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Autore: Araba Fenice    13/04/2017    2 recensioni
Chiuse gli occhi ed inspirò profondamente, concentrandosi sul proprio battito cardiaco.
Tu-tum. Tu-tum. Il sangue che le scorreva nelle vene sembrava iniziare a ribollirle dentro le orecchie. Tu-tum. Tu-tum. Quella sensazione pungente, la riconosceva. Un fastidio misto a piacere si impossessò lentamente di lei.
Genere: Avventura, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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4.


 

- Ti ripeto, Sano, ha utilizzato una tecnica mai vista prima! E´riuscito ad atterrarlo a mani nude e in un unico movimento lo ha disarmato, puntandogli contro la sua stessa spada! - Heisuke si prodigava in descrizioni dettagliate sulla scena a cui aveva assistito poche ore prima, durante il suo turno di pattugliamento. I capitani erano riuniti per la cena ed ascoltavano il racconto, divertiti forse più dall’ entusiasmo del giovane compagno che non da ciò che descriveva. Heisuke aveva la tendenza ad esagerare un po’, e questo sembrava proprio il caso.
- Heisuke… non credi di esagerare? Non so, qualcosa mi sembra strano… non ho mai sentito parlare di tecniche che si avvicinano a quello che stai descrivendo tu. Eri forse ubriaco? - Sanosuke ridacchiò divertito, punzecchiando verbalmente l’ amico.
Heisuke si voltò di scatto, occhi fiammeggianti di rabbia. - Aahh! Perché nessuno mi crede? - gridò, guardando i suoi compagni che ridevano divertiti alla sua reazione infantile.
- Perché sei un ragazzino rumoroso e attaccabrighe che vuole darsi arie da gran capitano - disse con tono di scherno Shinpaci, approfittando della distrazione dell’ amico per rubargli dal piatto un pezzo di carne. Senza dargli il tempo di reagire ingoiò di fronte a lui il suo bottino, guardandolo con un ghigno di soddisfazione e lasciando il povero Heisuke affamato e deluso.
- Shinpachi! Maledetto! - Heisuke allungò le sue bacchette verso il piatto del nerboruto capitano mentre quest’ultimo lo afferrava alzandolo sopra la testa, ridendo alla goffaggine del ragazzo che lo guardò con sguardo assassino.
Hijikata li guardò esasperato scuotendo il capo e fece per aprire bocca quando Souji, che generalmente consumava il suo pasto sempre in silenzio, senza mai proferire parola se non per dare fiato alle sue battutine sarcastiche poggiò le bacchette sul piatto e guardando Heisuke chiese: - E questo… guerriero… che aspetto avrebbe? A quanto dici lo hai visto da vicino… no? -
Socchiuse gli occhi smeraldini tenendo il suo sguardo indagatore su Heisuke che voltandosi incuriosito dalla domanda, rispose: - Beh… è poco più alto di me, non sembra particolarmente muscoloso ma compensa con velocità ed agilità. Ha lunghi capelli rossi, che porta legati come i miei … e poi… - si soffermò un attimo a ripensare all’ aspetto del misterioso guerriero – uhm… i suoi lineamenti, erano particolari. Delicati, per un ragazzo. - Rimase in silenzio mentre ripensò al volto del giovane, instillando curiosità negli altri capitani. Shinpachi interruppe il silenzio con una risata: - Che vuoi dire? Non dirmi che adesso ti piacciono gli uomini, Heisuke! -
Il giovanissimo capitano si voltò infuriato e fece per afferrare Shinpachi quando Hijikata li interruppe bruscamente, ripristinando l’ ordine nella sala.
Kondou osservò Souji che era rimasto silenzioso a riflettere sulle parole di Heisuke. Sembrava stesse ponderando qualcosa, ma era impossibile da decifrare. Se c’era qualcuno che riusciva a nascondere pensieri e sentimenti, quello era sicuramente Okita. Kondou lo conosceva bene oramai, avendolo praticamente allevato come un fratello minore, e sapeva benissimo che era uno dei più sensibili di tutto il gruppo. Sensibilità che nascondeva benissimo con la sua arroganza, la sua lingua velenosa e la sua crudeltà. Sembrava un paradosso ma questo era Okita, crudele e allo stesso tempo profondamente conscio di ciò che le persone attorno a lui provavano e sentivano. Si rabbuiò nel pensare che quel suo carattere duro e sprezzante fosse dovuto alle sofferenze che aveva patito da giovanissimo… sorrise amaramente mentre lo osservava, chiedendosi se forse non fosse in parte anche colpa sua.
Il fatto, comunque, che avesse rivolto quella specifica domanda a Heisuke voleva dire solo una cosa, e cioè che dentro di sé covava dei sospetti ben precisi su qualcuno o qualcosa. Raramente le sue intuizioni erano sbagliate, ne aveva avuto prova in moltissime occasioni. Chissà cosa aveva percepito questa volta. Non gli chiese niente, nemmeno quando lo vide alzarsi in silenzio ed avvicinarsi alla porta, pronto ad uscire.
- Sano, ricordati che siamo di pattuglia stanotte. Vedi di non farmi aspettare troppo… - Souji lanciò un’occhiata di traverso a Sanosuke che stava ridendo assieme a Shinpachi e Heisuke, suoi compagni di bevute. Le sue labbra sottili si incresparono appena in un sorriso malinconico ed uscì dalla stanza, accostando la porta.
Si appoggiò ad una colonna di legno dell’ engawa1 e alzò lo sguardo alla luna calante.
Le pattuglie notturne erano le sue preferite; se non altro avrebbe potuto far fuori qualche malcapitato senza la solita commozione della folla che gremiva le strade di Kyoto durante le ore diurne. E poi… increspò appena le labbra sottili in un sorriso subdolo, ripensando all’ incontro della notte prima. Per qualche motivo sentiva (e sperava) che non sarebbe stato l’ ultimo; non poteva credere una coincidenza l’ apparizione, guarda caso nello stesso giorno, di un misterioso ninja che sembrava conoscere in qualche modo il segreto dei Rasetsu e di un fantomatico spadaccino con capacità mai viste.
Si riscosse dai suoi pensieri quando Sanosuke uscì dalla sala e lo raggiunse.
- Credevo tu fossi già pronto per il pattugliamento – disse con voce tranquilla Sanosuke, avvicinandosi a lui e incrociando le braccia al petto, osservando la luna.
Souji scrollò le spalle: - Per questa sera ho voluto aspettarti. Non è divertente radunare da solo gli uomini… li sai gestire in maniera più efficiente – disse sbuffando. - Di me hanno troppa paura – concluse dopo un attimo di silenzio, con quel tono altezzoso che lo caratterizzava. Sanosuke scrollò appena le spalle sorridendo. Oramai lo conosceva troppo bene per offendersi od arrabbiarsi; Souji era così, prendere o lasciare. Un genio con la spada, talento innato della scuola Tennen Rishin Ryū2, sarcastico e velenoso in modo inverosimile ma allo stesso tempo leale fino alla morte verso suoi compagni, il suo ideale e, soprattutto, verso Isami.
Sanosuke lo osservò dirigersi verso il suo alloggio per prepararsi.
- Al lavoro, vecchio – si disse fra sé e sé, correndo a richiamare gli uomini all’ ordine.

