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Autore: darkfrance    06/06/2009    1 recensioni
L'inizio del cammino verso la luce, cosa attenderà i protaonisti lungo il loro cammino?. Una storia di luci, ombre e magie sta per aprirsi davanti ai vostri occhi, siete pronti a viverla?
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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PRINCE OF PERSIA:

THE JOURNEY OF LIGHT

alcuni giorni più tardi...

Era un pomeriggio normale nel deserto, il sole batteva caldo sulla sabbia, il vento soffiava leggero sulle dune spostando lunghe ondate di granelli con se, e nessuna nuvola carica di pioggia era all'orizzonte.
Il paesaggio continuava cosi per kilometri e kilometri, tranne che in un punto, dove si trovava una lunga scia di impronte sulla sabbia lasciata da un insolito gruppetto.
Due persone stavano attraversando il deserto a bordo di un animale.
Un giovane uomo, che per vivere faceva il predatore di tombe, una principessa magica di un regno ormai in rovina, e un asina che cominciava ad essere stufa del suo lungo viaggio.
“quanto manca ancora?” chiese elika mentre prendeva una borraccia
“non molto ormai,domani sera sera saremo già arrivati in citta” rispose lui.
era stato un viaggio abbastanza tranquillo, niente corruzione, nessuno che tentasse di ucciderli, niente trappole mortali o pericoli, insomma sembrava che fossero tornati a vivere una vita normale.
“allora elika, ora ce finalmente abbiamo un po' di pace, perché non mi racconti qualcos'altro di te?” chiese il principe
“beh cosa vorresti sapere?”
“non so, com'è stata la tua infanzia, com'eri da piccola, queste cose insomma.”
“beh” inizio lei sorseggiando un po' d'acqua dalla borraccia presa poco prima “forse ti stupirà saperlo ma da piccola non facevo altro che combinare disastri”
“sul serio?, tipo cosa?” chiese lui curioso
“beh non ascoltavo mai la mia istruttrice , mi divertivo a nascondermi facendo disperare tutta la servitù, cose cosi insomma”
“sul serio?, eri cosi pestifera?” chiese lui stupido continuando a condurre l'asina nel deserto
elika prese un altro sorso d'acqua.
Dopo aver bevuto continuò “ si lo ero, ma poi crescendo ho capito l'importanza delle cose e che come principessa avevo delle responsabilità a cui non potevo sottrarmi.”
“e tu invece? Com'eri da piccolo? Correvi già dietro alle ragazze e ai tesori?” chiese scherzosa lei sporgendosi un po' verso di lui.
“veramente no, ero un ragazzo un po' come tutti gli altri, giocavo, aiutavo mio padre nel lavoro, niente di particolare, la vita scorreva tranquilla... poi venne la guerra...” aggiunse cambiando espressione
“dev'essere stato terribile” disse lei
“infatti, arrivavano notizie di tragedie commesse nei villaggi vicini, furti stupri, interi città rase al suolo, la situazione stava peggiorando e presto sarebbe toccato anche a noi”.
Mentre parlava gli tornavano in mente tutti quei momenti, anche se era piccolo quei ricordi erano rimasti impressi profondamente dentro di lui.
I volti spaventati di coloro che erano riusciti a fuggire, il pianto degli altri bambini rimasti orfani e delle vedove.
Poi riprese “siamo scappati, prima che arrivassero da noi, la mia famiglia e molti altri del mio villaggio decidemmo di andare via e diventare profughi”.
D'un tratto il principe fermò l'asina e scese dalla groppa.
“ cosa fai?” chiese la sua compagna.
Dopo aver preso una borraccia dalla roba caricata dietro lui iniziò a dar da bere alla sua asina
“ ha sete” rispose.
“e tu come lo sapevi?”chiese lei.
“ dopo tanti viaggi passati insieme ho imparato a conoscerla bene”.
L'animale una volta dissetato emise un verso come per ringraziare, e ripresero il tragitto.
“e...., com'è finita?” domandò lei timorosa.
Passarono alcuni minuti di silenzio quando..
“ non duro a lungo, il nostro villaggio si trovava nel cuore del regno ci sarebbero volute settimane prima di raggiungere il confine, e quando eravamo a circa meta strada..... ci trovarono” aggiunse.
“hai visto tutto?”
“veramente no, poco prima che arrivassero i miei genitori mi nascosero in un barile, ci rimasi per non so quanto tempo, alla fine uscii per cercare qualcosa da mangiare, tornai al nostro campo, ma lo trovai deserto, non c'era più nessuno”.
“capii che da quel momento me la sarei dovuta cavare da solo, ti confesso che avevo paura, il mondo ora mi sembrava cosi grande da esserne inghiottito”
“ e quindi cosa hai fatto?”.
“per prima cosa ho cercato qualcosa da mettere sotto i denti, dopo il passaggio dei soldati non cera rimasto molto, ma sono riuscito a cavarmela più o meno”
Elika ascoltava con attenzione, non lo dava a vedere ma le sue parole erano cariche di tristezza, doveva aver sofferto molto.
Per un attimo si ritrovo a pensare a cosa avrebbe fatto lei al suo posto, in quella situazione lei che aveva sempre vissuto con la sua corte vicina.
Probabilmente non sarebbe resistita tanto a lungo.
“poi decisi di dirigermi alla città più vicina, dove c'è gente c'è commercio e dove c'è commercio c'è cibo pensai, presi tutto ciò che c'era rimasto di valore in giro e mi diressi verso sakesh, a bordo della stessa asina che stiamo cavalcando ora” aggiunse con entusiasmo.
“vuoi dire che hai sempre avuto con te quest'asina?, sempre??”
“esatto, forse non ci crederai, ma ha un ottima resistenza nelle traversate, riesce a sopportare grandi pesi, anche se a volte è un po' troppo testarda e sparisce senza motivo” concluse.
Come per rispondere l'asina emise dei brontolii e si impenno facendolo finire a terra in una nuvola di polvere
“ah ah sembra che non sia contenta di ciò che dici di lei” disse elika divertita mentre lui si rialzava tutto sporco di sabbia
“ lo vedo, a volte mi domando se sia davvero un asina normale”
“ normale non lo è di certo, se riesce a sopportarti per giorni”
“ ormai dovrebbe averci fatto l'abitudine, e poi non sono cosi terribile da sopportare dai”
“ si certo, muoviamoci dai che si sta facendo buio” disse lei porgendogli la mano per farlo risalire.
Lui la affero e dopo essersi issato in sella ripresero il cammino.

