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Autore: usotsuki_pierrot    07/04/2017    1 recensioni
Ricordava molto bene la sensazione che aveva provato quel giorno, come si era sentita al contatto con la mano del più grande, il calore che si era sprigionato dentro di lei a quel tocco. Tocco all'apparenza freddo, ma che a lei era bastato. Ricercava disperatamente quel tipo di contatto da non avrebbe saputo dire quanti anni, tanto che si era quasi dimenticata cosa si provasse a riceverlo, a ricevere un gesto che generalmente un fratello maggiore riserva alla sorella più piccola.
E la conseguenza di quell'affetto, la conseguenza di quei momenti che aveva desiderato da quando era piccola, da quando suo padre se n'era andato, di quella sincera e genuina ammirazione che per anni aveva coltivato dentro di sé nei confronti del più grande, l'aveva proprio davanti agli occhi.
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Ff ambientata durante la fine del combattimento tra Sakura e Chiyo con Sasori. Come reagirà Yami alla morte di colui che non era stato solo il suo maestro ma anche il suo fratello maggiore?
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Akasuna no Sasori, Altri, Nuovo Personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto Shippuuden
- Questa storia fa parte della serie 'Sabaku no Yami'
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PREMESSA
Questa ff è stata un parto. Non perché non avessi idee o non riuscissi a continuarla, ma il rivedere la scena della morte di Sasori mi ha fatto male all'anima! E in più è uscita molto più lunga del previsto! Comunque, spero che Yami vi sia piacendo come oc, è forse il pg più elaborato che ho creato e spero vivamente che vi stia intrigando e vi porti ad essere interessati sempre di più sul suo conto!
In questa storia vedrete come ho pensato che avrebbe potuto reagire alla morte di Sasori, con cui aveva un legame molto speciale. Durante la storia incontrerete anche Kuji, oc della creatrice di Kaguya e di Hitomi. La ringrazio vivamente per avermi dato l'opportunità di inserirla!
Buona lettura!!


“Vedi? Devi collegare i fili esattamente qui e qui, se vuoi muovere bene una marionetta dalle sembianze umane”.
L'azzurrina annuì, tenendo lo sguardo ben fisso sui punti indicatile da Sasori, mentre, in piedi e con le braccia aperte, ascoltava le parole del rosso che procedeva con lo spiegarle dove collegare i fili di chakra alle marionette per poterle gestire a proprio piacimento, colorando con un piccolo pennello intinto nell'inchiostro nero le parti interessante sulla maglia della ragazza.
“Ricordati che se lo colleghi proprio sui gomiti non riuscirai a far loro muovere perfettamente le braccia...”, continuò il marionettista più esperto, segnando con un piccolo pallino il centro esatto del braccio prima e dell'avambraccio dopo, su ambo gli arti superiori.
Gli occhi marroncini del più grande si alzarono fino a posarsi su quelli verdognoli dell'azzurrina che, con un lieve cenno del capo, gli fece intuire di aver compreso la sua ennesima spiegazione. Un lieve sorriso compiaciuto, ma quasi invisibile, comparve sul viso del marionettista, mentre posava una mano sulle sue braccia.
“Puoi abbassarle ora...”. La ragazza obbedì, con una scintilla di felicità negli occhi chiari, nonostante cercasse sempre con tutta se stessa di rimanere concentrata e non proferire parola durante le “lezioni” di Sasori. Sentiva che erano momenti che il più grande non avrebbe concesso a tutti, e che magari se la sua situazione fosse stata differente non avrebbe potuto stare così tanto tempo e in contatto con la persona per la quale nella sua vita aveva provato maggiore ammirazione, al di fuori del padre.
Il rosso intanto si stava lentamente rialzando, continuando il discorso che sembrava quasi concluso con un “vale anche per le gambe, d'accordo? Non collegarli alle ginocchia o andranno facilmente per i fatti loro...”.
“Va bene, Sasori-sama!”.
“Passiamo alla spiegazione pratica, adesso”, disse poi il rosso, mettendosi in posizione e facendo partire senza difficoltà i fili di chakra dalle dita, fili che raggiunsero il corpo della più piccola e che si attaccarono ai punti contrassegnati dai piccoli pallini scuri sulla maglia. Con un lieve gesto delle dita, le braccia dell'azzurrina si alzarono, e si mossero seguendo i movimenti lisci e precisi del marionettista. Con l'aiuto di altri fili azzurri attaccati al busto e alle spalle della ragazza, il marionettista la sollevò da terra agendo nel medesimo modo con le gambe.
Yami analizzò con attenzione ogni singolo movimento delle dita del rosso, tentando di memorizzare ogni cenno, ogni gesto e ogni azione del più grande, concentrandosi al massimo per non lasciarsi sfuggire nemmeno il più piccolo e all'apparenza insignificante dettaglio.
Pochi istanti dopo il marionettista la posò completamente a terra, e si avvicinò nuovamente a lei guardandola con un paio di occhi seri.
“Hai capito tutto ciò che ti ho detto oggi, Yami?”.
Con un ampio sorriso trattenuto a stento, la più bassa annuì, rivolgendogli lo sguardo.
Sasori si lasciò sfuggire un altro sorriso a sua volta, lieve ma più visibile, mentre alzava istintivamente il braccio e posava la mano sulla testa di quella che era da ormai un paio d'anni la sua allieva. L'azzurrina chiuse un occhio a quel gesto inaspettato e strofinò lievemente la testa per poter farsi accarezzare dalle dita che ancora riposavano indisturbate tra i suoi capelli.


