Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS)
Ricorda la storia  |       
Autore: Hana_Weasley    10/04/2017    3 recensioni
"Dicono che quando incontri la tua anima gemella te ne rendi subito conto perché il cuore fa un tuffo e il tuo sguardo si incatena al suo e a nessun altro.
Dicono che appena incontri la tua anima gemella i colori iniziano mano a mano a comparire e a trasformare un mondo vuoto e triste in uno completamente diverso.
Dicono che quando incontri la tua anima gemella il vostro legame diventa immediatamente indissolubile, come se vi conosceste da un’eternità e l’amore provato per lei è totale.
Dicono anche che le sensazioni provate con la propria anima gemella siano incomparabili, qualcosa di così travolgente da non poter essere descritto a parole, che coinvolge ogni fibra, ogni cellula, ogni molecola del tuo corpo.
Beh, per quanto Yoongi in fondo al cuore desiderasse ardentemente poter vedere i colori non voleva avere nulla a che fare con quella merda."
YOONMIN SOULMATES AU
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jung Hoseok/ J-Hope, Kim Taehyung/ V, Min Yoongi/ Suga, Park Jimin
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

“I KNOW YOU’RE SEEING BLACK AND WHITE SO I’LL PAINT YOU A CLEAR BLUE SKY” 
Yoonmin Soulmates AU


1. First Act.

 
 
"Love it’s hard, I know."

