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Autore: _steph    08/04/2017    1 recensioni
*Dal testo*
"Non volevo veramente essere qui questa sera, in mezzo a tutte queste persone, nel trambusto di una festa di un paesino non mio. Avrei voluto rimanere in hotel, anche da solo, a guardare qualche sciocco programma televisivo e, perché no, magari scendere poi giù al bar a flirtare un poco con quel barista tanto carino che mi offre sempre dei cocktail deliziosi. L’avrei voluto sì, e invece sono stato obbligato ad uscire."
"Inizialmente mi sono pentito di averli assecondati e di non essere stato in grado di fregarmene delle loro “premure”, rimpiangendo inoltre di non essermene andato via subito. Però adesso c’è qualcosa che riesce ad annullare completamente questo mio senso di pentimento e rimpianto, qualcosa che allontana la mia mente dalla festa, dai miei amici, dal barista carino del bar dell’hotel. Questo qualcosa è in realtà un qualcuno, un bel ragazzo di circa la mia età credo, alto e slanciato."
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Livin la vida loca
 
Non volevo veramente essere qui questa sera, in mezzo a tutte queste persone, nel trambusto di una festa di un paesino non mio. Avrei voluto rimanere in hotel, anche da solo, a guardare qualche sciocco programma televisivo e, perché no, magari scendere poi giù al bar a flirtare un poco con quel barista tanto carino che mi offre sempre dei cocktail deliziosi. L’avrei voluto sì, e invece sono stato obbligato ad uscire. I miei amici, i disgraziati con i quali ho organizzato questa vacanza post-maturità, mi hanno letteralmente preso di peso e trascinato fuori dall’hotel, farfugliando qualcosa di sbrigativo riguardo ad una festa in centro.
Io non sono un particolare amante delle feste, non mi piace il caos, la musica a volumi inimmaginabili, gente mai vista che spintona altra gente mai vista, giovani ubriachi ed arrapati pronti anche a farsi un comodino. Non sono fatto per queste cose, davvero. A me piace la tranquillità, lo stare seduto con una tazza di tè fumante in una mano ed un buon libro nell’altra. Non sono fatto per questi divertimenti adolescenziali, che a detta mia non hanno niente di divertente.
“È l’ultimo giorno di vacanza, domani ce ne andiamo. Forza, divertiti anche tu e smettila di essere sempre così noioso!” queste sono state le testuali parole del mio caro amico Mark, dopo che mi ero lamentato per l’ennesima volta circa quella situazione. Ho pregato lui e gli altri di lasciarmi andare in hotel e che non avrei fatto storie se fossero rientrati tardi, aggiungendo che senza le mie lagne si sarebbero divertiti di più. Andrew, che è il più grande tra noi, mi ha rinfacciato di averli fatti girare per tre giorni fra musei ed altri luoghi d’arte e cultura, e che quindi per sdebitarmi avrei dovuto partecipare a questa maledetta festa con loro.
           
He's into superstitions black cats and voodoo dolls.
I feel a premonition that boy’s gonna make me fall.
He's into new sensations new kicks in the candle light.
He's got a new addiction for every day and night.


