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Autore: Team Disturbo Bipolare    06/04/2017    1 recensioni
Corypheus ha trovato la sua fine per mano dell'Inquisitore. I suoi oscuri poteri sono stati sconfitti da colei che ora comanda una delle forze più potenti del Thedas.
Ma che ne è stato del resto del mondo dopo quelle battaglie?
La vita apparentemente ha ripreso a scorrere come nulla fosse accaduto, ma con una cicatrice nel cielo a ricordare a tutti gli errori e gli atroci massacri compiuti in nome della superbia. Eppure, per quanto possa essere accurato il lavoro dell'Inquisizione, non tutto è sotto al loro controllo.
Il lascito dell'oscuro Magister aleggia minaccioso sui regni del Thedas, strisciando in silenzio fra le ombre per poter risorgere ancora...
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Dahlia rimase interdetta per un secondo: Saarebas non era mai crollata in quei tre mesi di viaggio, mai, nemmeno quando Pretus era sfuggito loro di nuovo per poco. Le bagnò la fronte con una pezza, osservandola mentre si agitava nel sonno. Le ferite riportate dalla qunari durante la battaglia contro i Prole Oscura erano state le peggiori, ma Dahlia era riuscita a sfruttare le sue conoscenze in erboristeria, preparando degli impacchi curativi. Ne aveva preparati anche per i suoi compagni, anche se Arnell l'aveva guardata con una certa diffidenza, prima di accettare il suo aiuto.
«Da quanto tempo saremo qui?» chiese l'orlesiano con tono sconsolato.
«Forse da qualche ora, non di più» rispose Rengar, sospirando.
«Dovremmo muoverci, le provviste erano già poche quando eravamo in quattro, figurati ora che siamo in cinque...» rincarò la dose Arnell.
A quelle parola Dahlia scattò in piedi, piantandosi di fronte all'uomo «E dimmi, cosa vorresti fare con Saarebas? Vorresti abbandonarla qui?»
«No, io non...»
«Allora smettila di piagnucolare! Lei ha quasi dato la vita per salvarci...ha sacrificato sé stessa per noi! Per me...» disse Dahlia, con tono via via sempre più alto, prima di lasciarsi sfuggire un singhiozzo.
«Come se io non fossi stato lì! Ti ricordo che sei stata tu quella che è caduta dal burrone!» esclamò Arnell sulla difensiva.
Un lampo d'ira passò nello sguardo della Corvo, la quale avanzò di un altro passo con fare minaccioso, ma la sua avanzata fu prontamente bloccata da Rengar.
«Calmi voi due! Ci manca solo che iniziamo a litigare tra di noi!»
Dahlia voltò le spalle al nano e al balestriere, tornando a prendersi cura della qunari.
«Buone notizie!» esclamò Zevran, tornato dalla sua perlustrazione «La qunari ha fatto fuori un ogre ancora prima che avessimo il tempo di accorgerci della sua presenza!».
Scaricò un grosso fagotto ai piedi di Dahlia, la quale aggrottò la fronte e chiese «E quello cos'è?»
«Secondo te? C'era un corno ancora intero!» spiegò compiaciuto l'elfo.
«Oh Zevran! È magnifico!» esclamò la ragazza, abbracciando di slancio il biondino.
«Ehi ehi, calma tesoro! Se desideravi tutto questo contatto fisico non dovevi far altro che dirmelo!»
«Beh, a quanto pare c'è qualcuno che va piuttosto d'accordo tra di noi» borbottò cupo Arnell.
Dahlia si staccò subito dall'abbraccio, facendo la linguaccia ad entrambi i compagni di squadra.
«In ogni caso non vorrei fare il guastafeste, ma non abbiamo ancora traccia dei Venatori. E, per quanto ne sappiamo, potrebbero aver trovato un altro ogre!» disse Arnell.
«Su questo posso rassicurarti» disse Rengar «Dopo il Flagello gli ogre sono praticamente scomparsi, abbiamo avuto parecchia fortuna a trovarne uno. Sempre se si può parlare di fortuna».
«Dunque dobbiamo solo trovare i Venatori e...»
«Oh, per quello non dovrete faticare a lungo» disse una voce sconosciuta alle loro spalle.
Si voltarono tutti e tre, trovandosi davanti quattro magister ed una figura incappucciata. Dahlia sgranò gli occhi: aveva già visto quella mantellina, durante la sua visita nella Grande Necropoli.
«Julian» disse con un filo di voce.
Il ragazzo si scoprì il volto, mostrando di nuovo quel ghigno crudele, totalmente fuori luogo nel suo bel viso «Ancora mi chiedo come tu faccia a sapere come mi chiamo, ma questo sarà irrilevante nel momento in cui ti taglierò la gola!»
«Simpatico il tuo amico...»
«Arnell, taci!»
«Avete qualcosa che ci interessa» disse il magister che aveva parlato poc'anzi, un uomo dalla pelle color avorio e capelli rossi e radi «consegnatecelo e nessuno si farà del male!»
«Ora capisco perché i Tev non piacciono a nessuno: arroganti e spocchiosi, figurati nella loro versione malvagia!» commentò sarcastico Rengar, prendendo in mano ascia e scudo, preparandosi alla battaglia.
«Sapete benissimo che non ve lo daremo mai! Perchè perdete tempo in chiacchiere?» li sfidò Dahlia, forse con troppa audacia di quella che avrebbe dovuto usare.
«Evidentemente non ci tieni così tanto al tuo amico, allora»
La Corvo vacillò appena «Cosa vuoi dire?»
«Oh niente, solo mi chiedo cosa succederebbe se attaccasse uno dei tuoi compagni...nessuno dei due perderebbe tempo a risparmiare la vita dell'altro!»
Dahlia digrignò i denti, poi si volse verso il gruppo alle sue spalle «Se vi attacca non fategli nulla, piuttosto scappate!»
Tutti e tre annuirono seri, poi si misero in posizione da battaglia.
Il magister scoppiò in una risata tagliente e innaturale, poi fece un cenno col capo a Julian, il quale sorrise e si lanciò all'attacco dritto verso Rengar. Dahlia balzò di lato, tagliandogli la strada, guadagnandosi una pugnalata di striscio ad un fianco.
«A te ci penserò dopo, non ti preoccupare!» disse il ragazzo, sogghignando.
«No, a me ci devi pensare adesso!»
Julian sollevò la spada e roteò su sé stesso, ma Dahlia lo bloccò con la lama azzurra.
Contemporaneamente i suoi alleati si erano lanciati alla carica contro i magister, che risposero a suon di magie del sangue. Zevran, che era sempre il più agile del gruppo, riuscì ad ucciderne uno, mentre un dardo di Arnell ne ferì un altro.
Il magister dai capelli rossi riuscì ad evadere dai loro attacchi, raggiungendo così il fagottino con il corno, incautamente abbandonato in un angolo. Agguantò l'oggetto e si volse, sparendo nelle ombre delle Vie Profonde, seguito dai due magister ancora vivi.
«No!!!» urlò Dahlia, gettandosi all'inseguimento. 
Ma Julian le si parò davanti, bloccandole la strada ed esclamando «È ora di morire!». Le sue azioni furono però interrotte da un muro di ghiaccio, comparso all'improvviso tra i due.
Dahlia sgranò gli occhi e guardò dietro di sé: Saarebas si era alzata in piedi, anche se le tremavano vistosamente le gambe. La ragazza non ci pensò un attimo in più e si precipitò al suo fianco, sorreggendola.
«Dobbiamo andarcene subito da qui!» disse la qunari.
«Ma hanno preso il corno!»
«Ormai sono troppo lontani, non abbiamo le forze e nemmeno le provviste per addentrarci di nuovo nelle Vie Profonde!»
«La qunari ha ragione» intervenne Rengar «Dobbiamo uscire di qui prima che quel muro si sciolga, altrimenti non posso garantire per l'incolumità del tuo amico».
Dahlia guardò di nuovo verso la parete di ghiaccio bianco, poi strinse gli occhi ed esclamò «D'accordo! Cerchiamo di uscire da questo posto maledetto! Ai Venatori ci penseremo quando saremo fuori!».

Una volta usciti dalle Vie Profonde, furono accolti da una leggera pioggerellina primaverile. 
«Aria!!!» esclamò Dahlia, gettandosi a braccia aperte sul prato davanti a loro. Aprì gli occhi, guardando verso il cielo plumbeo sopra di lei, constatando quanto meravigliosi potessero essere i colori illuminati dalla luce solare, seppur tenue.