Un fastidioso rumore disturbò il sonno di Yoongi che in un primo momento tentò di ignorarlo come poteva ma alla fine si arrese ad esso.
Fece uscire il braccio dalla coperta e cominciò a muoverlo, sperando di riuscire a colpire quel maledetto aggeggio comunemente chiamato sveglia e spegnerlo definitivamente.
Alla fine dovette riuscirci perché il rumore cessò.
Il ragazzo si prese il suo tempo per svegliarsi completamente, oziando ancora un po’ tra le coperte fino a quando non decise di alzarsi per non fare tardi a lavoro. Aprì gli occhi e il solito grigio lo accolse, come ogni mattina.
Scosto le coperte grigio chiaro e si alzò dal letto dirigendosi nel bagno. Arrivato in bagno, anch’esso grigio, si mise di fronte allo specchio e si osservò.
Osservò i suoi capelli neri, la pelle grigio chiaro e come ogni volta ebbe l’istinto di rompere quel dannato specchio.
La verità era che per quanto fingesse di non importargliene a lui faceva schifo vivere quella vita.
Ogni sera, quando si metteva a letto, si chiedeva perché fosse nato; perché lui e non un altro.
Il mondo in cui viveva Yoongi era particolare.
Nessuno era capace di vedere i colori, o almeno non dalla nascita. Le persone erano destinate a vivere la loro vita circondati dal grigio, il nero e il bianco, senza potersi in alcun modo ribellare. Non ci si poteva fare nulla; erano nati così e così dovevano rimanere.
In realtà un modo c’era per cominciare finalmente a vedere i colori che tutti desideravano così tanto, ma a Yoongi si accapponava la pelle ogni volta che ci pensava: trovare l’amore.
Ma non un amore qualsiasi, certo che no, non poteva essere tanto semplice.  Dovevi trovare la tua anima gemella.
E Yoongi si chiedeva seriamente come potesse essere possibile poter incontrare la propria anima gemella se al mondo esistevano più di sette miliardi di persone.  Per lui non era possibile e molti degli adulti che incontrava e si vantavano così tanto di poter vedere il giallo, il verde e il rosso per lui mentivano. Non era matematicamente possibile.
E sì che il filo rosso del destino dicono che possa accorciarsi, allungarsi e perfino intrecciarsi con gli altri ma spezzarsi mai, ma francamente Yoongi non credeva, o non voleva credere a quelle leggende.
Dicono che quando incontri la tua anima gemella te ne rendi subito conto perché il cuore fa un tuffo e il tuo sguardo si incatena al suo e a nessun altro.
Dicono che appena incontri la tua anima gemella i colori iniziano mano a mano a comparire e a trasformare un mondo vuoto e triste in uno completamente diverso.
Dicono che quando incontri la tua anima gemella il vostro legame diventa immediatamente indissolubile, come se vi conosceste da un’eternità e l’amore provato per lei è totale.
Dicono anche che le sensazioni provate con la propria anima gemella siano incomparabili, qualcosa di così travolgente da non poter essere descritto a parole, che coinvolge ogni fibra, ogni cellula, ogni molecola del tuo corpo.
Beh, per quanto Yoongi in fondo al cuore desiderasse ardentemente poter vedere i colori non voleva avere nulla a che fare con quella merda.
Non aveva avversioni nei confronti dell’amore di per sé, piuttosto per tutta la storia delle anime gemelle. Trovava la cosa tremendamente opprimente e quasi un obbligo.
Che ne sarebbe stato di chi si innamorava di qualcuno che non fosse stata la sua anima gemella? L’avrebbe dovuta lasciare per ricercare una persona senza volto, nella vana speranza di trovarla in mezzo a quel via vai di gente?
E che ne sarebbe stato di chi non avrebbe mai trovato la sua anima gemella? Avrebbe dovuto vivere una vita in solitudine e per di più senza mai aver potuto vedere alcun colore?
Era ingiusto e Yoongi fin da piccolo lo pensava e dubitava che avrebbe cambiato in qualche modo idea.
Yoongi non voleva innamorarsi perché non voleva soffrire, questo era tutto.
Non voleva passare una vita soffrendo per un ragazzo senza identità e peggio ancora non voleva vivere con la costante consapevolezza di non poter rendere il suo compagno completamente felice perché conscio di non essere la sua anima gemella. Quindi preferiva non innamorarsi, preferiva evitare le persone e vivere la sua triste vita in solitudine.
Sapeva come ci si sentiva, vedeva quanto Hoseok – il suo migliore amico – stesse male, sapendo di non essere l’anima gemella del suo ragazzo, Taehyung.
I due erano dapprima diventati amici e poi si erano inevitabilmente innamorati l’uno dell’altro. C’era solo un problema: entrambi continuavano a vedere in bianco e nero.
I due ragazzi avevano sofferto tanto per quello, ma avevano deciso di continuare la loro relazione nonostante tutto. Si amavano e fintanto non avessero incontrato le loro anime gemelle sarebbero rimasti insieme. Per quanto però i due ragazzi facessero finta di nulla e sorridessero sempre, Yoongi sapeva quanto nel profondo stessero male, lo vedeva nei loro sguardi vuoti e tristi, quando l’altro era distratto e pensavano che nessuno potesse vederli; e lui non voleva rischiare di finire nelle loro stesse condizioni.
Si sistemò i capelli e si lavò la faccia, poi andò a vestirsi – cosa che impiegò poco a fare; d’altronde non sapeva neppure cosa volesse dire abbinare un colore, per lui i vestiti erano tutti del medesimo colore, al massimo con alcune sfumature più chiare o più scure.
Poi andò nella cucina e si preparò un caffè che ingurgitò velocemente per poi uscire di casa.
Si ritrovò sulla strada e nonostante fosse ventitré anni che viveva in quel modo, nonostante non avesse mai visto alcun colore e non aveva alcuna idea di come fossero, trovò tremendamente triste la città grigia.
Probabilmente erano stati i suoi genitori a fargli desiderare così tanto di vedere i colori e probabilmente era per quello che al ragazzo stava così stretto vivere in quel modo.
I suoi genitori, che erano anime gemelle, avevano avuto la fortuna di poter vedere i colori e fin da quando era piccolo gli veniva raccontato spesso di come fosse la sensazione. Sua madre gli diceva che era come rinascere e che il mondo, in quel modo, era la cosa più bella che potesse esistere e ogni volta ringraziava il padre, dandogli un bacio sulle labbra, per averle permesso di vederlo e di farne parte.
I genitori gli avevano spesso descritto i tramonti arancioni – parola che per lui non aveva alcun significato o connotazione - , l’acqua cristallina, il sole.
Il piccolo Yoongi pendeva dalle loro labbra, estasiato e desideroso di poter trovare anch’egli la sua anima gemella in fretta, per poter vedere anche lui tutte quelle cose che gli apparivano così genuinamente belle.
Con il tempo però era cresciuto, aveva capito la fregatura e aveva iniziato a perdere le speranze, rassegnandosi – almeno superficialmente – a vivere la sua vita monocolore e cupa.
Arrivò al negozio di musica in cui lavorava e si mise subito a lavoro, sforzandosi di non pensare a nulla ma solo ad impegnarsi al massimo per portare la paga a casa.
Era ormai pomeriggio inoltrato e al negozio non erano rimasti clienti. Yoongi se ne stava al bancone, fingendo di pulire ciò che aveva già fatto e aspettando la fine del suo turno quando vide entrare dalla porta, che fece il rumore di un tintinnio per avvisarlo, Hoseok che gli si avvicinò subito.
“Hey, che ci fai qui?” gli chiese Yoongi.
“Non posso venire a trovare il mio migliore amico sul posto di lavoro senza avere nessun secondo fine?” disse Hoseok, fingendosi offeso.
“Ti conosco come le mie tasche, sputa il rospo.”
Hoseok stette in silenzio per qualche secondo e poi sospirò, arrendendosi. “Okay, sono venuto ad avvisarti che stasera ti porto fuori.” Disse quello.
“E chi lo avrebbe deciso, di grazia?” Yoongi si stava già spazientendo.
“Io, ovvio! Sarebbe ora che tu la smettessi di fare l’asociale e per una volta ti lasciassi andare.”
Yoongi roteò gli occhi, sapendo già dove volesse andare a parare il suo migliore amico. Era sempre la stessa storia con lui. Era da quando si conoscevano che Hoseok cercava in ogni modo di coinvolgerlo nelle sue uscite, affermando che avesse seriamente bisogno di farsi degli amici, o per lo meno di scopare.
Yoongi ovviamente non ne aveva alcuna intenzione – di fare nessuna delle due cose – e escludendo le poche volte in cui si era immolato per far felice il suo amico e dargli l’illusione di essere interessato improvvisamente alla vita mondana, rifiutava quasi sempre.
Yoongi stava bene così.
Non voleva farsi nuovi amici, gli bastavano quei pochi che aveva; non voleva conoscere nuove persone né tantomeno farci sesso.
Yoongi voleva solo essere lasciato in pace a vivere per sempre insieme al suo amato letto, ecco tutto.
“Dai, Yoongi hyung, ogni tanto ti fa bene uscire e svagarti. Stasera c’è una festa in centro e Tae ed io pensavamo di andare-”
“Oh, meraviglioso! Oltre che ad essere trascinato in un posto di merda dovrò pure farvi da reggi moccolo! Ora sì che mi hai convinto, Hoseok.”
A quel punto Hoseok sfoggiò la sua migliore faccia da cucciolo in cerca di attenzioni e iniziò a pregarlo, spalmandosi sul bancone e facendogli il labbruccio.
Yoongi sbuffò, fingendosi seccato. “Sto lavorando, Hobi.”
“Ma smettila, non stai facendo assolutamente nulla!” replicò, non avendo tutti i torti.
“Dettagli…”
“Ti prego, vieni. Ti prometto che non te ne pentirai!” lo pregò il più piccolo.
Yoongi chiuse gli occhi e sospirò pesantemente, massaggiandosi le tempie. “Va bene, basta che la smetti di snervarmi!”
Hoseok cacciò un urlo emozionato e lo abbracciò, mentre l’altro si rassegnava all’idea di dover passare una pessima serata, solo per il suo fottuto amico.
Hoseok attese la fine del turno dell’amico e poi insieme uscirono dal negozio, prendendo la stessa strada visto che le loro abitazioni non erano molto distanti.
“Come va con Tae?” gli chiese Yoongi.
“A meraviglia, ovvio!” replicò quello, mostrandogli un sorriso enorme.
“Sai vero che puoi essere sincero con me?”
“Sono sincero.” Disse d’un tratto serio.
“No che non lo sei, e probabilmente non lo sei neppure con te stesso.” Gli disse Yoongi.
“S-senti, preferisco non parlarne.” Hoseok abbassò la testa e Yoongi annuì comprensivo, posandogli una mano sulla spalla, che strinse leggermente in segno di conforto.
Ripresero a camminare come se nulla fosse accaduto e quando arrivarono a casa di Yoongi, Hoseok gli disse che sarebbe passato a prenderlo all’ora indicata e gli raccomandò di vestirsi in modo decente.
“Io mi vesto sempre bene.” Borbottò Yoongi, più a sé stesso che al ragazzo che già si era allontanato.
 
