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Autore: BellaLuna    13/04/2017    2 recensioni
purtroppo, la pace non dura mai per sempre ... e stavolta il destino del pianeta Wonder è nelle mani di una antica profezia. nell'eterna lotta tra luce e buio le principesse gemelle scopriranno come ,per ritornare a esseri liberi e ritrovare se stessi, basti rispecchiarsi nella propria ombra e come l'amore sia capace di spezzare anche la più crudele delle maledizioni ... "Rein abbassò lo sguardo nascondendo le calde lacrime che le solcavano il viso provato dalla battaglia. la presa sui suoi polsi e sulle sue caviglie divendava ogni istante più ferma e pungente. -Dimmi perchè!- le ordinò scrutandola come se cercasse di entrare nei meandri più segreti della sua anima. E lei sorrise, amara ,come se quelle due parole nascondessero un significato più profondo. - Dimmi perchè continui a sperare che la luce ti salvi?- la sua voce è dura,tagliente e sprezzante ... vuota di qualsiasi emozione. E pensi che in realtà non lo sai nemmeno tu il perchè! poi li rivedi, nella tua mente, le figure dei tuoi cari,dei tuoi amici,di lui che ti sorride. loro non ti abbandoneranno ... lo sai! ed è per questo che ora riesci a fronteggiare di nuovo quello sguardo di fuoco ... più sicura,più speranzosa ... più innamorata. - perchè sono sicura che lui verrà a salvarmi!-"
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Fine, Nuovo Personaggio, Rein, Shade
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Stranieri in Terra Straniera
 

Il labirinto di Nebbia si stagliò agli occhi di Shade immenso e lugubre proprio come la prima volta che gli era apparso in sogno.
Con le sue siepi alte e rigogliose, di un verde tanto intenso da sembrare quasi nero, e quel velo di nebbia gelida e densa che pareva abbracciarlo, cingerlo entro le sue braccia invisibili.
Solo che, a differenza di come ricordava, quella volta lì sul ciglio del suo ingresso non c’era più Rein, ma il fantasma della donna che aveva visto nel suo sogno.
La ricordava bene: i capelli lunghissimi, lisci, che le vorticavano intorno come se fossero stati mossi da una brezza invisibile, il lungo abito ricamato, i lineamenti sfocati del viso, gli occhi vuoti.
Guardarla gli faceva quasi bruciare gli occhi, perché era come guardare un immagine immersa nel fumo.
Tuttavia, non ebbe alcun timore nell’avvicinarsi a lei, che con quel suo sorriso sornione pareva essere rimasta tutto il tempo lì ad aspettarlo dal loro ultimo incontro.
<< Sto sognando non è vero? >> le chiese e, nonostante fosse alto la bellezza di un metro e ottantatre centimetri, fu comunque costretto ad alzare il capo per fissarla in quei suoi occhi vitrei.
La donna lievitava in aria e, visto che l’abito lungo le copriva l’intero corpo, Shade non aveva idea se avesse realmente i piedi oppure no.
Preferì non pensarci, sforzandosi di vedere la donna più come una sorta di visione e non come un parto malato del suo cervello.
Il fantasma accentuò maggiormente il suo sorriso e inclinò appena il viso di lato.
<< Perché me lo domandi, principe della Luna? Pensi forse di essere morto? >>
Shade rabbrividì, e per un attimo scostò gli occhi dai suoi fissandosi le dita delle mani.
Aveva letto una cosa... una volta, circa come distinguere un sogno da un realtà... ma la sua testa era così pesante che ragionare con anche solo un minimo di lucidità gli parve impossibile.
Era come se qualcuno gliela stesse ancora comprimendo contro tonnellate di soffici cuscini di piuma d’oca.
Non era proprio una sensazione fastidiosa... ma nemmeno granchè bella!
E, sinceramente, non aveva idea di che cosa gli fosse realmente successo.
Inglobato in quello strano mondo di ombre, la realtà gli parve così lontana da riuscire a possederne solo un vago ricordo, impalpabile quanto la nebbia che lo stava avvolgendo.
Ricordava l’immagine indefinita di un’unica ed enorme macchia nera, un dolore lancinante alla nuca.
E poi il vuoto.
Quindi in definitiva sì, poteva anche essere morto...giusto?
<< Non lo so. Sono morto? >>
La donna gli diede le spalle con un gesto repentino, il suo profilo sembrava trasformarsi come quello di una nuvola in movimento.
<< Non abbiamo molto tempo. Adesso devi venire con me.>>
A quanto pareva, il tempo delle domande era finito.
Shade aveva già giocato a quel gioco ed aveva compreso che a insistere e incaponirsi – cosa che tra l’altro faceva abbastanza spesso – non avrebbe risolto proprio niente né lo avrebbe aiutato ad avere delle risposte.
Così, le mani strette a pugno lungo i fianchi e lo sguardo vigile di chi è abituato a guardarsi sempre le spalle, si incamminò dietro di lei.
Fu un viaggio strano in realtà.
Perché, visto come si muoveva in fretta e senza la minima fatica, sembrava più di star lievitando dolcemente a mezz’aria.
I sentieri del labirinto erano molto più largi e meno asfissianti di come li ricordava, forse perché, semplicemente, adesso non sentiva più l’ansia di raggiungere disperatamente qualcuno e il timore costante di essere spinto indietro da una forza invisibile ancora e ancora.
Con estrema calma si permise di guardarsi in giro, lambire con lo sguardo ogni particolare di quel posto che per tanto tempo aveva ossessionato i suoi pensieri.
Possibile che si ergesse davvero nel bel mezzo del nulla? Lì dove la notte e il giorno si incontravano... ma che diavolo voleva dire?
Una strana sagoma, ritagliata con precisione e talento fra il fogliame folto della siepe, attrasse la sua attenzione.
Sembrava un drago.
Un drago dalle immense ali spiegate.
<< Che cos’è? >> domandò al fantasma, ma la donna proseguì per la sua via senza rispondergli.
Shade perse ben presto il conto di quante volte avessero girato a destra e poi a sinistra e poi ancora a destra, anche se era rimasto piacevolmente sorpreso nel constatare che il Labirinto non era affatto così indecifrabile e ostico come poteva apparire a primo acchito.
Poteva anche essere uno di quei labirinti che i reali un tempo facevano costruire nei loro giardini, luoghi ricreativi dove giocare o andare a rifugiarsi lontano da occhi indiscreti.
Certi sentieri si aprivano maestosi all’interno di spiazzi che avrebbero potuto contenere almeno un paio di gazebo; alcune delle entrate erano sormontate da archi su cui si riammiravano costantemente alcuni stemmi reali.
Il drago dalle ali spiegate, una sorta di fenice quasi ripiegata su se stessa, e poi i vari stemmi di Wonder: quello del sole, quello della luna, del regno della goccia, dei gioielli e così via, sparsi, in apparenza, secondo un ordine a caso.
<< Posso almeno sapere dove mi stai portando? >>
<< Lo scoprirai fra poco.>>
Man mano che continuavano ad avanzare Shade iniziò a sentire il suo corpo farsi sempre più pesante, il dolore alla nuca ritornare a pulsare prepotentemente, come se stesse cercando di attirare la sua attenzione.
Ancora una svolta a destra, poi a sinistra, sinistra ancora, destra, destra, destra, sinistra.
D’improvviso sentì il suo cuore mancare un battito.
E se il fantasma lo stesse semplicemente conducendo in un luogo dove non sarebbe mai più stato capace di uscire?
Perduto, Shade, perduto per sempre.
<< Chi mi dice che posso fidarmi di te? >> le domandò, il tono di voce pacato di poco prima del tutto rimpiazzato da uno a tratti accusatorio.
La donna continuò a dargli le spalle imperturbabile, gli occhi vacui fissi di fronte a sé.
Shade sbuffò, una mano sprofondata nella zazzera di capelli cobalto, l’altra stretta all’elsa di un piccolo pugnale che gli penzolava dalla cintura.
<< Perché rispondi a certe domande e ad altre mi ignori? Hai per caso un numero limitato di parole da usare al giorno e non vuoi sprecarle? Se è così sappi che puoi semplicemente rispondermi facendomi dei gesti con il capo, non dovrebbe essere un problema, giusto? Insomma... >> Shade si morse la lingua dandosi mentalmente dello stupido.
Non aveva idea di che cosa gli fosse preso tutto d’un tratto. Non era mai stato un tipo logorroico, lui. Uno di quelli che attaccava a parlare senza mai fermarsi, dando fiato a tutto ciò che gli passasse per la testa.