Ricordava molto bene la sensazione che aveva provato quel giorno, come si era sentita al contatto con la mano del più grande, il calore che si era sprigionato dentro di lei a quel tocco. Tocco all'apparenza freddo, ma che a lei era bastato. Ricercava disperatamente quel tipo di contatto da non avrebbe saputo dire quanti anni, tanto che si era quasi dimenticata cosa si provasse a riceverlo, a ricevere un gesto che generalmente un fratello maggiore riserva alla sorella più piccola.
E la conseguenza di quell'affetto, la conseguenza di quei momenti che aveva desiderato da quando era piccola, da quando suo padre se n'era andato, di quella sincera e genuina ammirazione che per anni aveva coltivato dentro di sé nei confronti del più grande, l'aveva proprio davanti agli occhi; tra le braccia, tra le dita che, tremanti, passavano tra i corti capelli rossi del marionettista, morto ormai da decine e decine di minuti. Gli occhi marroncini che l'avevano guardata con un misto di serietà, affetto e una piccola punta di preoccupazione tipica dei fratelli maggiori, gli stessi occhi che avevano osservato con una timida gioia nascosta ogni progresso nei lavori dell'azzurrina, erano in quell'istante chiusi, e la testa gli ricadeva sul petto, ormai senza vita.
Con l'aiuto dei fili di chakra, Yami era riuscita a liberarlo dalle spade che lo avevano trafitto, uccidendolo, aveva delicatamente spostato le marionette del 'padre' e della 'madre', per poi alzare - con una gentilezza decisamente inusuale per lei - il corpo del rosso e adagiarlo seduto, con la schiena contro la parete rocciosa della cavità in cui si trovavano e che fino a qualche ora prima aveva fatto da base per il rito di rimozione dello Shukaku dal corpo del Kazekage.
Nonostante le mani le tremassero e la vista si fosse fatta sempre più appannata a causa delle lacrime che minacciavano di scenderle sulle guance, non fu un'impresa difficile. L'azzurrina si inginocchiò davanti al corpo esanime dell'ex-marionettista, posandogli le mani sulle spalle fredde per sistemarlo come meglio avrebbe potuto. Si sentì raggelare, quasi come se il suo corpo stesso fosse stato influenzato dalle condizioni del rosso, e, come per proteggersi da quell'orribile sensazione, prese la mano del più grande e se la posò sulla guancia, mentre i singhiozzi si impadronivano di lei e lacrime calde cominciavano a scendere sul suo viso, bagnando anche le dita fredde di lui.
Nei suoi occhi verdi era ancora impressa la terribile scena della morte del ragazzo.