«Quando avrai finito di rotolarti sul prato in perfetto stile mabari, direi che dovremmo decidere cosa far...ma cos'hai?!» esclamò Arnell, guardando preoccupato Rengar.
Il nano stava immobile davanti all'entrata delle Vie Profonde, aggrappandosi a tutta forza con le mani sulle rocce «È tutto così...vuoto
Zevran scoppiò in una fragorosa risata.
«Che hai da ridere, elfo?» chiese risentito il nano.
«Oh niente di personale, è solo che mi ricordi un vecchio amico, un altro nano che conobbi ai tempi  del Flagello. Scommetto che anche tu non hai mai messo piede fuori da sottoterra!»
Per tutta risposta Rengar si voltò dall'altra parte e vomitò il poco cibo che aveva nello stomaco.
«No...direi di no» sospirò l'elfo, osservando preoccupato il nano.
In mezzo a tutto quel chiacchiericcio, l'unica a non aver ancora proferito parola era Saarebas, la quale si era seduta a qualche metro di distanza, appoggiata contro il tronco di un albero. Dahlia si sollevò da terra, scostando le lunghe ciocche castano-rossicce incollate al viso grazie alla pioggia.
«Saarebas, che cosa c'è?»
Inizialmente la qunari si limitò a fissare l'orizzonte con sguardo vacuo, poi si voltò verso l'assassina «Sai, è quasi ironico pensare a quanto fossi sicura del modo in cui la mia vita sarebbe terminata. Anche se ero ormai segnata, la consapevolezza che sarei morta come il Qun impone mi dava la forza per andare avanti».
«Non credo che riuscirò mai a comprendere fino in fondo il tuo credo, però mi sembra esagerato bollare una persona solo perché ha perso un pezzo di armatura!»
«Non era solo un pezzo di armatura. Era quello che mi rendeva una Saarebas del Qun, l'unica cosa che poteva impedire di fare e di farmi del male».
«Ma quell'armatura non poteva essere più usata da nessuno! Non sei stata tu a dirmi che senza verga di controllo era un semplice pezzo di metallo?»
«Non importa che fosse usabile o meno. Ciò che importa era il suo significato: il fatto di indossarlo era un indice chiaro della mia volontà di sottostare al volere del Qun. Senza di esso sono considerata una Vashot...ovvero una rinnegata. È come se avessi perso un pezzo di me.»
«Mi dispiace tanto. Se solo fossi stata più attenta...»
«Ti dai troppe colpe Kadan. È stata una mia scelta, posso incolpare solo me stessa».
Dahlia si morse il labbro pensierosa, non sapendo bene cosa dire per risollevare il morale a colei che ormai considerava un'amica. Il silenzio fu interrotto da uno sbuffo della qunari, che si alzò in piedi dicendo «Se non altro ho una missione da portare a termine, almeno per un po' avrò qualcosa con cui distrarmi»
«Saarebas…ricordati che anch'io non ho piú un posto dove tornare, una volta che tutto questo sarà finito»
La qunari si voltò guardandola in modo interrogativo «Cosa vuoi dire con questo?»
«Beh, essendo due rinnegate potremmo continuare a condividere il nostro destino!» rispose Dahlia, sorridendo timidamente.
«Una qunari e un’umana che viaggiano assieme per il resto della loro vita?» sogghignò Saarebas «Inusuale, ma interessante.»
La Corvo osservò la maga sorpresa, non si sarebbe aspettata un consenso così facilmente. E guardando quegli occhi salvia per un momento ebbe un dubbio, non vedendo la veemenza con cui aveva parlato riflessa in essi.

Verso sera la pioggerellina si trasformò in un vero e proprio temporale, così i cinque furono costretti  a ripararsi all'interno di una vecchia fattoria abbandonata.
«Dallo stile di costruzione degli edifici e dal tipo di vegetazione che cresce qui attorno, direi che ci troviamo nel bel mezzo delle Terre Centrali» disse Zevran pensieroso, guardando preoccupato le nubi nere che non accennavano a diradarsi.
Dahlia si avvolse in una delle coperte che fortunatamente avevano trovato in una cassa dentro la fattoria «Dunque ci troviamo vicino a Redcliffe?»
«Secondo i miei calcoli dovremmo essere circa ad una giornata di marcia di distanza» rispose l'elfo «Potremmo chiedere aiuto ad Arle Teagan, anche lui ha avuto a che fare con i Venatori non molto tempo fa»
«Certo, sempre se non moriremo annegati prima. O se non cadremo verso l'alto!» borbottò Rengar, che ancora non si era convinto che la pioggia non aveva nessuna intenzione di entrargli dentro il naso ed allagargli i polmoni, o che non si potesse “cadere verso l'alto”.
Passarono la notte accoccolati vicini l'uno all'altro, anche se Dahlia si guardò bene dal mettersi accanto a Zevran. Chiuse gli occhi, cercando di imporsi di dormire, ma il sonno non arrivava: nella sua mente erano impresse le immagini del viso di Julian contratto in quell'espressione crudele.
Rabbrividì e si sforzò di ricordarlo com'era normalmente, con il suo sorriso dolce e aperto e lo sguardo gentile. Alla fine, dopo l'ennesimo grugnito di protesta di Arnell al suo continuo rigirarsi, decise di alzarsi per prendere una boccata d'aria.
Uscì dalla fattoria, lasciando che la pioggia, ora leggermente attenuata, le scivolasse sui capelli e sui vestiti, ancora bagnati dal pomeriggio. Una figura agile si affiancò silenziosamente a lei, appoggiandosi alla parete esterna di legno del loro rifugio.
«Pensierosa, vedo» disse la figura.
«Non ti preoccupare, Zevran, non è niente». 
«È per quel tuo amico, giusto? Quello che sta con i Venatori?» 
«Lui non sta con i Venatori! È costretto dalla loro lurida magia!» lo aggredì Dahlia.
«Ehi, calma! Non volevo insinuare nulla!» si difese l'elfo, alzando le mani in segno di resa.
La ragazza sbuffò: anche se non era arrabbiata con il suo alleato, l'argomento la rendeva piuttosto suscettibile, soprattutto perché si sentiva totalmente inutile ed incapace di aiutare il suo amico.
«Immagino che per te fosse qualcuno di speciale» disse Zevran.
«Speciale? Era la persona di cui mi fidavo di più di tutti, quello con cui ho condiviso anni di missioni e segreti, l'unico con cui potevo confidarmi...». La ragazza tirò un pugno sul tronco di un albero lì accanto, facendo agitare le lunghe ciocche di capelli appesantite dall'acqua. Ripensò a come aveva conosciuto Julian: era appena stata reclutata nei Corvi assieme a Cablan, il quale tentò di metterla fin da subito in cattiva luce con le altre reclute. Organizzò quello che lui definì un “semplice scherzo”, ma che difatti avrebbe potuto portare all'uccisione della sorella: cercò di sabotare una delle prime missioni assegnate alla ragazza, facendo in modo che la vittima ricevesse una “soffiata” e sparisse dalla circolazione. Julian, al tempo recluta come loro anche se era un paio d'anni più grande di Dahlia, venne a sapere del piano di Cablan e non perse un minuto: corse nel punto in cui la ragazza avrebbe dovuto appostarsi in attesa e la salvò da un'imboscata, preparata dalla persona che avrebbe dovuto essere uccisa dalla Corvo. Da quella volta Dahlia e Julian divennero praticamente inseparabili.
«Non intendevo questo» ridacchiò Zevran «Tu ne sei innamorata».
Dahlia rimase interdetta per una manciata di secondi, poi scoppiò a ridere «Io? Innamorata?»
Zev aspettò pazientemente che finisse di ridere, quindi rincarò la dose «Non mentirti. Anche se ti sembra troppo doloroso da ammettere, sarà la consapevolezza di quello che provi realmente a spingerti a non arrenderti mai»
«Non mi arrenderò comunque, io lo salverò!»
«Non parlo solo di quello» sbuffò divertito l'elfo, prima di tornare dentro la catapecchia, lasciandola sola a rimuginare sui propri pensieri.

La qunari guardò il proprio riflesso distorto nello specchio scheggiato ed impolverato a terra accanto al suo giaciglio improvvisato. Ma non riusciva a vedere se stessa. Non era una vera Qunari quella che ricambiava il suo sguardo, ora altro non era che una sporca 1Vashoth. Certo, non per sua scelta, non aveva rinnegato il suo credo, ma era ciò che sarebbe apparso di fronte agli altri Qunari. Una grigia, una rinnegata...una traditrice.