Inizialmente mi sono pentito di averli assecondati e di non essere stato in grado di fregarmene delle loro “premure”, rimpiangendo inoltre di non essermene andato via subito. Però adesso c’è qualcosa che riesce ad annullare completamente questo mio senso di pentimento e rimpianto, qualcosa che allontana la mia mente dalla festa, dai miei amici, dal barista carino del bar dell’hotel. Questo qualcosa è in realtà un qualcuno, un bel ragazzo di circa la mia età credo, alto e slanciato. I capelli ricci scuri sono bagnati, ma a renderlo ancora più selvaggio sono le sue movenze a ritmo della musica che pompa nelle casse. Indossa solo dei jeans lavaggio chiaro, strappati un po’ qua e là ed è a petto nudo. Nonostante la poca luce, riesco ad intravedere i suoi molteplici tatuaggi. Non ne sono un amante, ma lui e il suo corpo sembra siano fatti apposta per racchiudere quanti più disegni possibili.
Lui non si accorge che mi sono imbambolato a fissarlo, è troppo impegnato a ballare. Una ragazza si struscia a lui tentando di essere sensuale, peccato che le riesca malissimo. E non lo dico perché sono gay. Lui comunque non la guarda nemmeno, lei non esiste per lui. A questo punto mi chiedo: se non esiste una ragazza che lo sta toccando, come potrò mai esistere io che sono distante due metri e completamente immobile?
E come se avesse intercettato i miei pensieri, lui si volta e mi guarda. Non riesco a distinguere il colore di quegli occhi, ma ne vado già matto. Lo vedo afferrare la ragazza che ha di fronte, iniziando a strusciare il suo bacino su quello di lei, senza interrompere il contatto visivo con me. Sembra che mi voglia provocare, con quel sorrisino da schiaffi stampato sulle labbra. Labbra che fra le altre cose vorrei, anzi voglio assolutamente assaggiare.
-Che fai lì impalato? Balla!- l’urlo di James mi obbliga a voltarmi nella sua direzione, distogliendo l’attenzione da quel ragazzo tanto bello quanto sconosciuto. Mi prendo qualche secondo per osservare sia James che Mark ed Andrew. Tutti e tre sono già abbastanza brilli e sudati. Giro di nuovo il volto verso ciò che stavo ammirando poco fa, ma di quel bel ragazzo misterioso non vi è più alcuna traccia. È rimasta solamente la ragazza con cui ballava che ora si sta guardando intorno, probabilmente anche lei alla ricerca di lui. Ma come si può perdere di vista una persona che fino a poco prima ti teneva stretta per i fianchi? Torno di nuovo a guardare i miei amici, sentendo qualcosa di strano all’altezza del cuore. Un improvviso aumento dei miei battiti cardiaci mi porta ad agire di impulso, ad usare l’istinto e sono cose che di norma non faccio mai, non amando rischiare. Però per una volta, una volta soltanto voglio dire di aver vissuto.
-Volete che mi diverta?- domando ai miei amici, che immediatamente annuiscono. Li assecondo e mi volto in una direzione presa a caso, mentre sento quei tre strillare il mio nome e chiedermi dove io stia andando. Esco dal parco dove si sta tenendo la festa e comincio a guardarmi attorno con attenzione, finché non riconosco l’oggetto o meglio il soggetto, il motivo di questa mia impulsività mai sperimentata.
Il ragazzo selvaggio è su di un muretto a pochi passi da me. È intento a bere qualcosa da una bottiglia di vetro e non appena mi vede sorride. Più che un sorriso è un ghigno che non cela alcun malizia.
-Mi hai trovato.- è una voce calda e roca la sua, carica di erotismo ed arroganza. Beve un altro sorso senza staccarmi gli occhi di dosso ed io scelgo finalmente di fare un passo verso di lui, volendomi avvicinare.
-Non ti sei nascosto molto bene.- gli rispondo di getto, senza neanche sapere il perché di queste mie parole. Non è da me agire con così tanta sfacciataggine e provocazione. Io non sono questo e non ho idea di chi lui mi stia rendendo. Però mi piace.
-Ops.- beve ancora, facendo volutamente cadere qualche goccia di quel liquido trasparente sul petto nudo. -È un peccato che tu mi abbia trovato, perché adesso ci dovremo divertire per forza.-
-Vuoi obbligarmi a divertirmi con te?- gli domando ancora, facendomi più vicino. Arrivo ad un passo da lui e finalmente riesco a sentire il suo odore. A dir la verità ha più di un odore addosso, puzza di alcol, di erba e di sudore, ma nonostante il lieve giramento di testa che mi provoca riesce ugualmente ad eccitarmi. Non di tanto, giusto un poco.
-Non te ne pentirai.- mi dice lui e nello stesso istante mi porge la bottiglia dalla quale ha bevuto fino a questo momento ed io lievemente titubante la afferro, portandomela alla bocca. Butto giù un sorso ed immediatamente sento la gola ed il petto andare a fuoco. Raramente bevo alcolici e cerco sempre di prendere qualcosa di leggero, ma sebbene la vodka che ho appena ingerito non sia chissà quanto forte, mi fa ugualmente provare un senso di nausea e di rigetto.
-Beh, da questa tua reazione non mi è difficile intuire che tipo di ragazzo tu sia. Onestamente, l’avevo già capito dal modo in cui ballavi alla festa.- mi dice.
-Guarda che io non stavo ballando.- gli rispondo io abbastanza perplesso.
-Appunto.- lui ammicca ed io tiro un sospiro di sollievo. Per un secondo ho creduto che mi avesse confuso con qualcun altro ed in tal caso sarei morto dalla vergogna.
-Allora Blue Eyes, vuoi affidarti completamente a me per questa notte?- mi chiede con quei suoi occhi che ora, sotto la luce del lampione, riesco a vedere nitidamente. Sono di un tenue nocciola, che brilla di luce propria e questo li rende ancora più belli. Nel complesso è lui ad essere bello. Ha qualche lentiggine spruzzata qua e là su quel suo volto pallido, i capelli ricci e scuri sono umidi e disordinati, il fisico è asciutto e decorato dai vari tatuaggi che sono presenti anche sulle sue dita delle sue mani tanto rovinate quanto belle. È di pochi centimetri più alto di me ed i miei occhi sono alla stessa altezza di quelle labbra sottili ed arrossate.
-Sì. Fammi divertire.- gli rispondo. A questo punto lui butta la bottiglia vuota a terra, lasciandola frantumarsi e mi prende la mano. Mi lancia un ultimo sguardo accompagnato da un sorriso mozzafiato, poi comincia a correre e mi si trascina dietro. Correndo con lui sento di nuovo quella sensazione provata poco fa e la identifico come adrenalina. Lui è adrenalina e mi è bastato un attimo per capirlo. È elettrico, iperattivo ed ama rischiare, non ci vuole un esperto od un conoscente per intenderlo.
 
He'll make you take your clothes off and go dancing in the rain.
He'll make you live his crazy life but he'll take away your pain
like a bullet to your brain. Come On!
 
