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Autore: Placebogirl_Black Stones    08/04/2017    4 recensioni
Dopo la sconfitta dell'Organizzazione, tutte le persone che sono state coinvolte nella battaglia dovranno finalmente fare i conti con i loro conflitti personali e con tutto ciò che hanno lasciato irrisolto fino ad ora. Questa sarà probabilmente la battaglia più difficile: un lungo viaggio dentro se stessi per liberarsi dai propri fantasmi e dalle proprie paure e riuscire così ad andare avanti con le loro vite. Ne usciranno vincitori o perderanno se stessi lungo la strada?
"There's a day when you realize that you're not just a survivor, you're a warrior. You're tougher than anything life throws your way."(Brooke Davis - One Tree Hill)
Pairing principale: Shuichi/Jodie
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ai Haibara/Shiho Miyano, Jodie Starling, Shinichi Kudo/Conan Edogawa, Shuichi Akai
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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- Questa storia fa parte della serie 'Tomorrow (I'm with you)'
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Capitolo 15: Legami
 
 
- Non avrai esagerato?- si lamentò lo scienziato, reggendo a malapena fra le mani tutte quelle buste della spesa.
- Ho comprato solo quello che c’era sulla lista, niente dì più e niente di meno- replicò lei, che di buste ne stava reggendo soltanto una.
 
Mancavano pochi giorni alla sua festa e aveva deciso di cominciare ad acquistare tutto ciò che serviva per non ritrovarsi oberata di cose da fare all’ultimo minuto. Ovviamente aveva chiesto aiuto al Dottore, il quale si era poi pentito di aver accettato. D’altra parte un po’ di sforzo non gli avrebbe fatto male, anche quello poteva ritenersi attività fisica. Gli stava facendo un favore, dal suo punto di vista.
L’ultima cosa che le restava da fare era consegnare gli inviti di persona a quei pochi conoscenti che aveva deciso di chiamare. Quasi come se il fato avesse letto i suoi pensieri, vide in lontananza quattro figure a lei note che si avvicinavano nelle loro divise scolastiche. Quando furono abbastanza vicini da riconoscersi, Masumi cominciò a salutarla agitando le braccia, come se non si vedessero da secoli.
 
- Ciao Shiho-chan, stai facendo un po’ di shopping?- le chiese Sonoko, notando il Dottore e tutte quelle buste.
- In effetti sì- si limitò a rispondere, non volendo rivelare nulla della festa prima della consegna ufficiale degli inviti - E voi? Com’è andato alla fine quel compito in classe di scienze?- chiese per cambiare argomento ed evitare che chiedessero cosa aveva acquistato.
- Non ce l’hanno ancora consegnato ma a me sembra che sia andato bene dopo la giornata di studi che abbiamo fatto insieme- annuì Ran sorridendo.
- Se passiamo l’esame dovremo fare qualcosa di carino per ringraziarla, che ne dite?- suggerì Masumi.
- Sono d’accordo!- acconsentì Sonoko.
- A tal proposito avrei una cosa da chiedervi- colse l’occasione - Potreste venire a casa del Dottore? Vorrei darvi una cosa-
- Che cosa?- chiese Shinichi, dando voce al pensiero di tutti loro.
 
Erano tutti molto curiosi di sapere, poteva leggerlo nei loro sguardi e nell’espressione dei loro volti: la fissavano con gli occhi sbarrati in attesa di una risposta.
 
- Venite e lo scoprirete- sorrise, facendo segno con la mano di seguirla.
 
Fu così che percorsero insieme la strada di ritorno, chiacchierando del più e del meno sotto lo sguardo felice del Dottor Agasa, il quale non poteva desiderare altro per lei che la compagnia di quei ragazzi.
Quando giunsero a casa li fece accomodare il soggiorno, mentre lei e lo scienziato andarono a posare le buste in un’altra stanza. Poco dopo tornarono l’uno con un vassoio e dei bicchieri di succo di frutta, l’altra con quelli che sembravano bigliettini fatti a mano, decorati in modo elegante. I liceali li fissarono, probabilmente chiedendosi cosa fossero. Ne distribuì uno a ciascuno, dando loro il tempo di leggerli.
 