Come si erano ripromessi, Hoseok e Taehyung passarono a prenderlo e insieme si diressero verso il luogo in cui veniva organizzata la festa.
I due ragazzi erano mano nella mano e cercavano di rendere il più partecipe possibile Yoongi, cercando di non farlo sentire escluso una volta tanto che usciva.
Yoongi lo apprezzava, se doveva essere sincero. In realtà non gli dispiaceva la compagnia di Taehyung. Ci andava d’accordo e lo trovava un bravo ragazzo però apprezzava il tatto dei due amici nei suoi confronti.
Era anche felice che quello di cui avevano discusso lui e Hoseok qualche ora prima non parve influire sull’umore della coppia e della serata. L’ultima cosa che voleva fare era provocare problemi a due ragazzi che già ne avevano tanti da dover affrontare.
Arrivarono di fronte al locale, che altro non era che una comunissima e squallida discoteca.
Fantastico, pensò Yoongi, preparandosi mentalmente a ciò che lo aspettava e decidendo all’istante che quella sera avrebbe fatto la conoscenza solo ed unicamente di una persona: l’alcol.
Entrarono nella discoteca e la luce bianca che illuminava la stanza nera ad intermittenza lo colpì in pieno viso, facendogli strizzare gli occhi per la sua intensità.  Presero posto su un divanetto e ordinarono tutti e tre un drink, cominciando a parlare del più e del meno e divertendosi ad osservare i così detti “casi patologici” di cui si poteva fare la conoscenza in quei posti.
Hoseok e Taehyung decisero poi di andare a ballare ma Yoongi rifiutò la loro offerta, preferendo rimanere sul suo comodo divanetto e bere il sesto? Settimo drink.
Sentiva la testa molto più leggera, come se si trovasse su una nuvola e tutto intorno a lui gli appariva più bello – perfino Taehyung e Hoseok intenti a baciarsi in modo a dir poco sconcio – e almeno in quel momento a Yoongi parve di dimenticare tutto.
La sua testa era completamente vuota e non c’era spazio per sentimenti come la tristezza, la solitudine e l’inadeguatezza.
In quel momento voleva solo bere un altro drink e lasciarsi cullare da quella sensazione tanto piacevole quanto ingannevole.
La situazione cominciò a sfuggirgli di mano quando la testa cominciò a pulsare, la stanza semi oscura a girare e i brutti pensieri fecero di nuovo capolino. Per quanto fosse ubriaco marcio e non capisse più nulla, Yoongi si rese conto di avere decisamente esagerato quella sera.
Gli venne a mancare l’aria e avvertì l’impellente bisogno di vomitare e quindi si diresse il più velocemente possibile fuori dalla discoteca. Appena fuori, cominciò a prendere tanti respiri per tentare di calmarsi mentre la nausea si faceva più forte e intorno a lui tutto pareva girare, sempre più velocemente, sempre più rapidamente e più vorticosamente. Sentì le sue gambe cedere improvvisamente e non potè fare nulla per resistere e probabilmente sarebbe precipitato con la faccia sul suolo se due braccia robuste non lo avessero afferrato in tempo.
Alzò il viso, rivolgendolo alla figura che lo aveva appena salvato da una caduta plateale ma non riuscì a mettere bene a fuoco l’immagine, per cui vide solo una  figura nera e sfuocata sopra di lui che sembrava parlargli. Forse gli stava chiedendo se stesse bene e oh dio, la sua voce appariva così melodiosa. Era l’effetto dell’alcol oppure esisteva seriamente una simile voce?
Avvertì poi l’arrivo di altre persone che probabilmente erano venute in suo aiuto, vedendolo in quelle condizioni. Come al solito la gente esagerava sempre; era semplicemente ubriaco, diamine!
Distolse lo sguardo dai volti degli uomini che gli si erano accerchiati e guardò fisso, mentre sentiva gli occhi farsi sempre più pesanti.
Gli parve poi di vedere la luce emanata dal lampione di una tonalità diversa dal solito bianco, qualcosa che mai aveva visto prima, un colore forse? Impossibile.
Probabilmente era solo troppo ubriaco e se lo stava immaginando, non avrebbe mai avuto modo di poter sperimentare qualcosa di simile.
Sentì le palpebre farsi pesanti e avvertì il bisogno di riposarsi quindi con quella consapevolezza si lasciò andare, chiudendo gli occhi e perdendo definitivamente i sensi tra le braccia di quello sconosciuto.