Sorpassiamo chiunque ci si pari davanti, attraversiamo la strada senza aspettare che scatti il verde e continuiamo a correre per stradine e vicoli che mi sembrano infiniti. A differenza mia lui ha delle riserve di energia probabilmente inumane, perché non mostra il minimo segno di fatica. Inizio a pensare che lui si comporti in questo modo ogni giorno ed ogni notte e che molto probabilmente io sia la sua avventura per questa sera. Un poco me ne dispiaccio, perché non mi piace essere considerato la sgualdrina di turno. Però anche se mi vergogno a dirlo devo ammettere che mi farei sbattere volentieri da lui, senza ‘se’ e senza ‘ma’.
D’un tratto si blocca ed io vado a sbattere contro la sua schiena. Mi massaggio il naso, avvertendo un lieve dolore e rimango qualche secondo in silenzio ad osservarlo. Lui non si muove, mi continua a dare le spalle ed ha ancora la mia mano stretta nella sua. Questo contatto mi fa arrossire e non riesco a far meno di pensare a cosa io stia provando adesso. Mi sto forse innamorando? No, è troppo presto. O magari si tratta del così detto “colpo di fulmine”? Potrebbe essere questo, visto che non so nemmeno il suo nome. L’unica cosa di cui sono certo è che questo ragazzo sia completamente fuori di testa. Non so altro di lui.
-Che stiamo facendo?- gli domando dopo pochi minuti. Lui si gira e mi incatena con quello sguardo magnetico e con quel suo sorriso brillante, mi strattona dolcemente il braccio per attirarmi maggiormente a sé e solo quando sono a pochi centimetri dal suo naso mi parla.
-Stiamo assaggiando la libertà.- mi risponde. Mi ritrovo a battere più volte le ciglia con fare perplesso, ma non espongo le miriadi di domande che mi alleggiano nella mente. Ho detto ai miei amici che mi sarei divertito, ho scelto di fidarmi di questo misterioso e selvaggio ragazzo, ragion per cui non posso permettermi di andare in paranoia e rovinare tutto per avere qualche informazione in più. Comprendo pienamente che questo bel ragazzo di fronte a me viva nell’ignoto, così come intuisco che sia felice. E allora perché non fare lo stesso anch’io?
-Hai detto che mi avresti fatto divertire, però a me sta venendo sonno.- lo stuzzico un poco, guardando con gusto come la sua lingua passi sulle sue labbra nel modo più erotico che io abbia mai visto in tutta la mia giovane e monotona vita.
-Mi confermi nuovamente che ti affidi completamente a me?- mi chiede. Io annuisco e lui asserisce, voltandosi di nuovo e riprendendo il cammino ma stavolta senza correre. Di fatti passeggiamo per stradine poco illuminate, mano nella mano diretti chissà dove. Mi perdo a guardare la desolazione intorno a noi. Credo che a causa della festa nessuno si aggiri per questi vicoli dimenticati, le abitazioni hanno le luci spente e non si sente alcun rumore fatta eccezione per qualche aereo che passa sopra le nostre teste. Non sento nemmeno più la musica provenire dalla festa ed intuisco di essermi allontanato parecchio da lì. Vorrei avvisare i miei amici per dirlo loro di non preoccuparsi e che sto bene, ma in fin dei conti tornerei ad essere il solito ragazzo ordinario di sempre. Stasera e solamente per stasera voglio essere tutt’altra persona. Voglio essere come questo bel moro con cui passeggio.
-Come ti chiami?- decido di domandargli. Lui si ferma di nuovo e si gira a guardarmi. Ha stampato sulle labbra un sorrisino derisorio, come a volermi indicare che quanto ho appena chiesto sia una cosa stupida.
-Se ti dicessi il mio nome che gusto ci sarebbe? Il non sapere niente l’uno dell’altro è più intrigante, possiamo fingere di essere chi vogliamo. Tu non sai chi sono ed è questo ad attrarti a me. Se così non fosse, se tu sapessi come mi chiamo, quanti anni ho eccetera non ci sarebbe più alcun segreto, nessun mistero ad avvolgerci. Se tu sapessi quel che faccio per passare il tempo, non sarei più in grado di sorprenderti. Se io sapessi chi sei, finiresti con l’annoiarmi. A sapere anche solo l’uno il nome dell’altro, dimmi che divertimento ci sarebbe?-
Rimango a bocca aperta, imbambolato a fissarlo. In fin dei conti il suo ragionamento non è poi tanto sbagliato, ha ragione a dire che il suo essere così misterioso mi attrae. Gli sorrido ed annuisco, non posso fare o dire altro di fronte a simili parole. Lui riprende a camminare e mi porta con sé per un sentiero più buio rispetto agli altri. Intorno a noi ci sono solamente terra, sassi ed erba. Tira fuori dalla tasca dei suoi jeans logori un pacchetto di sigarette dall’aspetto piuttosto vecchio, ne prende una e la accende senza mai togliere la sua mano dalla mia. Dopo aver fatto qualche tiro, mi porge quella sua sigaretta. Non fumo spesso, solitamente una o due volte al giorno. Non ne sento il bisogno e se volessi potrei smettere in qualsiasi istante, semplicemente a volte mi piace rilassarmi in quella maniera. Inoltre quelle che fumo io sono piuttosto leggere, a differenza delle sue. Tossisco un paio di volte allontanando la sigaretta dalla mia bocca. Ad uno sguardo più attento mi accorgo che quella che ho fra le dita è in realtà una canna. Non me ne ero minimamente reso conto e tanto meno ne avevo sentito l’odore quando lui l’aveva accesa.
-Visto?- mi dice lui. –Se l’avessi saputo, non ti saresti sorpreso.- sorride ed io non posso far meno di imitarlo, facendo un altro tiro. Non posso credere di star veramente fumando marijuana e questo pensiero non fa che elettrizzarmi di più. Lui mi lascia la canna e se ne accende un’altra, continuando a camminare. Passeggiamo per diversi minuti duranti i quali nessuno di noi due parla, ci limitiamo a fumare quanto abbiamo fra le dita ed a lanciarci di tanto in tanto qualche sguardo malizioso.
-Voglio confessarti una cosa.- mi dice ad un tratto, fermandosi di fronte ad una roccia piuttosto grande. –Vedi, questa sera non avevo idea che mi sarei divertito con te. Conosco quasi tutti quelli che vivono in questo piccolo paese, i passatempi sono uguali per tutti. Mi sono fatto la maggior parte dei ragazzi e delle ragazze che vivono qui, perciò mi aspettavo di passare una serata come le altre. Poi ti ho visto.- questa sua dichiarazione mi fa arrossire ed al contempo ridacchiare per l’imbarazzo. Non mi era proprio sembrato il tipo che parla di questo genere di cose, per di più in un modo così disinvolto.
-Sei qualcosa che non ho mai sperimentato in vita mia. So già che dopo stanotte la tua presenza mi annoierà, perché ti avrò conosciuto. Però finché mi è concesso voglio viverti e voglio che tu faccia lo stesso.- conclude. A questo punto scelgo di intervenire.
-Vuoi che anch’io ti viva?- gli domando, facendomi più vicino.
-No. Io voglio che tu viva te stesso e la tua vita. Dopo stanotte vedrai il mondo con occhi diversi, credimi.- mi sorride e mi trascina con lui su questa roccia di fronte alla quale ci siamo fermati. Lui si siede e getta lontano l’ormai mozzicone della sua canna ed io faccio lo stesso, sedendomi a cavalcioni sulle sue gambe. Di norma non sono così “audace”, ma se devo vivermi questa serata tanto vale farlo bene.
 
