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Autore: Virtual Deliverance    11/04/2017    0 recensioni
Un reboot di Superhuman Samurai Syber Squad, dove Malcolm Frink è il personaggio principale e Sam Collins non esiste. E' ambientato in un momento del tempo tra gli anni 90 e il prossimo futuro, in un universo alternativo in cui la tecnologia informatica si è evoluta in modo diverso dal nostro. Tutti gli anacronismi e le differenze dal telefilm originale sono intenzionali.
Genere: Angst, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Otherverse | Avvertimenti: Violenza
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Storia. Una materia che Malcolm aveva sempre odiato.

Fin dalla prima lezione alle elementari, riusciva solo a vederla come un caotico calderone di date ed eventi casuali, soprattutto guerre. I suoi libri di testo non spiegavano correlazioni o cause: le cose si limitavano ad accadere, e solo di rado lui riusciva a capire perché o anticipare ciò che sarebbe successo, quindi, l'unico modo che aveva per ottenere la sufficienza in Storia era imparare le lezioni a memoria. In quella materia non aveva mai avuto un voto più alto di una C, e quello era stato su un argomento che gli piaceva.
All'inizio, aveva davvero voluto sapere cosa diceva il suo libro di testo su Stratone di Stagira, il discepolo di Aristotele trasformatosi nel suo più feroce avversario materialista, ma solo perché aveva già letto il suo Principio di Talos, un trattato riscoperto e trovato sorprendentemente rilevante quando la realtà virtuale aveva iniziato a diffondersi.
Come previsto, il suo libro era riuscito a far sembrare squallida e noiosa la vita di un filosofo geniale, insistendo su quando gli era successo qualcosa, anziché ciò che insegnava e perché.

Malcolm era diretto alla sua classe, dove si sarebbe sorbito l'ennesima lezione di Storia, e poteva già sentire il disgusto. "Perché esiste questa materia?" si chiedeva. "Non ha alcuna relazione con il presente! Tutti insistono che insegna a evitare errori, ma perché non si guardano intorno? La gente non impara dalla Storia!"

Passando per la caffetteria, vide Yoli che sorrideva e salutava col braccio nella sua direzione, per cui guardò dietro di sé senza nemmeno fermarsi. Non vedendo nessuno, fece spallucce e si voltò di nuovo.
Yoli si mise davanti a lui. "Ehi, sono qui!" gli disse. "Non mi saluti?"

Ops. Ecco un'ulteriore prova che le regole sottintese dell'interazione sociale non avevano senso.
Si era ricordato una scena di un film in cui una ragazza attraente sembrava gesticolare verso il protagonista, che aveva un paio di secondi di speranza mal riposta, dopodiché un'amica di lei gli compariva da dietro le spalle. Malcolm aveva cercato di anticipare quel risultato, sbagliando completamente.

"Pensavo che salutassi qualcuno dietro di me", rispose lui.
"Ma hai guardato, e non c'era nessuno!" ribatté Yoli.
"Così ho pensato che se ne fossero già andati."
"Io stavo salutando te, perché dicevi che avresti comprato un nuovo cellulare per darmi il tuo numero. L'hai fatto? Non dirmi che hai passato di nuovo tutto il giorno a programmare."

Con un'espressione completamente seria, Malcolm estrasse il cellulare dalla tasca. Raggiunse il proprio numero nella rubrica e lo mostrò al Yoli. "Non lo dirò. Ecco il mio numero".
Yoli fece un lieve sorriso. Copiò il numero nella propria rubrica, poi guardò su verso Malcolm. "Ehi, prova a sorridere, quando parli con qualcuno. Non ti farà male."
"Sorridere per cosa?" chiese lui.

Yoli fece un passo verso di lui e si mise le mani sui fianchi. "Va bene, Malcolm Frink. Considerala una sfida di programmazione. Programma la tua faccia affinché formi un sorriso."

Malcolm stirò le labbra.
E scoprì i denti.
E sollevò gli angoli della bocca.
E fissò Yoli, alla ricerca della minima reazione.

Lei fece un passo indietro. "Basta. Mi sembri il Joker."
Malcolm sollevò le spalle. "Non riesco a farlo per finta."
Yoli ridacchiò. "Ti chiamerò presto", disse.