Quella era più una cosa da Rein o da Gon...
Gon.
“Shade! A TERRA!”
Un‘altra fitta alla testa, la sensazione graffiante del suo corpo che sbatteva contro la roccia gelida e spigolosa.
<< Stavo combattendo...>> mormorò fra sé e sé, continuando a seguire la donna, forse perché semplicemente non poteva fare altrimenti.
Deglutì amaro, avvertendo come un sapore metallico impastargli la bocca.
<< Stavo combattendo insieme ai Guardiani di Spazio... eravamo... noi eravamo...>>
“Siamo intrappolati! Non possiamo raggiungere le Grotte. Non c’è modo di aggirare quel mostro!”
Le immagini, che gli si affacciavano a scatti nella sua mente, erano così dolorose da spingerlo a mordersi le labbra per reprimere un gemito.
<< Eravamo nel regno della Goccia... vicino alle Grotte di Inumi.>>
La donna continuò ad avanzare, veloce, impassibile, il contorno indefinibile come fumo.
Shade si sentì mancare il fiato, la sua cassa toracica pareva oppressa in una stretta d’acciaio.
Gli parve di star soffocando.
“E’ solo un sogno, Shade,” si disse, scuotendo il capo più volte “continua a camminare, Shade, è solo un sogno...”
<< Questo è solo un sogno. Sto sognando. Non sono qui per davvero.>> ripetè ad alta voce, come se ciò bastasse a tranquillizzarlo.
Ritornò a guardarsi intorno e la sensazione di oppressione continuò a schiacciargli l’addome.
Non c’era nessuna via di fuga. Nessuna.
Shade provò a fermarsi. A costringere il suo corpo a smettere di seguire la donna, a trovare un punto fisso su cui fissare lo sguardo, visto che improvvisamente tutto aveva preso a vorticare troppo, troppo velocemente.
Sinistra, sinistra, destra, sinistra, destra, sinistra, sinistra.
Il suo cuore batteva troppo in fretta, pareva volergli schizzare via dal petto da un momento all’altro.
Portò entrambe le mani ora tremanti sul colletto della giubba.
Non riusciva più a respirare.            
<< Devi calmarti, principe Shade. O il Labirinto finirà per ucciderti.>>
<< Come... anf...>> aveva il fiatone e parlare gli sembrava improvvisamente essere diventato difficile << Come...come faccio a... anf... calmarmi?! >>
La donna parve rallentare, si girò un attimo verso di lui, osservandolo di sottecchi << Concentrati su qualcosa. Un pensiero fisso. Possibilmente bello.>>
Un pensiero bello? Mentre era intrappolato all’interno di uno strano sogno/visione dentro un posto maledetto da cui probabilmente non sarebbe mai più uscito?!
Geniale! Davvero, davvero, geniale!
<< Non ci stai riuscendo.>> commentò la donna quando ripresero a muoversi.
Destra. Sinistra. Sinistra. Destra.
<< Ovvio che non ci sto riuscendo! È facile a dirsi! >>
Dritto. Ancora dritto. Sinistra.
<< Che cosa stai cercando, Shade? >>
Avanti. Avanti. Destra. Destra. Destra.
<< Come? >>
<< Le persone che giungono fin qui di solito cercano qualcosa, tu che cosa stai cercando, Shade? >>
Il principe deglutì nuovamente. La sua bocca sembrava impastata di sangue.
“Respira, Shade. Concentrati su qualcosa. Respira.”
<< Io... io non lo so...>>
<< Shade.>>
Destra. Avanti. Sinistra. Sinistra.
<< Non lo so.>>
<< Shade... Shade...>>
Destra. Ancora avanti. Destra. Destra. Sinistra.
<< Smettila di ripetere il mio nome! Ti ho detto che non lo so! >>
<< Shade! >>
“Respira, Shade. Avanti, Shade, coraggio . Che cosa stai cercando, Shade?”
“SHADE!”
...Rein.
<< Rein.>>  il suo nome venne fuori dalle sue labbra in una specie di rantolo, forse era solo il respiro che fino a quel momento aveva sentito essersi incastrato nella sua gola.
Gli occhi nel vuoto. Ombra e nebbia da per tutto. Dov’era il verde del labirinto adesso?
La donna si era fermata in un enorme spiazzo. Lo fissava sorridente, le mani intrecciate dietro la schiena, alle sue spalle una sorta di altare di pietra.
Shade le andò incontro, stavolta correndo sulle sue proprie gambe.
<< C’era Rein! Non è vero? Tu la conosci? Che le è successo? Dimmelo! Dimmelo, avanti! >>
L’avrebbe afferrate per le spalle e scossa fin quando non gli avesse rivelato tutto, ma non appena provò a sfiorarla, la sua essenza le scivolò fra le dita.
Era davvero un fantasma, allora. Se quello fosse stato il suo sogno, forse, sarebbe riuscito almeno a toccarla, no?
La donna continuò a sorridergli, enigmatica.
<< Siamo arrivati.>> decretò e poi si scostò di lato permettendogli di vedere ciò che le stava alle spalle.
Conficcata in un altare di pietra c’era una spada, l’elsa nera come cristallo d’ossidiana.
<< Dove mi hai portato? >> Shade fissava quell’Arma basito e curioso al tempo stesso.
Aveva un non so che di familiare.
Avrebbe tanto voluto allungare una mano e sfiorarla, ma l’immagine della donna si frappose nuovamente fra loro.
<< Trova la spada, Principe del regno della Luna. Trovare la spada è molto importante. >>
<< Perché è molto importante? Che significa tutto questo? >>
Il sorriso sul viso del fantasma si spense, ora pareva guardarlo con espressione corrucciata, quasi nostalgica.
<< E ora di tornare indietro, Shade. >>
Il principe spalancò gli occhi stupito << Cosa? >>
La donna allungò la sua mano di nebbia e la posò sul suo capo, i suoi occhi vuoti e vacui puntati dritti nei suoi << Torna indietro, Shade.>>
L’attimo dopo il principe si sentì come risucchiato all’indietro dal potere del labirinto, la testa che pulsava terribilmente, il cuore che batteva feroce nel petto.
Il suo urlo agghiacciante si perse nelle ombre.
 
***
 
Castel diede con forza un calcio a uno dei detriti che erano precipitati sulla spiaggia.
Il frammento di roccia descrisse un arco quasi perfetto in aria prima di piombare in acqua con un tonfo.
Gon lo osservò strisciando i piedi sulla sabbia bagnata, il sole timido, che sbucava fra le nubi, gli accarezzava il viso.
<< Non può essere svanito nel nulla! >> sentì piagnucolare Fine alle sue spalle, forse per la milionesima volta in quelle tre ore.
Stavano cercando Shade, l’avevano cercato dappertutto ormai.
A un certo punto – lo sguardo basso e l’aria afflitta – Castel aveva persino avanzato l’idea che fosse rimasto sepolto sotto i detriti.
Fine l’aveva fissato con i grandi occhi color rubino ricolmi di lacrime e aveva negato la cosa categoricamente.
Shade non era morto! Aveva ripetuto fino a quasi strapparsi le corde vocali.
E Gon era d’accordo con lei.
Il principe Wonderiano non sembrava per niente uno che si lasciava uccidere così facilmente.
Stava di fatto, però, che non erano ancora riusciti a trovarlo.
<< Dannazione! >>
E che Castel stava quasi del tutto perdendo il controllo.
Gon non sapeva se la cosa riguardasse tanto Shade o il fatto che senza il suo aiuto nessuno dei due avesse la benché minima idea di come far ritorno su Spazio.
Forse era un misto fra le due cose, forse era tutta la situazione in generale, pensò, lambendo nuovamente con lo sguardo l’intera costa.
Le Grotte di Inumi erano sprofondate nel mare, della sua maestosa imponenza non era rimasta nemmeno lo scheletro.
Ed ogni possibilità di trovare la Prescelta era scivolata negli abissi insieme a loro.
“E pensare che eravamo così vicini, stavolta” ragionò amareggiato, desiderando di poter tornare indietro nel tempo per rimettere le cose a posto.
Voleva ritrovare Shade, prima di tutto, assicurarsi che lui stesse bene, e voleva anche trovare un modo per rassicurare Castel.
Dirgli che avrebbero risolto tutto, come al solito, che sarebbero tornati a casa presto, tutti insieme, che non si sarebbero mai arresi.
Ma il punto era che, per la prima volta dopo tanto tempo, nessuno dei due sapeva come comportarsi.