 
Once you've had a taste of him you'll never be the same
Yeah, he'll make you go insane.

-Ti prometto che ti ricorderai di questa notte per tutta la vita.- mi sussurra all’orecchio, riesco a sentire il suo respiro caldo sulla mia pelle e nonostante le alte temperature dell’estate rabbrividisco. Gli allaccio le braccia attorno al collo e dopo essermi armato di coraggio lo bacio. Le sue labbra sono morbide, anche se sono screpolate e sanno di vodka ed erba. È un sapore che sicuramente non rimuoverò mai dalla mia memoria. Lui ricambia il bacio e mi afferra per i fianchi come ha fatto con la ragazza della festa, facendo in modo che i nostri bacini combacino perfettamente. Sento già le nostre erezioni scontrarsi ed io non mi sono nemmeno accorto di essere in queste condizioni, ma stranamente non me ne vergogno. Forse mi sto veramente godendo il momento. Nel giro di pochi minuti ci abbassiamo entrambi sia i pantaloni che le mutande. Non ho mai fatto sesso in un luogo tanto sporco ed a tratti squallido, ma credo che siano proprio l’ambiente e la circostanza ad intrigarmi così tanto. Senza avvisarmi, prepararmi e lubrificarmi, lui mi penetra strappandomi un gemito di dolore. Non aspetta nemmeno che io mi abitui alla sua presenza che inizia subito a muoversi dentro di me. Somiglia ad un animale affamato, a digiuno da tempo e mi risulta molto difficile crederlo. Non ha proprio l’aria di chi non fa sesso da molto tempo e visto e considerato quanto dura il nostro rapporto capisco di aver ragione. Ci amiamo –anche se non sono sicuro che questo sia il termine corretto da usare- per all’incirca una ventina di minuti o poco più, duranti i quali lui sia alza in piedi tenendomi in braccio, senza interrompere le spinte poderose che mi assesta, per poi stendermi sull’erba e continuare a muoversi sopra di me, strappandomi di tanto in tanto qualche bacio casto. Si solleva da me solo dopo essermi venuto dentro e si stende al mio fianco, abbandonandosi ad un lungo sospiro di piacere. Non mi serve neanche più prendere coraggio per accoccolarmi sulla sua spalla, lo faccio e basta e lui non contesta questo mio gesto. Anzi mi mette un braccio attorno alle spalle facendo in modo che il mio corpo aderisca meglio contro il suo. L’atmosfera che si è andata a creare è qualcosa che mi fa stare bene come mai prima d’ora e mi ritrovo a desiderare che questa notte non raggiunga la sua fine.
-Non farmi innamorare.- gli dico smorzando il silenzio che si è andato a creare fra di noi.
-Tutti si innamorano di me.- dice convinto lui. Io ridacchio e mi stringo maggiormente al suo corpo caldo, mentre sento il suo sperma colarmi ancora fra le gambe. –Però voglio che tu ti innamori non di me, ma della vita.- questa sua ultima affermazione mi convince ad alzare il capo e guardarlo negli occhi, avendomi reso abbastanza perplesso. Non so perché ma avverto una nota di serietà nelle sue parole e nonostante non sia questo lo scopo della serata, voglio andare più a fondo. Lui non mi dà il tempo di contestare in alcun modo che subito riprende la parola. –Devi amarla follemente e viverla altrettanto follemente. Devi vivere nel modo più folle che puoi, altrimenti non potrai mai dire di aver vissuto.- conclude. Mi ritrovo a dargli ragione, non potendo io contestarlo in alcun modo. In fin dei conti vivere come fa lui è rischioso, magari mi sono preso chissà quale malattia venerea da questo rapporto non protetto o chissà quale batterio, visto che sono ancora steso sull’erba mezzo nudo. Eppure non mi importa, è come se tutti i sani principi che mi sono stati tramandati si siano dissolti nell’aria come il fumo della sigaretta che questo bel ragazzo accanto a me si è appena acceso. Decido di cambiare discorso e porgergli una domanda che in realtà gli ho già fatto.
-Ora che ci siamo divertiti mi puoi dire il tuo nome, vero?-
Lui alza la testa e mi sorride sornione, quasi mi volesse dire che mi sto sbagliando di grosso e probabilmente è così.
-Il sole non è ancora sorto, quindi noi non abbiamo ancora finito di divertirci.- afferma lui mentre si rialza, allacciandosi velocemente i pantaloni. Io faccio lo stesso, prendendomi qualche secondo in più per togliermi di dosso la polvere ed il terriccio che si sono attaccati ai miei indumenti. Cerco di ravvivarmi un poco i capelli e sistemarli alla bell’e meglio, ma lui mi blocca le mani.
-Non farlo. Chiunque ci veda per strada deve sapere quello che abbiamo fatto. Tutti devono sapere che questa notte, tu ed io abbiamo vissuto follemente.-
Non mi sarei mai aspettato una tale profondità di parole e pensieri da parte di un ragazzo che fino ad un’oretta fa ballava a petto nudo in mezzo alla folla.
-E dobbiamo farlo ancora giusto?- gli domando e lui subito mi sorride.
 