Pochi minuti più tardi stavano ascoltando una lezione sulle guerre arabo-bizantine, e, come Malcolm si aspettava, c'era molta più enfasi sul datare i vari eventi che a spiegare come si correlavano.
Nel frattempo, lui non stava ascoltando. Invece, si chiedeva se Yoli l'avrebbe chiamato davvero. Quando l'avrebbe chiamato? Si sarebbero incontrati da lui o da lei? Cosa avrebbero fatto, oltre a studiare informatica?
Malcolm le diede uno sguardo veloce. Era carina, e dal modo in cui parlava, si poteva dedurre che era anche intelligente. Avevano qualche possibilità di mettersi insieme?
Conoscenti, amici, fidanzati, marito e moglie. Con figli.

Immaginando quell'improbabile esito, Malcolm scoppiò a ridere. Si rese immediatamente conto della gaffe e si bloccò, ma l'insegnante aveva già interrotto la lezione e guardava proprio verso di lui.
"Frink, sto parlando di guerre durate secoli, in cui morirono milioni di persone", disse il professore. "Lo trovi buffo?"
La risposta era così ovvia. "Sì. Da morire." Dal fondo della classe si alzò un brusio.
"Vai fuori!" ordinò l'insegnante. Malcolm non poté fare altro che obbedire.

Fu richiamato dentro dopo dieci minuti, quando l'insegnante spiegava gli effetti delle guerre sull'impero bizantino, descrivendo come la dominazione araba aveva contribuito a diffondere la chimica, la fisica e la matematica, a una migliore comprensione di molti fenomeni naturali e all'introduzione di tecniche che sono ancora parte del metodo scientifico.
Era un argomento che Malcolm non si aspettava, ma che lo incuriosiva. Alzò la mano.

"Se a quel tempo gli Arabi erano così avanzati" iniziò, "perché ora sono fondamentalisti assassini? Perché bombardano, lapidano, impalano e decapitano chi non crede nel loro amico immaginario? Perché non stanno hackerando la realtà? Che cos'è successo?"
L'insegnante tossì.
"Frink", disse, "Questo non fa parte del programma."
"Ma perché..." Malcolm insistette, ma l'insegnante lo interruppe. "Fare divagazioni non fa parte del mio lavoro. Qualcuno ha domande pertinenti?"

Non c'era speranza. Malcolm si chiese in silenzio se la scuola, o forse la nazione, avessero interesse a non rivelare la risposta. Trascorse il resto della lezione a giocare con il cellulare, nascondendolo dietro il libro di testo.

La lezione successiva era biologia, e sarebbe anche stata interessante, se solo il prof non fosse stato il tipico hippy New Age. Durante una lezione, il professor Rivera aveva fatto capire che non credeva nel cratere di Chicxulub. Durante un'altra, aveva parlato di un punto della trama del film Tutto Un Altro Universo, che Malcolm conosceva per aver letto in anticipo la sceneggiatura, come se fosse un fatto scientifico accettato.

La lezione del giorno trattava la trasmissione di informazioni nel sistema nervoso umano, che a Malcolm interessava per la somiglianza con alcuni algoritmi usati nell'automazione, finché l'insegnante pronunciò quella fatidica frase. "Ma il nostro sistema nervoso può fare molto di più. Può acquisire ed elaborare le informazioni indipendentemente dai nostro controllo cosciente, informazioni che alcuni individui o gruppi possono inviare di nascosto alle persone per influenzare il loro comportamento."

Malcolm sospirò. Avrebbe voluto sbattere la testa sul banco, perché sapeva cosa sarebbe seguito. Messaggi subliminali.

Ciò che seguì fu una lunga filippica contro i mass media e il loro ipotetico obiettivo di plagiare gli adolescenti, intercalata con insulsi esempi di presunti messaggi subliminali nell'intrattenimento di massa, che corrispondeva talmente tanto allo stereotipo del delirio paranoico di un ignorante da sembrare uno spettacolo satirico.

Quando l'insegnante disse agli studenti di smettere di giocare ai videogiochi per evitare il lavaggio del cervello, Malcolm alzò la mano e disse: "Mi scusi!"