 

 

Haruka era già pronta, le rimaneva solo il copricapo nero da indossare. Si era già intrecciata i lunghi capelli rossi e la treccia spessa come un polso le ricadeva sulla spalla, arrivandole alla vita. Si guardò per un momento nel riflesso di una bacinella d’ acqua che aveva nella stanza; lo sguardo serio del riflesso incontrò il suo e per un attimo quella vista la intimorì. “Sciocca, hai paura del tuo riflesso?” pensò, continuando a sostenere lo sguardo di quei grandi occhi verdi, severi e tristi. Che vita aveva? Che significato aveva il vivere come una fuggitiva, come un ronin, senza famiglia, senza affetti, senza niente e nessuno a cui tornare? Era stata spogliata di tutto, e lei stessa era l’ unica cosa che le rimanesse. Lei, e le spade ereditate da suo padre. Nascose la treccia nell’ abito nero che la fasciava e si infilò il copricapo, lasciando solo gli occhi scoperti. Un’ombra nella notte, ecco quello che era. Un’ ombra che voleva vendetta. Contro Koudou Yukimura.

 

 

La pattuglia camminava lenta per le strade di Kyoto, spaventando i pochi passanti che incrociavano gli uomini azzurro vestiti. Sanosuke e Souji erano alla testa del gruppo, il primo con la lancia poggiata sulla spalla destra e il braccio che riposava sull´asta, l´altro col braccio destro rilassato sul fianco, ma pronto a scattare fulmineo in qualsiasi momento.
Il silenzio avvilupò la strana processione e gli haori azzurri rilucevano sinistramente nella notte illuminata dalla luna calante, rendendo l´atmosfera spettrale.
Spettrale e carica di tensione ed aspettative. Souji sapeva che quella notte sarebbe accaduto qualcosa, e onestamente non vedeva l´ora di passare all´azione. Non sarebbero stati Rasetsu probabilmente ma sentiva che la sfida sarebbe stata altrettanto interessante. Sorrise tra sé ripensando al ninja della notte prima. Se aveva veramente fatto fuori due furie da solo, era qualcosa di fenomenale. Forse addirittura in grado di tenergli testa. Carezzò l’ elsa della sua spada, assaporando il momento in cui l’ avrebbe sfoderata.
Sanosuke lo guardò di sottecchi e sospirò. Conosceva quello sguardo deciso, e non prometteva niente di buono. Se si era messo in testa di trovare un divertimento per la serata, l’ avrebbe trovato. Non che fosse difficile in quella città dilaniata dalla violenza; era sufficiente farsi un giro nei dintorni di Shimabara dopo il tramonto e sicuramente qualcosa sarebbe saltato fuori. E a vedere la direzione in cui si stavano dirigendo, sembrava proprio che quella sarebbe stata la loro prossima destinazione.
- Hai intenzione di pattugliare anche Shimabara? - chiese Sanosuke casualmente, voltandosi verso il compagno. Souji scrollò le spalle. - Beh, ho pensato che ti avrebbe fatto piacere visto che è il tuo luogo dei divertimenti preferito… - disse sarcasticamente.
- Non credo sia per fare un piacere a me... Hai così voglia di sfoderare quella spada che pur di farlo sei disposto a cercare guai nel quartiere a luci rosse… non è da te, Souji, considerando quanto poco ti piaccia quel posto – disse scherzosamente Sano, dando una spallata amichevole all’ amico. Souji lo guardò di traverso, non degnandolo di una risposta.
Sanosuke rise giovialmente mentre il gruppo attraversava i cancelli di Shimabara, inoltrandosi nel quartiere dei piaceri proibiti.

 

 