*
 
"All your lights are red, but I'm green to go."
 
Yoongi aprì gli occhi e cercò di mettere a fuoco le immagini che gli si presentarono.
Si stropicciò gli occhi e la prima cosa che notò fu la mancanza di grigio.
Le coperte non erano mai state così candide e l’armadio di fronte al letto era di una strana tonalità, qualcosa di scuro, ma non si trattava di certo del nero.
Si guardò intorno confuso, posando lo sguardo su oggetti della sua quotidianità che gli apparivano più che mai sconosciuti in quel momento.
Si prese la testa fra le mani, tirandosi leggermente i capelli, e decise poi di star sognando. Si tirò un pizzicotto sul braccio, sperando di svegliarsi da quel bizzarro sogno ma apparentemente nulla parve accadere, nulla tornò alla normalità, al grigio tanto odiato da Yoongi.
Decise quindi di assecondare il sogno, così come si da ragione ai matti, alzandosi dal letto e dirigendosi al bagno per darsi una lavata.
Si posizionò davanti allo specchio e sobbalzò quando osservò la sua immagine riflessa.
La sua pelle era di una tonalità che non avrebbe saputo descrivere in altro modo se non con la parola “delicata”.  Un colore chiaro ma diverso dal bianco a cui era abituato. Yoongi si passò una mano sul viso, incredulo e si soffermò ad osservare ogni particolare riuscisse a cogliere, anche i più piccoli e insignificanti.
Possibile che non stesse sognando? D’altronde, lui non aveva mai visto alcun colore e la sua mente non avrebbe mai potuti immaginarli in un modo così preciso.
Si pizzicò con forza il braccio, nuovamente, tentando di risvegliarsi e arrivò persino a tirarsi uno schiaffo in pieno volto pur di uscire da quella situazione, ma ciò che si stava verificando era la semplice realtà.
E questo poteva voler dire solo una cosa: la sera precedente Yoongi aveva incontrato la sua anima gemella.
Porca merda.” Mormorò.
Il problema era che Yoongi non ricordava assolutamente nulla di ciò che era accaduto la sera precedente e sicuramente non avrebbe mai avuto modo di rintracciare quella persona.
Insomma, si parlava di una discoteca, chiunque sarebbe potuta essere la sua anima gemella!
Sospirò, pensando di essere il solito sfigato perché anche quando incontrava la sua anima gemella non aveva l’opportunità di starci insieme, o per lo meno di ritrovarla.
Pensò di aver avuto sempre ragione a disprezzare quel legame e si maledisse per essersi fatto trascinare da quel cretino di Hoseok in quella bettola, la sera scorsa.
Fin quando era ignaro di avere un’anima gemella – soprattutto a Seoul – non era difficile sopportare la solitudine.
Ma così, così lo sapeva Yoongi che sarebbe stato tutto mille volte più complesso.
Decise di non pensarci più e non farsi ulteriori domande.
Le domande facevano male e il ragazzo non aveva certo bisogno di altra sofferenza nella sua vita. Accantonare il problema era decisamente meglio.
Si preparò come ogni mattina, questa volta soffermandosi curiosamente ad osservare i suoi vestiti e la loro vastità di colori e poi uscì di fretta di casa, chiudendosi la porta alle spalle.
Quando mise piede fuori dal portone spalancò gli occhi e la bocca contemporaneamente, colpito dalla visione che gli si era parata davanti.
Tutto era colore, tutto era vivacità e vita. E Yoongi non aveva mai sperimentato nulla di simile, mai nella vita, ed era sicuro che mai sarebbe accaduto qualcosa da meravigliarlo più i quanto non lo fosse in quel preciso momento.
Mai avrebbe potuto immaginare che il mondo fosse così variopinto e adesso finalmente capiva perché i suoi genitori lo dipingessero da sempre come qualcosa di spiazzante.
Lo era eccome.
Le macchine erano tutte differenti e i palazzi intorno a lui contornavano le strade grigie donando loro colore. E il cielo, il cielo era qualcosa che mai Yoongi aveva visto prima in vita sua.
Mille sfumature dipingevano quell’immensa tela con colori frizzanti e cristallini illuminati dalla luce del sole, di una luminosità accecante e per la quale Yoongi dovette coprirsi gli occhi, non essendoci abituato.
Percorse così il tragitto verso il negozio di musica, guardandosi intorno con stupore e meraviglia, ammirando tutto ciò che incontrava nella sua strada e stupendosi per le più piccole cose.
Quando entrò nel negozio aveva un’aria completamente stralunata, gli occhi sbarrati e lo sguardo vispo.
“Sei fatto?” chiese il suo collega.
Yoongi scosse la testa, ancora incapace di rispondere. “Non lo so, può essere. La sensazione è quella.”
 