Su Spazio era facile. Loro erano i guardiani, la loro vita era tutta concentrata sul battersi contro i Tenebros e proteggere i Lumos. Ogni giorno. Ogni notte. Ogni maledettissima mezzanotte.
Ma su Wonder? Chi avrebbero protetto? Contro cosa avrebbero dovuto scontrarsi?
Gon pensava ancora che fosse incredibile ed elettrizzante trovarsi su Wonder- ricordava bene le fantastiche storie di Allison, quelle in cui si raccontava che gli ultimi Lumos ad aver compiuto un viaggio simile, esplorando Wonder, erano esistiti tanti, tantissimi anni prima di loro – ma al tempo stesso avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di trovare un modo per tornare a casa sua.
<< Basta, non ce la faccio più! >> sentì dire alla principessa, e l’attimo dopo la vide sedersi sulla battigia, afferrarsi le ginocchia e portasele al petto.
Il vestito sontuoso e la coroncina sulla sua testa erano stati sostituiti da una tuta da viaggio piuttosto buffa e un capello schiacciato sulla folta capigliatura color lampone.
Gon avvertì un moto di compassione nei suoi confronti colpirgli il petto e, dopo aver lanciato un’ultima occhiata verso Castel – ancora intento a sfogare la sua rabbia contro qualsiasi cosa avrebbe potuto prendere a calci – avanzò un po’ titubante verso di lei.
L’aveva quasi raggiunta, quando il suono di una tromba attrasse la sua attenzione.
Dei cavalieri con i vessilli reali sbucarono fra la macchia che precedeva la spiaggia, e parevano puntare proprio verso di loro.
Al comando c’era un furibondo comandante Rod, e una strana donna dalle sembianze canine che portava una strana corona sul capo.
<< Oh no...>> mormorò Gon, spiaccicandosi una mano sul viso.
Dietro di lui, sentì i passi pesanti di Castel che lo raggiungevano.
<< Gon... >> ebbe il tempo di dirgli prima che Fine lo interrompesse affermando un sorpreso << Sta arrivando la Regina! >>
Entrambi i due guardiani si voltarono perplessi verso di lei << La Regina? >>
Fine annuì e con un dito indicò loro la strana donna che cavalcava al fianco del comandante Rod.
<< E’ quella laggiù, vedete? È stato Poomo ad andarla a chiamare, dice che lei potrà aiutarci a cercare Shade.>> Fine si asciugò le lacrime dalle guance e poi si issò in piedi.
Pareva aver ritrovato nuovamente la speranza.
<< Heilà! >> trillò, agitando le braccia in aria << Siamo quiii! Poomooo! >>
Gon e Castel si scambiarono un’occhiata complice, sistemandosi alle spalle della ragazza e iniziando a bisbigliare fra loro.
<< Che cosa facciamo, Cast? >> gli domandò sottovoce l’undicenne, per nulla contento di dover nuovamente avere a che fare con il comandante Rod.
<< Quel Wonderiano ci odia. Di sicuro ci accuserà di aver complottato contro la Regina, il Regno, forse persino l’intero Wonder! Dirà che siamo complici di quei mostri neri sbucati dal nulla e ci spedirà di nuovo in gattabuia, vedrai!>> gli riassunse in breve la situazione Castel, come al solito sprizzante di ottimismo.
Gon – che era abituato al suo atteggiamento fatalista e quasi pareva non farci più nemmeno caso – si limitò a fare spallucce << O magari ci aiuteranno.>>
Castel lo liquidò con un’occhiataccia << E come potrebbero aiutarci, Gon? >>
Il castano iniziò a mordersi il labbro inferiore indeciso sul da farsi.
<< E quindi cosa proponi di fare? Vuoi scappare? Per andare dove? Non conosciamo questo posto. E se Shade dovesse tornare...>>
<< Hai detto bene se... senza di lui siamo spacciati! Saremo costretti a rimanere su Wonder per sempre, capisci?! Sarebbe un disastro, Gon. Una catastrofe! >>
<< Lo so... ma lui tornerà. Me lo sento, fidati. Shade tornerà. >>
<< E fin ad allora cosa pensi di fare, eh? Sentiamo! >>
Gon spostò la sua attenzione su Fine, che aveva iniziato a camminare tranquillamente verso la cavalleria.
La vide girarsi d’improvviso verso di loro, un sorriso bonario a marcarle il viso.
<< Voi non venite? Coraggio, la Regina avrà anche un aspetto un po’ strano ma è buona e gentile...mmmh... qualche volta.>> poi si voltò nuovamente riprendendo a chiamare il suo amico folletto a gran voce.
Gon sentì gli angoli delle labbra piegarsi nuovamente verso l’alto << Potremmo fare come dice lei, no? Potremmo fare come la Principessa del regno Solare. Potemmo fidarci di lei.>>
Castel inarcò un sopracciglio e poi fece saettare il suo sguardo scettico prima sulla ragazza e poi di nuovo su di lui << Scherzi? >> gli chiese, avendo paura che il castano avesse perso il lume della ragione.
<< Ha usato l’arma leggendaria di Prominence! >> gli ricordò Gon, marcando bene la voce sull’ultima parola.
L’arancio si portò le mani sui fianchi, nella sua classica posa perentoria << L’ha fatto, è vero. E sarebbe stato grandioso se solo lei non fosse un completo...ehm...come dirlo in modo carino? ...disastro! >>
Gon ridacchiò rifilandogli un pugnetto sul braccio << Oh, andiamo, non è stata poi così male... ha scacciato le Ombre Nere, no? E ha anche sconfitto il Demone Oscuro.>>
<< Bè, tecnicamente, non l’ha proprio sconfit- >>
<< ECCOVI QUI, BRUTTI MANIGOLDI! SAPEVO CHE VI AVREI RITROVATI! NESSUNO PUO’ PENSARE DI SFUGGIRE AL GRANDE COMANDANTE ROD! >> gridò verso di loro il comandante, galoppando al doppio della velocità degli altri per raggiungerli.
Castel e Gon sobbalzarono, avvertendo un brivido di irritazione serpeggiare loro lungo la schiena.
Fine invece si voltò stupita << Ma come? Voi vi conoscete già? >>
Cast si passò una mano fra i capelli con fare esasperato, mentre Gon mise il muso e sbuffò un poco entusiasta << Sì... purtroppo per noi.>>
 
 

<< Non possiamo fermarci un po’ qui? >> Piimi si accasciò sulla spalla del compagno di squadra, che sbuffò reprimendo il desiderio di scrollarsela di dosso con un gesto seccato.
Nascosti nel fitto della macchia che circondava il palazzo reale, separandolo dalla spiaggia, il tenebros stava cercando di tenersi il più possibile alla larga dai due guardiani – senza però perderli mai d’occhio - e da qualsiasi altro essere vivente che avrebbe desiderato continuare a vivere.
Non poteva ancora credere che quella stupida, stupidissima prescelta li avesse abbandonati in quel posto!
Che cosa le era saltato in mente quando si era precipitata a recuperare quello sciocco wonderiano?!
Sapeva benissimo che senza il suo incantesimo né lui né Piimi erano in grado di teletrasportarsi al Labirinto di Nebbia!
Eppure non ci aveva pensato due volte a mollarli lì come due allocchi.
<< Giuro che stavolta gliele suono per davvero a quella piccola->>
<< Ter... ti prego... non ricominciare a insultare Rein! Sono sicura che non l’ha fatto apposta... e che presto tornerà qui a prenderci.>>
<< Non me ne frega niente se lo ha fatto apposta oppure no! Ha compiuto un gesto imperdonabile! Mollarci qui su Wonder! Le triplicherò i turni di addestramento, come minimo! E oh... ecco... potrei obbligarla a studiare per davvero, anche se dubito possa apprendere sul serio qualcosa visto che sembra non possedere un cervello! >>
Piimi gli lanciò un’occhiata di traverso ma si sentiva totalmente priva di forze per ribattere qualcos’altro in difesa dell’amica, così si limito a sospirare e a sistemarsi meglio sulla spalla del ragazzo.