- Mi farebbe molto piacere se veniste alla mia festa di compleanno- disse infine.
- Verremo con piacere, Shiho-chan!- accettò volentieri Ran, mentre Masumi e Sonoko annuirono alle sue parole.
- Ma tu guarda, non mi aspettavo che avresti dato una festa!- intervenne Shinichi, guardandola con fare sornione - Pensavo che avresti festeggiato da sola sul divano leggendo una di quelle noiosissime riviste di moda- ironizzò.
- Tu invece il tuo compleanno lo festeggerai fra i cadaveri e nessuno vorrà venire!- replicò acida alla battuta, guardandolo male.
 
Scoppiarono tutti a ridere, tutti tranne il giovane detective ovviamente, che mise il broncio come se nessuno capisse la sua passione per i casi di omicidio. Si fermarono soltanto quando il suono del campanello arrivò alle loro orecchie. Istintivamente, guardarono tutti in direzione della porta.
 
- Vado io, voi continuate pure- disse Agasa.
 
Poco dopo udirono tre voci familiari: quelle dei Detective Boys. Schiamazzavano come tutti i bambini di quell’età, chiedendo al Dottore di aiutarli a risolvere un caso. Facevano tenerezza, ora che il loro amico Conan non c’era più continuavano a darsi da fare per tenere alto il nome della Squadra dei Giovani Detective, chiedendo però aiuto all’unico complice che era rimasto: quello scienziato dal cuore d’oro.
Quando la combriccola giunse in salotto si guardarono gli uni con gli altri: probabilmente i bambini erano sorpresi di vederli tutti lì così come lo erano loro nel vederseli piombare dentro all’improvviso.
 
- Ciao ragazzi, come va?- si lasciò sfuggire Shinichi, che ancora non riusciva a fingere del tutto davanti a quelli che per lui, nonostante la differenza di età, erano diventati dei veri amici a cui era molto affezionato.
- Tu sei il fidanzato di Ran-chan, vero?- chiese Ayumi sorridendo.
- Già, è quel detective liceale di cui parlano tutti. Pare che sia bravissimo- precisò Mitsuhiko.
- Non prendetelo come esempio!- li dissuase Sonoko - Piuttosto, che ci fate voi mocciosi qui?-
- Sei sempre antipatica con noi!- si lamentò Genta.
- Su su, non c’è bisogno di litigare- sorrise, cercando di porre fine a quell’infantile battibecco - Perché non vi sedete anche voi?- li invitò ad accomodarsi.
 
Voleva un bene immenso a quei bambini, li avrebbe difesi e protetti fino alla morte. Con la purezza che solo i piccoli sanno avere, le avevano regalato gioia, amicizia, affetto e tante altre cose, senza mai chiedere nulla in cambio se non la sua presenza. Con loro era riuscita a vedere la magia del mondo che si nasconde dietro il male e il marcio.  
 
- Vado a prendere dei bicchieri anche per voi, così potrete bere il succo!- disse lo scienziato, allontanandosi verso la cucina.
- Ci porti anche qualcosa da mangiare!- fu la richiesta di Genta, il quale non perdeva mai l’appetito.
- Com’è carino, posso vederlo Ran-chan?- chiese improvvisamente Ayumi, fissando ammirata il bigliettino che la ragazza teneva in mano.
- Ma certo Ayumi-chan!- glielo porse sorridendo.
- Che cos’è?- chiesero in coro Genta e Mitsuhiko, avvicinandosi per guardare meglio.
- È l’invito al compleanno di Shiho-chan-
- Oh, quand’è?- chiese Ayumi, girandosi a guardarla.
- Fra quattro giorni- le rispose - A proposito, aspettatami qui-
 
Si allontanò dalla sala per un attimo sotto lo sguardo incuriosito di tutti, per poi tornare dopo pochi minuti con in mano dei bigliettini uguali a quelli che aveva appena distribuito ai suoi nuovi amici.
 