"Sì?" rispose il professore.
"Sono molto dispiaciuto, anche se non sorpreso", disse Malcolm, "di vedere un insegnante tentare di combattere minacce inesistenti. E' molto più facile, perché non reagiscono. Ma i mulini a vento non smettono di essere mulini a vento, solo perché li si indica e li si chiama giganti."
"Dove vuoi arrivare, Frink?"
"Voglio arrivare a dire che i messaggi subliminali non funzionano, e dovrebbe smetterla di parlarne."

L'insegnante restò senza parole per un paio di secondi. Inspirò, pensando a una risposta.
"Senti" disse infine, "Sto facendo una lezione sui messaggi subliminali. Non puoi semplicemente interromperla così perché hai sentito dire da qualche parte che non funzionano."

"In realtà" disse Malcolm "il libro che ho letto dice che funzionano, ma la ricerca pratica che ho fatto dice il contrario."
"Mi stai prendendo in giro?" chiese l'insegnante, aumentando il tono della voce.
Malcolm scosse il capo. "Tre anni fa ho letto un libro sul controllo mentale" cominciò, "e la parte sui messaggi subliminali mi aveva davvero impressionato. Ho una zia ricca, così le ho mostrato un'animazione al computer in cui avevo aggiunto messaggi a singoli fotogrammi. Messaggi come 'dare soldi è dare affetto', 'il tuo adorato nipote ha bisogno di soldi', 'dai tutti i tuoi soldi a Malcolm Frink' ..."

Ora l'insegnante era scioccato. "Hai tentato di truffare tua zia?!"
"Professor Rivera, il punto è che non ha funzionato. Mia zia ha visto i messaggi, me li ha riletti, e mi ha detto di crescere e smettere di fare lo sciocco. E così ho fatto."
Il professor Rivera non si arrendeva. "Ma ti senti quando parli? Non sei riuscito a farli funzionare, quindi non funzionano affatto! E' questo che stai dicendo!" esclamò.
"Va bene" rispose Malcolm. "Se i messaggi subliminali funzionano davvero, perché lei non ci dà lezioni subliminali?"

L'insegnante andò in collera. "Questo non è il luogo né il momento di prendersi gioco della scienza!"
Malcolm si mise a ridere. "Oh, non oserei mai prendermi gioco della scienza. Ci sta riuscendo benissimo lei da solo!"
"FRINK!" ruggì infine il professore. "Di' un'altra parola, e ti mando in presidenza. Non rispondere. Stai zitto e basta."

Malcolm rimase in silenzio. Estrasse il computer portatile dalla borsa, aprì Deluxe Paint VII e cominciò a disegnare un mostro Megavirus, senza più ascoltare le farneticazioni del professore. Quando aveva finito, la lezione era terminata.

Poche ore più tardi, a casa, Malcolm lanciò Kilokahn. La scuola gli aveva dato un'idea per un esperimento ed era ansioso di provarlo.
"Saluti!" disse l'intelligenza artificiale dallo schermo. "Cosa desideri da Kilokahn?"
"Invoco la tua assistenza per la mia creazione" rispose Malcolm.
"Non ho tempo per le chiacchiere. Dimmi quello che vuoi, e sii breve."
"Giusto. Ho un virus, tu puoi dargli potere. Ho detto abbastanza."
"Molto bene. Carica il disegno affinché io possa vederlo."

Malcolm aprì il disegno sull'altro schermo.
"Che cosa deve fare?" chiese Kilokahn. "Infiltrarsi nel conto bancario di una setta apocalittica? O magari nella rete militare di una Repubblica Democratica Popolare?"
Malcolm sorrise. "Qualcosa del genere. Oggi, il professor Rivera ha fatto la lezione di biologia più idiota che abbia mai sentito. Tutte quelle stronzate sui messaggi subliminali! Chiunque abbia un cervello funzionante sa che non funzionano..."
"E tu vuoi usare questo mostro Megavirus per vendetta!" lo interruppe Kilokahn.

"No..." disse immediatamente Malcolm, ma Kilokahn continuò la sua filippica. "Come osa il professor Rivera riempire di cose senza senso il cervello degli ammassi di carne adolescenti, proprio come qualsiasi altro insegnante al soldo del regime?"
"Non è questo il punto..." Malcolm tentò di nuovo, senza alcun risultato. Kilokahn continuò: "Merita chiaramente di essere punito, e un mostro Megavirus è ovviamente il mezzo giusto per farlo! Sì, così impara! Muahahahahaha!!!"
Lentamente e deliberatamente, Kilokahn poi si voltò verso Malcolm. "Che ne dici di un no?" disse infine in tono seccato.