Anche quella sera era da solo, mentre attendeva la fine del turno e come di consueto, al negozio non vi era nessuno.
Non che non facesse affari, semplicemente i negozi di musica non sono frequentati tanto quanto caffetterie o negozi di abbigliamento e sinceramente Yoongi si riteneva anche fortunato per quello. Non gli era mai piaciuto parlare con le persone e cercava sempre di scambiarci meno parole possibili. Lavorare quindi in un negozio di musica era proprio l’ideale per lui.
Ma in realtà il reale motivo per il quale si trovava lì era perché lui la amava, la musica.
Anzi, amare era un eufemismo ; Yoongi viveva per la musica, era il suo ossigeno, la sua pace, il suo rifugio.
Amava comporre melodie e canzoni e cimentarsi poi a repparle e suonava una grande varietà di strumenti; era stato inevitabile quindi accettare l’annuncio del suo negozio di musica preferito che cercava un commesso che ci sapesse fare.
Ormai mancava poco alla fine del turno e visto che probabilmente nessun’altro cliente sarebbe arrivato, Yoongi decise di suonare un po’, giusto per passare il tempo. Si avvicinò quindi al pianoforte nero poco lontano dal bancone, prese posto sullo sgabello e iniziò sperimentalmente a muovere le mani su qualche tasto, lentamente, riproducendo scale e altre cose semplici che sarebbe stato capace di fare anche ad occhi chiusi, non per vantarsi.
Quando si sentì “riscaldato” abbastanza decise di provare, già che c’era, una nuova melodia a cui stava lavorando e che voleva perfezionare.
Prese un profondo respiro e poi iniziò con delicatezza a muovere le dita ormai esperte sui tasti d’avorio, riproducendo una musica dolce ma al tempo stesso malinconica e triste.
Yoongi si lasciò completamente trasportare dalla musica, dimenticandosi per quei minuti dove si trovasse, chi fosse e la sua stessa vita. Semplicemente, in quel preciso momento, esistevano solo lui e la sua musica, lui ed il suo pianoforte, espressione dei mille sentimenti e sensazioni che provava, e il suo cuore teneva al sicuro. Socchiuse gli occhi, immergendosi completamente nella melodia, sentendola dannatamente sua e muovere le dita su quei tasti non era mai stato così semplice e naturale come in quel momento.
Lentamente smise di suonare, mettendo fine alla canzone da lui creata e chiuse gli occhi, per riprendersi dal momento intenso.
Spalancò gli occhi nel momento in cui sentì qualcuno alle sue spalle applaudire e si voltò di scatto, spaventato dall’idea che qualcuno potesse averlo sentito suonare.
Si ritrovò davanti un ragazzo dai capelli castani, piuttosto bassino che lo guardava con un grosso sorrisone sul volto e applaudiva ancora. Yoongi arrossì imbarazzato e abbassò lo sguardo posandolo sulle sue scarpe che divennero in quel momento particolarmente interessanti.
“Sei davvero bravo!” gli disse lo sconosciuto con sincerità facendo fare un tuffo al cuore di Yoongi che dovette imporsi di darsi una calmata.
“Ti hanno mai detto che è maleducazione origliare?” sbottò. In realtà non voleva apparire così brusco quando sapeva che non fosse completamente colpa di quel ragazzo, ma non riuscì a frenare la lingua.  
Quello parve restare un po’ male per il tono usato da Yoongi ma poi si riprese subito, sfoggiando un altro dei suoi sorrisi angelici. Woah, angelici? Yoongi cosa ti prende? Pensò, tirandosi mentalmente uno schiaffo.
“Beh il negozio era ancora aperto ed io ero venuto per comprare un cd ma eri così assorto da non esserti accorto della mia presenta. E io non volevo interromperti, era una melodia bellissima. L’hai composta tu?”
Yoongi si prese qualche istante per osservare attentamente il ragazzo, catturando ogni particolare di quel viso perfetto e pensando a cosa dire.
Sospirò, alzandosi dalla panca e dirigendosi al bancone.
“Hai ragione, non avrei dovuto suonare. Dammi.” Disse, riferendosi all’album che il ragazzo sconosciuto doveva comprare.
Lo sconosciuto glielo passò e quando le loro dita si sfiorarono casualmente Yoongi sentì un brivido passargli in tutto il corpo, che ne venne completamente scosso. Fece un colpo di tosse per scacciare l’imbarazzo e riconsegnò la busta con l’album al cliente.
“Non hai ancora risposto alla mia domanda.” Gli fece notare quello.
“Quale?” Yoongi finse di non averla sentita.
“Se l’hai composta tu la melodia di poco prima.”
“Oh, ehm sì, l’ho composta io.” Disse vergognandosi e avendo paura per la prima volta di ricevere un giudizio sulla sua musica. Ricevere un giudizio da lui.
“Era meravigliosa.” Gli rispose semplicemente l’altro ragazzo che poi come se nulla fosse, come se non fosse consapevole di aver fatto perdere un battito al cuore del povero Yoongi con quel complimento, si avviò verso l’uscita del negozio lasciandosi dietro un boccheggiante Yoongi che non riusciva neppure lui a capire il perché ma sentiva di non poter lasciare andare in quel modo il ragazzo.
Egli poco prima di andarsene si voltò un’ultima volta, con un grosso e caloroso sorriso ad incorniciargli le labbra. “Spero di rivederti!” gli disse, e più veloce di un lampo scomparve così come era apparso, lasciando un inspiegabile vuoto nel cuore di Yoongi che dovette sedersi sullo sgabello per riprendersi e tentare di riordinare i pensieri.
*
 
When I'm looking up at you.”
 