- Questi sono per voi- ne consegnò uno a ciascuno dei bambini, i quali sorrisero felici come se avesse regalato loro dei giocattoli bellissimi.
- Grazie signorina Shiho!- disse Ayumi.
- Chiamami solo Shiho, d’accordo?-
 
Da quando era tornata nel suo vecchio corpo, aveva avuto occasione di vedere i Detective Boys diverse volte, poiché si recavano spesso a casa del Dottore; tuttavia continuavano ad appellarsi a lei come “Signorina Shiho”. Non che per lei fosse una mancanza di rispetto, al contrario, solo che essere chiamata così le faceva sentire ancora di più la distanza che si era creata fra loro. Non era più la loro amica Ai e per tanto non poteva comportarsi come tale. In cuor suo, però, sperava di poter costruire un nuovo rapporto con loro nei panni che vestiva ora, quelli della vera Shiho Miyano.
Immaginò che per Shinichi fosse lo stesso, lo vedeva dalla nostalgia che velava i suoi occhi mentre li guardava. Quegli ingenui bambini non sapevano che i loro amici erano ancora lì, davanti a loro: avevano preferito nascondergli quell’amara verità che forse non sarebbero stati in grado di comprendere. Di comune accordo, avevano chiesto al Dottor Agasa di raccontare loro una bugia, dicendo che Conan e Ai si erano dovuti trasferire in tutta fretta e non avevano avuto il tempo di salutarli di persona, ma avevano lasciato loro delle lettere. Inutile dire che si erano prima arrabbiati molto, poi erano scoppiati in un pianto disperato, facendoli sentire colpevoli. Tuttavia, per il loro bene, quella era l’unica menzogna di quella storia che doveva rimanere tale.
 
- Perché hai invitato anche questi mocciosi alla festa?- si lamentò Sonoko - Finiranno col rovinarla. Non possono partecipare a una festa di adulti!- incrociò le braccia al petto, assumendo un’aria snob.
- Sono molto affezionata a questi bambini, non posso non invitarli- rispose semplicemente.
- Hai ragione, ti capisco- la appoggiò Shinichi sorridendo.
- Se è così hai fatto bene ad invitarli- annuì Ran, che forse era l’unica che aveva compreso le ragioni sue e di Shinichi.
- Hai invitato anche Jodie?- le chiese l’amico.
- Ovvio!-
- Parli della professoressa Jodie?- chiese Sonoko, visibilmente sorpresa.
- La conosci bene Shiho-chan?- si aggiunse Ran, anch’essa stupita.
- Diciamo che siamo diventate molto amiche negli ultimi tempi. È stata lei ad avere l’idea di fare una festa-
- Scusate… Jodie è quella donna bionda con gli occhiali che lavora all’FBI insieme a mio fratello maggiore?- intervenne Masumi.
 
Era chiaro che non la conoscesse bene come loro, quando Jodie aveva lavorato da infiltrata al Liceo Teitan come insegnante di inglese, Masumi non era ancora tornata in Giappone. Proprio come lei aveva avuto modo di conoscerla vagamente solo quando la lotta contro l’Organizzazione li aveva portati ad unire le forze.
 
- Sì esatto- confermò.
 
Nominare Jodie le fece tornare alla mente la conversazione che aveva avuto con quest’ultima la sera prima. Anche se la bionda le aveva detto di non preoccuparsi, non poteva fare a meno di pensare a come riuscire a farla riconciliare con Akai. Qualcuno poteva pensare che avrebbe dovuto vedere Jodie come una rivale, dal momento che era l’altra donna nel cuore di Akai quando aveva iniziato a frequentare sua sorella, ma ormai Akemi non c’era più ed era giusto che Akai si rifacesse una vita, magari con Jodie al suo fianco.
 
- Miyano?- la richiamò alla realtà Shinichi, che spesso si rivolgeva a lei con il suo cognome.
- Eh?- si fece cogliere alla sprovvista.
- Tutto bene, Shiho-chan?- si preoccupò Ran.
- Sì, mi sono solo distratta un attimo! Stavo pensando a cosa manca per la festa- mentì.
 
Continuarono a chiacchierare per un’ora buona, fino a quando il colore aranciato del sole che tramontava filtrò dai vetri delle finestre, dando loro il segnale che era ora di tornare alle proprie case per la cena.
 