Il suo volto si distorse in una smorfia di disgusto, mentre gli occhi color salvia andavano ad incrociare le sue corna, soffermandosi sulla parte ricostruita in metallo scuro ed intarsiata di rune. La maga si alzò, uscendo dalla casupola cercando di non fare rumore per non svegliare gli altri.
Dahlia la vide sfilarle accanto mentre usciva «Che succede?» le domandò, facendola fermare, ma la qunari non si voltò per risponderle. 
«Dentro si soffoca» si giustificò prima di inoltrarsi nella macchia boschiva.  
L'assassina era sensibilmente preoccupata per l'amica: fu per questo che decise di muoversi senza far rumore, seguendola.
Faceva grande attenzione a dove metteva i piedi, non volendo spezzare qualche ramo o calpestare foglie secche rischiando di farsi scoprire dalla qunari. Il rumore della pioggia la aiutava ad attutire i rumori, celando la sua presenza. Mano a mano che si avvicinava, iniziò a sentire forti colpi scanditi con ritmo piuttosto regolare. Quando si rese conto d'essere in prossimità di quei rumori, si acquattò fra i cespugli più vicini. Assottigliò lo sguardo, cercando di scindere le ombre per poter distinguere le figure. E quando vi riuscì, sbarrò gli occhi per lo stupore.
Saarebas cercò di regolarizzare il respiro, traendone uno profondo. Lo spesso tronco della quercia davanti a se aveva la corteccia rovinata e graffiata, svariati pezzi di schegge giacevano a terra, nell'erba fra le sue radici.
La maga abbassò il capo, per poi lanciarsi alla carica quando colpì per l'ennesima volta il tronco dell'albero. Le sfuggì un gemito di dolore dalle labbra, mentre indietreggiava per poter caricare ancora. 
«2Maraas shokra!» esclamò poco prima di picchiare nuovamente le corna contro la corteccia, staccandone una piccola parte che cadde a terra. «3Asit tal-eb!» il colpo fu più forte degli altri, facendola barcollare e portare una mano alla fronte. Sangue rosso cremisi scendeva da una ferita poco più su della fronte, facendo scorrere piccole gocce sino alla punta del naso, che poi iniziarono a cedere a terra. Se lo asciugò frettolosamente, spargendo sangue su tutta la sua fronte. 
Respirò ancora facendo un altro passo indietro «4Anaan esaam Qun!» quasi urlò, mentre colpiva di nuovo l'albero. Ed ancora, ancora ed ancora ripetendo sempre l'ultima frase.
I colpi non fecero che frastornarla, si fecero sempre meno potenti sinchè non si fermò barcollante. Aveva la vista leggermente annebbiata, cercò di caricare ancora, ma cadde sulle ginocchia. Respirando affannosamente, abbandonò il proprio capo sul petto, ascoltando il tintinnio della pioggia mentre batteva sul metallo. Le sopracciglia si corrugarono in un espressione d'ira sofferente. Sollevò ambedue le mani, portandole alla base delle corna. Le strinse, mentre sentiva la ferita alla testa pulsare senza smettere di sanguinare. 
«5Nehraa...Nehraa Qun! Ataash Qunari! ATAASH QUNARI!» dapprima sussurrò, per poi alzare gradualmente la voce sino ad urlare. Strinse le corna con forza, iniziando a farvi pressione verso il basso, strattonando con tutta la forza che aveva, cercando di strapparsele dal cranio a mani nude. Urla strazianti di dolore uscirono dalle sue labbra, continuando però a tirare senza demordere.
«Basta Saarebas! Basta!» urlò Dahlia, uscendo dal suo nascondiglio, riscossa dallo shock di vederla in quello stato e non riuscendo più a sopportare la vista dell'amica che continuava a ferirsi in quel modo selvaggio.
Le rune sulle corna della maga s'illuminarono all'improvviso di luce viola, e da esse scaturì una violenta scossa che pervase il corpo della maga come un fulmine. Un urlo acuto e disumano fuoriuscì dalle sue labbra, mentre il corpo veniva scosso da violenti spasmi per poi crollare a terra, immobile.
L'assassina si portò ambedue le mani alla bocca per soffocare un gemito spaventato, gli occhi acquamarina spalancati per l'orrore mentre guardava il corpo della qunari inerme. «Saarebas?» mormorò abbassando le mani, per poi inginocchiarsi accanto a lei. Le posò le mani sulle spalle, iniziando a scuoterla, chiamando più volte il suo nome.
La boscaglia venne pervasa dal rumore di passi pesanti e rami spezzati, mentre Rengar, Arnell e Zevran facevano il loro ingresso in scena ad armi sguainate. 
«Che succede!?» esclamò il nano, già pronto per la carica. Assistettero alla scena, la maga a terra ferita e l'assassina che la scuoteva cercando di farla riprendere. 
«Aiutatemi! Non respira!» urlò Dahlia in preda ad un attacco di panico, continuando a scuotere la maga.
Rengar lasciò cadere a terra le proprie armi con poca cura, mentre Arnell si assicurava nuovamente la balestra in spalla e Zevran faceva lo stesso con le sue daghe. 
«Cos'è successo?» domandò il nano accorrendo al suo fianco.
«N-non lo so! Dalle sue corna è partita dell'energia...è stata fulminata! Saarebas rispondimi!»
«Spostati Dahlia!» le disse il nano cercando di spostarla, ma la donna non si muoveva, rimanendo spasmodicamente attaccata all'amica. Il nano la spinse brutalmente via, facendola finire gambe all'aria. L'assassina cercò di tornarle al suo fianco, ma Arnell fu più veloce, e riuscì a bloccarla per impedirle di intralciare il nano. 
«Lasciami! Devo aiutarla!»
«Tu non puoi fare nulla ora, calmati!» le sibilò Zevran cercando di farla ragionare.
Rengar si posò col capo sul petto della qunari, ma non vi sentiva alcun battito cardiaco. «Merda!» disse a denti stretti. Posò la mano destra direttamente sopra allo sterno, al centro del petto, per poi porvi anche la sinistra sopra all'altra. Spostò tutto il proprio peso in avanti in modo da avere le braccia ben tese, iniziando a fare pressione con colpi forti e decisi a ritmo regolare.
Dahlia si ritrovò in lacrime mente guardava il nano cercare di salvare la vita alla maga, mentre Arnell mormorava una preghiera al Creatore perchè restituisse la vita alla loro compagna, alla loro amica.
Rengar si spostò verso il suo capo, reclinandolo all'indietro in modo che le vie respiratore fossero allineate, sebbene fosse difficoltoso a causa delle corna che ostacolavano i suoi movimenti. Le tappò il naso con le grosse dita della sinistra, mente con la destra reggeva il suo mento facendole tenere le labbra socchiuse. Il petto di Saarebas si alzava ed abbassava grazie alla respirazione artificiale, ma non dava ancora alcun segno vitale. Ripetè il procedimento almeno tre volte, ma ancora non sembrava succedere nulla. 
«Respira dannazione!» esclamò il nano infine, colpendola con ancor più forza al centro del petto con frustrazione.
Gli occhi di Saarebas si spalancarono, mentre apriva la bocca inspirando avidamente l'aria con un rantolo. Il cuore ricominciò a battere debolmente, mentre la maga riprendeva a respirare, guardandosi attorno in stato confusionale. Mormorò alcune parole in qunlat, guardando i quattro che la osservavano a sua volta. 
«Saarebas!» esclamò Dahlia, tutti tirarono un sospiro di sollievo mentre il balestriere la lasciava andare.
«Lasciala respirare.» l'ammonì il nano, mentre si lasciava cadere a terra con un sorriso sollevato sul volto.
«C-cosa?» domandò la maga iniziando a riprendere lentamente coscienza di se, cercando di mettersi seduta. L'assassina l'aiutò, facendole fare movimenti lenti. Aveva voglia di abbracciarla, di sentire che non aveva perso anche lei, ma sapeva non sarebbe stato salutare. 
«Rengar ti ha salvato!» esclamò la donna, indicando distrattamente il nano. «Sei stata fulminata dalle tue corna Saarebas!» le spiegò mentre la maga si sfiorava con la punta delle dita le colpevoli.
Stranamente, la maga rise a voce bassa. I compagni si scambiarono uno sguardo preoccupato, temendo avesse perso la ragione. 
