando espressione
“dev'essere
stato terribile” disse lei
“infatti, arrivavano
notizie di tragedie commesse nei villaggi vicini, furti stupri,
interi città rase al suolo, la situazione stava peggiorando e
presto sarebbe toccato anche a noi”.
Mentre parlava gli
tornavano in mente tutti quei momenti, anche se era piccolo quei
ricordi erano rimasti impressi profondamente dentro di lui.
I
volti spaventati di coloro che erano riusciti a fuggire, il pianto
degli altri bambini rimasti orfani e delle vedove.
Poi riprese
“siamo scappati, prima che arrivassero da noi, la mia famiglia
e molti altri del mio villaggio decidemmo di andare via e diventare
profughi”.
D'un tratto il principe fermò l'asina e
scese dalla groppa.
“ cosa fai?” chiese la sua
compagna.
Dopo aver preso una borraccia dalla roba caricata dietro
lui iniziò a dar da bere alla sua asina
“ ha sete”
rispose.
“e tu come lo sapevi?”chiese lei.
“
dopo tanti viaggi passati insieme ho imparato a conoscerla
bene”.
L'animale una volta dissetato emise un verso come per
ringraziare, e ripresero il tragitto.
“e...., com'è
finita?” domandò lei timorosa.
Passarono alcuni
minuti di silenzio quando..
“ non duro a lungo, il nostro
villaggio si trovava nel cuore del regno ci sarebbero volute
settimane prima di raggiungere il confine, e quando eravamo a circa
meta strada..... ci trovarono” aggiunse.
“hai visto
tutto?”
“veramente no, poco prima che arrivassero i
miei genitori mi nascosero in un barile, ci rimasi per non so quanto
tempo, alla fine uscii per cercare qualcosa da mangiare, tornai al
nostro campo, ma lo trovai deserto, non c'era più
nessuno”.
“capii che da quel momento me la sarei
dovuta cavare da solo, ti confesso che avevo paura, il mondo ora mi
sembrava cosi grande da esserne inghiottito”
“ e
quindi cosa hai fatto?”.
“per prima cosa ho cercato
qualcosa da mettere sotto i denti, dopo il passaggio dei soldati non
cera rimasto molto, ma sono riuscito a cavarmela più o
meno”
Elika ascoltava con attenzione, non lo dava a vedere
ma le sue parole erano cariche di tristezza, doveva aver sofferto
molto.
Per un attimo si ritrovo a pensare a cosa avrebbe fatto lei
al suo posto, in quella situazione lei che aveva sempre vissuto con
la sua corte vicina.
Probabilmente non sarebbe resistita tanto a
lungo.
“poi decisi di dirigermi alla città più
vicina, dove c'è gente c'è commercio e dove c'è
commercio c'è cibo pensai, presi tutto ciò che c'era
rimasto di valore in giro e mi diressi verso sakesh, a bordo della
stessa asina che stiamo cavalcando ora” aggiunse con
entusiasmo.
“vuoi dire che hai sempre avuto con te
quest'asina?, sempre??”
“esatto, forse non ci
crederai, ma ha un ottima resistenza nelle traversate, riesce a
sopportare grandi pesi, anche se a volte è un po' troppo
testarda e sparisce senza motivo” concluse.
Come per
rispondere l'asina emise dei brontolii e si impenno facendolo finire
a terra in una nuvola di polvere
“ah ah sembra che non sia
contenta di ciò che dici di lei” disse elika divertita
mentre lui si rialzava tutto sporco di sabbia
“ lo vedo, a
volte mi domando se sia davvero un asina normale”
“
normale non lo è di certo, se riesce a sopportarti per
giorni”
“ ormai dovrebbe averci fatto l'abitudine, e
poi non sono cosi terribile da sopportare dai”
“ si
certo, muoviamoci dai che si sta facendo buio” disse lei
porgendogli la mano per farlo risalire.
Lui la affero e dopo
essersi issato in sella ripresero il cammino.
Qualche ora più
tardi, i due si erano accampati nel deserto, l'asina farah si trovava
seduta accanto a loro a riposare tranquilla.
Poco prima il
principe aveva messo su una piccola tenda.
“ mi spiace solo
che è un po' piccola per due persone, ma non pensavo di
tornare in compagnia”
“ pazienza, sopporterò
anche questa”
" e dimmi vestiti ti stanno bene?"
"
si grazie sono un po larghi ma non importa"
durante la loro
sosta le aveva proposto di indossare dei vestiti più adatti a
un viaggio nel deserto, cosi era uscito dalla tenda per permetterle
di cambiarsi.
Elika aveva solo l'imbarazzo della scelta, c'erano
vesti di ogni tipo, jallàbiyye dette anche caffettani(*),
hayk(**),dei Sari (***) e molto altro anocra.
"meno male che
avevo dei vestiti in più con me".
"ma hai rubato
tutta questa roba da una tomba?"