 
 
 
Due ore dopo si trovava davanti alla porta di casa Kudo. Suonò il campanello, aspettando. Durante l’attesa, pensò che se stava per fare quel gesto era più per Jodie che per se stessa, anche se il risultato finale lo avrebbero deciso solo loro. C’erano due possibilità: o si sarebbero riconciliati, o si sarebbero cavati gli occhi a vicenda rovinandole la festa. Confidò nella prima opzione.
Finalmente la porta si aprì, svelando la figura di Shinichi.
 
- Che ci fai qui?- le chiese sorpreso, dal momento che si erano visti poco prima.
- Devo invitare anche un’altra persona alla festa- disse semplicemente, certa che avrebbe capito a chi si stava riferendo.
 
L’amico le sorrise, facendole segno con la mano di entrare.
 
- Questa non me l’aspettavo- ammise.
- Guarda che lo faccio solo per Jodie- precisò.
 
La scortò fino al salone, dove trovarono Akai seduto all’altro lato del tavolino davanti a una scacchiera. Dalla posizione delle pedine era chiaro che stessero giocando a shogi. L’agente dell’FBI si voltò a guardarla stupito di vederla lì, dal momento che l’ultima volta che si erano parlati non era stato un dialogo propriamente amichevole.
 
- Ma guarda- sorrise infine - A cosa dobbiamo la visita della nostra principessa a quest’ora?-
 
Probabilmente pensava che fosse lì per parlargli nuovamente di Jodie, ormai doveva essersi arreso al fatto che le loro conversazioni erano incentrate su quell’argomento.
 
- Sono venuta per invitarti alla mia festa di compleanno giovedì- andò dritta al punto.
 
Non aveva preparato un bigliettino per lui, così come non lo aveva fatto per Jodie: aveva pensato che, in quanto adulti, ai loro occhi sarebbe risultato ridicolo e infantile un foglietto di carta decorato a mano. Un invito di persona si addiceva di più.
 
- Perché mi stai invitando?- gli venne spontaneo chiedere, sempre più sorpreso da quell’invito.
- Sei stato tu a dirmi che potevo chiamarti quando volevo, giusto?- replicò, citando le sue parole.
- Se le cose stanno così allora verrò- sorrise.
 
Non poteva certo dirgli che lo voleva alla sua festa perché sperava che lui e Jodie si parlassero, così aveva giocato la carta delle belle parole che lui stesso le aveva rivolto la sera del chiarimento. Non aveva importanza il mezzo usato: ciò che contava era che avesse accettato.
 
- Potresti dirmi dove hai comprato la torta che abbiamo mangiato l’altra sera?- gli chiese - Vorrei comprarne una uguale per la festa-
- Non preoccuparti, andrò io stesso a prenderne una e la porterò a casa del Dottore il giorno della festa- si offrì.
- Ti ringrazio. Beh, allora io vado- fece per salutarli.
- Aspetta!- la fermò Shinichi- Perché non resti un po’ qui?-
 
Le venne quasi da sorridere per quella buffa coincidenza: Shinichi stava cercando in tutti i modi di fare per Akai quello che lei stava facendo per Jodie. Entrambi avevano trovato qualcuno di straordinario che valeva la pena di aiutare, il problema era che fra di loro c’era sempre qualcuno in conflitto con qualcun altro.
Titubò per qualche istante prima di dare una risposta.
 
- Solo mezz’ora, poi devo tornare perché ho promesso al Dottore che lo avrei aiutato a finire una cosa- acconsentì.
 
Era solo una bugia, in realtà il Dottore non aveva nulla da fare: semplicemente si sentiva ancora troppo a disagio per restare lì fino a tardi. Anche se apprezzava il fatto che Akai fosse andato a chiedere scusa a Jodie con dei fiori, non lo aveva ancora del tutto perdonato per il suo comportamento. Inoltre, dopo quello che le aveva detto Jodie sulla loro relazione e su Akemi, non era confortevole per lei trovarsi nel mezzo. Avrebbe voluto fare delle domande anche a lui, sapere le cose dal suo punto di vista; tuttavia sapeva di non poterlo fare, doveva rispettare la volontà di Jodie, senza contare che era presente anche Shinichi in quel momento e di certo non voleva spiattellare ai quattro venti le questioni personali dell’amica.
 