Visto che lui continuava a lanciare imprecazioni verso la turchina decise di distrarlo cambiando argomento << Anche i Lumos sono bloccati qui come noi... hai già pensato a come abbiamo fatto ad arrivare su Wonder anche loro? >>
Terence grugnì, avanzò ancora fra la macchia, finchè non individuò un albero abbastanza alto e robusto su cui arrampicarsi e riuscire magari a tenere meglio sotto controllo la situazione << Non ne ho la più pallida idea! Credevo che solo il ciondolo di Destion avesse questo potere... ma a quanto sembra deve esserci una qualche sorta di portale magico che i Guardiani sono riusciti a trovare.>>
<< Credi che sia una coincidenza il fatto che si trovassero qui proprio quando anche noi... >>
<< Ovvio che non è una coincidenza! Quando si tratta di portali nulla avviene mai per caso, dovresti saperlo bene.>>
<< Potrebbe essere un segno.>>
<< Un segno di cosa? >>
<< Bè... forse è arrivato il momento che Rein... >> Piimi abbassò lo sguardo, tormentandosi le piccole manine  << forse è arrivato il momento che lei sappia la verità … tutta la verità.>>
Terence sentì un moto di rabbia e fastidio ribollirgli dentro e scrollandosi il mantello praticamente costrinse Piimi ad allontanarsi da lui.
<< Sciocchezze! Quella mocciosa non ha affatto bisogno di conoscere tutta la verità! A che servirebbe? Possiamo benissimo cavarcela anche senza i Guardiani come abbiamo fatto finora! >>
<< Ma... Terence... >>
<< Niente ma! Questi non sono affari tuoi! Prova a farne parola con lei e te ne farò pentire amaramente, folletta, hai capito!? >>
Se non lo avesse conosciuto così bene, forse Piimi si sarebbe sentita offesa e si sarebbe senz’altro spaventata di fronte alle minaccia del tenebros, invece, provò per lui solo una profonda tristezza.
Annuì lievemente, appollaiandosi in uno dei rami più bassi << Come vuoi tu...>> bisbigliò amareggiata e stanca, strofinandosi gli occhi affaticati.
Terence le ringhiò contro per poi incrociare le braccia e osservare un punto imprecisato nella selva di fronte a sé.
<< Se i Lumos sono arrivati dovranno pure andarsene, no? Quindi, perché non sfruttare il loro stesso portale...? >> ragionò qualche minuto dopo, puntando lo sguardo verso il punto in cui sentiva chiaramente provenire la magia di luce dei due giovani guardiani.
Piimi si grattò una guancia << Ma noi non sappiamo quale sia il loro portale. Come facciamo a usarlo se non sappiamo nemmeno com’è fatto, scusa? >>
Il ragazzo tirò le labbra in un sogghigno predatorio << Beh... lo scopriremo... mi pare ovvio.>>
<< Io dico che dovremmo aspettare Rein.>>
<< Tu sei inutile. Il tuo parere vale meno di niente. Ora muoviamoci. Ci siamo riposati fin troppo.>>
<< Sei sempre il solito antipatico! >>       
Il ragazzo balzò giù dall’albero con fare ferino, fece spallucce come se la cosa non lo riguardasse minimamente e poi, notò Piimi con un fremito di preoccupazione mentre gli volava accanto, i suoi occhi si accesero di una luce diabolica che non prometteva mai nulla di buono.
<< Piuttosto, stavo pensando a un modo efficace per tenere sott’occhio quei due senza che si insospettiscano di me... >> lasciò volutamente la frase in sospeso fin quando la folletta gli chiese << E... l’hai trovato? >>
A quel punto, il ghigno del moro si fece ancora più marcato << Beh... mi sembra alquanto ovvio, ci vuole qualcuno di così piccolo e inoffensivo da passare facilmente inosservato... intrufolandosi lì dove io non potrei mai andare, a te ti viene in mente chi potrebbe essere, Piimi? >>
La folletta si era ritrovata a spalancare la bocca sorpresa – perché capitava così di rado che Terence la chiamasse per nome- ma, l’attimo seguente, finalmente consapevole di quel mefistofelico sorrisetto e delle sue occhiate, si sentì gelare il sangue nelle vene, e sgranò gli occhi << No, no! Oh no, Terence! Non pensarci neanche! >>
 
***
 
Per un tempo che gli parve interminabile il Principe della Luna si sentì come se stesse galleggiando nel vuoto.
Il nulla lo avvolgeva, lo soffocava, era come annegare, aprire la bocca e rendersi conto che non c‘era aria, non c’era vita, non c’era nulla.
Era sprofondato in un abisso fatto di tenebre e freddo.
Pensò che fosse l’abbraccio della morte venuto a reclamarlo, pensò che non era pronto per affrontarla, poi pensò a Rein, alla prima volta che l’aveva incontrata quando entrambi erano poco più che bambini e già portavano sulle spalle il peso di una missione troppo grande per loro.
Il dolore alla testa iniziò nuovamente a torturarlo, intenso e martellante, e dapprima piano e poi sempre più forte iniziò ad avvertire anche un leggero fischio insistente alle orecchie.
Provò a parlare ma, sebbene la sua mente sembrasse sveglia e vigile, il suo corpo era come paralizzato, un giocattolo rotto, una macchina spenta e inutilizzabile.
Gli pareva di non respirare più.
Poi, invece, il fischio alle orecchie iniziò a trasformarsi in un borbottio.
Parole piccole e incomprensibili all’inizio, bisbigli pronunciati in una lingua squillante e apparentemente sconosciuta, come quando aveva sentito Milky iniziare a fare i suoi primi “discorsi” e doveva più volte chiederle di ripetere per comprendere cose gli avesse appena detto.
Quando il borbottio iniziò a farsi meno squillante e strascicato, e il ronzio alle orecchie iniziò a placarsi, Shade cominciò a distinguere qualche parola:
<< ... stavolta l’ho combinata grossa... oh sì! Accidenti... Ter mi ammazzerà di sicu-... oh, ma chi se ne frega di lui! Se avessi fatto di testa mia a questo punto... e invece noo... ma certo... seguiamo i consigli di vostra tenebrosità reale... andiamo a cercare l’Arma dell’Acqua... bene! … a cosa cavolo mi serve l’Arma dell’acqua adesso?! Il fuoco... oh... il fuoco si che sarebbe stato utile... e invece no, Rein, proprio no... c’è un ordine da seguire... noi siamo dei grandi testoni asociali e quindi dobbiamo seguire gli ordini... gli ordini sono importanti e... oh, cavolo, sono proprio nei guai! >>
Sapeva di conoscere quella voce. Sapeva che doveva aprire gli occhi e muoversi e... aveva solo così freddo e così male e... poi, semplicemente, il vuoto lo rigettò fuori per farlo precipitare in una landa di... nebbia.
Spalancò gli occhi, scattando a sedere e ansimando come se avesse appena corso una maratona.
Sentì qualcuno emettere uno strillo di sorpresa e sussultare al suo fianco, ma non ci badò.
I suoi occhi erano totalmente concentrati sul grigio che lo stavo avvolgendo, sulle sue mani che tremavano.
Dieci. Dieci dita. Quello non era un sogno. Com’era possibile che non era un sogno?
<< S-Sha... Shade? >>
Al suono del suo nome si voltò repentinamente di lato, scontrandosi con la figura rannicchiata in se stessa di... Rein.
Rein.
Spalancò gli occhi come se avesse appena visto un fantasma – l’ennesimo! - e, sebbene stesse ancora tremando e il dolore alla testa fosse fortissimo, spiccò in piedi con un balzo mettendo più distanza possibile fra sé e la ragazza.
Quell’ignobile!
<< Che cosa diamine stai facendo?! >> le urlò contro adirato, << Perché adesso hai assunto il suo aspetto? Lo stai facendo per torturarmi? Vuoi farmi uscire di senno... è questo quello che vuoi!? >>
A quel punto fu il turno di Rein di spalancare gli occhi allarmata e di rimettersi velocemente in piedi << Io... io... cosa? Shade, ma di cosa diavolo stai parlando? >>
Lo vide traballare, le ginocchia incapaci di reggere il suo peso, una mano premuta nel punto in cui quel masso lo aveva colpito alla testa.
Pareva sul punto di svenire così avanzò velocemente verso di lui, ma Shade si ritrasse quasi disgustato.
<< Non provare a toccarmi, hai capito?! Credevo che volessi farmi tornare indietro! E allora perché sono di nuovo qui, dannazione! >>
La ragazza lo fissò basita e confusa, mentre le guance iniziavano già ad imporporarsi di indignazione e rabbia.
Come si permetteva quell’idiota a trattarla in quel modo, dopo che aveva rischiato tutto pur di salvarlo?