Qualche ora più tardi, i due si erano accampati nel deserto, l'asina farah si trovava seduta accanto a loro a riposare tranquilla.
Poco prima il principe aveva messo su una piccola tenda.
“ mi spiace solo che è un po' piccola per due persone, ma non pensavo di tornare in compagnia”
“ pazienza, sopporterò anche questa”
" e dimmi vestiti ti stanno bene?"
" si grazie sono un po larghi ma non importa"
durante la loro sosta le aveva proposto di indossare dei vestiti più adatti a un viaggio nel deserto, cosi era uscito dalla tenda per permetterle di cambiarsi.
Elika aveva solo l'imbarazzo della scelta, c'erano vesti di ogni tipo, jallàbiyye dette anche caffettani(*), hayk(**),dei Sari (***) e molto altro anocra.
"meno male che avevo dei vestiti in più con me".
"ma hai rubato tutta questa roba da una tomba?"
“beh non proprio tutta, alcune cose le ho comprate io”
“con denaro rubato immagino”rispose lei con superiorità.
"ah ah proprio non riesci a pensare bene di me?".
"no mi spiace".
Era bello avere vicino una persona come lei penso il principe, cosi non c'era il problema della solitudine e del silenzio assordante.
“ecco ho finito, puoi entrare” disse lei
lui entro nella tenda.
Ora elika indossava una jhallabyyia verde chiaro.
Questo indumento era indossato prevalentemente dagli uomini, ma non ci sarebbero stati problemi se ne faceva uso anche lei.
Era una veste abbastanza attillata con le maniche tagliate per lasciare le mani libere.
Per il giorno successivo si era messa da parte un tagelmust(****), come quello del suo compagno ma di colore bianco non azzurro, cosi sarebbe stata al riparo dal caldo e dalla sabbia.
" senti mi chiedevo cosa pensi di fare ora?" chiese lui sdraiandosi al suolo
"te l'ho detto, troverò la mia gente "
"si ma hai una pista, un nome o qualcosa che ti possa aiutare?".
" no lo ammetto non ho nulla, ma sicuramente hormazd mi guiderà, come ha fatto con te e la tua asina"
aggiunse.
" ancora? non mi ha mandato nessuno qui, ero diretto da tutt'altra parte" rispose lui stizzito.
" già ora che ci penso , dove avevi in programma di andare?"
" beh a qualche giorno da qui c'è una città, era una delle tappe del mio itinerario, subito prima della mia
destinazione finale"
"ovvero? dove?"
"a jiamat, la capitale della regione, una delle più grandi e floride città che esistano".
"quanto è grande?"
"beh 2 o 3 volte la tua città , la parte più sviluppata è quella del porto, è uno dei crocevia mercantili più importanti da queste parti, li puoi trovare praticamente ogni cosa, cammelli, tappeti spezie, gioielli, schiavi...".
alla parola schiavi elika assunse un espressione contrariata.
"che c'è?" chiese lui.
"sono contraria alla schiavitù, non sono mai stati permessi nel regno degli ahura apparte che per un breve periodo, e mio padre si è sempre adoperato per evitare che questa pratica tornasse a essere usata"
"purtroppo in molte parti del mondo si fa uso di schiavi, di solito hanno anche un mercato specifico, nei porti o nei centri delle città".
"parliamo d'altro per piacere"
"come vuoi, allora dimmi..." inizio il principe con un altro argomento.