- Vuoi giocare al mio posto?- le chiese il giovane detective, indicandole la scacchiera.
- No, grazie, non sono molto brava a questo gioco. Preferisco guardare- si sedette fra di loro.
 
Guardando la scacchiera, per quello che poteva capire, le sembrava che la partita per il momento fosse in parità.
 
- Siete tutti bravi in famiglia nello shogi?- le venne spontaneo chiedere ad Akai, senza nemmeno rendersene conto - Tuo fratello è il Taiko Meijin-
- Se vuoi scoprirlo vorrà dire che un giorno ti inviterò a una riunione di famiglia- le rispose con quel sorrisetto beffardo che faceva ogni volta.
- Puoi sempre giocare con Masumi ora che siete diventate amiche, così risolverai il tuo dubbio- intervenne Shinichi, dopo aver fatto la sua mossa sulla scacchiera.
- Sono contento che tu sia diventata amica della mia sorellina- disse l’agente dell’FBI, tornando poi a concentrarsi sul gioco.
 
Continuò ad osservarli e a scambiare fra una mossa e l’altra qualche battuta con loro, meravigliandosi di come l’atmosfera si era fatta incredibilmente meno tesa. Riusciva a parlare con Akai quasi come se fossero amici. Non c’era rancore, nessun pregiudizio. Se si fosse comportato sempre in quel modo, non sarebbe stato male conversare con lui, doveva ammetterlo.
 
 
 
……………………
 
 
 
Sfogliò velocemente i vari fascicoli per la seconda volta, ma di nuovo non trovò quello che stava cercando. Ormai c’erano talmente tanti fogli e cartelle che non sapeva più cosa fosse realmente utile e cosa no: ogni piccolo dettaglio le sembrava importante, ma più ne aggiungeva e più le sembrava di perdere il filo.
 
- Te l’ho detto Jodie, la cartella col documento che cerchiamo è rimasta nell’archivio- le ripeté James.
- Allora vado a prenderla e torno subito- si alzò dalla sedia, sospirando.
 
Non era difficile notare la sua stanchezza, di certo non era sfuggita a James; tuttavia non poteva permettersi di cedere proprio adesso. Per questo non si lamentava né chiedeva di fare pause, aspettava che fosse James a proporle qualche minuto di riposo di tanto in tanto.
Uscì dall’ufficio dove stavano lavorando e si diresse a passo svelto nell’archivio. Quando aprì la porta di quest’ultimo, vi trovò all’interno la persona con cui meno di tutte avrebbe voluto trovarsi in un faccia a faccia: Shuichi. Seduto alla scrivania, era intento a leggere dei documenti che aveva estratto da una cartella. In quegli ultimi giorni pareva che avesse passato molto tempo lì, o almeno questo era quello che James le aveva riferito. Nessuno sapeva per quale motivo ci andasse e cosa leggesse di preciso, come al solito tutto ciò che lo riguardava era avvolto da un alone di mistero.
Restò ferma sul vano della porta a fissarlo, non sapendo cosa dire. Era dal giorno in cui l’aveva cacciato di casa che non si rivolgevano la parola, nemmeno un saluto. Si erano intravisti qualche volta lungo i corridoi, ma entrambi avevano preferito ignorarsi e fingere di non aver visto l’altro. Era evidente che nessuno dei due, chi per orgoglio e chi per imbarazzo, voleva fare il primo passo.
Si fissarono per pochi istanti, che a lei sembrarono anni; poi Shuichi, senza dire una parola, chiuse il fascicolo che aveva fra le mani e alzandosi si apprestò ad uscire dalla stanza portandolo con sé. Lei, afferrato il messaggio, entrò a testa bassa andando dritta verso lo scaffale dove erano raccolte tutte le cartelle. Poteva scegliere di continuare a umiliarsi da sola e stare zitta, oppure reagire e dimostrare che anche lei sapeva avere fegato. Più che una dimostrazione di coraggio, però, a muoverla fu il dolore che stava provando per non averlo più al suo fianco. Le mancava anche solo prendere un caffè con lui durante la pausa o i momenti in cui si trovavano insieme a Camel a parlare di lavoro e altre cose. Aveva bisogno della sua presenza più di quanto volesse ammetterlo a se stessa.
 