 


L'azzurrina stava ancora combattendo contro Kuji, sorella di Kaguya, quando successe l'inaspettato. La castana si era allontanata per non venire catturata dalle marionette dell'avversaria, che però non sembrava essere veramente intenzionata ad ucciderla, intenta ad ascoltare attentamente, grazie al suo udito più sviluppato, i rumori e i movimenti poco lontani di Sasori, che ancora stava lottando contro Sakura e Chiyo.
Ma fu proprio quando il suo sguardo si spostò dalla figura della piccola Kuji, che, tremante ma dagli occhi determinati, non aveva mostrato il minimo interesse ad arrendersi, che Yami lo vide. Sasori era in pericolo. Decise di tentare di abbandonare il proprio campo di battaglia, noncurante delle pupille della più piccola che la osservavano, e fu quando mosse i primi passi nella loro direzione, che gli occhi verdi della ragazza poterono accorgersi del fatto che il marionettista era già stato colpito chissà quanti minuti prima al petto e attraversato dalle lunghe lame splendenti e sporche di sangue delle spade rette proprio dalle sue prime creazioni.
D'un tratto, poi, un pugno della rosa arrivò dritto sulla guancia del ragazzo, che fu costretto a voltare lo sguardo dalla parte opposta, mentre il legno di cui il suo volto era costituito iniziava a rompersi e sgretolarsi di fronte alla potenza del colpo inflittogli dalla kunoichi.
Una fitta di dolore lancinante trafisse l'azzurrina, proprio al livello del petto, e, senza rivolgere nemmeno uno sguardo né alla castana, né alla rosa e alla più vecchia, la marionettista più giovane lanciò un urlo che fece raggelare gli animi di tutti i presenti, compreso lo stesso Sasori, che voltò gli occhi marroncini per quanto poté verso di lei, guardandola di sfuggita, senza che si posassero completamente sul suo viso.
Yami iniziò a correre verso il marionettista che aveva cominciato da tempo a perdere sangue dall'unica parte rimasta umana del suo corpo, il contenitore bianco che conteneva il suo chakra e la parte più umana che potesse vantarsi di possedere, e dalla bocca.
“Fossi in te non continuerei”.
A quella frase inaspettata da parte del più grande, Yami si fermò, a qualche metro di distanza da lui.
“Il mio corpo non sente il dolore”.
“Saso...ri?”.
“Se continuerai ti farai solamente male alla mano”.
L'azzurrina rimase a fissare il corpo del marionettista, che voltò nuovamente lo sguardo verso le due.
“Se anche mia nonna, il mio stesso sangue, dovesse morire ora, la cosa non mi toccherebbe per nulla. Il mio cuore è come il mio corpo. Sarebbe come una delle centinaia, migliaia di persone che ho ucciso”.
Il corpo della marionettista più giovane si bloccò all'istante.
“Per me le cose sono semplici. Perché non provate ad avere un corpo come il mio? Forse capireste. Un corpo che non si deteriora, libero dal vincolo della mortalità. In quanto marionetta, posso ripararmi e rigenerarmi quando voglio”.
Un'ulteriore lacrima scese lentamente sulla guancia già bagnata di Yami, gli occhi verdi spalancati che guardavano il corpo del rosso senza tregua.
“Se voglio stare con altra gente, posso costruirmi altre marionette... sempre se ne sono degni”.
L'azzurrina sentì una grossa fitta pungente, che bruciò all'interno del suo petto. Fu costretta a posarsi una mano sulla divisa, al livello del petto, per poi stringere le dita al tessuto, all'altezza del cuore, che sentiva morso in una potente stretta.
“Tu... cosa diamine sei?!”. La voce dal tono arrabbiato di Sakura interruppe il discorso del rosso.
“Penso... un umano che non è riuscito a diventare una marionetta. Esisto come marionetta, ma sono incompleto, ho ancora un cuore umano”.
Gli occhi marroncini del ragazzo si volsero di poco verso il corpo tremante della sua allieva, che ancora lo guardava. Il rosso credeva, anzi, quasi sperava di trovare odio e disprezzo in quegli occhi verdi che conosceva bene ormai. E invece, fu tutto il contrario: quegli stessi occhi, che si erano in parte richiusi a causa delle lacrime che avevano iniziato a scorrere con più prepotenza sulle guance, arrivando anche a bagnare le labbra dell'azzurrina, serrate, quello inferiore stretto violentemente dai denti, lo stavano ancora guardando con la stessa luce, con la stessa forte ammirazione che era abituato a scorgere in quelle pupille dalla forma così particolare.
In quel momento, un lieve sorriso comparve sulle labbra del marionettista, un sorriso rivolto solo alla ragazza; quest'ultima, presa alla sprovvista da quel gesto inaspettato, si strinse maggiormente le mani al petto, ma smise di singhiozzare, spalancando nuovamente gli occhi che presero ancora una volta a brillare; le lacrime sgorgavano ancora, infradiciandole il viso, le labbra che si erano schiuse, e parte della divisa nera e rossa, tuttavia la ragazza non ci fece più caso, quasi come se non se non fosse più nemmeno consapevole della loro presenza. Quel gesto così sottile eppure così caldo fu come una liberazione per Yami, che sentì ancora una volta una timida e tiepida scintilla dentro di sé, mentre un sorriso tanto lieve quanto sincero apparve sul suo viso solcato dalle lacrime.
“Comunque morirò a breve”. Lo sguardo di Sasori si rifece serio, mentre gli occhi chiari si posavano per l'ennesima volta sulle figure di Sakura e Chiyo.