Haruka sembrava volasse nel cielo notturno, nascondendosi nelle ombre e saltando da un tetto ad un altro in silenzio, concentrata sul suo obiettivo. Heisuke era stato molto dettagliato nella sua descrizione e non sarebbe stato difficile trovare il quartier generale degli Shinsengumi, il tempio di Mibu. Aveva fatto altre ricerche durante il giorno e stava imparando a conoscere le strade della città. Secondo le informazioni che aveva raccolto, il tempio si trovava in una zona periferica a nord della zona più centrale. Il che voleva dire che la strada più breve dal suo alloggio sarebbe stata quella che passava dal quartiere che si affacciava su Hanayacho, vicino al tempio Nishi-Honganji.
“Shimabara” pensò, con un ghigno di disprezzo. Si ricordò del tempo trascorso in un posto simile, a Yoshiwara3, nei pochissimi anni in cui aveva potuto vivere vicino a sua madre.
Scattò ancora più velocemente, come a voler fuggire da quei ricordi dolorosi. “Concentrati solo sul momento presente” si disse. “Non esiste nient’ altro”. Nient’ altro che vendetta. Continuò a correre nella notte, evitando facilmente gli sguardi dei pochi passanti che osavano sfidare le tenebre.
Lentamente il numero di persone per strada aumentò e con queste suoni, luci e voci di viandanti ubriachi. Si soffermò per un attimo sul tetto di una ochaya4 per guardarsi intorno, quando sentì il suono di una voce conosciuta sfiorarle l’ orecchio. Cautamente si avvicinò alla finestra dalla quale sembrava provenisse la voce. Si sporse appena dal tetto, cercando di guardare dentro alla finestra semiaperta. Riuscì solo a vedere parte della stanza riccamente decorata con drappi rossi e oro. La voce argentina squillava serena sulle altre, quando iniziò a cantare. “Questa canzone…. No, non può essere”. Incredula, Haruka rimase immobile, quasi stregata dalla potenza dei ricordi che quella melodia sembrava scatenare in lei. Fortunatamente la finestra non si affacciava sulla strada principale ma dava su un vicolo laterale, immerso nell’ oscurità, il che le permise di rimanere al riparo da sguardi indiscreti.
Non poteva andarsene senza aver avuto la conferma che quella persona non fosse lei. No, non poteva essere lei. E anche se fosse stato così, cosa ci faceva a Kyoto? Si calò lentamente su una tettoia più bassa che le avrebbe permesso di guardare appena dentro la stanza. Alzò il capo e sbirciò dentro, rimanendo di stucco.
Una giovane geiko5, bellissima, stava intrattenendo tre uomini con il suo canto. Nonostante il trucco elaborato l’ avrebbe riconosciuta ovunque.
- Michiru… - sussurrò, gli occhi incollati sulla ragazza. Osservava i suoi movimenti senza fiatare, ricordandosi bene il durissimo addestramento che si nascondeva dietro ad ogni singola posa.
I tre uomini, ubriachi, sembravano rapiti dalla grazia della giovane che stava ormai per concludere la canzone.
Haruka non si rese conto di quanto tempo era rimasta a fissare quella scena; sicuramente molto di più di quanto sarebbe stato raccomandabile vista la situazione in cui si trovava. Si riscosse dai ricordi e fece per allontanarsi dalla finestra quando sentì la voce di Michiru interrompersi bruscamente e un suono di colluttazione provenire dall’ interno della stanza.