«A quanto pare...» mormorò lei «...il mio sistema di sicurezza, aveva un sistema di sicurezza.» scosse appena il capo, gesto che le provocò un piccolo giramento. Puntellò le mani a terra nel tentativo di alzarsi, ma il nano intercedette, costringendola a rimanere seduta «Non fare sforzi!» l'ammonì severamente, ma con una vena di preoccupazione nella voce. Saarebas non fece un gesto, non emise un verso, chiudendo semplicemente gli occhi e respirando a fondo.  Arnell e Zevran si lanciarono un occhiata preoccupata, per poi avvicinarsi a loro volta dandole una mano a rimettersi in piedi. La riportarono con molta calma all'interno della casupola, restare sotto la pioggia in quel frangente non era salutare per lei.
Quanto si furono tutti ripresi dallo shock, la ex Corvo mutò la propria espressione dal preoccupato all'arrabbiato. «Si può sapere che ti ha preso!?» le urlò così all'improvviso da far trasalire gli altri. 
«Dahlia!» la riprese il balestriere con tono ammonitore. 
«Stai zitto Arnell!» esclamò scattando in piedi andando al fianco della maga «Cosa pensavi di fare!? COSA!?» chiazze rosse iniziarono a macchiare il suo volto, sfigurato dalla rabbia. Saarebas continuava a fissare il vuoto, come se non la sentisse nemmeno urlarle contro. 
«Volevi spaccarti la testa da sola? Vuoi morire? È Così!? Come hai detto quel giorno sul carro! Ti risparmio la strada fino a Par Vollen! Ci sono metodi più semplici per ammazzarsi!» si sfilò dalla cintola uno dei pugnali con un gesto secco, lanciandolo con malo modo a terra. La maga spostò pigramente lo sguardo sull'oggetto, per poi passare al volto dell'assassina, limitandosi a sbattere le palpebre. «Ecco, fallo! Ammazzati e basta! Non era quello che volevi fare fin dall'inizio!?» 
Saarebas sospirò, scuotendo appena il capo. «Tu non capisci, Kadan
«Allora spiegati!» sbottò l'assassina, incrociando le braccia sotto al seno e facendo tamburellare il piede destro a terra. Saarebas guardò Arnel e Rengar, che attendevano in silenzio, e lesse che a loro volta volevano una spiegazione. D'altronde, come dar loro torto? Zevran, al contrario, si era seduto in disparte da loro su di un tavolo a ridosso della parete, guardandoli con la coda dell'occhio.
La maga si mosse a disagio «io...non so come..».
«Inizia dicendomi perchè hai cercato di staccarti le corna a mani nude dopo aver preso a testate un albero!» la interruppe Dahlia, sedendosi a terra e recuperando la sua arma con un gesto secco. Saarebas si sfiorò con le dita il taglio sulla fronte, mentre lo sguardo di Arnell e Rengar passava da incuriosito a sconvolto. «Hai cercato di fare cosa!?» esclamò il nano, colto alla sprovvista.
«Strapparmi le corna.» scandì la qunari con tono di voce calmo, guardandolo dritto negli occhi. Sebbene la conoscesse da poco, Rengar non li aveva mai visti così vuoti. «Le corna sono uno dei tratti che identificano la mia razza. La parte metallica intarsiata di rune, che mi ha fulminata, del mio rango» sospirò pesantemente, tornando a guardare le fiamme. 
«Fra la mia gente...fra il Qun, ci sono alcuni, rari, che nascono senza corna. Sono identificati come qunari che faranno grandi cose, come il nostro attuale Arishock. Io ne sono sempre stata fiera però, orgogliosa. Ma io...» spostò gli occhi sulle proprie mani, sui polsi con le cicatrici per via delle manette che per tre anni le avevano segato i polsi «io non sono più una qunari.» 
La frase aleggiò nell'aria, assieme alle faville del focolare scoppiettante. 
«E...cosa sei? Un elfo?» azzardò Arnell, tentando di alleggerire l'aria con una battuta, che purtroppo però cadde nel silenzio senza venir accolta da risa. 
«Voi ci avete identificati come qunari. Ma per noi per lo più indicano quelli della mia razza che seguono il Qun. Io...io non sono più degna. Non sono più una qunari. Sono...sono solo...» chiuse gli occhi mentre cercava di dirlo a voce alta. Scosse violentemente il capo, alzandosi di scatto e facendo qualche passo avanti, dando loro le spalle e puntando gli occhi verso una finestra. «Sono solo una sporca Vashoth.» il trio alle sue spalle non reagì, ma Saarebas non se ne stupì. Loro non potevano capire, per i bas era troppo complicato.       
«Sei più di questo...» iniziò Dahlia con tono più calmo. 
«No!» urlò la qunari «Sono molto meno! La mia vita non ha più scopo. Ora non sono niente. Sono una grigia, una rinnegata! Sono solo un peso sulla terra, la mia vita non ha scopo» i tre la guardarono esterrefatti, mentre tornava a voltarsi per guardarli «Sarei dovuta tornare alla fine! Vendicare gli altri, tornare a far rapporto e morire per la sicurezza di tutti!»
«Ma tu non sei pericolosa! Non lo capisci!?» esclamò Dahlia, alzandosi a sua volta per porsi davanti all'amica, afferrandola per le spalle, per farla calmare «Non sei corrotta, e non ci hai mai fatto del male. Tu sai controllarti benissimo da sola!»
«Non è questo il volere del Qun!» 
«Allora il Qun ha torto!»
«6Parshaara!» le urlò di rimando la qunari, colpendola con le mani ai polsi per farsi lasciare. Indietreggiò di qualche passo, guardando Dahlia con sguardo ammonitore. «Tu...non...!» sospirò esasperata, per poi allontanarsi. Prese la sua coperta, per poi mettersi in una stanza isolata dagli altri, nell'angolo più lontano in modo da restare sola.
Dahlia fece per seguirla. «Ferma» la ammonì l'elfo. Lei lo guardò sollevando ambo le sopracciglia «Non posso lasciarla così!»
«Non puoi aiutarla ora. Qualsiasi cosa tu dica le farai solamente del male.» era mortalmente serio, come non si era mai visto da quando si conoscevano. «Sten era proprio come lei. Non le farai mai cambiare idea. Questa sua nuova situazione...devi lasciare che ci si abitui da sola, lasciarle i suoi tempi ed i suoi spazi. Per la sua gente il cambiamento non è facile.» Dahlia fece per replicare, ma sebbene una parte di lei non volesse ammetterlo, sentiva che Zevran aveva ragione. Abassò il capo con espressione affranta, per poi tornare a coricarsi con gli altri.

La mattina dopo furono svegliati da un timido sole che sbucava dalle nubi grigie, riscaldando leggermente la temperatura. Arnell e Zevran tornarono carichi di frutta e bacche, raccolte dalle piante selvatiche delle Terre Centrali.
«Ecco a voi la colazione!» esclamò tutto contento l'elfo.
Dopo essersi rifocillata a dovere, Dahlia si alzò e uscì dalla catapecchia, osservando l'orizzonte per capire quale fosse la via migliore da intraprendere per raggiungere Redcliffe.
«È a nord-est da qui» le disse Zevran, che l'aveva raggiunta.
«E tu come fai a saperlo?»
«Ti dimentichi che ho girato in lungo ed in largo il Ferelden durante il Quinto Flagello».
Si misero quasi subito in marcia; durante il tragitto non incontrarono particolari nemici, anche se dovettero vedersela con un paio di orsi bruni piuttosto aggressivi ed un branco di mabari selvaggio. Dahlia ne approfittò per riempire la borsa dello speziale, raccogliendo le erbe medicinali che crescevano abbondanti lì attorno. Talvolta lanciava occhiate preoccupate verso l'amica. Rimaneva in disparte, silenziosa e pensierosa. Ma non aveva più fatto gesti inconsulti.
Nel tardo pomeriggio finalmente arrivarono in vista della cittadina: i raggi del sole in tramonto coloravano di un caldo arancione-rossastro i mattoni di pietra grezza degli edifici, mentre le acque del lago Calenhad sembravano immobili, come in attesa di qualcosa.
«Strano» disse Zevran pensieroso «A quest'ora le strade dovrebbero essere piene di gente che passeggia».
Effettivamente l'aria era fin troppo tranquilla, dato che non c'era quasi nessuno in giro ed i pochi presenti si limitavano a fissarli e sgattaiolare via velocemente.
«C'è qualcosa che non quadra qui» disse Dahlia «Andiamo alla taverna, magari troveremo qualcuno che ci spiega cosa sta succedendo!»
La taverna era buia e silenziosa, anche questo era un particolare insolito. L'uomo dietro al bancone, un tipo alto e decisamente grosso, li fissava truce mentre con uno straccio puliva meccanicamente un boccale con uno straccio.