Upside, inside out he's livin la vida loca
He'll push and pull you down, livin la vida loca
His lips are devil red and his skin's the color mocha
He will wear you out livin la vida loca

Come On!
 
Mi afferra di nuovo la mano e riprendiamo a correre in quell’oscurità che emana comunque una luca brillante, una luce di una vita adolescenziale che non ho mai vissuto e che sto appena iniziando a sperimentare. Stavolta mi porta di fronte ad un’abitazione dall’aspetto abbastanza vecchio, sia la porta che i muri sono consumati ed il piccolo giardino non è in condizioni propriamente buone. Non me ne curo ed attraverso il vialetto con lui. Estrae dalla tasca dei jeans un mazzetto di chiavi, una delle quali infila nella toppa ed apre la porta. Mi fa accomodare all’interno del piccolo ambiente che mi pare più curato di quello esterno, non vi è disordine e tanto meno sporcizia.
-I miei sono alla festa.- mi dice. –Torneranno fra non molto, perciò abbiamo tempo.-
-Per cosa?- gli domando e sospiro subito dopo aver visto il sorrisetto che gli orna il volto. –Lo so, lo so. Se me lo dicessi non mi sorprenderei.- dico io e lui sorride ancora di più, annuendo. Mi fa strada per il corridoio e mi fa varcare la soglia dell’ultima porta a destra, dove vi è quella che intuisco essere la sua stanza. Devo ammettere che qui vi è un poco di disordine o forse è solo una mia impressione dovuta all’ammasso di cianfrusaglie sparse qua e là sui vari scaffali. Ci sono poster appesi ai muri, libri da quali spuntano alcuni post-it, dei vestiti sono stati buttati disordinatamente su una sedia affianco al suo letto ancora sfatto. Un oggetto in particolare cattura la mia attenzione ed infatti mi ci avvicino curioso.
-Quello mi servirà per ciò che sto per fare.- dice lui ad un centimetro dal mio orecchio, soffiandovi dentro quel suo respiro caldo in grado di mandare a monte la mia lucidità.
-Immagino che non mi dirai di cosa si tratta fin quando non me ne accorgerò da solo.- gli rispondo io in un sussurro che spero lui riesca a cogliere.
-Lieto di vedere che finalmente cominci a capire.- si allontana da me e va a prendere un altro sgabello da affiancare vicino a quello già presente e poco distante da me. Vi si siede e mi fa cenno di fare lo stesso, così mi accomodo e lui comincia ad armeggiare con quanto ha di fronte.
-Scegli una parte del tuo corpo che preferisci.- non appena mi dice questo e vedendo cos’ha fra le mani mi rendo conto delle sue intenzioni. Devo ammettere di essere un poco in agitazione al pensiero di ciò che vuole farmi, ma questa mia ansia scompare non appena punto nuovamente i miei occhi nei suoi. Mi fido di lui.
Poggio il mio polso destro sul suo ginocchio, a fargli intendere che è quella la parte del corpo che ho scelto. È abbastanza visibile, ma non me ne importa per niente. Questo sarà il ricordo più bello di tutte le vacanze fatte.
Lo vedo immergere l’ago della macchinetta che in mano nell’inchiostro ed avvicinarlo alla mia pelle. Alza lo sguardo su di me e mi fissa intensamente per alcuni istanti.
-Dimmi di nuovo che ti affidi a me.- mi dice.
-Non serve più che te lo dica.- gli rispondo. Lui sorride e finalmente si decide ad iniziare ciò che deve fare. Non ho idea di cosa stia incidendo sulla mia pelle ma non ci penso, sono certo che mi sorprenderà. Per distogliere la mia attenzione dal dolore mi impegno a guardare la sua mano, che si muove veloce e sicura sulla mia carne. Come avevo già notato ha dei tatuaggi anche sulle dita, ma stavolta vi pongo più attenzione. Sulle dita della mano destra, grande e pallida, ha le scritte “I am” e nello spazio fra le due parole vi è una piccola catena spezzata, mentre sulle dita della mano sinistra, grande e con le nocche spaccate ed incrostate di sangue, vi è la scritta “free”. Ogni suoi tatuaggio alla fine è un collegamento alla libertà, come ad esempio il timone disegnato sulla spalla sinistra che recita la frase “Darling I’m not coming home”, così come la zingara sulla spalla sinistra. Immagino che anche gli altri suoi disegni vogliano esprimere quanto lui sia libero e ribelle. Ma se è davvero così indomabile e senza legami, cosa stanno a significare queste sue nocche spaccate? Che abbia tirato un pugno al muro? Anche da liberi si può essere arrabbiati? Non sono sicuro che mi risponderà, ma decido di chiederglielo ugualmente.
-Tu non sei legato a niente, vero?-
Ci mette alcuni secondi a rispondermi, durante i quali cambia il colore dell’inchiostro della macchinetta. Poi finalmente mi parla ma senza guardarmi negli occhi, troppo impegnato a creare quel primo decoro sul mio corpo.