“beh non proprio
tutta, alcune cose le ho comprate io”
“con denaro
rubato immagino”rispose lei con superiorità.
"ah
ah proprio non riesci a pensare bene di me?".
"no mi
spiace".
Era bello avere vicino una persona come lei penso il
principe, cosi non c'era il problema della solitudine e del silenzio
assordante.
“ecco ho finito, puoi entrare” disse
lei
lui entro nella tenda.
Ora elika indossava una jhallabyyia
verde chiaro.
Questo indumento era indossato prevalentemente dagli
uomini, ma non ci sarebbero stati problemi se ne faceva uso anche
lei.
Era una veste abbastanza attillata con le maniche tagliate
per lasciare le mani libere.
Per il giorno successivo si era messa
da parte un tagelmust(****), come quello del suo compagno ma di
colore bianco non azzurro, cosi sarebbe stata al riparo dal caldo e
dalla sabbia.
" senti mi chiedevo cosa pensi di fare ora?"
chiese lui sdraiandosi al suolo
"te l'ho detto, troverò
la mia gente "
"si ma hai una pista, un nome o qualcosa
che ti possa aiutare?".
" no lo ammetto non ho nulla, ma
sicuramente hormazd mi guiderà, come ha fatto con te e la tua
asina"
aggiunse.
" ancora? non mi ha mandato nessuno
qui, ero diretto da tutt'altra parte" rispose lui stizzito.
"
già ora che ci penso , dove avevi in programma di andare?"
"
beh a qualche giorno da qui c'è una città, era una
delle tappe del mio itinerario, subito prima della mia
destinazione
finale"
"ovvero? dove?"
"a jiamat, la
capitale della regione, una delle più grandi e floride città
che esistano".
"quanto è grande?"
"beh
2 o 3 volte la tua città , la parte più sviluppata è
quella del porto, è uno dei crocevia mercantili più
importanti da queste parti, li puoi trovare praticamente ogni cosa,
cammelli, tappeti spezie, gioielli, schiavi...".
alla parola
schiavi elika assunse un espressione contrariata.
"che c'è?"
chiese lui.
"sono contraria alla schiavitù, non sono
mai stati permessi nel regno degli ahura apparte che per un breve
periodo, e mio padre si è sempre adoperato per evitare che
questa pratica tornasse a essere usata"
"purtroppo in
molte parti del mondo si fa uso di schiavi, di solito hanno anche un
mercato specifico, nei porti o nei centri delle città".
"parliamo
d'altro per piacere"
"come vuoi, allora dimmi..."
inizio il principe con un altro argomento.
Intanto...
Nella
valle degli ahura, nei meandri del palazzo sotterraneo ,una figura
inquietante si muoveva lenta nei corridoi.
Era un palazzo ormai in
rovina quello, nessuno lo curava a dovere ormai da anni, la polvere
si trovava ormai
dappertutto, si vedevano più porte rotte
che intere e le grate di ferro erano arrugginite quasi completamente,
ma questo aveva poca importanza.
Solo una parte di quel luogo
aveva importanza, la parte che contraddistingueva quel luogo dal
resto del regno.
Le prigioni.
Prima di hariman coloro
che si erano macchiati di crimini orrendi erano stati rinchiusi li in
attesa del giudizio
del sovrano.
C'erano due possibili destini
per un condannato, a seconda delle colpe che aveva commesso.
La
prima : l'esilio, se il condannato non era un pericolo
incontrollabile sarebbe stato allontanato dalla valle, non vi avrebbe
mai messo più piede anzi non sarebbe mai stato in grado
nemmeno di entrarvici più, grazie a un incantesimo egli
sarebbe stato bandito per sempre.
La seconda: l'esecuzione, se
le colpe del condannato erano troppo gravi e non era possibile
controllarlo non
poteva continuare a vivere, anche per giustizia
verso coloro a cui aveva tolto la vita.
Dopo la guerra con
hariman tuttavia se ne aggiunse un altra.
La terza pena: il D'
thall, tradotto dalla lingua antica " bandito per l'eternità".
questa pena veniva applicata, quando un essere magico arrivava nella
valle degli aura e non era possibile sconfiggerlo con mezzi umani, il
primo cerchio dei sacerdoti si riuniva e con una formula lo
esorcizzava, la sua mente la sua anima e il suo corpo venivano
spedite in un altra dimensione, che piano piano o avrebbe
distrutto.
Per fare ciò serviva però un oggetto che,
una volta incantato, facesse da catalizzatore e confinasse il
prigioniero.
Questo fece Hormazd alla fine della guerra
con suo fratello, dopo averlo ingannato e rinchiuso nella prigione,
lascio agli ahura le conoscenze necessarie perché potessero
ripetere quel rituale da soli quando un entità magica li
minacciava.
Anche se la guerra era finita comparivano sempre delle
creature magiche nella valle, che fosse una coincidenza o il richiamo
di Hariman non faceva molta differenza, venivano tutte rinchiuse.
