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Autore: Stellastellina    07/04/2017    3 recensioni
Dante ha scrittio due Egloge, in risposta a Giovanni del Virgilio, e ha voluto farne sapere il suo Virgilio.
Beh, sono cinese, vi chiedo perdono se ho fatto qualsiasi errore grammaticale nello scritto, spero di non deludervi... Vi sarei grata se mi diceste cosa che ho sbagliato xD
Comunque buona lettura! ♡
Genere: Introspettivo, Malinconico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Dante Alighieri, Virgilio
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Ravenna, 1320


Carissimo Virgilio,

è da tanto tempo che non ci sentiamo. Anzi, tantissimo. Ti scrivo perché vorrei farti sapere che ho scritto due egloghe in latino, sì, due egloghe in latino.

Oso chiamarti per nome Virgilio perché, dopo tutti questi anni, ho finalmente il tempo di scrivere qualcosa che davvero voglio, di scrivere qualcosa in onore solo tuo, di scrivere qualcosa in cui posso avvicinarmi alla tua forma classica. Volevo dar prova di padroneggiare la tecnica del verso latino come te, e adesso credo di avercela fatta. Scrivendo queste bucoliche, immaginavo di essere nato nella tua epoca, di vivere una vita tranquilla in un'ambientazione agreste sotto 'l buono Augusto come te, come se ci fossimo incontrati di nuovo dopo tutti questi maledetti anni. Oso chiamarti per nome Virgilio perché ho già finito la composizione del «Paradiso», e sono sicuro che la sua pubblicazione mi farà guadagnare la coronazione poetica in Firenze. Sì, dopo tutti questi maledetti anni, il mio viaggio è finito, è finito di nuovo... Ho finalmente completato questo compito da lassù e ora posso seguire il mio cuore. Ma il mio cuore, lo sai, il mio cuore è già spezzato per la tua scomparsa ... Comunque ora posso seguirti di nuovo, nell'ambito poetico, ma i bei tempi non torneranno mai. Nessun maggior dolore che ricordarsi del tempo felice nella miseria; è ciò che già sapevi tu, e ora lo so io pronfondamente.

I bei tempi non torneranno mai, neanche i bei ricordi della mia giovinezza. Ah, mi ricordo che quando avevo quindici o sedici anni, nel convento di Santa Croce, vicino a casa mia, ho cominciato a conoscere non solo la grammatica, ma il mondo latino. Tra tutti i soggetti sottintesi, tutte le versioni in cui non c'è un senso, tutte le perifrastiche ovunque, c'erano la mia prima conoscenza di te e il mio primo amore a prima vista. È che quando ho cominciato ad avere un'ambizione poetica proprio dietro alle poste delle tue care piante. Ora sì, finita questa Commedia ho realizzato il mio sogno, ma componendo le bucoliche mi domandavo: Cosa ho fatto? Che cavolo ho fatto usufruendo della tua saggezza e del tuo amore, salvo poi, raggiunto il paradiso terrestre lasciarti e rimandarti all'inferno? No, dovevo solo raccontare le segrete cose in cui sono stato messo non per la mia volontà, ma per la divina podestate.
 
Giovanni del Virgilio, un professore dello studio di Bologna proprio col tuo nome, ha deplorato che offrissi i miei frutti al volgo e mi ha esortato a scrivere in latino. Ma non ci posso! Il soggetto letterale ed allegorico della Commedia è «removere viventes in hac vita de statu miserie et perducere ad statum felicitatis». La Commedia nasce per tutti, in volgare, per una maggiore fruizione. Virgilio, o caro duca mio, o l'Impero Romano che avesse dovuto di governare col suo imperio i popoli che era le sue arti, e di dettare le condizioni di pace, risparmiare chi si sottomette e debellare i superbi, ora non c'è più, non c'è più, anche il latino non è dunque più la lingua di comunicazione che era stata nel mondo romano; nondimeno era una lingua vitale, tutt'altro che statica...Essendo in questa epoca non posso fare altro che scrivere col volgare, cioè, far crollare il latino...Vorrei che tu mi capissi come se un poeta capisse un altro, ma forse non mi capirai mai più. Perdonami, maestro, Perdonami...

Ora provo a concludere la mia lettera in breve. Virgilio, o dolcissimo padre, oramai sono già vecchio, sono già più vecchio di te che hai sempre 51 anni. Non sono in buona salute, perché fare quella «testimonianza» mi ha già sfruttato, perché questi maledetti anni mi hanno rubato non solo la giovinezza, ma anche tu a cui per mia salute die'mi. Forse morirò tra poco, ma che ne so... Ritornato dall'aldilà non devo temere la morte, ma dove mi porterà la morte? Mi porterà al doloroso ospizio davanti a Minòs orribilmente o al dilettoso monte ch'è principio e cagion di tutta gioia? Comunque sono sicuro di non tornare al limbo mai più. Non c'è più tu che puose la tua mano alla mia con lieto volto, ond'io mi confortai, mi misi dentro alle segrete cose, tu che mi feci tutto discoverto quel color che l'inferno mi nascose...Beh, ci siamo allontanati piano piano, come se fossimo agli estremi del mondo...Quindi rimarrò sospeso tra le stelle.

Un bacio mai dato

Dante
   
 
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