“Tra dieci giorni, recati al Ponte Terra e Inferno nel Villaggio Segreto dell'Erba a mezzogiorno. Lì ci sarà una mia spia, che lavora come subordinato di Orochimaru. Avremmo dovuto... incontrarci... là...”.

“SASORI!!”. L'urlo di Yami si sparse per tutta la cavità in cui il combattimento aveva avuto luogo, e la marionettista si avvicinò a passo rapido al corpo del rosso, che, senza vita, era ricaduto in avanti, insieme a 'padre' e 'madre', mentre un dolore lancinante si impossessava del lato destro del suo viso; il legno stava pian piano prendendo piede, occupando porzioni di pelle, come lato collaterale dell'uso delle sue tecniche sui gemelli, ma a Yami non importava. Così come non le importava il fatto che quello rappresentasse un punto di non ritorno: il legno aveva superato ormai abbondantemente il collo, segno che qualunque metodo di riduzione degli effetti del materiale sulla sua pelle non avrebbe più avuto nessun beneficio sul suo corpo. L'azzurrina non sarebbe più riuscita a contenere l'espandersi del materiale con cui aveva costruito le sue marionette, lo stesso di cui anche Sasori era costituito, e man mano tutta la sua pelle sarebbe stata sostituita ad ogni uso della “tecnica di sostituzione” con i gemelli.
Ma l'azzurrina non se ne curò minimamente, e si limitò ad inginocchiarsi accanto al corpo esanime del rosso, a passargli le dita tra i capelli e a prenderlo tra le braccia, facendo attenzione a non ferirsi con le lame impregnate di veleno.
“Evidentemente, anche lui aveva qualcuno a cui teneva...”. La voce stanca e bassa della vecchia, flebile al punto di essere a malapena udibile, risvegliò Sakura dai suoi pensieri, e dall'attenzione che aveva riposto sulla triste scena che si era parata davanti ai suoi occhi.
“Sakura, andiamo...”, continuò Chiyo, abbassando lo sguardo, chiudendo gli occhi e iniziando a camminare a fatica, seguita da Sakura che la aiutò a reggersi in piedi durante il tragitto.
Nel frattempo una figura si fece largo tra le macerie del luogo causate dal duro combattimento, e Kuji, con i suoi lunghi capelli castani, era uscita dal suo nascondiglio, dal quale aveva potuto assistere a tutti gli eventi succedutosi a seguito dell'allontanamento di Yami.
Quando Sakura e Chiyo furono sufficientemente lontane, in un punto da cui sapeva che non l'avrebbero potuta sentire, la più piccola mosse piccoli passi verso l'azzurrina, che teneva ancora tra le braccia il corpo di Sasori, quasi ossessivamente, mentre le lacrime scivolavano sul suo mento cadendo sul petto freddo dell'uomo-marionetta.
“Mi dispiace...”. Un sussurro quasi impercettibile fuoriuscì dalle labbra di Yami, un sussurro che si librò nell'aria e vibrò di tutta l'insicurezza e la paura dell'azzurrina. La castana si fermò istintivamente a quella frase così semplice, eppure così pesante.
“Non volevo... finisse così...”. Le lacrime impedivano a Yami di poter vedere l'espressione intrisa di confusione e di pietà e gli occhi colmi di compassione della più piccola, che, con le mani strette al petto, tentò di superare la paura che albergava nel suo corpo, avvicinandosi di qualche timido ed insicuro passo.