«Salve. Che novità ci sono in città?» chiese Dahlia, cercando di usare un tono noncurante.
«Che cosa volete?» ringhiò quello di rimando.
«Noi? Vogliamo solo saper...»
«Andatevene! Ne abbiamo abbastanza di stranieri qui!»
La Corvo stava per controbattere, quando una voce gentile la interruppe.
«Non date retta a Lloyd, è un burbero di natura» disse una donna molto bella e con i capelli rossi che le arrivavano alle spalle «Piacere, sono Bella, la proprietaria della taverna!»
«Oh grazie! Ecco, volevamo sapere come mai in città c'è quest'aria tetra...» disse Dahlia, sperando in una risposta migliore rispetto a quella ricevuta dall'uomo.
Bella sospirò «Purtroppo le disgrazie colpiscono spesso Redcliffe. Pensavamo di esserci liberati di quei maghi del Tevinter grazie all'Inquisitrice, ma a quanto pare sono tornati».
«Maghi del Tevinter...?»
«Si, quei fanatici che adorano il nuovo dio, come lo chiamano loro. I Venatori».
I cinque avventurieri saltarono per la sorpresa, guardandosi l'un l'altro.
«Sembrerebbe che anche voi li conosciate» continuò la donna, osservandoli.
«Che cosa sono venuti a fare a Redcliffe?» chiese Saarebas, seria tornando finalmente a parlare.
«Volevano qualcosa da parte dell'Arle, sono andati al castello due giorni fa e se ne sono andati quasi subito»
«Quindi non sono piú in città?»
«Per quello che ne sappiamo noi, no»
Rengar imprecò in nanico con un tono che non si potrebbe definire propriamente basso.
Uscirono dalla taverna piuttosto giù di morale: ora non sapevano nemmeno da dove ricominciare la ricerca.
«C'è qualcosa di strano qui» disse pensieroso Arnell, osservando la gente attorno a sé «È come se fossero in attesa di una catastrofe».
«Di certo capirete questa povera gente se è spaventata, dopo quello che hanno combinato qui i Venatori nemmeno un anno fa» disse una voce femminile sconosciuta.
Il gruppo di avventurieri si voltò per capire da dove provenisse la voce, scoprendo che apparteneva ad un’elfa bionda, decisamente alta per la sua razza, che indossava un tunica verde piuttosto succinta.
«E voi sareste?» chiese Zevran, improvvisamente molto interessato.
«Io sono Velanna, Custode Grigio»
«Custode Grigio?!» esclamarono all'unisono Dahlia, Zevran e Arnell.
«Perché siete così sorpresi?» chiese piccata l’elfa, portandosi le mani ai fianchi.
«Non è certo per scortesia, milady, solo che da molto tempo non incontravo un Custode…infatti, io sono l’elfo che…» cominció Zev, sfoderando il suo miglior sorriso da conquistadores.
«So benissimo chi sei. Non sei l'unico ad aver combattuto a fianco dell'eroe del Ferelden» lo interruppe la nuova arrivata
«Cosa? Anche tu conosci Amhal?!» chiese sorpreso Zevran.
«Diciamo che l'ho aiutato a sistemare un bel po' di Prole Oscura».
«Dunque? Che cosa vuoi da noi?» le domandò Saarebas, spazientita da quella conversazione che sembrava non portasse da nessuna parte.
«Da quello che ho capito state dando la caccia ai Venatori» rispose Velanna, piantando le iridi verde foglia in quelle salvia della qunari.
«E immagino che siano anche il tuo obiettivo…» disse guardinga Dahlia: cominciavano ad essere decisamente troppe le persone interessate al loro stesso target e la cosa poteva non essere del tutto positiva.
«No, i Venatori non mi interessano. Piuttosto sono interessata a qualcosa che cercano anche loro»
«Ovvero?»
«Un antico manufatto elfico custodito nel castello di Redcliffe».
A Dahlia la cosa puzzava: cosa ci faceva un manufatto elfico a Redcliffe? E come faceva Velanna ad esserne a conoscenza?
«Dunque ora i Venatori hanno preso il manufatto! Dobbiamo assolutamente raggiungerli!» esclamò Arnell.
«Non puó essere semplicemente preso» sbuffò l’elfa.
«Allora, vuoi dirci di cosa si tratta?» sbottò Saarebas.
Velanna li guardò uno per uno, indecisa se parlare o no. Infine sospirò e disse «Nelle segrete del castello di Redcliffe si trova un Eluvian, un antico manufatto che veniva usato per raggiungere altri luoghi».
«E perché mai i Venatori dovrebbero essere interessati a questo…Elunian?» chiese Arnell dubbioso.
«Eluvian» lo corresse spazientita l’elfa «Perché secondo la leggenda avrebbe il potere di far raggiungere fisicamente l'Oblio».
«E quindi potrebbero raggiungere Corypheus?!» esclamò Arnell.
«Ma perché allora starebbero preparando un rito per il Risveglio Trans-corporale?» cercò di ragionare Dahlia.
«Non credo che Corypheus sia riuscito a mantenere la sua forma solida quando l'Inquisitrice lo ha sigillato nell'Oblio» disse Velanna «Dunque il Riveglio Trans-corporale serve per ospitare la sua anima nel nostro mondo».
«E dunque perché vorrebbero raggiungere fisicamente l'Oblio?»
«La mia è solo un’ipotesi. Di fatto l'Eluvian può far raggiungere molti posti…forse anche altri mondi».
«Quindi i Venatori potrebbero essere in cerca di un trasporto o chissà cos'altro!» disse Dahlia con una nota di disperazione nella voce. Già cercare di anticipare le loro mosse per quanto riguardava il rito era difficile, figuriamoci se si aggiungeva questa storia del manufatto!
«Ancora non ci hai detto perché sai tutte queste cose e soprattutto cosa vuoi da noi» disse Saarebas, che evidentemente non si fidava della nuova arrivata.
«Le informazioni che posseggo le ho cercate duramente durante i miei viaggi, altro non ti serve sapere. Per quanto riguarda voi…beh, potremmo darci una mano. Io devo raggiungere l'Eluvian, ma l'Arle non lascia avvicinare nessuno. Per cui se voi lo distraeste, io potrei eludere più facilmente la guardia delle segrete».
«E ti aspetti che ci fideremo cosí di una totale sconosciuta? Chi ci dice che tu non sia in combutta con i Venatori?» l'aggredì la qunari.
Velanna sospirò «Immaginavo una risposta simile. Allora vi propongo di dividerci in due gruppi, uno distrarrà l'Arle, l'altro verrà nelle segrete con me».

Una volta che furono tutti d'accordo con il piano, decisero che Saarebas e Rengar avrebbero accompagnato Velanna nelle segrete, mentre Dahlia, Zevran e Arnell sarebbero andati dall'Arle.
«Zev, sei proprio sicuro che funzionerà?»
«Certo piccola, credimi che se la fama di donnaiolo dell'Arle è vera soltanto a metà, vestita così non dovrai fare gran discorsi articolati».
Dahlia si guardó perplessa la profonda scollatura del vestito, mentre nervosamente toccava i pugnali infilati nei foderi della cinta dei pantaloni, ben nascosti dall’ampia gonna.
«Certo, in un bordello farebbe sicuramente successo» commentò sarcastico Arnell.
«Grazie Arnell, sei sempre rassicurante come al tuo solito» disse Dahlia, voltandogli le spalle e dirigendosi verso i portoni del castello.
«Alt! E voi chi sareste?» li fermò una delle guardie all'entrata.
«Siamo i commercianti che hanno richiesto urgentemente udienza con l'Arle» spiegò Zevran usando il suo miglior tono suadente.
«Commercianti eh?» disse la guardia, guardando con occhio critico le vesti sgualcite dell'elfo.
Fiutando il pericolo, Dahlia si fece avanti, mettendo in bella mostra la scollatura «Certo e se non ti dispiace avremmo una certa fretta!»
La guardia sogghignò, senza nemmeno sforzarsi di dissimulare la lunga occhiata che lanciò in direzione del petto della Corvo.
«Va bene, va bene, vi faccio passare. Però se combinate qualcosa che non va esigerò un pagamento...in natura!»
Dahlia gli lanciò un'occhiataccia ed entrò nell'atrio del castello, guardandosi bene dall'avvicinarsi all'uomo che la stava ancora fissando con un mezzo ghigno stampato in faccia.