Per
contenere queste creature gli aura decisero di non usare il tempio
dell'albero della vita, che faceva già da prigione per
hariman, ma costruirono il Palazzo Sotterraneo.
Il palazzo era
stato scavato interamente nella roccia e nel terreno e aveva una sola
uscita, a differenza del palazzo reale non c'erano camere, sale da
ballo o sedi culturali, nessuna biblioteca o giardini.
Era
composto da solo tre piani, uno per ogni condanna possibile.
La
figura scendeva le scale verso il 3° livello delle prigioni dove
erano ospitati i condannati alla D'tall, lui che fino a qualche tempo
prima era il sovrano del regno, il giudice dei condannati, stava per
emanare un nuovo tipo di sentenza.
Il 3° livello
contrariamente ai primi 2 era piuttosto singolare, invece di tante
celle con i rispettivi prigionieri,
esso consisteva in un unica
enorme sala,senza finestre, in cui erano immagazzinati tutti i
catalizzatori.
Il portone della sala si apri lasciando entrare il
sovrano.
Egli si diresse lentamente verso i catalizzatori
osservandoli uno per uno, "non c'è bisogno di richiamarli
tutti"
pensò " basteranno quelli giusti".
D'un
tratto si fermo davanti a un piccolo bracciale di metallo, non
sembrava molto pregiato, a prima vista era
solo un pezzo di metal
ricurvo.
Il sovrano allungo una mano per prenderlo ma dopo pochi
secondo scoppio una scarica di luce a mezz'aria
proprio dove si
trovava la sua mano.
Il sovrano si allontano di qualche passo
osservando la mano fumante con indifferenza, non poteva sentire
dolore ormai.
Tornò a guardare verso il bracciale
riflettendo, " una barriera eh, pensavo che con i suoli fertili
ormai corrotti
non ci sarebbero stati problemi, evidentemente mi
sbagliavo".
In effetti se la protezione fosse stata
alimentata dai suoli fertili tanto valeva collocare i catalizzatori
nel tempio dell'albero della vita.
Mentre formulava questi
pensieri estrasse con la mano destra la sua spada regale, una solida
impugnatura nera faceva da base alla lama.
Alzò la spada
verso l'altro per caricare il colpo e poi il braccio scatto
violentemente verso il bracciale.
La barriera rispose
automaticamente fermando il colpo a mez'aria.
L'aria frizzava per
via delle scariche della barriera e tutto intorno a loro si
sprigionavano scintille azzurre e
nere.
Dopo pochi secondi di
lotta tuttavia la barriera si spezzò, in un attimo scomparvero
le scintille e le scariche,
e il silenzio torno nella stanza,
come se non fosse mai successo nulla.
Il sovrano osservo la lama
della sua spada, per niente scalfita ,e si chinò nuovamente
per raccogliere il bracciale, ormai senza protezioni.
"eccone
uno , ne restano
quattro".
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approfondimenti
(*)
Un caffettano (dal persiano خفتان,
kaftan) è una tunica di cotone o di seta da uomo, lunga fino
alle ginocchia, fornita di bottoni sul davanti e con maniche
lunghe.
I caffettani indossati dai sultani ottomani costituiscono
una delle più notevoli collezioni del palazzo di Topkapi a
Istanbul.
(**)
l'hayk è un vestito tradizionale di
alcune popolazioni del deserto, un retangolo di cotone di 7 metri da
avvolgere intorno alla persona, con gli estremi posti sotto il mento
da tenere con le mani
(***)
Il sari ((साड़ी
in hindi) è
un tradizionale indumento femminile del subcontinente indiano[1], le
cui origini risalgono al 100 a.C., ed è intuibilmente uno dei
pochissimi indumenti ad essere stati tramandati per così tanti
secoli.
Il sari consiste in una larga fascia di stoffa di
circa un metro, la cui lunghezza può variare dai quattro ai
nove metri, che viene avvolta intorno al corpo dell'indossatrice
secondo vari metodi che variano a seconda della sua funzione. Lo
stile più comune di indossare il sari consiste nell'avvolgerlo
intorno alla vita, con un capo che gira intorno alla spalla lasciando
scoperto la cintola.[1]
(****)
La tagelmust (o, con grafia
francese, taguelmoust) è una lunga fascia di cotone, lunga di
solito tra i 3 e i 5 metri, ma che può arrivare anche a 10
metri, tinta di indaco ed avvolta sul capo e sul viso dei Tuareg in
modo da formare al contempo un turbante ed un velo che copre il volto
lasciando libera solo una fessura per gli occhi.
È il
copricapo tradizionale degli uomini presso i Tuareg, ma all'occasione
può essere indossato anche da altre popolazioni. In tempi
recenti si è preso ad usare anche tigelmas (plurale di
tagelmust) di diversi colori, ma quelle tinte di indaco vengono
riservate per le grandi occasioni.( fonte wikipedia )