- Shu- lo chiamò, girandosi verso di lui.
 
In tutta risposta, il collega si fermò sulla porta, girando la testa per guardarla.
 
- Come stai?- le venne spontaneo chiedere - Non abbiamo più parlato da quella sera…- abbassò lo sguardo.
- E tu invece?- eluse la domanda, rivolgendogliela contro.
- Ho avuto giornate migliori- ammise.
 
Nuovamente calò il silenzio fra loro, era difficile avere una conversazione normale se lei non trovava le parole e lui non si sprecava nemmeno a cercarle.
 
- Senti… Mi dispiace davvero tanto per come mi sono comportata, ti chiedo scusa- fece il primo passo - Non pensavo davvero tutte le cose che ti ho detto-
 
Forse raccontare una piccola bugia poteva agevolarla in quel tentativo di scuse: in realtà tutto ciò che era uscito dalla sua bocca lo pensava eccome, ma mentire per riavvicinarlo e averlo nella sua vita anche solo come collega era meno estenuante che non rivolgergli mai più la parola come se fosse un perfetto estraneo. A volte per ottenere qualcosa bisogna perderne un’altra e lei in quel momento aveva scelto di perdere la sua onestà per riavere qualcuno di molto più importante.
 
- Non devi giustificarti o rimangiarti ciò che pensi, nella vita bisogna sempre essere consapevoli delle proprie azioni e coerenti coi proprio pensieri- fu la sua risposta, diretta e in un certo senso tagliente.
 
Non era il fatto che le stesse facendo la morale come a una ragazzina che non ha ancora imparato come va il mondo a rattristarla, ma la consapevolezza che Shuichi avesse capito che la sua giustificazione non rispecchiava il vero. Si era convinto del fatto che lei avesse abbandonato ogni speranza di stargli accanto, perché allontanarsi da uno come lui era più facile che investire energie per stargli accanto senza ricevere gratificazione. Inoltre, si era permessa di toccare nuovamente l’argomento Akemi, che per lui era una sorta di sacro tabù del quale solo lui poteva parlare quando e come volesse. Questi due elementi bastavano per non volerla più nemmeno in qualità di amica.
Sentì il rumore dei suoi passi e alzò lo sguardo sperando che stesse tornando indietro: in realtà se ne stava andando.
 
- Aspetta Shu!- lo fermò, quasi rincorrendolo - Verrai alla festa di Shiho?-
 
Non sapeva perché le fosse uscita proprio quella domanda in un momento come quello, ma forse l’unica spiegazione era che voleva salvare almeno il rapporto che era riuscita a fargli costruire con quella ragazzina che per lui rappresentava l’ultima cosa che gli restava di Akemi oltre ai ricordi.
 
- Ci sto pensando, non vorrei rovinarle la giornata visto che non riesco proprio a farmi piacere da lei-
- Devi andarci, anche se a volte è un po’ dura non ti odia, è solo diffidente- cercò di convincerlo - Guarda che se il motivo per cui non vuoi andare è perché ci sarò anche io, rinuncio a venire. Preferisco che sia tu a passare gli ultimi giorni in Giappone con lei- lo fissò seria.
- Siamo due adulti, possiamo stare nella stessa stanza alla stessa festa anche se ci sono stati dei dissapori fra noi. Lo stiamo facendo anche adesso, in un certo senso- le fece notare - Inoltre Shiho apprezzerebbe molto di più la tua presenza della mia. E poi non so nemmeno cosa regalarle, dal momento che conoscendola solo per quello che ho potuto vedere quando entrambi eravamo nell’Organizzazione, non ho idea di cosa le piaccia in particolare-
- Questo non è un problema- abbozzò un sorriso - Pochi giorni fa mi ha confessato che vorrebbe tanto un cucciolo, ma il Dottor Agasa non le dà il consenso. Potresti provare a parlare con lui per convincerlo, ovviamente quando lei non sarà presente. Se ci riuscirai ti darò l’indirizzo del negozio di animali dove ha visto i cuccioli che le sono piaciuti tanto, così andrai a colpo sicuro-
- Il problema è che non ho visto la foto, quindi non saprei riconoscerli. Ovviamente non posso chiederle di vederla, altrimenti capirebbe-
- Se vuoi posso accompagnarti quando andrai, io li ricordo bene- si offrì, non con poca speranza.
- Vedrò cosa posso fare, nel frattempo ti ringrazio per il suggerimento- concluse, per poi andarsene senza aggiungere altro.
 