Fu quando si trovò ad una distanza più ravvicinata che notò il legno sul viso di Yami prendere il posto della pelle, lentamente. Di fronte a quella scena così inusuale e in un certo senso inquietante agli occhi della kunoichi, Kuji si allontanò nuovamente, deglutendo rumorosamente, per paura che l'avversaria potesse avere qualche asso nella manica, rappresentato da quel legno così strano che si arrampicava sulla guancia bagnata.
Con un piccolo sospiro, la castana posò gli occhi azzurri tinti di un filo di dolcezza sulla più grande e sulla figura dell'ex-marionettista che giaceva senza vita tra le sue braccia.
"Dispiace a me, che tu debba sopportare tutto questo... Tu non c'entri nulla, l'ho capito subito...".
Lo sguardo della ragazza si alzò, posandosi sul volto e sugli occhi della più piccola, che aveva nuovamente mosso qualche passo verso di loro.
"Ma ricordati, ricorda ai tuoi compagni, che sono stati *loro* a rovinare la vita a me e a mia sorella Kaguya, e non li perdonerò mai...". Le pupille color del cielo sembrarono dipingere l'arrivo di una tempesta violenta e aggressiva, nonostante la calma nella voce e la pacatezza dei movimenti. Yami rimase ad osservare quell'espressione che nascondeva il turbine di emozioni all'interno dell'anima di Kuji, assaporò il suo desiderio di vendetta misto alla ragione e alla maturità che traboccava furiosa dalla sua voce, che traspariva da quelle poche parole pronunciate in modo così solenne.
Dopodiché la castana si allontanò con un rapido balzo e si apprestò a tornare dalla sorella maggiore, che di sicuro era estremamente preoccupata per lei.

 

Quella frase aveva colpito duramente l'azzurrina, tanto che ancora, mentre posava la mano di Sasori a terra, spostandola dal suo viso, sentiva ripetere nella sua mente le parole di Kuji, quel suo tono così diverso da quello con cui aveva parlato fino a qualche tempo prima, durante il combattimento, così minaccioso e al tempo stesso calmo, sicuro di sé.
L'azzurrina posò la mano sul petto freddo del ragazzo seduto con la schiena contro la parete, spostandola con delicatezza sotto la cura attenta degli occhi verdi, finché le dita sottili non entrarono in contatto con ciò che stavano cercando. L'oggetto bianco di forma cilindrica su cui era segnato proprio il suo nome, "Sasori", a grandi caratteri rossi, in cui il marionettista aveva abilmente concentrato il suo cuore e il suo chakra, unici elementi che lo collegavano seppur debolmente all'essere un umano, o almeno in parte.
Con l'aiuto dei fili di chakra, Yami riuscì a sfilare delicatamente e senza fretta il dispositivo, che ovviamente non emanava più nessun tipo di calore o di energia, ma che l'azzurrina si ripromesse di proteggere ad ogni costo. Dopo averlo riposto al sicuro all'interno della divisa nera a nuvolette rosse, il suo sguardo si alzò lentamente sul corpo che Sasori aveva usato nella prima parte dello scontro.
La marionettista usò i fili di chakra per raggiungere quel primo corpo di Sasori e, con un gesto non troppo impegnativo, riuscì a staccarne la testa e a portarsela vicino per poi prenderla tra le mani. Si fermò qualche istante ad osservare, con gli occhi verdi contornati di un rossore provocato dal pianto appena terminato, il viso e i buchi neri presenti al posto dei bulbi oculari. Le dita, che ormai non tremavano più, reggevano saldamente la testa che avevano appena ottenuto, e le pupille che solitamente brillavano ad ogni contatto visivo con lo sguardo severo del marionettista ormai non presentavano più nemmeno una piccola luce.