Fu la settimana dopo che Yoongi rivide quel ragazzo, e così come era accaduto la prima volta, appena i suoi occhi incrociarono quelli profondi  ed espressivi dell’altro Yoongi si sentì improvvisamente debole e avente bisogno di conoscere quel ragazzo.
Per tutta la settimana Yoongi – oltre che tentare di abituarsi alla vita completamente a colori –  non aveva fatto altro che pensare a quel ragazzino che aveva avuto la capacità di rammollirlo nel giro di mezzo secondo grazie alle sue guance piene e il sorriso luminoso sempre sul volto.
Yoongi si chiese se fosse possibile sentirsi così dopo aver conversato con uno sconosciuto, se fosse possibile sentire il proprio cuore accelerare di botto ogni volta che i suoi pensieri volavano verso il suo volto, se fosse possibile innamorarsi a prima vista.
Quando la parolina con la “i” emerse Yoongi quasi non si affogò con il bicchiere d’acqua che stava bevendo.
Lui, innamorato? Impossibile.
Aveva sempre fatto di tutto per non attaccarsi mai a nessuno e certamente i suoi piani non sarebbero stati rovinati da quel guastafeste.
Alla fine concordò che il ragazzino lo aveva attirato, con la sua innocenza e gentilezza, ma non vi era di più. Yoongi non aveva intenzione di approfondire il sentimento quindi non vi era il problema.
Il ragazzo dai capelli castani gli si pose di fronte, con il solito sorriso che avrebbe potuto illuminare un’intera stanza buia.
“Vedo che ci rivediamo!” disse lui, sorridendogli ancora di più di quanto fosse possibile.
“Se vieni al negozio mi pare logico.” Gli rispose secco Yoongi, decidendo di stroncare sul nascere la conversazione.
“Ehi, Mr. Simpatia, sciogliti un po’!” ribbattè egli, senza scomporsi alla risposta seccata che gli aveva dato.
Yoongi si limitò a lanciargli un’occhiataccia che fece sospirare il ragazzo.
“Andiamo, voglio solo fare amicizia!”
“Ti sembra forse un luogo d’incontri questo?” chiese Yoongi spazientito. In realtà non lo era affatto. Dentro di sé desiderava parlare con l’altro ragazzo, ma aveva deciso di rimanere impassibile di fronte al sorriso angelico del ragazzino e così avrebbe fatto.
“Ah-ah che ridere. Semplicemente mi hai incuriosito e mi piacerebbe diventarti amico.” Spiegò quello semplicemente.
“Ah, adesso siamo tornati all’asilo, fantastico!”
“Io sono Jimin.” Disse, ignorando il suo ultimo commento e porgendogli la mano, l’espressione sul viso carica di aspettative.
Yoongi fissò la sua manina per qualche istante, decidendo cosa fare con quel ragazzo. Da una parte avrebbe voluto scacciarlo e dirgli di non farsi più vedere. Yoongi non era interessato a quella merda, gli amici; gli bastavano Hoseok e Taehyung e non aveva intenzione di farsene di nuovi. Al tempo stesso c’era la parte più profonda di sé. Quella che continuava a suggerirgli di non lasciar andare via il ragazzo con il quale sentiva una profonda connessione senza neppure conoscerlo.
Alla fine prese la sua decisione e chiudendo gli occhi prese un grosso respiro. Riaprendoli afferrò la mano di Jimin con la sua e la strinse.
“Yoongi.”
“Quanti anni hai Yoongi?” chiese Jimin.
“Ventiquattro.” Rispose secco.
“Oh, allora sei un mio hyung! Io ne ho ventidue.”
Yoongi si limitò ad annuire e poi tra i due calò il silenzio. Si osservarono per un po’ di tempo e Yoongi potette permettersi di osservare i particolari del viso angelico e proporzionato di Jimin, concentrandosi sulle labbra rosee e grosse, il nasino a patata e gli occhietti piccoli.
Davanti agli occhi di Yoongi il ragazzo gli appariva semplicemente perfetto, di un’armonia spiazzante. Quando si accorse di quello che stava pensando cercò di tornare in sé e aprì la bocca per parlare quando venne interrotto da un urlo.
“Min Yoongi! Smettila di amoreggiare con il clienti e lavora se vuoi che ti paghi.”
Yoongi spalancò gli occhi e rispose al suo capo immediatamente mentre davanti a lui Jimin tentava di trattenere le risate.
“Mi sa che mi conviene andare.” Gli disse, non smettendo di sorridergli neanche per sbaglio, facendo solo innervosire Yoongi che non riusciva davvero più a gestire il suo cuore davanti al ragazzino.
“Ci vediamo, Yoongi hyung.”
Jimin si avviò all’uscita del negozio quando venne fermato da una mano fredda sul suo polso. Si voltò, ritrovandosi davanti Yoongi che ricevette uno sguardo interrogativo da parte di Jimin.
“Se vieni di sera come settimana scorsa non c’è mai nessuno.” Gli disse semplicemente, per poi tornare dietro il bancone e conversare con un cliente che gli stava chiedendo informazioni su un vinile.
 
