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Autore: Jackie_Blue    12/04/2017    1 recensioni
Ci troviamo nel 2012, l'anno in cui, grazie al Tesseract, tutto ebbe inizio e i primi Avengers si riunirono per difendere il nostro amato pianeta. Ma qualcun altro, oltre a Loki, sbucherà fuori dal cubo cosmico. Chi? Ma sopratutto, perché? Pronti a svelare l'"Enigma"?
Genere: Azione, Introspettivo, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1. Caos: Preludio



Mi porto fino
alla fine del mondo
voglio andare più a fondo
voglio leali pensieri su cui volare
dove non so toccare la terra,
è distante questo pianeta
dalla mia amata meta.
Metà di me non sa più dove vorrebbe andare
l'altra vuole restare.
Mi si legge in fronte il caos che ho dentro
e si sente forte il caos che ho dentro.
(Levante)


Somewhere in New York, USA.
Friday, 14th September 2012.
10:40 p.m.


Caos.
Solitamente si attribuisce questa parola al frastuono o a una moltitudine di rumori che si accavallano. Eppure quel caos che stava vivendo si era tramutato in un silenzio spiazzante. La luce bluastra che proveniva dall'alto le leniva gli occhi, la confusione in testa la schiacciava come una pressa e il vuoto allo stomaco accentuava il suo sesto senso: pericolo. In quel momento aveva davvero tante domande a cui dare risposta, ma l'istinto puntava ad una sola meta, sopravvivere. Doveva farsi largo in quel caos per mantenere vivida quell'unica promessa che si era fatta: vivere.
Spalancò gli occhi castani e nonostante non riuscisse a riconoscere nulla del luogo in cui si trovava si tirò in avanti fino a sedersi. Mura altissime e pavimentazioni di ferro spropositate riempivano l'ambiente, stracolmo di macchinari dalla tecnologia sconosciuta. Sul soffitto la strana luce color azzurro intenso continuava a fluttuare minacciosa illuminando di una tinta tetra i corpi in completo scuro che giacevano a varie distanze da lei. A pochi metri dal macchinario centrale dell'enorme abitacolo si stava rialzando un uomo di colore con un occhio coperto da una benda nera.
- Hill! Mi ricevi?- biascicò ad una ricetrasmittente, mentre si tastava dolorante il petto.
L'ansia e la preoccupazione trapelavano dalle sue parole e questo bastò a far scattare in lei la scintilla. Si mise in piedi e dando un'occhiata veloce all'ambiente visualizzò l'unica via d'uscita presente nella stanza. Quel paesaggio distruttivo e tetro era stato innescato indubbiamente dal Tesseract, ne riconosceva gli effetti, quindi le possibilità di sopravvivere in quella struttura erano pari a zero.
Con un impulso felino si avviò alla porta, raccogliendo nel tragitto una pistola che giaceva inerme accanto al corpo privo di vita di un agente.
Il vuoto allo stomaco si faceva sempre più concreto e respirare sembrava minuto dopo minuto più complicato. Non aveva idea di dove fosse, né di come avesse raggiunto quel luogo, l'unica certezza era la fuga.
Imboccò delle scale in ferro battuto scavalcandone i gradini due o tre per volta fino ad individuare un gruppo di soldati che a passo svelto si recavano, secondo le procedure, alle uscite di evacuazione.
Seguì la loro scia raggiungendo così una sorta di corridoio larghissimo che conduceva ad un garage immenso di Suv neri come la pece. Era il momento di agire, così, superò il gruppo di agenti e senza troppi complimenti si avventò su uno dei veicoli. Un colpo di pistola rimbalzò sulla portiera non appena questa si chiuse, ma l'accaduto sembrò non destarle alcuna preoccupazione: unico obiettivo fuggire da lì.
Il motore sibilò come un serpente pronto all'attacco e gli pneumatici stridettero sotto la pressione dell'acceleratore. Imboccò decisa la galleria a cui puntavano tutti gli altri Suv e incurante dei proiettili che schernivano il suo mezzo di trasporto sfrecciò verso l'uscita.
Le grandi velocità non davano segno di preoccuparla o metterla in difficoltà tra i numerosi zig zag che doveva effettuare per superare gli altri veicoli. Gli unici generatori di ansia erano le continue minacce di cedimento del terreno e i numerosi boati dei soffitti che precipitavano. Dietro di lei le mura della galleria cominciarono a deflettersi e più di un'auto fu inghiottita dalle macerie.
Il frastuono dei proiettili, delle urla, dei freni e motori in delirio la seguivano e la precedevano, e la sua sembrava essere una corsa contro il tempo. Ma, una luce soffusa davanti a lei sembrava predirle un lieto fine.
La galleria era finita e il cielo sembrò abbattersi come un quadro devastante su di lei. Nessuna stella, solo il nero della notte e il vacuo scintillio della luna. Elicotteri e cenere vaneggiavano a mezz'aria, mentre l'esteso campo di terra arida vagava per miglia sconfinato, attraversato da vetture militari nella più torbida delle baraonde.
Lei si ritrovava nell'ipocentro di quel caos, nell'occhio del ciclone, ma nonostante tutto era salva.
Era viva.

   
 
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