Questa volta non lo fermò, benché volesse chiedergli se fra loro era tutto a posto. Le mancava il coraggio oltre al fatto che conosceva da sé la risposta a quella domanda. Era chiaro dal modo scostante con cui le aveva parlato che non era affatto a posto, non bastavano certo un paio di scuse per colmare la distanza che si era creata fra loro e che mai come in quel momento le sembrava troppo grande per essere superata.
Si asciugò velocemente quelle due, piccole lacrime che le avevano rigato le guance e tornò allo scaffale dell’archivio alla ricerca di quella cartella per la quale era andata lì.
 
 
 
……………………..
 
 
 
- Questo stufato è ottimo, migliori sempre di più in cucina Akai-san!- si complimentò con lui lo scienziato, quand’ebbe finito anche l’ultimo boccone.
- Sono contento che le piaccia, Dottore- sorrise.
 
Appena tornato dal lavoro aveva chiesto a Shinichi di portare fuori di casa Shiho con una scusa, spiegandogli cosa doveva fare. Sapeva di poter contare sull’amico, che in fretta e furia aveva contattato tutto il gruppo proponendo di andare al cinema a vedere un film che a quanto pare non erano riusciti a vedere qualche giorno prima. Fortunatamente, anche Shiho aveva accettato, lasciando il Dottore a casa da solo. Non appena si era accertato che i ragazzi fossero andati, si era recato a casa dello scienziato con una pentola di stufato, proponendogli di cenare insieme e dicendogli che voleva parlargli di una cosa. Aveva deciso di seguire il consiglio di Jodie, nonostante tutto. Glielo aveva dato in modo sincero, lo aveva percepito, quindi non vedeva nessun motivo per non cogliere l’occasione. Quanto a tutto il resto, aveva preferito non pensarci troppo: si sarebbe solo tormentato ulteriormente. Stava ancora metabolizzando e riflettendo sull’intera questione, non sapeva in che modo comportarsi con lei al momento. Solo il tempo gli avrebbe dato una risposta.
 
- Allora, di cosa volevi parlarmi?- gli chiese curioso il Dottore.
- Ho saputo che Shiho vorrebbe tanto un cucciolo e stavo pensando di regalarglielo per il suo compleanno, però so anche che lei non è dello stesso parere, giusto?- arrivò dritto al punto.
- Come lo hai saputo?- si sorprese.
- Questo non ha importanza- sorrise.
- Mi dispiace, so che Shiho ci tiene molto ma un cagnolino è un grosso impegno. Inoltre, non voglio trovarmi la casa devastata da un piccolo combinaguai!-
- È vero che è un impegno, ma Shiho è una ragazza responsabile e saprà educarlo e prendersene cura al meglio. Inoltre un cucciolo la farebbe sentire meno sola, anche se ora ha degli amici per lei è ancora difficile approcciarsi alle persone. O forse solo a me- ironizzò.
- Ancora non andate d’accordo?-
- Non proprio, ecco perché regalarle un bel cagnolino farebbe guadagnare punti anche a me- precisò.
 
Osservò lo scienziato riflettere, corrugando la fronte e chiudendo gli occhi. Sperò che le sue argomentazioni fossero state abbastanza valide da convincerlo.
 
- E va bene- cedette alle fine - Ma solo perché ci tengo che andiate d’accordo!- puntualizzò.
- La ringrazio Dottore- sorrise, felice di aver ottenuto ciò che voleva.
- Piuttosto, te la senti davvero di farle un regalo così costoso?- si preoccupò.
- Non c’è problema, inoltre come le dicevo mi serve un pretesto per farmi odiare meno- lo tranquillizzò.
 