- … ho voglia di un altro tipo di intrattenimento… che ne dici? - la voce impastata di uno degli uomini la fece rabbrividire e si voltò di nuovo verso la finestra, appena in tempo per intravedere i tre uomini afferrare la giovane e schiacciarla a terra, premendole una mano sulla bocca. Gli occhi terrorizzati di Michiru ed il percepire quanto fosse inerme di fronte alla forza dei tre uomini fecero ribollire il sangue nelle vene ad Haruka, e per un momento la sua razionalità venne offuscata da una furia incontenibile. Senza pensare al rischio che correva spalancò la finestra e saltò dentro la stanza, sferrando un calcio con tutta la sua forza al primo malcapitato che ebbe la sfortuna di trovarsi sulla traiettoria del suo piede; con un grido rotolò su un fianco, sorreggendosi il torace e guaendo di dolore. Gli altri due uomini rimasero per un momento sorpresi dall’ improvvisa entrata in scena di questa figura in nero e, lasciando la geiko, la guardarono con fare meravigliato ed infastidito. Erano ubriachi ma sembrava fossero in grado quanto meno di impugnare la spada. Fecero per portare la mano all’ elsa quando Haruka, sfoderando con un solo elegante movimento la sua lama, li ammonì freddamente.
- Toccate quelle spade e ve ne pentirete – disse a denti stretti, cercando di contenere la rabbia che la scuoteva.
I due la soppesarono per un momento e guardandosi divertiti sfoderarono la spada all’ unisono dicendo: - Non sai contro chi ti stai mettendo, pazzo! -
I samurai attaccarono simultaneamente ma fu semplice per Haruka schivarli, disarmarli e renderli inoffensivi. Con un paio di colpi ben assestati con la parte non affilata della katana li colpì con violenza al braccio destro, riconoscendo il familiare suono di ossa spezzate. Urla di dolore si levarono dai due, oramai in ginocchio di fronte a lei; aveva però già perso interesse per loro visto che non erano riusciti nemmeno a sfiorarla. Gettò con apprensione uno sguardo sulla giovane geiko che, terrorizzata, era strisciata in un angolo della stanza e osservava la scena con occhi sgranati dal terrore, reggendosi al petto con mani tremanti il kimono che i tre bruti avevano strappato.
Vedere che la ragazza stava bene le fece tirare un sospiro di sollievo, che durò però ben poco. Il frastuono della lotta attirò attenzioni indesiderate dal piano inferiore e sentì passi veloci di molti uomini affrettarsi sulle scale, avvicinandosi alla stanza dove erano.
Per un momento la giovane guerriera rimase congelata sul posto, indecisa ad andarsene e abbandonare Michiru con il rischio che gli uomini avrebbero sfogato la loro rabbia su di lei. Strinse ancora di più le mani attorno all’ elsa ed attese in silenzio l’ arrivo dei nemici, quando udì ulteriore commozione provenire da fuori lo stabilimento.
Non riuscì immediatamente a capire cosa stesse succedendo e non ebbe il tempo di pensarci perché altri tre uomini irruppero nella stanza, guardando appena gli altri sfortunati a terra che si contorcevano dal dolore. In un baleno sfoderarono le loro lame ed attaccarono Haruka, dando inizio ad un’ altra danza mortale.
“Dannazione, dannazione dannazione!” pensò la guerriera, tenendo testa a tre samurai contemporaneamente. Avrebbe voluto allontanarli da Michiru, in questo modo le avrebbe dato il tempo di mettersi in salvo. Guardandosi freneticamente attorno ed evitando i loro colpi riuscì a portarsi vicino alla finestra. Uno dei samurai attaccò con estrema violenza, pensando di coglierla di sorpresa. Fulmineamente Haruka si spostò di lato ed afferrandogli il braccio col quale brandiva la spada lo disarmò e allo stesso tempo lo spinse verso la finestra, sfruttando la velocità dell’ avversario per gettarlo fuori. Il malcapitato, incapace di frenare il movimento venne letteralmente sbalzato fuori, atterrando con un tonfo sordo nel vicolo sottostante. Gli altri due, terrorizzati dalla fine del loro compagno, si ritirarono appena continuando a guardarla con odio. Grida di panico e terrore si levarono dall’ esterno, creando ancora più caos.
- Maledizione! - imprecò fra i denti mentre i due avversari si ritiravano lentamente, uscendo dalla stanza.