<< Shade... seriamente... hai preso una botta in testa... una bella forte a quanto pare... >>
<< Non ho preso nessuna botta in testa! E ora portami fuori di qui e smettila di parlare come Rein! È orribile! >>
A quel punto, dopo aver atteso per ore, da sola e ferita, in mezzo al Labirinto di Nebbia, che lui si svegliasse, con il cuore in gola perché non aveva davvero idea di che cosa dirgli o di come avrebbe reagito o di come avrebbe potuto spiegargli la situazione... beh... dopo tutto quello che aveva passato... lui le diceva che era orribile. Orribile?!
<< Ma come... come ti permetti, eh!? Io non sono orribile! Non sto fingendo! Non sto facendo proprio niente! Sono io! E tu sei... >> Rein gonfiò le guance, le braccia tese lungo i fianchi e i pugni serrati, gli occhi che mandavano lampi << E tu sei un tale idiota! Ecco quello che sei! >>
Se non si fosse trovata nel bel mezzo del nulla, a quel punto Rein gli avrebbe già dato le spalle e sarebbe andata a nascondersi in uno dei nascondigli segreti in cui Shade non sarebbe MAI riuscito a trovarla e invece...
Dopo quelle ultime parole il ragazzo sembrò uscire dallo strano stato di confusione in cui era.
Si riscosse, fissandosi le dita delle mani e poi fissando lei come se non riuscisse a capacitarsi della situazione.
Poi, con grazia, si afflosciò per terra, una mano sprofonda nella zazzera scura.
Di fronte ai suoi occhi così penetranti che la fissavano come se la stessero vedendo per la prima volta, la ragazza sentì il fiato mozzarsi in gola, il cuore che galoppava troppo velocemente nel petto.
Shade deglutì a fatica, il corpo ancora scosso da brividi.
<< Re... Rein? >> il suo nome gli uscì fuori in due suoni, come se inizialmente gli fosse rimasto incastrato fra le corde vocali.
La turchina si portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, improvvisamente a disagio, e volgendo il viso altrove annuì con finta aria scocciata.
<< Esatto. Ma che bravo. Chi credevi che fossi, un fantasma per caso? >>
Vide gli angoli delle labbra di Shade piegarsi secondo un angolazione particolare, che aveva imparato a riconoscere alla perfezione da molti anni.
Era il suo solito, stramaledetto, sorriso sghembo.
<< Beh... >> bisbigliò, quasi ridendo, con l’aria di chi sembra saperla sempre troppo lunga << qualcosa del genere.>>
      
***
     
Gon si sfilò gli stivali della tenuta da combattimento e immerse i piedi sui rivoli di schiuma marina che si infrangevano nella battigia.
Alle sue spalle, Castel, Fine e il Folletto, la Regina e il Comandante Rod e l’appena arrivata Principessa del Regno della Goccia stavano discutendo su questioni che lui amava definiva barbose e troppo da adulti.
All’inizio, quando il comandante era sceso da cavallo brandendo la spada e iniziando a inveire contro lui e Castel, quest’ultimo aveva affermato i suoi diritti di libero cittadino, di grande e valoroso guerriero quale era e la sua completa e assoluta innocenza con tono fermo e garbato.
In pratica, si era comportato come il damerino di corte che era stato una volta, mentre il castano aveva semplicemente continuato a ripetere a briglia sciolta che non avevano fatto niente, che – no, per l’amor del cielo! – non erano dei criminali e che... beh... ok... forse erano evasi dalla prigione, eh sì... gli avevano effettivamente dato un colpo in testa per tramortirlo, ma questi erano senz’altro dei dettagli trascurabili... così com’era trascurabile il fatto che le Grotte di Inumi fossero beh... ecco...calate a picco...
Alchè, dopo l’ennesima sciocchezza che gli uscì fuori di bocca e di fronte all’occhiata torva della Regina dalla faccia canina, Castel lo aveva preso per la collottola e gli aveva sussurrato – in tono assolutamente gentile -  di chiudere il becco e levarsi di torno se non voleva finire nella forca!
Ecco perché in quel momento se ne stava con i piedi a mollo ad assistere imbronciato ai diverbi fra le due parti.
Fortunatamente, era alla fine intervenuta la Principessa della Goccia ad aiutare Cast, anche perché Fine era quasi più inetta di lui nelle questioni burocratiche.
Per aiutarli aveva cercato di descrivere alla Regina e a Rod la lotta contro il Mostro (così Fine chiamava il Demone Oscuro) gesticolando come una matta ed emettendo suoni tipo “Ta-dam!” e “Bruush!” che avevano fatto scoppiare a ridere tutta la guardia reale tranne la Regina che sembrava star per scoppiare dall’ira e il comandante Rod che guardava la piccola Fine come se volesse divorarla.
Effettivamente, ragionò il Lumos osservandola, era così minuta che il comandante avrebbe benissimo potuto ingoiarla con un solo boccone.
La Principessa del Regno della Goccia invece era calma e pacata e riusciva, in maniera alternata, a placare l’ira furente del comandante, le occhiate arcigne della Regina e l’indignazione di Castel.
Tuttavia, restare lì a discutere non migliorava di certo la loro situazione.
Gon sbuffò amareggiato pensando al gran casino in cui si erano cacciati, poi incrociò le braccia dietro la testa alzando gli occhi verso il cielo plumbeo.
Pareva passata un’eternità da quando erano partiti... o forse a lui pareva essere passato così tanto, perché il tempo su Wonder scorreva molto più lentamente rispetto a Spazio.
“A casa saranno già le cinque di pomeriggio come minimo...” calcolò, avvertendo una fitta di nostalgia.
Con fare pensieroso aveva appena iniziato a dondolarsi sui talloni quando sentì qualcosa colpirlo sulle caviglie.
Sorpreso si voltò di spalle per osservare cosa potesse essere stato e quasi non precipitò in acqua quando riconobbe la rilegatura intagliata in pelle di un vecchio libro.
Solo che quello non era un Libro qualunque... quello era il Libro di Shade.
 
***
 
Quando Rein si imputava su qualcosa, provare a farle cambiare idea era praticamente impossibile.
Dire che fosse una tipa testarda era un eufemismo, probabilmente un muro d’acciaio sarebbe stato più incline a piegarsi rispetto a lei.
Così, dopo l’ennesima volta in cui le aveva ripetuto che “Dei, stava bene!” e che lei gli aveva risposto affermando un adirato “ma se non riesci nemmeno a reggerti in piedi!”, il ragazzo alla fine, sbuffando e imbronciandosi come un bambino di due anni, aveva ceduto e, ritornando a sedersi per terra, le aveva permesso di esaminargli la ferita riportata alla testa.
<< E’un miracolo che tu sia ancora vivo, visto la botta che hai preso! >> lo rimbrottò Rein, seduta sulle ginocchia accanto a lui, le dita delicate sprofondate nei suoi capelli.
Shade poteva chiaramente sentire il suo cuore pompare sangue più forte e le gote colorarsi di rosso ma, mai e poi mai, avrebbe ammesso di sentirsi imbarazzato da quella bizzarra situazione.
Erano letteralmente sperduti nel nulla, circondati solo di nebbia, ed erano soli come non succedeva da tanto tempo, eppure era come se non fossero mai stati divisi, come se mai nessuna barriera magica si fosse frapposta fra loro.
<< Da dove sei saltata fuori tu? È così che funziona, adesso? Solo quando sto per morire mi è concessa la presenza di sua altezza? >> la prese in giro, le braccia incrociate al petto e un ghigno strafottente sulle labbra.
Rein gli rivolse un’occhiata gelida di sbieco e, per fargliela pagare, gli tirò appena i capelli.
Shade si morse il labbro per non farle capire che gli aveva fatto male e poi si limitò a stare zitto e a osservarla con la coda dell’occhio per tutto il tempo in cui la Principessa rimase concentrata ad esaminargli il taglio.
<< E’ abbastanza profondo. Se la lasciamo così potrebbe infettarsi... oh, aspetta! Ho con me una cosa! >> la vide frugare nel corto mantello che indossava e tirare fuori una fiala di vetro con dentro una crema color vomito.
Era uno degli unguenti che Piimi le aveva dato prima, quando era stata ferita da Calipso.
Rein svitò il tappo, immerse le dita nella crema e quando stava per avvicinarle alla ferita del cobalto questo si ritrasse disgustato.