L'azzurrina posò il capo del rosso a terra, accanto al suo corpo intatto – per così dire –, per poi avvicinarsi nuovamente a lui, non curandosi affatto del dolore alle ginocchia provocato dal pavimento così roccioso e irregolare, portò il viso a contatto con quello fatto di legno, mentre lo stesso materiale ancora consumava, seppur anche più lentamente di prima, la guancia della ragazza.
Chiuse gli occhi verdi, posando la fronte sulla spalla per nulla confortevole del rosso, lasciando che la stanchezza prendesse il sopravvento, trasportata dal silenzio che regnava solenne intorno a loro, cullata dalla vicinanza – se così la si poteva definire – dell'ex-marionettista, quasi come se fosse ancora vivo. Sentì il mondo che li circondava divenire sempre più ovattato e lontano, mentre entrava nell'oscurità che separava la realtà dai sogni.

 

“Sasori-sama?”.
“Mh”. L'azzurrina aveva lo sguardo attento rivolto alla marionetta, l'attrezzo in una mano e la testa della bambola nell'altra, con le dita intente a premere sul capo per tenerla alzata e consentirle di proseguire nel perfezionamento.
“Tu hai molte marionette, non è così?”.
“Diciamo di si”. Il rosso teneva gli occhi marroncini sul braccio di legno di una delle tante bambole che possedeva, ma la sua attenzione e la sua concentrazione erano state ormai disturbate dalla voce della più piccola; lo sguardo del più esperto si era posato di poco su di lei, mentre le mani abili continuavano – o meglio, fingevano di continuare – il proprio lavoro, lentamente e distrattamente.
“E sono tutte persone che hai ucciso, dico bene?”. Quella domanda risvegliò per qualche secondo l'animo di Sasori, che sembrò sempre più interessato, incuriosito, dal discorso della ragazza dagli occhi verdi che dalla marionetta che aveva di fronte. Ma si limitò ad annuire, osservando di nascosto la reazione della più giovane; quest'ultima non batté ciglio, continuando a manovrare la testa e gli arti della bambola. Dopo qualche istante di un silenzio che sembrò infastidire Sasori, che odiava attendere così tanto una risposta, Yami riprese il discorso, con un lieve sorriso sul volto.
“Perché non uccidi anche me, allora?”.
Il più grande sentì un vento gelido, inesistente in realtà, irrigidirgli il corpo, immobilizzargli gli arti, le dita si bloccarono all'istante, il volto si mosse e si girò verso di lei, un'espressione arrabbiata era dipinta sul viso di norma impassibile e senza emozione dell'uomo-marionetta.
“Che cosa stai dicendo..?!”.
Yami per poco non si spaventò a vedere quegli occhi marroncini, quelle labbra trasformate in un ghigno infastidito. Lo sguardo le si posò nuovamente a terra.
“Stavo pensando che, magari, se mi uccidessi e mi usassi come tua marionetta, ti sarei molto più utile... Potrei fare qualcosa di concreto per te, e per gli altri!”.
“Basta così!”. La voce risuonò come un tuono in mezzo alla tempesta, tuono che provocò il silenzio più totale nella stanza. Sasori, innervosito da quel discorso così spiacevole, riportò velocemente lo sguardo sulla marionetta, concentrandosi come avrebbe dovuto sul suo lavoro, mentre gli occhi verdi dell'azzurrina lo osservavano, le labbra schiuse a causa della sorpresa, di quel turbamento nel viso e nel comportamento che non si sarebbe mai immaginata di poter assistere e di poter vedere, non su di lui.
Confusa e insoddisfatta da quelle risposte che a dir la verità le avevano lasciato l'amaro in bocca e un vuoto nella mente, Yami riprese lentamente a focalizzarsi sui movimenti e sull'aspetto di Haru, maneggiando ancora una volta i suoi attrezzi, ma molto più distratta di prima.