Haruka si affacciò alla finestra e vide che una piccola folla si era raggruppata attorno al corpo senza vita del samurai, richiamando l’ attenzione di altre persone per cercare aiuto. Altre grida di panico si levarono dalle altre stanze dell’ edificio, facendole capire che fuggire senza farsi notare sarebbe stato alquanto difficile, vista la confusione che aveva scatenato.
Rinfoderando la spada si voltò verso la giovane geiko ancora a terra e si avvicinò, allungando una mano per accarezzarle il volto. Non se ne voleva andare prima di accertarsi che Michiru stesse bene. Fece per toccarla quando la ragazza, ancora sotto shock, si allontanò d’ istinto. Haruka fermò la mano a mezz’ aria rendendosi conto solo in quel momento che, vista la situazione, non poteva che aspettarsi quella reazione. Si abbassò appena il velo nero che le copriva il volto fino agli occhi, e sorrise.
Gli occhi della geiko si spalancarono ancora di più quando riconobbero la persona che le si parava di fronte. - Mir… - iniziò a parlare quando Haruka, fulminea, le premette l’ indice sulle labbra, invitandola al silenzio. Sorrise e le sussurrò avvicinandole le labbra all’ orecchio: - Tu non mi hai mai vista e non mi conosci… chiaro? - e strizzandole appena l’ occhio si coprì di nuovo il volto, carezzandole la guancia con affetto.
Michiru sorrise e acconsentì con un cenno del capo, incapace di parlare.
- Mettiti in salvo – le sussurrò, allontanandosi da lei e dirigendosi verso la porta. Sicuramente i due samurai di prima erano andati a cercare rinforzi, visto che non erano riusciti ad avere la meglio. Si affacciò appena dalla porta quando vide un gruppo di uomini dirigersi verso il luogo dove si trovavano, correndo in fila indiana nello stretto corridoio che si affacciava sul piano inferiore.
“Maledetti! Perché non mi lasciano in pace?” pensò, uscendo dalla stanza ed avvicinandosi lentamente ai nemici che stavano sopraggiungendo, apprestandosi a sfoderare di nuovo la sua lama quando una voce autoritaria sovrastò la confusione generale, intimando tutti alla resa. Si voltò verso il basso e vide un gruppo di guerrieri fare irruzione nello stabilimento e prendere possesso del piano inferiore. Haruka sgranò gli occhi nel riconoscere le uniformi di quei samurai, le stesse uniformi azzurre che aveva visto la notte prima e ancora quella stessa mattina quando aveva incontrato uno di loro.
Osservò poi quello che sembrava il leader gridare ordini ai suoi uomini:
- Assicurate tutte le uscite! Che nessuno esca! E’ un ordine! Questo luogo è adesso sotto custodia degli Shinsengumi! - il capitano si fece largo fra i suoi uomini, sfoderando la spada e preparandosi ad ingaggiare battaglia con chiunque avesse avuto il coraggio anche solo di pensare di contravvenire ai suoi ordini lapidari.
La sua sicurezza e sfrontatezza colpirono Haruka e per un attimo le balenò di fronte l’ immagine del guerriero della notte prima, quello che aveva difeso la ragazzina dall’ attacco delle furie. Le parve di riconoscerne il portamento e lo sprezzante avanzare, e anche la voce sembrava la stessa… lo fissò intensamente per quello che le parve un’eternità quando il capitano si voltò di scatto, quasi avesse percepito lo sguardo di qualcuno. Alzò gli occhi e il suo sguardo incontrò immediatamente quello di lei, inchiodandola sul posto.

“E’ lui” fece appena in tempo a pensare, vedendo un ghigno soddisfatto dipingersi sul volto del capitano.


 

1 Coridoio esterno che circonda le abitazioni giapponesi.

2Scuola di scherma tradizionale giapponese, codificata nell’ era Kansei (1789-1801), conosciuta comunemente come stile praticato dai membri principali dello Shinsengumi.

3Quartiere a luci rosse di Edo (Tokyo).

4Locale dove le geisha intrattenevano i clienti con danze, canzoni, giochi tradizionali, conversazione, saké ed ovviamente seduzione.

5Termine utilizzato a Kyoto equivalente a geisha.

   
 
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