<< Dov’è che hai preso quella roba? >>
La giovane sentì il solito moto di vergogna incendiarle le guance << Non l’ho fatto io, se è questo quello che ti preoccupa! >>
Shade le sorrise sghembo << Bene! Perché l’ultima volta che ti sei data alla botanica hai fatto venire a tutti l’orticaria. >>
Rein sospirò frustrata, roteando gli occhi al cielo << E’ stato un incidente. Non è mai più successo.>>
<< Per forza! Camelot ha praticamente proibito alle guardie di farti avvicinare alle serre! >>
La turchina lo fissò negli occhi con rabbia e al tempo stesso delusione << Perfetto! >> affermò quindi, facendo per alzarsi in piedi << Se vuoi morire dissanguato fa pure! Io me->>
Shade le agguantò il polso prima che potesse muoversi, piantandole i suoi occhi addosso << D’accordo, >> soffiò soltanto e solo allora Rein si accorse di quanto i loro visi fossero vicini.
Arrossì e, per mascherare il disagio, distolse lo sguardo ritornando a concentrarsi di nuovo sulla ferita.
<< Okay.>> bofonchiò seccata, mentre Shade scopriva i denti in un sogghigno diabolico e compiaciuto.
Le sembrava tutto così normale e assurdo al tempo stesso.
Loro due insieme, che litigavano come sempre, sospesi in un mondo tutto loro... solo che Shade non avrebbe dovuto trovarsi lì... non con lei... non in mezzo a una Guerra... non dentro il freddo agghiacciante del Labirinto di Nebbia.
Con mani attente gli medicò il profondo taglio sulla nuca, fasciandoglielo con un pezzo di stoffa strappato dal suo mantello.
Durante tutta l’operazione entrambi avevano preferito rimanere in silenzio, forse a riflettere, forse semplicemente a godere di quella strana sensazione di familiarità e trepidazione che scorreva fra loro, fra i lori sguardi che si incrociavano di tanto in tanto.
Rein aveva terminato di fasciargli il capo quando Shade iniziò con le domande << Siamo dentro il Labirinto di Nebbia, non è vero? >>
La turchina avvertì come una morsa di ghiaccio serrarle il petto e, con gli occhi sbarrati dallo stupore e dal timore, gli chiese << Come sai che questo è il Labirinto di Nebbia?! >>
Il tono incredulo che Rein aveva appena usato infastidì il principe.
Cosa pensava quella sciocca?
Che se ne fosse stato buonobuono a non far niente su Wonder per tutto il tempo in cui lei, intanto, aveva rischiato la vita?
Sul serio?!
Le rifilò il suo sogghigno più arrogante, alzando le spalle in un gesto di sufficienza << Cosa credi? Che me ne sia rimasto su Wonder... a girarmi i pollici... mentre tu andavi combinando problemi chissà dove e chissà perché? Ho raccolto delle informazioni, naturalmente. Come fanno tutte le persone con un po’ di buon senso prima di andarsi a ficcare in casini enormi.>>
Rein gonfiò le guance piccata, i pugni stretti poggiati sulle ginocchia << Io non mi sono andata a ficcare proprio da nessuna parte! Tu non sai come stanno le cose... non sai proprio niente e... per la cronaca... non dovresti neppure trovarti qui! >>
Si alzò frettolosamente in piedi e Shade la imitò ignorando bellamente il capogiro che lo colse alla sprovvista e che comunque non lo avrebbe distolto dalla ramanzina che preparava per Rein da quando lo aveva abbandonat-... cioè... da quando aveva abbandonato tutti.
<< So un mucchio di cose invece! E ne avrei sapute senz’altro di più, se tu me ne avessi parlato invece di sparire così! Dimmi: come c’è riuscito quel tizio inquietante a convincerti a fare una cosa del genere? >>
Vide Rein piegare il viso di lato con fare perplesso << Quel... quel tizio inquietante? >>
Il principe non potette evitare di digrignare i denti e stringere i pugni in preda al nervosismo << Il tipo che è venuto con te a Palazzo... il giorno del tuo compleanno.>>
Una volta capito a chi il giovane si stesse riferendo a Rein quasi non sfuggì un risolino divertito << Ma chi? Terence? >>
<< Già beh... non mi importa del suo nome! >> le ringhiò contro alterato, per poi fissarla quasi con sprezzo << conoscendoti ti avrà promesso qualcosa di stupido tipo l’amore eterno e tu ci sarai cascata come la credulona che sei! >>
<< Io... che?! >> strillò la principessa avvampando di imbarazzo e ira << Ma cosa stai dicendo? Visto che non sai proprio niente! Io e Terence non stiamo insieme, lui non è davvero il Principe del regno di Destion! E di sicuro non sono venuta fin qui per sposarlo o robe simili! Figuriamoci! Terence! Hai preso davvero una bella botta in testa, lo sai!? >> gli inveì contro avvicinandosi quel tanto che bastava per puntargli irritata un dito contro il petto.
Shade, teso come una corda di violino, la osservò con occhi che emanavano scintille furenti dall’alto verso il basso.
Rein era abbastanza alta per essere una sedicenne, tuttavia lui la sormontava di quasi la bellezza di quindici centimetri, tanto che sarebbe benissimo potuta apparire piccola e minuta come una scricciolo di fronte a lui.
<< E allora perché lo hai fatto?! >> indagò, sebbene un pizzico di gelosia ancora gli infiammasse le vene.
<< Fatto cosa?! >> sbottò Rein, alzando le braccia.
Shade le afferrò saldamente le spalle preso dall’esasperazione << Cazzo, Rein! Te ne sei andata! Te ne sei andata via per sei maledettissimi mesi! Per cosa? Perché? Per combattere la guerra fra i Lumos e i Tenebros? Cosa diamine c’entri tu con tutta questa storia!? >>
La turchina sbiancò, presa alla sprovvista, i suoi occhi erano spalancati e in preda alla confusione << Come... come fai a sapere anche dei Lumos e dei... Te- >> la sua voce si incrinò per la paura, come se solo pronunciare quel nome davanti a Shade fosse stato paragonabile a una sua definitiva condanna a morte  << Tenebros? >>
Il principe emise uno sbuffo esasperato, uno di quelli che Rein tanto detestava perché la facevano sentire così piccola e insignificante in confronto a lui.
Così non abbastanza.
<< Te l’ho detto... mi sono dato da fare. Dovevo trovarti. Sgridarti. E riportarti a casa. È quello che faccio sempre, no? >>
<< Non... >> la voce le tremava ancora un po’, senza che lei riuscisse a controllarla << non dovevi immischiarti in questa storia, Shade. È pericoloso. Tu non hai idea di quanto tutto questo sia... >>
<< Folle? Senza alcun senso? Credimi, sono riuscito a capirlo benissimo da solo! >>
<< No, invece! >> esclamò Rein, incredibilmente indignata dalla strafottenza con cui Shade pareva soppesare l’intera situazione.
Si divincolò dalla sua stretta, sentendo gli occhi riempirsi di lacrime e il cuore dolerle nel petto, come se avesse iniziato a scheggiarsi colpito da mille lame avvelenate << E adesso ti riporto a casa. >>
<< Come?! >> la fissò sbigottito perché come poteva pensare che... dopo tutto quello che aveva fatto... e... cielo!, era folle!
Rein era folle!
Non avendo idea di che cosa stesse nel frattempo formulando la mente del giovane principe, la prescelta scosse la testa con veemenza passandosi il dorso delle mani sulle guance.
Shade non l’avrebbe mai ascoltata, non se ne sarebbe mai andato via, se l’avesse vista sciogliersi in lacrime.
<< Non puoi stare qui. Devi andartene. Ho sbagliato. Ho solo- ...io- >> di nuovo la voce le si stava strozzando in gola, impregnata dal senso di colpa e dalla paura.
Per tutti gli Dei, Shade sarebbe potuto morire quel giorno, a causa sua, di tutto quello che si era trascinata dietro, se solo-
<< È stata tutta colpa mia.>> decretò alla fine, riuscendo a malapena a guardarlo.
Vedendo i suoi occhi lucidi e la sua espressione spaurita, Shade sentì tutta la rabbia e l’arroganza scemargli via dal corpo, sostituite solo da una profonda tenerezza.
Non avrebbe dovuto urlarle contro quelle cose. Che cosa gli era preso? Ora Rein stava soffrendo e lui... possibile che non azzeccava mai nulla quando si parlava di lei?
Avrebbe solo voluto abbracciarla e dirle che l’avrebbe salvata ancora e ancora, che avrebbero risolto tutto, insieme, che non le avrebbe permesso di lasciarlo mai più.
Fece per avvicinarsi... ma Rein indietreggiò ritornando a scuotere energicamente la testa.