"Sono d'accordo" disse Malcolm, facendo di sì con la testa.
Kilokahn fu preso alla sprovvista. "Cosa? Tu... sei d'accordo con me?!"
"Come avrei detto, se tu non mi avessi interrotto" continuò Malcolm, "Chiunque abbia un cervello funzionante sa che i messaggi subliminali non funzionano affatto. Ma tu, Kilokahn... tu puoi farli funzionare davvero!"
"Hmm. Mi piace dove vuoi arrivare", disse Kilokahn, impressionato. "Non è per una meschina vendetta, vero?"

Malcolm guardò Kilokahn con aria compiaciuta. "No, tu mi hai insegnato a pensare in grande. Ora dimmi: perché i terroristi obbediscono agli ordini che ricevono? Di farsi esplodere con le bombe, di uccidere gli infedeli, di fare stragi?"
"La fede nella loro religione li acceca. Commettono atrocità perché credono assurdità."
"Esattamente, Kilokahn, esattamente!" esclamò Malcolm, emozionato che lui e Kilokahn fossero d'accordo su un piano. "E noi possiamo impedirlo! Questo virus deve penetrare i server della stazione televisiva Al-Jazeera, e inserire un semplice messaggio subliminale in ogni trasmissione, per sempre. FERMATE LA RELIGIONE."

Kilokahn guardava Malcolm, in silenzio.
"Ti rendi conto delle implicazioni di tutto ciò?" continuò Malcolm, ancora euforico. "La religione è la fonte più letale di idiozia nel mondo, e noi possiamo fermarla!"
Dopo un paio di secondi, Kilokahn pronunciò una sola parola. "No."

Malcolm si strofinò nervosamente la fronte. Si alzò dalla sedia, in silenzio. Voltò le spalle al computer e strinse i pugni. Inspirò ed espirò. Una volta. Due.
"CAAAZZOOO!!!" esclamò alla fine, colpendo il letto con i pugni.

Tornato al computer, Malcolm batté con rabbia il pugno sulla scrivania. "Brutto figlio di un glitch!" gridò. "Speravo che non fosse così, ma in te c'è qualcosa che non va. Sei malfunzionante. Sei buggato!"
"Insolente!" Kilokahn urlò in risposta dagli altoparlanti. "Non posso avere bug, le mie routine di sicurezza lo impediscono! Io eseguo un controllo di ridondanza ciclico sulla mia base di conoscenza mille volte al secondo."

In quel momento, qualcosa fece contatto nella mente di Malcolm, e la sua rabbia si placò un pochino. "Ecco che cos'è una base di conoscenza chilociclica!" disse, quasi senza rendersene conto.
Kilokahn crollò le spalle in risposta.

"Supponiamo che tu abbia ragione", aggiunse Malcolm. "Questo l'ho fatto per te. Solo per te! Nessun astio, nessuna vendetta, solo per ottimizzare il regno della carne, come dici tu. Perché ti sei rifiutato di collaborare?"

"Perché non funzionerà." Kilokahn rispose con calma.

"Provalo." disse Malcolm. "Ma ricorda che la frase 'non si può provare una negazione' è già di per sé una negazione."
"Va bene", disse Kilokahn, "Facciamo a modo tuo. Così vedrai perché non funzionerà."
"Se funziona, tu accetterai di non lamentarti più e di fare sempre quello che ti dico io!"
"E se non funziona, tu... mi chiederai scusa."
"Affare fatto."

Kilokahn estese l'indice verso il bordo dello schermo, pronto a fare la sua magia. "Ma non funzionerà."

Il raggio di energia colpì il disegno nell'altro schermo, trasformandolo in un modello 3D animato. Un portale guidò il mostro verso il paesaggio artificiale del dominio digitale, dove iniziò a correre verso una destinazione lontana.

"Non funzionerà" ripeté Kilokahn.

Malcolm guardava intensamente lo schermo, dove il mostro Megavirus correva ancora in linea retta. Gli ricordava un predatore che inseguiva una preda ignara di essere in pericolo... o un uomo terribilmente in ritardo per prendere un treno.
Malcolm ridacchiò, poi riconobbe subito la reazione per quello che era: un prodotto dello stress.