-Ogni libertà ha le sue catene.- questa sua risposta mi spiazza completamente, non me lo sarei mai aspettato da parte sua. D’altronde avrei dovuto pensare al fatto che essere liberi non vuol dire essere incapaci di soffrire. Ed evidentemente lui ha sofferto molto, forse sta ancora soffrendo. Semplicemente non dà l’impressione che gliene possa fregare qualcosa o magari vive così follemente solo per allontanarsi dal suo dolore.
-Ma vedi.- riprende lui come se avesse ascoltato i miei pensieri. –Tutti stanno male, è inevitabile. Però l’essere sofferenti è diverso dall’essere addolorati. Quando il dolore viene da te, non c’è molto che puoi fare perché probabilmente la colpa non è nemmeno tua. Ma se soffri, be’.. lì l’unico contro cui puntare il dito sei tu! Perché sei tu che scegli di soffrire. Io ho scelto di non farlo. La vita mi ha messo alla prova, mi ha dato tanti dolori ed io sai cos’ho fatto?- scuoto la testa. –Io ho abbracciato la mia vita così come ho fatto questa notte con te.- conclude e si scosta da me, pulendomi quel poco sangue che mi ha sporcato la pelle. –Guarda.- mi dice.
Osservo rapito il tatuaggio che mi ha appena fatto: sul mio polso è stata incisa a mano libera una rondine dalle piume di un tenue giallo e dagli occhi azzurri che vola fuori da una gabbia. Attaccato alla zampa ha come un piccolo striscione su cui è stato scritto “Vida Loca”. Per via del colore del piumaggio e degli occhi, intuisco di essere io quella rondine.
-È semplicemente meravigliosa.- mormoro io, ancora emozionato alla vista del tatuaggio.
-Spero che non ti dispiaccia.- mi risponde lui. Io lo guardo perplesso non capendo a cosa si riferisca e lui si limita a farmi un cenno con il capo rivolto al mio decoro. Riporto l’attenzione sul mio polso e solo ora mi accorgo di una lettera posta vicino alla gabbia. “A”.
Torno a guardarlo, più curioso che mai e lui mi indica la finestra dietro di lui. Noto con stupore che il sole stia sorgendo, facendo entrare una debole luce nell’ambiente già illuminato dalla luce elettrica.
-La notte è finita.- mi dice lui. Non mi sono reso conto che siano già passate diverse ore. Non ho idea di che orario sia ma non me ne curo, perché l’unico pensiero nella mia mente è che dovrò salutare questo misterioso ragazzo che mi ha fatto divertire come non mai prima d’ora.
-Alexander.- punto nuovamente il mio sguardo su di lui che mi sta sorridendo. -È il mio nome.- mi dice. Ora capisco il motivo della “A” incisa sulla mia pelle. Gli sorrido anch’io.
-Perché dovrebbe dispiacermi?- gli dico riferendomi ovviamente alla lettera. Lui mi si fa più vicino, spalmandomi un poco di crema sul tatuaggio.
-Be’ è l’iniziale del mio nome, non so se possa farti piacere averla marchiata sulla pelle.-
-Non preoccuparti.- gli rispondo io. –Posso sempre fingere che sia la mia iniziale.- lo vedo alzare lo sguardo e lanciarmi un’occhiata di confusione mista a curiosità.
-Mi chiamo Anthony.- a questa piccola confessione da parte mia lui sorride, stampandomi un delicato bacio fra i capelli.
-Puoi chiamarti come vuoi, per me sarai sempre Blue Eyes.- io ridacchio e lo abbraccio. Sono dispiaciuto di non rivederlo più quindi intendo passare questi ultimi attimi con lui il più intensamente possibile. Voglio non scordarmi mai di quest’odore, di questa pelle, di questi tatuaggi, di questi occhi e di questo sorriso.
-Sai..- comincia lui. –Sei il primo con cui sto così bene.-
-Ma scommetto di non essere il primo a cui lo dici.- gli sorrido io punzecchiandolo. Lui emette un leggero sbuffo, prendendo ad accarezzarmi i capelli.
-Scommetti male.- mi sussurra ed avverto qualcosa di diverso nella sua voce. Anche lui sembra essere dispiaciuto per il nostro ormai vicino saluto e non lo credevo possibile. Mi stringo maggiormente a lui ed affondo il mio viso nell’incavo fra la sua spalla e il suo collo. Lui ricambia l’abbraccio senza smettere di muovere la mano sulla mia testa. Sembra una dolce carezza per via della quale potrei addormentarmi. Di fatti comincio ad avvertire un poco di stanchezza che fino a quel momento non avevo minimamente avvertito, nonostante io non sia abituato a fare le ore piccole.
-Vuoi che me ne vada?- gli domando a bassa voce, come per paura che qualcuno possa sentirci. Lui in risposta aumenta la presa sul mio corpo, chiudendomi la cassa toracica in una morsa ferrea. No, non vuole che io me ne vada. Però accadrà comunque, il mio aereo partirà poco prima dell’ora di pranzo.
-Che facciamo?- gli chiedo ancora, sperando che questa volta mi risponda a parole. E lo fa.
-Ti do una crema per il tatuaggio, ti spiegherò come non farlo infettare.- non ha minimamente capito a cosa io mi riferissi ma non contesto, anzi cambio discorso.
-Quanti biondi ti sei fatto?- lui si stacca un poco da me, quanto basta per guardarmi negli occhi. Ha la fronte aggrottata perché probabilmente non si aspettava una simile domanda da parte mia.
