Anime & Manga > Magi: The Labyrinth of Magic
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Autore: Noemi_Campopiano    11/04/2017    3 recensioni
Kouha Ren è più di ciò che appare e - nel suo mondo distorto - sangue, orgoglio e vergogna si mescolano in una tempesta senza fine.
Questa storia partecipa al contest “Acronym Battle” indetto da Nirvana_04
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Kouha Ren
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Chi sei tu?


«Bene, principe Kouha, la Corte è lieta di annoverare queste ultime... reclute, tra le file dell'esercito di Kou» termina il consigliere con un sorriso tirato ad increspargli le labbra.
Eppure, nonostante l'accondiscendenza con cui le sue decisioni sono state accettate, il ragazzo non si lascia sfuggire quella pausa sarcastica. Nel vuoto creatosi mentre il consigliere cercava la parola adatta, un altro termine – decisamente meno educato – è risuonato nella sua mente.
Codardo” pensa il principe rivolgendosi al funzionario, oltrepassandolo senza fretta e dirigendosi poi verso le proprie stanze.
Ancora una volta ha condotto a Corte un'accozzaglia di guerrieri reietti, violenti, relegati al margine della società poiché considerati pericolosi per l'Imperatore e la sua consorte. Kouha, perciò, sa perfettamente che la parola che il consigliere avrebbe tanto voluto utilizzare era “fecce” e non quel diplomatico “reclute”, tuttavia, l'uomo non ha avuto il coraggio di esternare il proprio pensiero.
Un ghigno compare sul viso del giovane, distorcendo la sua espressione in una maschera di follia.
Sudicia. Ignorante. Perversa. Questa è la Corte imperiale. Mostri benpensanti popolano infatti i corridoi della reggia, fasciati in ricchi abiti e sontuose parole, sprezzanti di tutto ciò che Kouha Ren – terzo principe dell'Impero Kou – è e rappresenta, ma allo stesso tempo così vigliacchi da non osare contraddirlo o criticarlo apertamente.
Esteta del sangue e imprevedibile guerriero contro uomini e donne che non conoscono neppure il peso di un'arma, né hanno mai provato la ferocia della guerra e l'esaltazione della morte.
Un ricordo si affaccia prepotentemente nella mente del giovane imperiale e, senza quasi rendersene conto, si ritrova a fissare il proprio sguardo nello specchio che adorna una parete della sua stanza. Occhi del colore dell'alba, appena socchiusi e contornati da lunghe ciglia, scrutano attentamente il proprio riflesso, ma Kouha non vede altro che forme distorte ed ombre inquiete. Il ricordo prende forma e il ragazzo deve premere la fronte sulla superficie lucida e fredda per tentare di calmare il proprio respiro improvvisamente affannato.
Stelle maledette hanno tessuto il destino del ragazzo. Un brivido gelido gli percorre la schiena, mentre una risata vuota e bellissima gli risuona nelle orecchie.
Emarginata dall'unico uomo che avesse mai amato, rinchiusa nell'ala più remota del castello, una giovane donna pettinava i capelli del proprio bambino, intrecciandone dolcemente le ciocche sulla fronte.
Lasciando che la madre giocasse liberamente con i suoi ciuffi ribelli, Kouha era seduto immobile sulle ginocchia. Tranquillo e pacato, lasciò che quelle dita femminili accarezzassero i suoi capelli, impersonando una docile bambola al servizio della sua mamma.
Ecco, però, che un servitore irruppe nella stanza, senza degnarsi nemmeno di bussare e gettò un vassoio a terra, facendo rovesciare la minestra e le mele sul pavimento, accompagnando il gesto con parole di scherno che non sfuggirono alla cortigiana e al bambino.
Senza far rumore, scivolando a passi leggeri sulle assi del pavimento, Kouha – all'epoca di soli cinque anni – si avvicinò al vassoio sorridendo. Prima che il servitore si richiudesse la porta alle spalle, il coltello che sarebbe servito per sbucciare le mele si piantò con precisione tra le scapole dell'impudente servo.