I tre furono scortati da altre tre guardie nella sala del trono, una stanza dai soffitti alti e le mura di pietra grigia, sulle quali si rifletteva il bagliore caldo delle fiamme che danzavano dentro ad un enorme camino.
Arle Tegan li stava aspettando seduto composto sul trono: un'espressione seria e preoccupata corrugava la sua fronte, incorniciata da qualche ciuffo di capelli castani con qualche filo argenteo che spiccava. I tre avventurieri s'inchinarono e rimasero in quella posizione fino a quando l'Arle, con voce stanca, diede loro il permesso di rialzarsi.
«Chi siete e perché mai avete chiesto con tanta urgenza di incontrarmi?»
Dahlia prese coraggio e si fece avanti «Innanzitutto volevamo ringraziarla per aver accettato la nostra richiesta con così poco preavviso. Siamo solamente degli umili mercanti girovaghi, ma che hanno intenzione, con il vostro permesso, di stabilirsi qui a Redcliffe per qualche settimana»
«Non afferro ancora il motivo di chiedere udienza con me» disse Teagan, con una nota di sospetto nella voce.
«Vede, per poter vivere in città dovremmo vendere la nostra mercanzia qui, quindi avremmo bisogno del suo permesso...»
«Ma per questi affari dovete rivolgervi al Comitato dei Liberi Mercanti del Thedas. Tutti i mercanti lo sanno».
Dahlia boccheggiò senza sapere cosa dire, così intervenne Zevran «Ecco, noi ci rivolgiamo a lei proprio perché un mercante del Comitato qui a Redcliffe avrebbe insinuato che la nostra merce non può essere venduta qui e...»
Teagan lo interruppe alzando una mano con gesto stizzito «Questi sono problemi tra mercanti, l'Arle non può interferire. Ora mi avete già fatto perdere abbastanza tempo...»
«No, ci ascolti la prego!» intervenne Arnell in un impeto di coraggio «La nostra merce potrebbe essere utile ai vostri cittadini!»
L'orlesiano si accorse troppo tardi di aver fatto un passo falso, infatti l'Arle, ora del tutto spazientito, chiese «Va bene, allora fatemi vedere questa merce tanto importante».
Quando i tre non risposero, Teagan si alzò dal trono «Insomma, chi siete voi? Ho capito che non siete mercanti, per cui rispondete sinceramente e subito, se non volete che vi sbatta in prigione!».
Un silenzio imbarazzante calò nella sala, interrotto solo dallo sferragliare delle spade delle guardie, che con calma si preparavano ad un eventuale attacco.
Ricordandosi di quello che le avevano detto sulla presunta natura di donnaiolo dell'Arle, Dahlia si gettò ai suoi piedi e con voce implorante disse «È vero, non siamo mercanti, signore! Ma la prego, siamo in cerca di un posto sicuro dove nasconderci dai nostri sicari!».
La Corvo guardò l'Arle con occhi umidi e labbra appena schiuse, implorando protezione con il miglior sguardo indifeso che poteva sfoderare. Teagan cambiò immediatamente espressione: le fanciulle indifese erano sempre state il suo punto debole.
«S-sicari?!» chiese sorpreso.
«Si, vogliono ucciderci solo perché ci siamo rifiutati di vendergli il nostro amico elfo come schiavo!» disse Dahlia indicando Zevran, il quale aveva già assunto un'espressione contrita e spaventata, in perfetta armonia con la storia che la ragazza stava raccontando. Al contrario di Arnell, che evidentemente non era abituato a repentini cambi di programma: i suoi occhi sgranati vagavano vacui da Dahlia e l'Arle a Zevran. L'elfo se ne accorse e gli diede una gomitata di nascosto, seguito da una breve occhiataccia di ammonimento.
«Perchè allora non l'avete detto subito?» chiese Teagan, alzandosi in piedi di scatto.
«Perchè temiamo che ci abbiano inseguiti fino a qui e...»
«Fin dentro al castello?» 
Ma l'Arle non fece nemmeno in tempo a finire la domanda che un boato riecheggiò dal salone principale, seguito dalle urla di diversi uomini che combattevano.

Saarebas si guardò intorno, in cerca di un punto di riferimento: il buio all'interno di quelle gallerie era così fitto che era decisamente difficile capire dove mettere i piedi. Velenna sussurrò qualcosa in una lingua sconosciuta e dalle sue mani apparve un globo verdastro, che illuminò debolmente le umide pareti del sotterraneo.
«Dovremmo essere vicini» dichiarò l'elfa, guardando con aria assorta la vecchia mappa consunta che teneva in mano «Ora dovremmo girare qui a destra».
I tre sbucarono in un vicolo cieco: la via terminava con una liscia parete di pietra, coperta da muschio e funghi luminescenti. 
«Non dirmi che abbiamo sbagliato strada!» sbuffò Rengar, nascondendo a fatica il nervosismo, sebbene si sentisse più a suo agio con un soffitto sopra la testa. La magia non gli era mai piaciuta, non era un elemento familiare per i nani, ma l'antica magia elfica in particolare lo metteva decisamente a disagio.
«No. Qui c'è qualcosa che non va» mormorò pensierosa Velanna, sfiorando la parete di fronte a sé.
«Avverto della magia qui attorno» disse Saarebas «Ma è strana. Non riesco a capirne la natura»
«E' l'antica magia elfica, una magia che solo noi guardiani sappiamo ancora padroneggiare»
«Tu...sei un guardiano?» chiese sorpresa la qunari.
«Lo sarei, se il mio clan non fosse stato trucidato interamente da barbari senza alcun ritegno» disse l'elfa con tono duro.
«Mi dispiace. Ma posso capire...» disse Saarebas, pensando ancora alla tragedia che l'aveva travolta solo qualche giorno prima.
Velanna non diede segno di apprezzare o meno le parole della qunari, invece si voltò verso la parete rocciosa sfiorandola con la mano.
«Sembra richiedere un tributo di sangue» mormorò pensierosa.
«Vuoi dire che dovrai usare la magia del sangue?» chiese contrariata Saarebas.
«Si, ma non sempre la magia del sangue è malvagia. Gli antichi elfi la usavano normalmente, se usata nel modo giusto può portare grossi benefici»
«Non ne sono per nulla convinta, ma se è l'unico modo per uscire da qui...»
Velanna afferrò il pugnale che teneva legato alla cinta dalla tunica verde, passando la lama sopra il palmo della mano con cui aveva sfiorato la parete, lasciando che il sangue scuro vi schizzasse sopra. Inizialmente sembrava non fosse accaduto nulla, poi la parete tremò e cominciò a scivolare verso il basso, quasi fosse stata inghiottita dal terreno sottostante.
«Per mille nug!» esclamò Rengar strabuzzando gli occhi «Non sarò esperto di magia, ma una cosa del genere non l'avevo mai vista!»
La qunari non disse nulla, ma strinse i pugni tesa, preoccupata per ciò che avrebbero potuto trovare dall'altra parte. L'apertura si spalancava su un'enorme caverna, debolmente illuminata dalla luce verdognola di alcuni Funghi delle Profondità. Era un unico spazio perfettamente circolare, con al centro una collinetta bassa e stranamente ricoperta di erba. Enormi stalattiti cristalline pendevano dal soffitto, amplificando la luce emessa dai funghi e rendendo il posto ancora più spettrale.
«Ci siamo, è questo il posto. Sento forte il richiamo della magia antica» sussurrò Velanna, guardandosi attorno in contemplazione.
I tre avanzarono cauti verso la base della collinetta, da dove partiva un sentiero di ciottoli grigi. Risalirono il dolce pendio senza difficoltà fino ad arrivare in cima, dove maestoso si stagliava quello che ad un primo impatto sembrava un gigantesco specchio dalla cornice in oro massiccio.
«E' questo l'oggetto che cercavi?» chiese dubbioso Rengar.
«Si è lui, l'Eluvian» mormorò l'elfa, avvicinandosi cauta.
«E noi abbiamo fatto tutta questa strada per uno specchio?!» rincarò la dose il nano «Uno specchio che nemmeno riflette per di più!»
Infatti quella che avrebbe dovuto essere la superficie riflettente dello specchio non era altro che una lamina nera come l'ebano, fredda e totalmente priva di vita.
«Non è un semplice specchio!» lo rimbeccò Velanna stizzita «come vi ho già spiegato si tratta di un portale. Deve essere solamente attivato...»