<< Non avresti dovuto cercarmi. Adesso sei in pericolo pure tu. Ti rendi conto di quello che hai fatto? >>
<< Io non ho fatto niente. Tu, piuttosto, mi sembra che sia arrivato il momento di raccontarmi tutta la storia.>>
<< NO! >> urlò con voce strozzata, i pugni stretti lungo i fianchi, le guance accaldate dalla lite.
<< Rein...>>
<< Se sei tanto intelligente perché non la scopri da solo la verità! >>
<< Perché non voglio! >> iniziò a urlare di nuovo anche lui, gesticolando in preda alla rabbia.
<< Non vuoi cosa?! >>
<< Non voglio che tu vada di nuovo via, okay! Ecco perché! >>
Rein soppesò quelle strane parole una per una.. ripetendole nella sua mente.
Detta così, sembrava quasi che Shade avesse sentito la sua mancanza.
Si asciugò di nuovo gli occhi velati di lacrime << E perché mai? Io combino solo disastri, non è questo che ripeti continuamente? Che c’è? Ti annoi senza il tuo bersaglio preferito da prendere in giro? >>
Shade scostò lo sguardo affondando le mani nelle tasche << Non essere ridicola! È ovvio che non ti ho cercata per questo motivo... >> lasciò deliberatamente la frase in sospeso, sperando che lei riuscisse a cogliere il resto.
Ma Rein era ostinata e non era mai riuscita a vedere al di là del suo nasino da principessina, così si limitò ad accigliarsi, le sopracciglia che quasi si sfioravano << E allora perché? >>
<< Te lo dico, se tu mi dici che cosa sta succedendo. Che cosa ti sta succedendo. Per quale ragione ti trovi in un posto del genere? Che cosa hai a che fare con la Guerra fra Spazio e Tempo? >>
Rein sospirò afflitta e stanca e infreddolita.
Quella sfuriata le aveva ricordato che era appena uscita viva per miracolo dall’attacco di una perfida sirena millenaria e che aveva lasciato i suoi amici nel Regno della Goccia totalmente da soli.
<< Non qui. Non possiamo restare. Andiamo. Torniamo su Wonder. >>
<< Non vengo da nessuna parte se prima- >>
<< Ti dirò la verità.>> a quel punto, Rein non sapeva davvero quanto avrebbe fatto la differenza se Shade avesse saputo o no tutta la storia, visto che aveva già capito quale fosse il problema principale.
Erano in guerra.
Shade rilassò i muscoli tesi e le si avvicinò a passi lenti fin quando non le fu a meno di un piede di distanza.
Visto che Rein si ostinava a tenere lo sguardo puntato per terra le alzò il mento con due dita.
La turchina avvertì il suo cuore sussultare quando i suoi occhi chiari incontrarono quelli color della notte del principe.
<< Davvero? >> le chiese dubbioso, la fronte corrucciata in un espressione che Rein trovava solo un pochino carina.
Davvero, solo un pochino.
Annuì, maledicendo se stessa per avere una carnagione così chiara perché di sicuro Shade doveva essersi accorto che stava arrossendo.
Quando gli sfiorò la mano per liberarsi dalla sua presa avvertì chiaramente un brivido caldo serpeggiarle in corpo.
Shade la fissava ancora come se volesse mandarla a fuoco.
<< Ora andiamo però. >>
Gli strinse la mano, sorprendendolo, e iniziò a condurlo dentro i sentieri del Labirinto di Nebbia.
 
***

Una guardia reale scortò i due Lumos in una delle stanze per gli ospiti all’interno del Palazzo del Regno della Goccia.
Quando alla fine i due entrarono e la guardia chiuse la porta alle loro spalle, il più piccolo appoggiò l’orecchio sul legno per captare i movimenti esterni.
Come avevano sospettato fin dall’inizio, la guardia era rimasta in custodia lì fuori per impedire loro ogni spostamento.
Castel si lasciò sfuggire una risatina cupa, priva di qualsiasi umorismo << Sai... inizio a pensare che la parola ospiti speciali in questo luogo somigli molto a prigionieri. >>
Gon osservò l’amico piegando le labbra in una smorfia perplessa, poi la sua attenzione fu calamitata dai due letti che occupavano metà della piccola stanza circolare dove li avevano accolti... o rinchiusi... a seconda delle apparenze.
La vista di un comodo materasso e di un candido cuscino bastò per fargli avvertire addosso tutta la stanchezza accumulata in quell’interminabile giornata.
Sotto lo sguardo nervoso e accigliato di Castel non potè fare a meno di strofinarsi gli occhi con fare assonnato.
<< Che importa... tanto, comunque, dove saremmo potuti andare? >> gli ricordò, prima di iniziare a togliersi di dosso quell’armatura pesante e ingombrante e totalmente inutile.
Sul serio, possibile che su Wonder non sapessero che cosa fosse la pelle di Jabberwock? Era ridicolo!
Notando che il piccolo guardiano quasi non si reggeva più in piedi, il maggiore addolcì un po’ la sua espressione severa e, silenziosamente, iniziò a imitare i gesti dell’undicenne spogliandosi della corazza e della maglia di cotta.
Nel farlo avvertì nuovamente una fitta di dolore lì dove il Demone Oscuro era riuscito a sfiorarlo ma, per non far preoccupare il ragazzino represse il gemito rauco che gli si era formato in fondo alla gola.
Intanto, Gon aveva scagliato via i calzari con gesti veloci prima di lasciarsi cadere di schiena su uno dei due letti, separati da un tappeto rotondo e un comodino.
Per alcuni secondi si limitò a fissare il soffitto alto e pallido della stanza, immaginando di trovarsi ancora su Spazio, a casa, attendendo che Gilda lo chiamasse perché era pronta la cena.
Quella fantasia venne però spezzata presto dalla voce imperiosa di Castel che gli chiedeva di tirarlo fuori!
Gon non ebbe bisogno di chiedergli a che cosa si stesse riferendo perché la spossatezza di certo non gli aveva fatto dimenticare quale fosse il loro problema numero uno.
Così, sporgendosi appena dal letto, prese da terra la cinta dove aveva avvolto il fodero del Libro di Shade.
Era incredibilmente asciutto per aver vagato chissà per quanto tempo sulla battigia della spiaggia.
In poche falciate Castel lo raggiunse, sedendosi sulla sponda del letto, le gambe intrecciate e l’espressione contratta di chi sta cercando disperatamente di risolvere un enigma apparentemente senza senso.
Gon aveva aspettato fino all’ultimo prima di mostrare all’amico che cosa avesse inaspettatamente trovato sulla spiaggia.
Aveva nascosto il libro alla ben meglio in mezzo all’armatura – che era comunque troppo più grande di lui visto che non esistevano soldati bambini su Wonder – e aveva atteso finchè Castel non era giunto a un accordo ragionevole con la Regina-faccia-canina del Regno.
L’accordo consisteva in una sorta di arresto domiciliale finchè il principe Shade – l’unico che li conosceva e che poteva effettivamente testimoniare a loro favore – non fosse stato ritrovato.
La Regina-faccia-canina era stata indecisa fino all’ultimo, prima di concedere quella possibilità invece di assecondare le pressanti richieste del comandante Rod di rispedirli in gattabuia fino alla fine dei loro miserevoli giorni!
A convincerla era stata per lo più la principessa Mirlo – Gon aveva imparato il suo nome con estrema riconoscenza, a differenza di quello delle madre! – che con modi pacati e logici, affiancata dai metodi decisamente più stravaganti e vivaci di Fine, aveva convenuto con la madre che in fondo i due ragazzi non avevano fatto nulla di male, e che avevano persino aiutato Fine ad eliminare il problema prima che, oltre le Grotte di Inumi, sprofondasse in mare pure l’intero Regno!
Gon non sapeva se ha dare la spinta finale alla Regina fossero state le parole della figlia o solo l’impellente e giustificato desiderio che Fine smettesse una volta per tutte di cantare canzoncine assurde accompagnate da balletti alquanto ridicoli che imitavano le gesta eroiche dei due giovani stranieri.
Insomma, la sua spada non faceva di certo “whooosh!” quando la usava contro il demone oscuro!
L’undicenne, comunque, avrebbe pagato oro pur di vedere nuovamente la faccia scioccata/imbarazzata di Castel mentre Fine inventava sul momento strofe buffe sul loro sbalorditivo coraggio.
A dire il vero, era stato al quanto felice di non trovarsi al posto del suo amico perché - ne era sicuro -  sganasciarsi dalle risate di fronte alla faccia furibonda di Rod e a quella perplessa della Regina-faccia-canina non avrebbe giovato a loro favore per niente.