-Più che altro mi sono fatto parecchie bionde, ma tutte hanno i capelli tinti. Tu sei il primo vero biondo.- ammicca sorridendo. Mi vado a sedere ad accomodare sulle sue gambe e gli metto le braccia al collo, senza interrompere il contatto visivo.
-Invece tu sei il primo straniero che mi si fa.-
-Yo! Bada a come parli Blue Eyes, che fino a prova contraria qui lo straniero sei tu.- lui mi sorride ed io scoppio a ridere.
-Ho solo detto la verità! Non ce ne sono di cazzi come il tuo dalle mie parti.- gli dico e lo vedo storcere la bocca in una smorfia.
-Come sei volgare.- io continuo a ridere con le lacrime agli occhi e lui continua a tenermi stretto a sé.
-Non voglio andare via.- gli dico dopo essermi ricomposto. Leggo nei suoi occhi che nemmeno lui lo vuole, ma nonostante questo mi scosta e si alza facendomi cenno di fare lo stesso. Prende da un cassetto del suo comodino un piccolo barattolino che intuisco essere la crema per il tatuaggio e poi ci avviamo verso l’uscita dell’abitazione. Gli spiego dove si trova il mio hotel e durante il tragitto lui mi spiega come ed ogni quanto spalmare la crema sul tatuaggio per non farlo infettare. In un momento di silenzio estraggo il cellulare dalla tasca dei pantaloni, notando che sono quasi le sei del mattino e che vi sono diverse chiamate e messaggi da parte dei miei amici, ai quali non ho ovviamente risposto.
-Dammi il tuo numero così possiamo sentirci.- gli dico una volta arrivati davanti all’hotel. Lui si abbandona ad un lungo sospiro e mi guarda con ovvietà.
-Pensavo che avessi capito. Io non programmo la mia vita.- io abbasso lo sguardo, deluso da questa sua affermazione. Lo sento farsi più vicino fino ad afferrarmi il mento fra le dita, costringendomi ad immergere i miei occhi nei suoi.
-Però sono convinto che il caso ci farà rincontrare, prima o poi. Perché io non mi scorderò di te.- mi dice.
-Nemmeno io di te.- lo abbraccio con forza, sperando che quel destino di cui lui parla non ci giochi un brutto tiro mancino. Perché voglio veramente rivederlo. Assurdo a dirlo, ma lui è stato l’unico capace di farmi vivere per davvero. È prezioso per me.
-Promettimi che vivrai in modo folle d’ora in avanti e che non avrai rimpianti né pentimenti. Promettimelo, Anthony.- il modo in cui lui pronuncia il mio nome è per me eccitante, ha un suono diverso, un accento differente. Mi piace di più così.
-Te lo prometto.- asserisco io. Lui mi stringe con più forza e dopo essersi staccato un poco mi bacia. È un bacio dolce il nostro, totalmente diverso da quelli che ho dato e ricevuto fino ad ora. Non mi sono mai innamorato veramente di qualcuno, sono stato molto legato ad alcuni ragazzi ma mai fino al punto di dir loro che li amavo. Invece con lui mi viene da dirglielo, da urlarlo a lui ed al mondo intero. Mi sento ridicolo di fronte ad un simile pensiero, ma non riesco a farne a meno. Come ho già detto lui è stato l’unico in grado di farmi provare determinate cose. Quindi penso che comincerò a credere nello stesso destino in cui crede lui, questo stesso destino che mi ha fatto uscire ieri sera, che mi ha fatto andare a quella festa e che mi ha fatto incontrare colui che ha spezzato le mie catene.
-Devo pagarti per il tatuaggio?- gli chiedo per sdrammatizzare ed impedire a me stesso di scoppiare in lacrime davanti a lui.
-Solo se vuoi che io ti paghi per aver fatto sesso con me.- gli do un leggero schiaffetto sul braccio e ridacchio. Ha un sarcasmo tutto suo che è in grado di distogliere la mia mente da ogni sorta di dolore o sofferenza.
-Credo che sia ora.- mi dice ancora. Io annuisco e torno a stringermi morbosamente a lui, respirando il più possibile di quell’odore che ho ormai memorizzato. Anche lui mi abbraccia e strofina il suo naso sul mio collo, provocandomi un poco di solletico. Quando ci stacchiamo ci diamo un ultimo bacio casto sulle labbra, poi lui mi saluta facendomi l’occhiolino e regalandomi l’ultimo fra i suoi sorrisi più brillanti. Io ricambio e poi entro finalmente nell’hotel.
Mi dirigo a passi lenti e trascinati verso l’ascensore, schiaccio il pulsante che mi porterà al mio piano e mi siedo a terra. Mi passo le mani sul viso stanco abbandonandomi ad un lungo sbadiglio e rivivo velocemente e mentalmente a quanto ho fatto in compagnia di quel ragazzo indomabile. Ho fatto tutto quello che mai mi sarei sognato di fare, non è stato niente di particolarmente estremo come invece ho visto in alcuni film, ma almeno è stato reale e concreto. Ho potuto toccare quella libertà di cui lui tanto parla. Ho vissuto.
-Ma dov’eri finito? A momenti ci viene un infarto!- mi strilla Mark nell’orecchio non appena apro la porta della nostra stanza. Andrew e James si precipitano immediatamente nella mia direzione, uno con sguardo preoccupato e l’altro visibilmente arrabbiato.
-Che hai fatto tutta la notte in giro?- mi domanda James. Io lo sorpasso ed apro la valigia posta ai piedi del mio letto, prendendo un cambio pulito.