L'elfa studiò con occhio critico il manufatto, controllando meticolosamente ogni suo centimetro alla ricerca di qualsiasi indizio che le potesse rivelare come riportarlo in funzione.  Dopo quella che sembrò essere mezz'ora, la bionda sospirò e cominciò a snocciolare una serie di frasi in elfico antico: improvvisamente la superficie nera cominciò a tremolare, per poi produrre cerchi concentrici come l'acqua di uno stagno colpita da un sasso.
«Qualsiasi stregoneria tu stia combinando sembra funzionare» borbottò Rengar, allontanandosi impercettibilmente dall'Eluvian.
Saarebas osservava colpita la scena, cercando di carpire i segreti di quella magia strana ed antica, quando uno strano stridore attirò la sua attenzione. Si voltò verso l'entrata della caverna, cercando di capire da dove provenisse, quando vide un bagliore rosso avanzare verso di loro a forte velocità.
«No!» esclamò, prendendo i due compagni di viaggio e spingendoli senza tante cerimonie a terra. Il bagliore rosso non era altro che una palla infuocata lanciata da un mago, la quale andò dritta verso l'Eluvian ma, invece di infrangersi sopra ad esso, lo attraversò senza lasciare traccia.
«Hanno aperto il portale!» esclamò una voce a pochi metri da loro.
Saarebas si rialzò pronta a fronteggiare i nuovi arrivati, cosa che fecero subito anche Velanna e Rengar.
«Bene, bene, bene» disse una voce che Saarebas aveva già sentito «Ci avete risparmiato un bel po' di lavoro.»
Il mago dai capelli rossi che avevano incontrato nelle Vie Profonde li stava guardando sogghignando. Accanto a lui c'erano altri due maghi e Julian, con lo sguardo vacuo tipico delle persone controllate dalla magia.
«Non devono raggiungere l'Eluvian, altrimenti saremo perduti!» esclamò Velanna.
«Ma va?!» la rimbeccò Rengar.
L'elfa non fece in tempo a rispondere alla provocazione: uno dei maghi fece esplodere una stalattite cristallina e la guardiana fece a malapena in tempo ad erigere una barriera per evitare che le schegge la trafiggessero.
Il nano partì alla carica, sollevando la pesante ascia sopra la testa e facendola roteare in modo minaccioso. Il mago gli scagliò addosso una serie di fulmini, i quali gli bruciacchiarono la folta barba ma non causarono altro danno, grazie alla naturale resistenza nanesca verso la magia. Saarebas si ritrovò a dover fronteggiare il Corvo, che balzò su di lei con le due lame; la qunari riuscì a scagliarlo via con un blocco di ghiaccio, tuttavia il ragazzo si rialzò subito in piedi, pronto a tornare alla carica. “Non devo ucciderlo” disse tra sé e sé la gigantessa, mentre faceva crepitare un globo di energia viola tra le mani “Dahlia ne soffrirebbe”.
Il Venatore dai capelli rossi, approfittando della confusione, si lanciò indisturbato verso l'Eluvian, ma all'ultimo Velanna riuscì a bloccarlo evocando dei licheni che si avvolsero attorno alle caviglie del nemico. 
«Non ti permetterò di toccare quel manufatto, umano!» ringhiò l'elfa, preda della rabbia «Non ne avete il diritto, dopo ciò che avete fatto agli elfi!»
Con uno schiocco delle dita scaraventò il rosso lontano, quindi si avvicinò ai due alleati ancora impegnati nella battaglia.
«Vi porto fuori di qui!» esclamò la guardiana «Mi sacrificherò pur di proteggere questo posto!»
«No Velanna!» urlò Saarebas, ma era troppo tardi.
L'elfa pronunciò una frase in elfico antico, quindi si pugnalò all'addome, spingendo l'arma dentro al suo corpo fino all'elsa. Quando il sangue sgorgò dalla ferita, intorno a loro divenne tutto bianco e un fischio fastidioso coprì qualsiasi rumore. Un boato improvviso fece crollare a terra Saarebas, che perse i sensi.

Dahlia corse verso la porta che conduceva al salone, ignorando le urla di Zevran e Arnell che tentavano di fermarla. La scena che si presentò di fronte a lei era raccapricciante: a terra vi erano riversi in una pozza di sangue una decina di guardie del castello assieme a due maghi, due Venatori a giudicare dalle tuniche. Il mago pel di carota che aveva avuto l'onore di conoscere nelle Vie Profonde stava arrostendo un'altra guardia, mentre Julian stava ferocemente combattendo contro Rengar, il quale non sembrava per nulla intenzionato a risparmiargli la vita.
«No!» esclamò Dahlia, correndo verso i due e tentando di separarli.
«Vattene stolta ragazzina! Ti farai ammazzare!» le urlò di rimando il nano, sollevando pericolosamente l'ascia verso l'Assassino.
«Non lo puoi ammazzare!» disse la Corvo, bloccando il braccio massiccio del nano, che per tutta risposta la spintonò con forza facendola cadere a terra. La ragazza scattò subito in piedi, ma barcollò: cadendo si era storta la caviglia, che ora pulsava terribilmente. Cercando di non far notare la cosa ai compagni, strattonò Rengar, che si stava preparando ad un nuovo assalto.
«Vai ad aiutare Saarebas piuttosto, posso affrontarlo da sola!» disse Dahlia, indicando la gigantessa, che effettivamente si trovava in grosse difficoltà contro il mago rosso.
«Ma cosa stai dice...»
«Rengar, VAI!!!» lo esortò Dahlia «Conosco le abilità di Julian, non mi farò uccidere!»
«Quando avrete deciso chi dei due dovrò uccidere per primo fatemelo sapere!» li schernì Julian, che  aveva guardato l'intera scena con un'espressione tra il divertito e l'annoiato.
Il nano esitò per un secondo, ma quando vide la determinazione negli occhi della Corvo annuì e corse in aiuto della qunari.
«E così siamo di nuovo da soli, dolcezza» la sbeffeggiò il biondo.
«Non mi hai mai chiamato così Julian...se vuoi distrarmi devi fare di meglio» rispose Dahlia, mettendosi in posizione di attacco.
Il ragazzo non aspettò oltre e scattò verso di lei con il pugnale sguainato, ma la ragazza lo schivò per un soffio infilandosi sotto al suo braccio, anche se il suo vantaggio durò poco: Julian fece un mezzo giro su sé stesso e riuscì a ferirle la spalla la spalla di striscio. Dahlia digrignò i denti e si allontanò con un balzo, constatando che il suo avversario era diventato decisamente più veloce rispetto all'ultima volta che si erano incontrati, sicuramente grazie alla magia dei Venatori.
«Lo sai che non puoi battermi» disse il Corvo, avvicinandosi guardingo «Leggo nei tuoi occhi la paura. Ti conviene arrenderti subito, almeno potrò regalarti una morte rapida».
Dahlia si guardò attorno in cerca di una via di fuga, ma il ragazzo le si avventò di nuovo addosso, costringendola a schivare ancora la sua lama letale. Con un altro movimento rapido Julian riuscì a ferirle il polpaccio, facendola urlare di dolore.
“Devo riuscire a distrarlo” pensò disperata, rotolando di nuovo lontana dal suo aguzzino, che già si stava preparando per un nuovo scontro. Il sangue usciva copioso dalle ferite e tenersi in piedi con la gamba ferita le risultava difficile. “Pensa Dahlia, pensa! In cosa sei sempre stata migliore di lui?” si chiese evitando una nuova coltellata. Nella sua mente si affollarono diversi ricordi di loro due, quando da ragazzini si allenavano assieme fino a quando, da adulti, intrapresero varie missioni per conto dei Corvi: le loro abilità erano sempre state molto simili, forse lei brillava più in agilità che in forza rispetto a lui, ma in quel momento quel vantaggio era stato annullato dalla magia. Continuò a schivare colpi, ma si aprirono altre due ferite, fortunatamente poco profonde, sull'avambraccio e sul costato. Trovare una soluzione in quelle condizioni era decisamente difficile, se non impossibile.
“Ma certo!” si disse fra sé e sé la ragazza, folgorata da un'illuminazione “Sono sempre stata più brava di lui nell'arrampicarmi...ma come posso sfruttare questa cosa?”.
Si guardò di nuovo attorno, poi corse verso la finestra aperta che dava sul cortile, uscendo all'esterno con un agile balzo.
«Cosa fai, scappi?» la canzonò Julian, inseguendola.
Dahlia si aggrappò ai mattoni nudi della facciata esterna del castello, cominciando a salire verso il tetto. A causa delle ferite non riusciva ad arrampicarsi velocemente come avrebbe voluto, ma bastava perché riuscisse a tenerlo a distanza.