Intanto...

Nella valle degli ahura, nei meandri del palazzo sotterraneo ,una figura inquietante si muoveva lenta nei corridoi.
Era un palazzo ormai in rovina quello, nessuno lo curava a dovere ormai da anni, la polvere si trovava ormai
dappertutto, si vedevano più porte rotte che intere e le grate di ferro erano arrugginite quasi completamente,
ma questo aveva poca importanza.
Solo una parte di quel luogo aveva importanza, la parte che contraddistingueva quel luogo dal resto del regno.

Le prigioni.

Prima di hariman coloro che si erano macchiati di crimini orrendi erano stati rinchiusi li in attesa del giudizio
del sovrano.
C'erano due possibili destini per un condannato, a seconda delle colpe che aveva commesso.

La prima : l'esilio, se il condannato non era un pericolo incontrollabile sarebbe stato allontanato dalla valle, non vi avrebbe mai messo più piede anzi non sarebbe mai stato in grado nemmeno di entrarvici più, grazie a un incantesimo egli sarebbe stato bandito per sempre.

La seconda: l'esecuzione, se le colpe del condannato erano troppo gravi e non era possibile controllarlo non
poteva continuare a vivere, anche per giustizia verso coloro a cui aveva tolto la vita.

Dopo la guerra con hariman tuttavia se ne aggiunse un altra.

La terza pena: il D' thall, tradotto dalla lingua antica " bandito per l'eternità". questa pena veniva applicata, quando un essere magico arrivava nella valle degli aura e non era possibile sconfiggerlo con mezzi umani, il primo cerchio dei sacerdoti si riuniva e con una formula lo esorcizzava, la sua mente la sua anima e il suo corpo venivano spedite in un altra dimensione, che piano piano o avrebbe distrutto.
Per fare ciò serviva però un oggetto che, una volta incantato, facesse da catalizzatore e confinasse il
prigioniero.

Questo fece Hormazd alla fine della guerra con suo fratello, dopo averlo ingannato e rinchiuso nella prigione, lascio agli ahura le conoscenze necessarie perché potessero ripetere quel rituale da soli quando un entità magica li minacciava.
Anche se la guerra era finita comparivano sempre delle creature magiche nella valle, che fosse una coincidenza o il richiamo di Hariman non faceva molta differenza, venivano tutte rinchiuse.
Per contenere queste creature gli aura decisero di non usare il tempio dell'albero della vita, che faceva già da prigione per hariman, ma costruirono il Palazzo Sotterraneo.

Il palazzo era stato scavato interamente nella roccia e nel terreno e aveva una sola uscita, a differenza del palazzo reale non c'erano camere, sale da ballo o sedi culturali, nessuna biblioteca o giardini.
Era composto da solo tre piani, uno per ogni condanna possibile.