Jimin diede ascolto a Yoongi e cominciò a presentarsi al negozio di musica quasi ogni sera.
Yoongi smise di fingere di apparire seccato dopo la quarta volta e prese ad accoglierlo con un piccolo sorriso sulle labbra che Jimin si preoccupava sempre di ricambiare.
Il ragazzo ogni volta si chiedeva come facesse ad essere così a suo agio con Jimin, che aveva appena conosciuto. Eppure, inspiegabilmente, l’imbarazzo tra i due, fin dal principio, era sempre stato del tutto inesistente e Yoongi aveva velocemente trovato una naturale sintonia nel loro rapporto che permetteva ai due ragazzi di parlare di tutto ciò che veniva loro in mente, senza remore.
Yoongi si sentiva strano accanto a Jimin. Si sentiva improvvisamente euforico, come non lo era mai stato, e la voglia di raccontargli tutto della sua vita era molto forte. Nei pochi momenti di piena lucidità si chiedeva come fosse possibile provare certe cose per il ragazzino ma le immagini di Jimin si sovrapponevano immediatamente facendo comparire sul volto del più vecchio un grosso sorriso e facendo svolazzare le farfalle nel suo stomaco, permettendogli così di mettere da parte i dubbi e lasciarsi trascinare delle belle sensazioni che portava con sé Jimin.
Non sapeva cosa volesse voler dire, o forse lo sapeva e non voleva ammetterlo, ma per il momento andava bene così e Yoongi non se ne lamentava.
Il loro rapporto divenne ancora più intimo dopo una sera in particolare.
Jimin era andato come ormai d’abitudine al negozio di musica di Yoongi per scambiare qualche chiacchiera con il suo nuovo amico e Yoongi lo aveva accolto con un’espressione piuttosto stanca in volto.
“Stai bene?” chiese Jimin preoccupato.
Yoongi ci penso qualche istante, tentando di mettere insieme le parole per creare una frase di senso compiuto; azione dannatamente complicata nelle condizioni in cui era al momento.
Neppure lui in realtà sapeva cosa avesse. Si sentiva stanco e fiacco e aveva una gran voglia di dormire, almeno per una settimana o due. Si era trascinato a lavoro fin dalla mattina e dovette ringraziare la pioggia che aveva cominciato a scendere da metà mattinata e che da allora non era cessata se il negozio era stato pressoché vuoto e aveva permesso a Yoongi di non stancarsi ulteriormente.
“Mhm… sì, più a meno.” biascicò al ragazzo di fronte a lui che lo osserva con apprensione.
Vide Jimin avvicinarglisi improvvisamente e fece per scansarsi, spaventato dalla piega che sembrava star prendendo la situazione ma venne prontamente bloccato da un braccio che si pressò sulla sua schiena.
Jimin poggiò la fronte sulla sua, chiudendo gli occhi e dopo un istante si allontanò guardandolo allarmato mentre Yoongi era sicuro di essere diventato completamente rosso per l’inaspettata vicinanza con il più piccolo.
“Hai la febbre, hyung! Sei bollente e adesso sei anche tutto rosso. Devi star malissimo!” gli disse Jimin e Yoongi neppure ci pensò di fargli notare che il suo rossore improvviso non era dovuto alla febbre.
Febbre che effettivamente poteva essere reale. Fortunatamente era arrivata l’ora di chiudere, così sarebbe potuto  andare a casa e ficcarsi nel letto sperando in una miracolosa scomparsa dell’influenza.
“Una dormita e sarò come nuovo.” Rispose al ragazzo, iniziando ad infilarsi il cappotto e maledicendosi per non averne messo uno con il cappuccio visto che aveva dimenticato l’ombrello e fuori la pioggia non accennava a diminuire.
“No hyung, devi curarti per bene, non puoi prenderla sottogamba!”
“Cristo, Jimin, sei mia madre? È una febbre, non preoccuparti!”
Jimin abbassò lo sguardo al tono e le parole brusche utilizzate da Yoongi che si accorse immediatamente di aver esagerato con il ragazzo che voleva solo aiutarlo. Gli posò una mano sulla spalla e gliela strinse leggermente facendo alzare la testa di Jimin.
“Scusa, non volevo essere così stronzo.” Gli disse.
“Tu sei sempre stronzo.” Gli rispose Jimin, con un ghigno sul volto, facendo ridacchiare Yoongi.
Ecco un’altra delle tante cose che gli piaceva di Jimin. Il modo in cui riusciva a tenergli testa e il fatto che non si abbattesse facilmente anche quando Yoongi gli rispondeva male, come era solito fare con tutti. Jimin non aveva paura di dirgli le cose in faccia e men che meno aveva timore di affrontarlo.
“Andiamo ragazzino.” Gli disse, scompigliandogli i capelli – cosa che Jimin odiava ma che inspiegabilmente trovava piacevole se a farlo era Yoongi – e avviandosi all’uscita.
“Hyung, e il tuo ombrello?”
Yoongi si grattò la nuca, imbarazzato. “Oh… ehm… non ce l’ho.”
Jimin lo raggiunse all’istante con l’espressione più adirata che Yoongi avesse visto sul suo dolce volto e lo prese sottobraccio.
“Tu vieni con me, e non si discute!”
Yoongi non si ribellò, decisamente troppo esausto per la febbre e si abbandonò alle amorevoli cure di Jimin. Il ragazzo prima di uscire dal negozio si assicurò che la sciarpa di Yoongi lo coprisse per bene e poi si occupò di chiudere il negozio al posto suo che attendeva con l’ombrello di Jimin.
I due ragazzi erano entrambi sotto il piccolo ombrello, le braccia a contatto, e si diressero velocemente verso l’auto di Jimin, parcheggiata un isolato prima del negozio di musica.
Jimin aiutò Yoongi ad entrare evitando che quello si bagnasse e poi prese posto anche lui, cominciando a guidare.
Solo dopo qualche minuto si accorse di non avere la più pallida idea di dove si trovasse casa di Yoongi.
“Hyung, dov’è casa tua?” decise di chiedere ma non ricevette alcuna risposta.
“Hyung?” chiamò ancora, inutilmente.
Fermo al semaforo allora Jimin si voltò e fu allora che si rese conto che Yoongi si era addormentato sul sedile, la testa lasciata penzolare in avanti e la bocca socchiusa.
“Aish, dovevo immaginarlo!” imprecò.
Alla fine lo portò a casa sua.
Il ragazzo pareva davvero stremato perché anche quando Jimin se lo caricò in spalla per portarlo in casa non accennò a svegliarsi.
Jimin a fatica entrò nell’abitazione e si diresse in fretta in camera sua, adagiando Yoongi sul suo letto e togliendogli il cappotto, la sciarpa e le scarpe.
Pensò anche di togliergli i vestiti per dargliene di più confortevoli ma l’idea di spogliare il ragazzo di fronte a sé lo imbarazzò troppo e quindi ci rinunciò. Con delicatezza lo coprì con le sue coperte e poi andò in bagno per poi tornare con un panno freddo bagnato che posò sulla fronte bollente del ragazzo dormiente.
Si sedette sul letto e sorrise alla vista di Yoongi. Addormentato in quel modo appariva incredibilmente fragile e indifeso. Raggomitolato su sé stesso, la bocca semi aperta dalla quale usciva qualche sbuffo e i capelli scompigliati lo facevano apparire più giovane che mai e incredibilmente tenero agli occhi di Jimin. E il ragazzo, dopo un mese e mezzo da che conosceva Yoongi, poteva dire con sicurezza che il suo hyung non era ciò che voleva mostrare di essere.
Yoongi non era quella persona fredda, imperturbabile, sarcastica e perennemente di mal’umore. O meglio, non era solo quello; quella era solo la punta dell’iceberg.
Yoongi nella profondità della sua anima era mille altre cose, mille altre sfumature, mille altri colori. Era passione, era malinconia, era calore, era impegno, era vita. E Jimin giurò che avrebbe mostrato a Yoongi tutti i colori che contribuivano a creare la sua persona, anche quelli più nascosti, le ombre colorate e quelli che erano alla base della tela e non visibili a tutti.
La sua mano andò automaticamente a lasciare carezze delicate ai capelli soffici di Yoongi che mugugnò nel sonno e per un attimo, un solo attimo, parve ridestarsi socchiudendo leggermente gli occhi e richiudendoli subito dopo.
Jimin lo guardò intenerito e gli si distese accanto, voltandosi completamente dalla sua parte e osservandolo dormire, trovandolo incredibilmente ed inevitabilmente bellissimo.
Il ragazzo alla fine, senza neppure rendersene conto, si addormentò guardando Yoongi e ascoltando il suo respiro regolare che lo cullava come fosse una ninna nanna. Non si accorse neppure del braccio che andò a circondagli la vita e del piccolo e stanco bacio che gli venne posato sulla fronte.
 