Finirono la cena fra una chiacchiera e l’altra, fino a quando non decise che era il momento di tornare a villa Kudo prima che rincasasse Shiho.
 
 
 
Seduto alla scrivania della biblioteca, in compagnia di un bicchiere di Bourbon e di una sigaretta, si stava rilassando leggendo un libro. In verità, più che leggere con attenzione ripensava di tanto in tanto a tutto ciò che era successo durante la giornata, in particolare alla sua conversazione con Jodie. Nonostante si fosse ripromesso di non darvi troppo peso, quando si trovava da solo non poteva fare a meno di pensarvi. L’immagine di Jodie furibonda che gli vomitava addosso tutte quelle parole era ancora vivida nella sua mente. Ogni volta che rifletteva su quanto l’avesse ferita senza rendersene conto, si dava dell’idiota da solo, aggiungendo ogni mancanza verso di lei alla collezione degli sbagli commessi. Una collezione talmente grande da fare di lui una pessima persona, sentimentalmente parlando.
Si chiese se fosse il caso di chiamarla oppure no dopo la sua conversazione con Agasa. Sapeva di aver bisogno del suo aiuto, ma voleva evitare di stare a stretto contatto con lei data la tensione presente: l’ultima cosa che voleva era peggiorare la situazione, se questo fosse stato possibile. Ripensandoci, però, lui stesso le aveva detto che in quanto adulti avrebbero dovuto comportarsi come tali. Se non riusciva nemmeno a parlarle al telefono, figuriamoci come si sarebbe comportato quando si sarebbero trovati insieme alla festa.
Deciso a fare quel passo, prese il cellulare e cercò il numero di Jodie. Attese in linea fino a quando la voce della bionda rispose all’altro lato.
 
- Shu, sei tu?- chiese stupita, probabilmente avendo letto il nome sul display.
- Ti disturbo?-
- No, dimmi pure-
- Ho parlato con il Dottor Agasa e ha acconsentito a prendere un cucciolo a Shiho-
- Davvero? Sono contenta!-
- Adesso però ho bisogno del tuo aiuto. È ancora valida la tua proposta di venire con me al negozio per riconoscere i cagnolini?- chiese.
- Sì, certamente!- accettò senza farselo ripetere due volte, lasciando trasparire tutta la sua felicità per quell’invito.
- Allora ti faccio sapere quando ci andremo. Ti ringrazio per l’aiuto Jodie, buonanotte- le augurò.
- Buonanotte Shu- rispose lei in un tono così dolce da non sembrare nemmeno la stessa persona che si era adirata in quel modo pochi giorni prima.
 
Non appena riattaccò si accorse di sentirsi più sollevato nell’aver fatto quella telefonata. Quando andavano d’accordo, parlare con lei era piacevole: fino a quel momento Jodie non lo aveva mai giudicato, lo stava ad ascoltare anche quando non aveva niente da dire e si rivolgeva a lui con quella voce dolce che gli regalava quiete e serenità. Chiunque si sarebbe tenuta stretta una donna così, lui invece aveva dato tutto per scontato e non era mai riuscito a dimostrare di apprezzare fino in fondo quello che lei gli dava incondizionatamente. Bastava un semplice “grazie” o “buonanotte” da parte sua per renderla felice come una bambina.
Il nodo allo stomaco che aveva avuto in quei giorni si allentò improvvisamente, lasciando spazio alla contentezza di averle regalato un sorriso.
 
 
 
ANGOLO DELL’AUTORE
 
Salve a tutti! Stavolta il capitolo contiene due blocchi importanti: quello dove Shiho riflette sul suo legame con i Detective Boys e quello dove si prosegue con la vicenda di Jodie e Shuichi. Il titolo del capitolo è volto appunto a sottolineare i legami che si stanno creando o evolvendo fra i vari personaggi, sottolineando quelli più importanti. Direi che non ci sia nulla da precisare ma come sempre se avete domande o non vi è chiaro qualcosa chiedete pure! ^-^
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, ci stiamo avvicinando alla festa e ancora ci sono tensioni che sembrano non risolversi! ;)
Grazie a tutti quelli che leggeranno!
Bacioni
Place
   
 
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