La figura scendeva le scale verso il 3° livello delle prigioni dove erano ospitati i condannati alla D'tall, lui che fino a qualche tempo prima era il sovrano del regno, il giudice dei condannati, stava per emanare un nuovo tipo di sentenza.

Il 3° livello contrariamente ai primi 2 era piuttosto singolare, invece di tante celle con i rispettivi prigionieri,
esso consisteva in un unica enorme sala,senza finestre, in cui erano immagazzinati tutti i catalizzatori.
Il portone della sala si apri lasciando entrare il sovrano.
Egli si diresse lentamente verso i catalizzatori osservandoli uno per uno, "non c'è bisogno di richiamarli tutti"
pensò " basteranno quelli giusti".
D'un tratto si fermo davanti a un piccolo bracciale di metallo, non sembrava molto pregiato, a prima vista era
solo un pezzo di metal ricurvo.
Il sovrano allungo una mano per prenderlo ma dopo pochi secondo scoppio una scarica di luce a mezz'aria
proprio dove si trovava la sua mano.
Il sovrano si allontano di qualche passo osservando la mano fumante con indifferenza, non poteva sentire
dolore ormai.
Tornò a guardare verso il bracciale riflettendo, " una barriera eh, pensavo che con i suoli fertili ormai corrotti
non ci sarebbero stati problemi, evidentemente mi sbagliavo".
In effetti se la protezione fosse stata alimentata dai suoli fertili tanto valeva collocare i catalizzatori nel tempio dell'albero della vita.
Mentre formulava questi pensieri estrasse con la mano destra la sua spada regale, una solida impugnatura nera faceva da base alla lama.
Alzò la spada verso l'altro per caricare il colpo e poi il braccio scatto violentemente verso il bracciale.
La barriera rispose automaticamente fermando il colpo a mez'aria.
L'aria frizzava per via delle scariche della barriera e tutto intorno a loro si sprigionavano scintille azzurre e
nere.
Dopo pochi secondi di lotta tuttavia la barriera si spezzò, in un attimo scomparvero le scintille e le scariche,
e il silenzio torno nella stanza, come se non fosse mai successo nulla.
Il sovrano osservo la lama della sua spada, per niente scalfita ,e si chinò nuovamente per raccogliere il bracciale, ormai senza protezioni.
"eccone uno , ne restano quattro".
_____________________________________

approfondimenti

(*) Un caffettano (dal persiano
خفتان, kaftan) è una tunica di cotone o di seta da uomo, lunga fino alle ginocchia, fornita di bottoni sul davanti e con maniche lunghe.
I caffettani indossati dai sultani ottomani costituiscono una delle più notevoli collezioni del palazzo di Topkapi a Istanbul.

(**)
l'hayk è un vestito tradizionale di alcune popolazioni del deserto, un retangolo di cotone di 7 metri da avvolgere intorno alla persona, con gli estremi posti sotto il mento da tenere con le mani

(***)
Il sari ((
साड़ी in hindi) è un tradizionale indumento femminile del subcontinente indiano[1], le cui origini risalgono al 100 a.C., ed è intuibilmente uno dei pochissimi indumenti ad essere stati tramandati per così tanti secoli.

Il sari consiste in una larga fascia di stoffa di circa un metro, la cui lunghezza può variare dai quattro ai nove metri, che viene avvolta intorno al corpo dell'indossatrice secondo vari metodi che variano a seconda della sua funzione. Lo stile più comune di indossare il sari consiste nell'avvolgerlo intorno alla vita, con un capo che gira intorno alla spalla lasciando scoperto la cintola.[1]

(****)
La tagelmust (o, con grafia francese, taguelmoust) è una lunga fascia di cotone, lunga di solito tra i 3 e i 5 metri, ma che può arrivare anche a 10 metri, tinta di indaco ed avvolta sul capo e sul viso dei Tuareg in modo da formare al contempo un turbante ed un velo che copre il volto lasciando libera solo una fessura per gli occhi.

È il copricapo tradizionale degli uomini presso i Tuareg, ma all'occasione può essere indossato anche da altre popolazioni. In tempi recenti si è preso ad usare anche tigelmas (plurale di tagelmust) di diversi colori, ma quelle tinte di indaco vengono riservate per le grandi occasioni.( fonte wikipedia )


  
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