 

“Yami-san? Yami-san!”. Una voce nota rimbombò nelle orecchie e nella testa dell'azzurrina, ancora persa nel mondo dei sogni. L'immagine del proprietario di quella stessa voce apparve davanti ai suoi occhi, nel buio in cui si ritrovava nella sua mente, a seguito dei numerosi sogni spiacevoli e colmi di ricordi a cui aveva assistito e che aveva rivissuto involontariamente.
“Tobi..?”. Lo sguardo verdognolo si alzò dalle ginocchia su cui la sua fronte riposava, seduta com'era in un angolo dei suoi pensieri, nel sonno tormentato che stava affrontando. All'improvviso, nell'oscurità, una mano guantata comparve davanti ai suoi occhi, quasi come se quel qualcuno, lo stesso che la stava chiamando insistentemente, la stesse incitando a svegliarsi entrando proprio nel suo stesso sogno.
L'azzurrina allungò un braccio per poi afferrare la mano scura con la sua rivestita di legno, e una lieve spinta dall'altro lato del braccio la fece alzare; fu in quel momento che i suoi occhi si aprirono. Aveva ancora la testa dove si era posata prima che si addormentasse, ma davanti a lei una maschera arancione aveva fatto capolino.
“Tobi...”. La voce impiastricciata dal sonno della ragazza fece illuminare – per modo di dire – il più grande, che balzò in piedi un po' dalla sorpresa, un po' dalla contentezza, urlando ripetutamente “Zetsu-san, Zetsu-san!!”.
La pianta intanto stava ispezionando la zona in cui erano evidentemente appena giunti, molto probabilmente in cerca di lei, Sasori e Deidara. I suoi occhi gialli ricaddero sulla figura del ragazzo mascherato, per poi abbassarsi e posarsi sul corpo senza vita di Sasori e sul volto segnato dalle lacrime precedentemente versate di Yami e dal sonno dal quale si era appena destata.
“Yami-san, pensavamo fossi morta anche tu!!”.
“Tobi... vuoi dire che davvero non riconosci una persona morta da una che sta solo dormendo avendole entrambe davanti agli occhi?”. Un sospiro si levò dallo Zetsu nero, mentre entrambi si avvicinavano all'interpellato e alla ragazza, che lo salutò con un lieve “senpai” quasi sussurrato.
“Mh? Yami-san, cosa ti è successo al viso?!”. L'azzurrina sembrò quasi risvegliarsi a quell'affermazione, e si portò la mano sulla guancia. Non sentiva più dolore, il processo si era miracolosamente fermato, ma l'intera guancia destra era ormai fatta di legno.
Lo sguardo quasi preoccupato dello Zetsu bianco fu seguito da un lieve sospiro, mentre lo Zetsu nero riprendeva il discorso, osservando il corpo di Sasori con l'occhio giallo.
“Quindi era questa la vera forma di Sasori”. Yami annuì, rialzandosi e le pupille verdi si diressero verso il corpo precedentemente usato dal rosso al quale mancava ormai la testa, posta accanto alla seconda marionetta occupata proprio da lui.
“Mh?? Oh, Zetsu-san!! L'anello è proprio qui!”. Tobi si avvicinò al corpo appeso alla parete, inchinandosi a raccogliere il braccio staccato e caduto a terra; sul pollice brillava ancora intatto l'anello dell'Akatsuki. L'azzurrina osservò i movimenti del più grande, che riuscì a sfilare l'accessorio per poi analizzarlo attentamente, con una curiosità ben visibile. Quando poi prese a giocarci e il piccolo oggetto cadde in una buca nel terreno, la voce preoccupata del giovane mascherato fece scappare una piccola risata alla marionettista, che aiutò, grazie ai fili di chakra, il povero malcapitato, mentre Zetsu già si era incamminato verso l'uscita della cavità.
“Grazie, Yami-san!!”. Dopo qualche secondo in cui Tobi si fermò, guardando la ragazza, quasi come se stesse pensando attentamente a qualcosa, fu proprio il più grande a proseguire il discorso.
“Ci sono!! Per ripagarti dell'aiuto, ti porterò io da Deidara-san!!”. Detto questo, il ragazzo si voltò dando le spalle all'azzurrina, piegandosi quel tanto sulle ginocchia che le permise, dopo un lieve sorriso divertito, di raggiungere le spalle del più alto con una mano, mentre l'altra reggeva la testa di Sasori, e di salire sulla sua schiena.
“Ecco fatto, così sarai più comoda, Yami-san! Soprattutto con quel vestito gigantesco che vi portate addosso!”. La ragazza sorrise senza farsi vedere, nascondendo parte del viso all'interno del colletto di quella stessa divisa.
“Tobi, lo sai che se vuoi entrare a far parte dell'Akatsuki dovrai indossarla anche tu, vero?”.
“Stai forse dicendo che ho speranza di essere un membro dell'Akatsuki anch'io, Yami-san?!”. Il tono felice del più grande fece scappare una leggera risata all'azzurrina, che rispose con un vago “chissà, vedremo...”.