-Mi sono divertito.- affermo e senza dar modo loro di replicare mi chiudo in bagno e mi premuro subito di riempire la vasca. Mi spoglio lentamente e mi pongo davanti allo specchio. Mi osservo attentamente per lunghi secondi, notando che aspetto io abbia. Sembro selvaggio come lo è lui. Ho i capelli in disordine, i vestiti sgualciti e sono sporco dalla testa ai piedi. Sorrido alla mia immagine e mi immergo nella vasca, sospirando di piacere quando la mia pelle entra in contatto con l’acqua tiepida. Mi insapono con la solita cura ed attenzione, passando la spugna su ogni centimetro del mio corpo. Impiego circa una quindicina di minuti per lavarmi e quando ho finito mi avvolgo nell’accappatoio e comincio a frizionarmi i capelli, dopo di che li asciugo e mi vesto. Spalmo di nuovo la crema sul tatuaggio e dopo essermi lavato i denti esco dal bagno, dove trovo i miei amici seduti sul mio letto ad aspettarmi.
-Ci meritiamo delle spiegazioni, Anthony.- mi dice Mark.
-Se ve le dessi, che mistero sarebbe?- sorrido io andando a raccattare il pacchetto di sigarette abbandonato sul davanzale della finestra.
-Si può sapere che stai dicendo? E da quando fumi a digiuno?- zittisco James con un cenno della mano ed accendo la sigaretta che ho fra le dita.
-Oh ti prego, non mi dire che è un tatuaggio quello!- Andrew scatta in piedi e si avvicina a me. Mi afferra il polso con irruenza, facendo comunque attenzione a non urtare il mio decoro e tanto meno a farmi male. –“A” di Anthony, voglio sperare.-
-Uhm, forse.- ammicco io. Lo vedo farsi sempre più pallido mentre James e Mark ci raggiungono. È proprio quest’ultimo a parlare.
-È colpa nostra. Non avremmo dovuto spingerti a divertiti. Ti abbiamo lasciato da solo e chissà cosa hai fatto! Perché dal sorrisino che hai stampato in faccia sono certo che non ci dirai niente.-
-Esatto.- rispondo io, aspirando un lungo tiro dalla sigaretta. I miei amici iniziano a parlottare fra di loro circa la loro “irresponsabilità” nei miei confronti. Mi bombardano di domande alle quali non rispondo neanche quando scendiamo giù al bar con le valigie fra le mani. Il barista tanto carino che mi ha offerto cocktail per una settimana non mi fa più alcun effetto, lo saluto educatamente e poi mi dirigo verso il taxi che aspetta me ed i miei amici, il quale ci porterà all’aeroporto. Non ascolto quel che mi dicono, mi perdo a guardare fuori dal finestrino e riconosco le stradine con cui ho corso tutta la notte con lui, le sterpaglie dove abbiamo fatto sesso e più lontano riesco a distinguere la sagoma della sua abitazione. Sento un groppo all’altezza della gola e faccio fatica a deglutire.
-Dicci almeno se stai bene.- mi supplica James una volta arrivati di fronte al gate.
-Sto benissimo, smettetela di preoccuparvi inutilmente.- ma non vogliono darmi retta, non mi lasciano in pace nemmeno quando prendiamo posto sull’aereo. Mark ed Andrew sono seduti nei posti in parallelo al mio, mentre accanto a me James non fa altro che farmi domande su domande tanto da farmi venire il mal di testa. Smetto di ascoltare sia lui che gli altri due e punto il mio sguardo fuori dal finestrino, domandandomi se lui penserà a me quando quest’aereo passerà sopra la sua testa.
Quando decolliamo sento gli occhi pizzicare ed un’improvvisa voglia di scendere mi assale. Cerco di darmi un contegno e ripeto a me stesso che non posso permettermi di amare uno sconosciuto, mi do dello stupido nel credere che un giorno lo rincontrerò. Non posso starci male, non è questo che lui mi ha insegnato la notte scorsa. La sofferenza è una mia scelta, come ha detto lui. Ed io scelgo di non soffrire. Scelgo di andare avanti e di portarmelo sempre nel cuore. Perché è questo che farò. Me lo terrò per me, lo custodirò gelosamente nella mia mente e nel mio cuore come un tesoro prezioso che non condividerò mai con nessuno. Nonostante questo onorerò giorno per giorno la promessa che gli ho fatto. Vivrò follemente ogni istante della mia vita come lui mi ha insegnato a fare. Perché lui lo sta facendo.
 
He’s livin la vida loca.
 
Sorrido al panorama fuori dal finestrino e mi porto il polso tatuato al petto, mentre una sola singola lacrima di gratitudine cade dal mio occhio destro.
 
Grazie, Alexander.
 
 
 
 
*Dedicato al più grande figlio di puttana che io abbia mai conosciuto, che nel bene e nel male mi ha fatto fare le mie esperienze, mi ha insegnato ad andare avanti a testa alta, facendomi scoprire quanto possa essere bello passare una notte d’estate stesi su un prato a guardare le stelle ed a mangiare porcherie alle quattro del mattino. Grazie di tutto.*

PS: nella canzone ho usato il pronome maschile anziché quello femminile solo per rendere di più l'idea.
   
 
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