Sangue. Solo questo voleva il piccolo, con ancora il braccio teso in direzione del servitore e il sorriso sincero e violento.
Perfetta sinfonia divenne la risata di sua madre, folle litania di una mente turbata e già pesantemente incrinata. La donna batté le mani compiaciuta, fiera della prodezza del suo bambino e incapace di comprendere dove il gioco mutasse in violenza e la realtà cedesse il posto all'incubo.
Era curioso quel liquido scarlatto che, dalla schiena dell'uomo piombato a terra, tracciava linee cremisi sui suoi abiti e sul pavimento. Forse il servitore sarebbe riuscito a salvarsi se qualcuno avesse udito il suo grido di dolore, ma in quell'ala remota e dimenticata, nessuno avrebbe potuto sentire la sua voce.
Orgoglioso dell'applauso ricevuto, il principe s'inchinò in direzione della madre, ghignando soddisfatto, per poi rivolgersi nuovamente verso l'uomo agonizzante.
Preoccupato che la vista prolungata degli spasmi e quel ansito continuo turbassero la fragile psiche dell'unica persona che amava, il bambino raggiunse saltellando il corpo.
Lesto si mise a cavalcioni della schiena del servitore.
Estrasse la lama e con un unico e preciso fendente gli tagliò la gola. Altro sangue si aggiunse al precedente, ma i rantoli cessarono e la quiete tornò nelle stanze maledette del palazzo.
Demone: così era stato nominato da quel giorno e l'intera Corte tremava all'idea che un simile abominio vivesse nel loro stesso regno.
Ebbro della morte, il dono dell'esistenza era un regalo fin troppo generoso per dei rifiuti come lui e la sua pazza genitrice.
Spietato, incurante dei luoghi comuni e della gentilezza: come poteva permettersi di esistere un mostro del genere?
Essendo figlio del nuovo Imperatore, tuttavia, il bambino non poteva essere ucciso, nonostante l'efferatezza delle sue azioni.
Respinto ancor di più, temendo che il suo sangue reale divenisse una condanna per l'ipocrita Corte, i nobili preferirono spegnere le proprie parole. Almeno ufficialmente.
Voci maligne, infatti, sussurrate tra i corridoi del palazzo, ne tessevano in segreto la fama oscura.
Eppure, in breve tempo, il bambino scoprì che c'era qualcuno che provava un certo interesse nei suoi confronti.
Turbato da questa rivelazione inconcepibile, non camminava mai senza la compagnia della propria spada. Pronto a ferire e mutilare chiunque fosse tanto folle da avvicinarsi a lui e a sua madre.
Ostile e diffidente, si muoveva nei corridoi come una fiera in trappola.
Detestava ogni singolo individuo. “Porci” li chiamava, stupidi e falsi. Oh, come odiava suo padre, l'attuale Imperatore, e quella gente untuosa e insincera! Quel maledetto aveva abbandonato la sua mamma, lui l'aveva lasciata cadere nella follia e avrebbe pagato per questo!
Insano proposito, frutto dell'indifferenza e della rabbia, Kouha Ren avrebbe distrutto tutti. Li avrebbe fatti a pezzi.
Ecco che, a quel punto, il bambino e la sua mamma non sarebbero stati gli unici giocattoli rotti. Tutti sarebbero diventati inutili balocchi e tutti avrebbero meritato la morte.
Armato e pronto alla lotta: così lo trovarono Kouen e Koumei quando finalmente decisero di avvicinarsi al fratellastro.
Non perse nemmeno un istante, il piccolo emarginato, e senza pensare si gettò sui figli dell'Imperatore per ucciderli.
Dando prova dei loro allenamenti, i due però evitarono uno dopo l'altro le stoccate e i fendenti del più piccolo.
«Wow» fu l'unico commento di Koumei, ma il fratello maggiore spese qualche parola in più, perché l'ingestibile Kouha possedeva un'abilità speciale nell'utilizzo della spada e meritava di essere sviluppata.
«Ho sentito tante cose su di te» continuò Kouen evitando un nuovo fendente. Al colpo successivo disarmò con destrezza il bambino e concluse: «Quando ti sarai stancato di tutto questo, vieni da noi, sei il nostro fratellino»
Erano forse parole d'affetto quelle che aveva appena sentito? Una lacrima scivolò sul viso del principe, ma un dubbio atroce lo tormentava. Cosa ne sarebbe stato di sua madre? Da prima fu una semplice sensazione, ma crescendo l'emozione si tramutò in parole.
No, non avrebbe mai abbandonato la sua mamma e, al seguito di Kouen, avrebbe creato un mondo in cui persino dei rifiuti come loro avrebbero potuto camminare a testa alta.
Principe delle ombre, re dei dannati.
Euforico, da quel momento ha viaggiato fino ai confini dell'Impero e oltre, per trovare coloro che sono poi diventati i suoi più fedeli servitori.
Oro nero, come diamanti grezzi, Kouha li ha chiamati tutti per nome, donando una speranza, uno scopo. Dignità.
Pesante è il fardello che ancora oggi grava sulle spalle del nobile, perché pur trovando finalmente una ragione d'esistere per i suoi fedeli derelitti, lui stesso teme, nel profondo del suo essere, di non riuscire a eliminare quella paura che, a volte, gli attanaglia il cuore.
Lentamente, Kouha si discosta dallo specchio, chiedendosi se il “codardo” con cui ha insultato il funzionario, non sia rivolto in realtà a se stesso.
Elevando la peggior feccia del mondo, ha cercato di redimere anche se stesso, di mostrare come anche un reietto come lui possa essere d'aiuto all'Impero. Non all'Impero di Kou, ma di Kouen.
Ansioso di compiacere il proprio fratello maggiore, si è gettato anima e corpo nello studio dell'arte della spada, ma non solo: ha conquistato un dungeon ed è diventato il Generale di En-nii.
Redenzione. Questo cerca egoisticamente da ogni vita salvata?
E se, tutt'ora, il principe non fosse altro che un'inutile bambola?
Balocco distrutto, segnato più da lacerazioni psichiche e sociali che dalle ferite della carne.
Ricordando i momenti che hanno caratterizzato la sua vita, il sangue versato per i torti subiti o per semplice diletto, Kouha si domanda se la pazzia ereditata da sua madre sia talmente radicata da rischiare di sfregiare il rapporto con i suoi fratelli. E se, scivolando ancor di più nella follia, il futuro re lo ritenesse non più adatto al suo ruolo di Generale? Se tornasse ad essere un semplice giocattolo rotto?
Orrido destino, finale abbietto di una storia cominciata male.
Kouen, però, ha creduto in lui e tuttora riversa sul suo fratellino un'incrollabile fiducia.
E non è possibile che il future re, dedito allo studio tanto quando alla guerra, si sia sbagliato.
Nonostante tutto, qualcosa di buono, oltre alla follia distruttiva del ragazzo, deve esistere e Kouha si aggrappa a questo pensiero con tutto se stesso, con tutta la sua forza. Un pugno secco e deciso rompe lo specchio, frantumando in una miriade di schegge quella maledetta superficie riflettente che, nonostante la luce veduta da En-nii, continua a rimandargli un bieco riflesso. Triste, confuso, amareggiato.
«Whoa!» esclama il principe ritirando la mano dolorante. Rivoli cremisi iniziano immediatamente a colare lungo le nocche
e Kouha si siede a terra, a gambe incrociate, osservando mesto le gocce che, ipnotiche, cadono in una pioggia di sangue sui frammenti dello specchio.