La mattina dopo quando Yoongi aprì gli occhi si sentì incredibilmente riposato, come mai lo era stato in vita sua.
Sorrise inconsciamente - in quell'ultimo periodo sorrideva davvero tanto - e fece per alzarsi dal letto quando si accorse di non trovarsi nella sua stanza ma in una sconosciuta.
Si guardò intorno allarmato catturando gli elementi che la componevano e immediatamente gli eventi della sera prima riaffiorarono nella sua mente. Ricordò di essere andato in macchina con Jimin per sfuggire alla pioggia e di essersi addormentato. Il resto era piuttosto confuso. Ricordava il sorriso di Jimin e delle sue amorevoli carezze, ricordava anche di averlo stretto a sé per tutta l'intera notte e di non essere mai stato
Così bene.
Tuttavia accanto a lui il letto era vuoto e Yoongi si chiese dove si trovasse in quel momento il ragazzo. Controllò l'orario sulla sveglia e si rese conto di essere in ritardo per il lavoro. Fece per alzarsi quando la porta della stanza si spalancò mostrando la figura di un adorabile Jimin con i capelli in disordine tenere un
vassoio tra le mani.
"Ben svegliato! Ti ho portato la colazione." Gli disse naturalmente sorridendogli luminoso come il sole e
facendo agitare le farfalle che si annidavano nello stomaco del più vecchio.
“Jimin-ah, avresti dovuto svegliarmi prima, ora sono in ritardo!”
“In ritardo per dove?” chiese sinceramente confuso Jimin.
“Per il lavoro.”
“Lavoro? No hyung, oggi non vai, stai ancora male e hai bisogno di riposare!”
“Se non vado non mi pagano e io ho bisogno di quei soldi, Jimin.”
Jimin a quel punto gli sorrise come se la sapesse lunga. "Non ti preoccupare per quello, andrò io al tuo posto!"
Yoongi lo guardò sconvolto. "No Jimin, non posso farti lavorare al mio posto!"
"Lo faccio con piacere, hyung. Tu hai bisogno di riposare e di riprenderti e visto che in questi giorni sono libero non ho problemi a lavorare. Tu puoi rimanere qui e considerare questa come casa tua. Riposati, guarda un po' di tv, magari invita qualche amico qui, non mi darebbe fastidio."
Yoongi era davvero stupito dalla generosità del ragazzo, non poteva credere che al mondo potesse esistere qualcuno come Jimin, capace di lavorare al posto suo per permettergli di riprendersi.
Gli chiese se fosse davvero sicuro di volerlo fare e Jimin sorridendogli annuì, convinto più che mai. 
"Ora ti lascio, tu mi raccomando mangia la tua colazione!" Gli disse allegro. Poi gli si avvicinò improvvisamente facendo battere il cuore di Yoongi mille volte più veloce del normale, e gli lasciò un piccolo e leggero bacio sulla fronte, facendo arrossire tremendamente Yoongi che in quel preciso momento desiderò stringere tra le sue braccia quel piccolo ragazzo e non lasciarlo più andare. 
Jimin lo salutò e poi lo lasciò solo in casa.
A quel punto Yoongi rimase fermo, lo sguardo fisso su un punto, per una buona manciata di minuti per poi avere un'improvvisa epifania che gli fece comprendere chiaramente la situazione nella quale si era invischiato senza neppure essersene accorto.
"Sono fottuto." Asserì, per poi lasciarsi cadere sul letto che ancora profumava di Jimin. 






Spazio Autrice!
Ebbene, festeggiamo, sono ufficilamente tornata.
Avevo acennato a questa fanfiction nel lontano dicembre ma sono riuscita ad ultimarla solo adesso a causa dello studio, scusate ;_;
Comunque, come avrete capito questa volta si parla di una soulmate au, un genere di storie per le quali io ho SEMPRE avuto un debole!
Originariamente doveva trattarsi di una one shot ma mi sono fatta prendere la mano e quindi ho dovuta dividerla in due!
In questi giorni arriva anche la seconda parte! 
Saluti, Hana ^^
nb: il titolo della storia, così come le citazioni insierite tra i paragrafi, sono parti della canzone di Troye Sivan "Blue" (ascoltatela che è bellissimissima!) 
  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS) / Vai alla pagina dell'autore: Hana_Weasley