Non appena i tre furono usciti dalla cavità, Yami frugò all'interno della divisa, estraendo con la mano libera il cilindro bianco e osservandolo per l'ennesima volta.
“Tobi...”.
“Si, Yami-san?”, rispose l'interpellato, che continuava a camminare reggendo la più piccola per le gambe.
“Secondo te perché... Sasori-sama non mi ha mai uccisa per farmi diventare una delle sue marionette..?”.
“Mmmh...”. Il ragazzo mascherato alzò lo sguardo al cielo, pensieroso.
“Probabilmente è per ciò che tieni in mano, Yami-san!”.
L'azzurrina guardò la nuca del più grande, confusa, cercando un'ulteriore spiegazione. “Intendi... questo cilindro?”, disse poi, posando nuovamente gli occhi verdi sull'oggetto, sul punto debole – l'unico – di Sasori.
“Esatto, Yami-san!! Dopotutto, è lì che si concentrava il chakra di Sasori-san, giusto?”. Alla risposta affermativa della kunoichi, il corvino riprese.
“Questo vuol dire che quello era il suo cuore. Ed è evidente che se aveva un cuore, aveva dei sentimenti. Se non ti ha voluta uccidere vuol dire che teneva a te più di quanto potesse tenere a quelle marionette di cui si circondava, Yami-san!”.
Una sferzata di vento caldo investì il viso e il corpo di Yami, rimasto infreddolito all'interno e all'esterno per troppo tempo ormai. Un lieve sorriso comparve sincero sul suo volto, mentre le sue labbra si schiudevano in un “si” sussurrato e gli occhi le si inumidivano per l'ennesima volta.
L'azzurrina affondò il viso nella schiena del più grande, lasciandosi trasportare da quella bella sensazione calda che si era impadronita positivamente del suo corpo, accompagnata dall'immagine dell'ultimo sorriso donatole dal marionettista, mentre con le labbra rivolte all'insù, stringeva al petto il cilindro con una mano; aveva ritrovato un rinnovato calore la cui origine le fu sconosciuta, che presumibilmente giungeva dalla sua mano, così stretta all'umanità di Sasori, e dal suo petto. Ma, per qualche istante, volle credere fortemente che quello stesso calore provenisse proprio dall'oggetto.

   
 
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