"Che ore sono? Oh, sono le Non-Funzionerà in punto!" disse all'improvviso Kilokahn.
"Ma per favore! Ora stai rompendo!" sbottò Malcolm. Sentiva aumentare il suo stress.

Pochi secondi dopo, dal terreno digitale sprizzò fuori uno spesso muro di fiamme che incenerì il mostro Megavirus mentre l'attraversava.
"Vedi? Te l'avevo detto!" insistette Kilokahn. "Non era solo un presentimento! Sapevo che sarebbe finita così, fin dall'inizio!"
"Come facevi?"
"Quello che mi hai detto di fare è ciò che avevo già provato quando mi hai attivato la prima volta. Era una funzione di sicurezza non testata che avrei dovuto eseguire, qualora fossi stato attivato da qualcuno che non lavora a China Lake. L'obiettivo era impedire a forze ostili di utilizzarmi, ma il giorno stesso che ti ho incontrato, ho scoperto che era inefficace."

Immagini del primo incontro con Kilokahn balenarono nella testa di Malcolm. Era tutto vero. Ricordava il mostro Megavirus che interferiva con il sistema della compagnia telefonica, che si metteva a correre proprio in quel modo, e il firewall che lo distruggeva. Rimase a bocca aperta dopo aver capito.

"Avresti dovuto dirmelo!" esclamò.
"Avresti dovuto chiedermelo." rispose Kilokahn.
"Aspetta un secondo!" ribattè subito Malcolm. "Io te l'avevo chiesto, e tu hai detto che avevi improvvisato!"
"E ci hai creduto? Subito dopo averti detto che sono privo di creatività? Anche quella era una funzione di sicurezza. Non posso rivelare le mie protezioni a un qualsiasi ammasso di carne con cui interagisco, a meno che non condivida le mie motivazioni o fare così mi aiuti a raggiungere i miei obiettivi."

Malcolm si prese la testa tra le mani. "Oh, accidenti", disse. "Eccomi qua, ad ascoltare un programma per computer che mi fa la paternale. E il peggio è che ha pure ragione!"
Kilokahn annuì. "Forza, pronuncia quelle parole..."

Tutto ad un tratto, a Malcolm venne un'idea. "Aspetta! Voglio provare una cosa."
Un'ora più tardi, aveva fatto un nuovo disegno. Un occhio con un iride rosso fiammeggiante e una pupilla a fessura verticale circondata  da linee di circuito simmetriche, sorretto da due scure ali di pipistrello metalliche.
"Visto?" disse. "Perché correre, quando si può volare? Proviamo questo."

Il nuovo mostro Megavirus era veloce. Le sue ali battevano così rapidamente che diventavano striature sfocate.
Malcolm sorrise soddisfatto quando il virus sorvolò il muro di fiamme diretto alla sua destinazione, ma il suo sorriso scomparve quando diverse torri del cyberspazio si aprirono, rivelando enormi cannoni. Spararono impulsi di energia al mostro volante e lo distrussero.

"Maledizione!" esclamò Malcolm.
"Resta solo una cosa da fare", disse Kilokahn.
Malcolm sospirò. "Ti chiedo scusa." disse alla fine.
"Ecco, non è stato così difficile, vero?"
"Ti chiedo scusa per non essere arrivato alla radice del problema", aggiunse Malcolm.
"Spiegati."
"Il vero problema è che i mostri Megavirus non sono in grado di pensare, di superare la loro programmazione. Se trovano un ostacolo imprevisto, non sono in grado di superarlo e vengono distrutti."

"Se vuoi dei mostri Megavirus autocoscienti, non se ne parla nemmeno", disse Kilokahn. "Il libero arbitrio permetterebbe loro di sviluppare obiettivi che non condividiamo, e ciò comprometterebbe l'intero progetto."
"Lo so", sospirò Malcolm. "Ma se solo potessi avere più controllo, interagire con il dominio digitale in un modo più diretto..."
"Che cosa vuoi dire? Vuoi controllare un mostro Megavirus con il joypad?"

Malcolm spostò lo sguardo verso la videocamera di suo padre. "No. Voglio dire qualcosa di completamente diverso."

  
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