«Egoista» mormora in un sussurro. Le sue assistenti si preoccuperebbero certamente scoprendolo in quello stato, ma in questo momento il ragazzo non può fare a meno di accarezzarsi il viso con il dorso della mano, sporcando i propri lineamenti con il suo stesso sangue.
Burattinaio e burattino si fondono tra loro e Kouha cerca in quella maschera vermiglia la risposta ad una domanda che lo tormenta più dell'idea della morte stessa.
Ed ecco che, guardando il proprio riflesso spezzato e riprodotto dai frammenti, un unico quesito affiora sulle labbra voluttuose del giovane principe.
«Chi sei tu, Kouha Ren?»
Ombra amorfa, riflesso del peccato dell'ignoranza.
Misero mortale, nella ricerca spasmodica del proprio posto nel mondo.
Egregio condottiero, fiero principe dell'Impero che apparterrà a suo fratello.
Un conquistatore di dungeon, scelto da Leraje - la fanciulla dal cuore spezzato - che ha visto in lui la meravigliosa capacità di donare speranza a chi non ha mai saputo nemmeno cosa fosse.
Sanguinario mostro, in grado di godere nel fare a pezzi le persone.
Encomiabile Generale, pronto a sacrificarsi per il proprio esercito, per quei rifiuti che la Corte ha allontanato e che lui, invece, ha raccolto come gemme preziose tra le sue esili dita.
Leale figlio, poiché mai ha rinnegato le dolci braccia di sua madre, accarezzando insieme a lei ogni attimo di follia.
Estroso ragazzo, capriccioso ed esigente oltre i limiti del sopportabile.
Signore della pazzia, con l'animo di un bambino scontratosi troppo presto con la realtà e divenuto uomo prima ancora di crescere.
Scoppiando in una risata febbrile ed eccitata, Kouha Ren si abbandona alla fresca quiete del dubbio, temendo, sgomento, la risposta ancor più della domanda.


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N.d.a. Questa storia partecipa all'Acronym Battle di Nirvana_04
Io ho scelto di usare questa frase pronunciata da Kouha nel manga "Because useless people deserve to die and when people are broken we become useless" come acronimo da cui è partita tutta la storia. Potete infatti trovare la frase leggendo le lettere in grassetto a sinistra, in verticale.
La frase, tradotta, sarebbe "Perché le persone inutili meritano di morire e quando le persone si rompono diventano inutili" che è ciò che il piccolo Kouha dice attaccando Kouen e Koumei, cercando di affettarli XD Poco prima che Kouen lo chiami "fratellino".

In attesa del responso del giudice, fatemi sapere cosa ne pensate ^^ Da parte mia mi sono divertita tantissimo a scriverla e Kouha è il mio personaggio preferito di Magi, dunque cos'altro potevo chiedere di più?


 
   
 
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