Con un ultimo sforzo si issò sopra le tegole, rese leggermente scivolose dalla pioggerellina che aveva cominciato a cadere, pungendola sul viso. Guardò verso il basso, ma in quel momento Julian la raggiunse; prima che potesse salire anche lui sul tetto, la Corvo ne approfittò per ferirlo sulla mano dominante, sperando che ciò le concedesse un minimo di vantaggio.
Julian ringhiò, quindi si gettò sopra di lei, inchiodandola sulle tegole e sollevando il pugnale; con un calcio Dahlia gli fece volare via il pugnale, ma sapeva che non sarebbe servito a molto. Infatti il ragazzo sguainò subito il secondo pugnale, un'arma decisamente sinistra, dalla lama grigio scuro con riflessi rossastri e con l'elsa che terminava a forma di teschio.
«Non vedevo l'ora di provare il mio nuovo giocattolo» ghignò lui, sedendosi sopra al suo bacino e impedendole qualsiasi movimento. Dahlia tentò di liberarsi con un colpo di reni, ma tutto ciò che vide fu un bagliore rossastro che si avvicinava pericolosamente alla sua gola.

Saarebas boccheggiò nel momento in cui venne colpito dal pugno invisibile della magia del suo nemico. Non ancora del tutto ripresa dalla battaglia nelle Vie Profonde, cominciava a sentire un pericoloso torpore alle membra e la vista andava via via offuscandosi.
«Allora, ti arrendi sottospecie di mostro?» la insultò il Venatori «Dovresti ormai averlo capito che io, Taremund, non mi farò mai sconfiggere da una testa cornuta!»
«Ma da un nano forse si!» ringhiò Rengar, scagliando l’ascia verso il mago. Purtroppo, però, il colpo non andò a segno, in quando il nemico era riuscito a materializzarsi dietro al nano.
«Un nano non potrà mai fronteggiare la magia!» lo schernì, preparandosi a trafiggerlo con schegge di ghiaccio; Saarebas si riprese appena in tempo per creare una barriera protettiva attorno al suo alleato. 
I due amici si guardarono, scambiandosi un segno di reciproca gratitudine, quindi partirono all’attacco: Saarebas creò un’enorme sfera di fulmini e la scagliò sul Venatori, mentre Rengar partì all’attacco con un urlo spaventoso.
Taremund inciampò su uno dei cadaveri riversi a terra, la sfera della qunari lo raggiunse di striscio, procurandogli una brutta bruciatura sull’avambraccio. Rengar non perse tempo e balzò sull’avversario, che purtroppo riuscì a parare il colpo con il bastone.
«Un Venatori non si farà mai sconfiggere da due miserabili di razza inferiore!» ringhiò «Morirete ora, tra atroci sofferen...»
Il Venatori strabuzzò gli occhi e s’interruppe improvvisamente: dalla sua bocca uscì un fiotto di sangue, poiché la sua gola era stata trapassata da parte a parte da una dardo.
«Oh, finalmente un po’ di silenzio!» esclamò stizzito Arnell, mentre riponeva la sua balestra «Non potevo più sopportare il suo continuo blaterare!»
Saarebas e Rengar si guardarono attorno interdetti: mentre erano totalmente assorbiti dalla battaglia contro il Venatori, non si erano accorti che il resto dei nemici era stato sconfitto e ora in piedi rimanevano solo loro, Arnell, Zevran, qualche guardia del castello e l’Arle.
Quest’ultimo si guardava attorno con gli occhi sgranati, la spada ancora sguainata e un pericoloso colorito rosso si stava impadronendo del suo viso «Ora ESIGO sapere chi diavolo siete!»
«Arle Teagan, sono costernato per il disturbo arrecatovi da queste persone malvagie, ma le giuro che noi stavamo solamente cercando di proteggerla...» cominciò Zevran
«Questo è tutto da vedere elfo. Vi conviene spiegarvi velocemente e sperare che la vostra spiegazione mi convinca, se non volete marcire per sempre in cella!»
«Dov’è finita Dahlia?!» esclamò a sorpresa Saarebas.

Dahlia aveva chiuso gli occhi, aspettando il colpo finale. Non era da lei arrendersi, ma cos’altro poteva fare? Era in trappola, ormai poteva considerarsi spacciata. Ma invece di sentire la lama fredda ed orrenda di quell’arma sinistra trafiggerle la carne, sentì un tintinnio seguito da un «Dahlia!!!» decisamente sorpreso.
La Corvo si azzardò ad aprire gli occhi e vide che Julian era tornato in sé: il suo tipico sguardo gentile ma deciso si era di nuovo impossessato dei suoi occhi cioccolata, mentre la guardava come se fosse la cosa più bella che avesse mai visto.
Dahlia scivolò dalla sua presa, non fidandosi di questo repentino cambio di personalità.
«Dahlia, sono di nuovo io! Devono aver ucciso un altro dei Venatori che mi tiene prigioniero!»
La ragazza lo guardò diffidente, ma poi si rilassò constatando che effettivamente era proprio lui, il suo Julian; con le lacrime agli occhi gli corse incontro abbracciandolo, ma il ragazzo la colse di sorpresa, prendendole il viso e baciandola appassionatamente. La ragazza rimase immobile per una frazione di secondo, interdetta. Ma subito dopo ricambiò il bacio, rispondendo a quello che probabilmente era stato un desiderio sopito e soffocato dalla spietatezza della dottrina dei Corvi.
I due ragazzi rimasero avvinghiati l’uno all’altra, non accorgendosi della pioggia che si intensificava, temendo il momento in cui avrebbero dovuto separarsi di nuovo.
Infine Julian si staccò dalla ragazza, un’ombra oscura tornava lentamente ad impossessarsi delle sue iridi.
«Dahlia, devo andarmene finché sono ancora in tempo...»
«No!»
«Lo sai che finché tutti i miei carcerieri non saranno morti io non potrò mai essere libero»
«Ti prego, Julian, puoi combatterla! Lo so che puoi combattere la loro schifosa magia!»
Il ragazzo accennò un sorriso, velato di tristezza «Se fosse solo questione di volontà, mi basterebbe il pensiero di poter stare con te per poterla sconfiggere!»
Il Corvo sciolse l’abbraccio allontanandosi, ma non riusciva a staccare gli occhi da lei «Ora devo andare, sento che la magia si sta di nuovo impossessando di me, ma so che un giorno potremmo stare di nuovo assieme...»
Dahlia cadde in ginocchio singhiozzando, mentre guardava il suo amato che agilmente si allontanava da lei. Perché ormai non poteva più negarlo a se stessa: ne era innamorata e avrebbe fatto di tutto per riportarlo da lei.
Saarebas tirò un sospiro di sollievo quando vide la sua amica rannicchiata sul tetto del castello, anche se proprio non capiva come diavolo ci fosse finita lì.
«Kadan, cosa stai facendo sotto la pioggia? L’Arle ci vuole tutti nel salone, subito!».
Ma quando vide l’espressione affranta della ragazza intuì cosa potesse essere successo «Kadan...se n’è andato, vero?»
Dahlia annuì tristemente, mentre la qunari le avvolgeva un braccio attorno alle spalle e la aiutava ad alzarsi.
«Giuro Saarebas, giuro che lo libererò da quei maledetti!»
«Conta sempre sul mio aiuto, non dubitarne»
Le due si sorrisero, ma tornarono subito serie quando la potente voce di Rengar le rimproverò «Allora, avete finito con le smancerie sotto la pioggia o volete farci sbattere tutti in gattabuia?! Arle Teagan sembra aver esaurito la pazienza...»
 
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Note dell’autrice:
Ebbene si...dopo una lunga attesa (per chi ancora sperava in un nostro ritorno) siamo qui!
Purtroppo lavoro ed altri impegni della vita di ogni giorno hanno reso difficile continuare
a scrivere, ma con un po’ di pazienza spero di potervi regalare una storia degna di nota,
assieme alla mia collaboratrice, Stregatta! :) 
Per chi non avesse seguito anni fa la storia consiglio di leggere i capitoli precedenti...si,
sono belli lunghi, ma spero che vi piacciano, così non vi peserà la loro lettura! ;)
Per ora passo la palla a Stregatta, ci vediamo fra due capitoli!
Baci <3 
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1Letteralmente "I grigi" termine usato per indicare i Qunari nati al di fuori del Qun o che lo hanno abbandonato ma non rinnegato. 
2Non vi è nulla contro cui ribellarsi
3Così deve essere
4La vittoria è nel Qun
5Per il Qun. Vittoria ai Qunari!
6Basta!
   
 
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