Comunque, era stato proprio mentre percorrevano a piedi la strada di ritorno a palazzo che Gon aveva mostrato di nascosto il libro al compagno di squadra.
Le sopracciglia di Castel avevano raggiunto vette inimmaginabili e, di nuovo, Gon aveva trattenuto le risa sotto lo sguardo vigilante del comandante Rod e del folletto di Fine, che non li aveva persi di vista nemmeno un attimo.
Secondo Cast, il folletto aveva iniziato a sospettare qualcosa su di loro e quindi avevano tacitamente concordato di parlare il meno possibile di fronte a lui e alle sue lunghe orecchie a punta.
Tuttavia, ora la situazione sembrava più tranquilla e più consona a dar vita ai mille dubbi che affollavano le loro menti sempre più confuse.
<< Secondo te come ha fatto il Libro ad arrivare fin lì? Eravamo abbastanza lontani dal luogo dello scontro. >> domandò Gon, aprendo il libro a una pagina a caso che si rivelò essere inesorabilmente bianca.
Che strazio!
Castel iniziò a picchiettare le dita sulla bocca, gesto che faceva quando era pensieroso e nervoso e avrebbe tanto voluto continuare a prendere a calci qualsiasi cosa gli venisse sotto tiro.
Gon sperò che non fosse la sua testa, perché ci teneva alla sua vita ed era decisamente troppo giovane e bello per morire così presto e lontano da casa e senza i dovuti onori al suo coraggio.
Alla fine, lo sentì emettere un verso frustrato e scuotere le spalle << Ci sono due opzioni e non pensò che ti piaceranno, Gon... >>
Prima che potesse aggiungere qualcos’altro, il castano sbuffò scocciato << Il fatto che abbiamo trovato il Libro non significa che Shade sia annegato o morto o qualunque cosa di orribile tu stia pensando, Cast! >>
<< Ma potrebbe essere->>
<< Ti dico- per l’ennesima volta- di no! >>
<< Perché ti ostini a non capire? Sono passate delle ore, Gon. Delle ore! Dove pensi si sia potuto andare a cacciare se non è crollato insieme a quei maledettissimi scogli!? >>
A quella domanda Gon incrociò le braccia al petto con fare altamente infantile, fissando l’amico come se avesse voluto incenerirlo.
Se non avesse dovuto parlar piano per non far allarmare la guardia, avrebbe gridato contro Castel tutte le ingiurie che conosceva solo per far arrivare alla sua testa da mulo che Shade non poteva essere morto, punto. Fine. Cosa c’era di così difficile da capire?!
Di fronte al suo sguardo fermo e deciso, alla fine fu il maggiore a capitolare per primo e ad emettere un sospiro esausto  << Ok... va bene... non una parola di più su Shade... sta di fatto che, se ha effettivamente perso il Libro che noi abbiamo casualmente ritrovato, deve esserci per forza una ragione, giusto? Magari vuol dire che il Libro potrà riportarci a casa anche senza l’aiuto del principe Wonderiano, non sarebbe male, no? >>
Gon annuì, sebbene continuasse a fissare male l’amico e a tener su quell’espressione da “non ti parlo finchè non ammetti che ho ragione!”.
<< Come facciamo a farlo funzionare? >> gli chiese poco dopo, sperando che almeno Castel avesse una vaga idea su come funzionassero i portali.
L’arancio scosse la testa con fare sconsolato << Non ne ho davvero idea.>>
<< L’ultima volta si è azionato da solo... >>
<< Non possiamo aspettare! E’ quasi il tramonto, ormai. Sai questo cosa vuol dire, Gon? Vuol dire che a casa è quasi mezzanotte e- >> Castel dovette interrompersi perché le immagini che gli si affacciarono in mente furono tanto terribili da fargli salire un groppo in gola.
Sarebbe stato un massacro senza di loro.
Allo scoccare della mezzanotte i Tenebros avrebbero avanzato al di là della barriera e avrebbero distrutto ogni cosa ostacolasse il loro cammino, guadagnando villaggio su villaggio, imponendo l’oscurità ovunque, fin quando non ci sarebbe stato altro che buio e morte.
Morte.
La sua famiglia era già morta, Allison era già morta, e adesso non poteva più proteggere nemmeno le poche persone care che gli restavano perché era intrappolato su Wonder! Era intrappolato su Wonder senza nemmeno un’idea per poter tornare indietro!
Con un gesto esasperato richiuse di botto il Libro e scattò in piedi, iniziando a camminare su e giù per la stanza sotto lo sguardo perplesso dell’amico.
<< Dobbiamo andarcene di qui! >> esclamò a un certo punto.
Gon si limitò a inarcare un sopracciglio << Lo so, Cast. È questo il nostro pro->>
<< No! >> lo interruppe in fretta, fulminandolo con i suoi occhi ambrati << Intendo dire che dobbiamo lasciare il Palazzo, adesso! >>
Il ragazzino sbarrò gli occhi in maniera esagerata << Dopo tutto quello che abbiamo fatto per non farci arrestare?! Dopo tutto quello che hanno fatto Fine e la principessa Mirlo? >>
<< Gon! >> sbottò Castel, afferrando l’amico per le spalle << ti rendi conto che la nostra unica difesa si basa su una ragazzina imbranata e su un principe scomparso nel nulla, non è vero? >>
<< E con questo? Che vuoi dire? Che ci metteranno in gattabuia anche se siamo innocenti? >>
<< Perché no? In fondo... prova a vederla dal loro punto di vista: non ci conoscono, siamo degli stranieri e, guarda caso, proprio il giorno in cui noi spuntiamo fuori dal nulla vengono attaccati anche dai mostri, come li chiamano loro. Non puoi non dire che la cosa sia sospetta. >>
<< Potremmo dir loro la verità! >>
<< La verità?! Scherzi? Ma se non sanno nemmeno che Spazio e Tempo esistano! Non ci crederebbero mai! >>
<< E allora? >>
<< E allora >> soffiò con fare affaticato Castel, strofinandosi le palpebre con le dita << tanto vale andarsene di qui prima che accada l’inevitabile.>>
Gon non aveva mai odiato il lato pessimista e fatalista del compagno di squadra come in quel momento.
<< Non voglio scappare via come un ladro! >> affermò con vigore, per poi mordersi un labbro quando si ricordò della guardia fuori la porta.
Castel strinse i pugni con fare irato << Se hai un piano migliore perché non lo tiri fuori, eh!? >>
Gon rilasciò un lungo sospiro stanco, prima di iniziare a grattarsi la testa con fare pensieroso.
L’arancio lo vide incrociare le gambe sul letto, aprire il libro, sfogliarlo e rispogliarlo come se stesse cercando chissà quale indizio.
Poi Gon afferrò il libro con entrambe le mani e iniziò a girarlo da una parte all’altra, a scuoterlo, a insultarlo, ma non succedeva nulla e Castel stava definitivamente perdendo quella poca pazienza che gli era rimasta.
<< Gon... >> gracchiò, mentre un nervo iniziava a pulsargli sulla fronte << Che cosa cavolo stai facendo, per tutti gli Dei!? >>
Il ragazzino fece una sorta di capriola per riuscire ad osservare il libro al contrario, stando a testa in giù << Cerco di osservare le cose da un’altra prospettiva. Allison lo faceva sempre. E di solito le idee di Allison era grandiose.>>
Castel sentì un tuffo al cuore, qualcosa che gli succedeva sempre ogni volta che qualcuno tirava fuori quel nome.
Non aveva mai capito come Gon riuscisse a farlo con tanta facilità, come se non gli facesse male, mentre se solo lui osava pensare a lei il cuore pareva sbriciolarsi in tanti frammenti nel suo petto.
Sbuffò, frustrato, ed era sul punto di strappare il libro dalle mani dell’amico quando quest’ultimo, alzandolo sopra la sua testa, si voltò infine verso di lui << E se provassimo a scriverci qualcosa dentro? >>
Castel lo fissò come se volesse fulminarlo << Qualcosa cosa? >>
Gon ritornò a passarsi una mano fra i capelli e ad appoggiare il libro sulle gambe << Non lo so. Ma ricordo vagamente di aver visto una o due volte Shade che rovesciava inchiostro sulle pagine. Proviamo a vedere se qui ce ne è un po’ in giro.>> così dicendo, e prima che il maggiore potesse obbiettare quanto quella fosse solo una pessima idea, il castano balzò giù dal letto iniziando a mettere a soqquadro l’unico scrittoio presente nella stanza.
Effettivamente c’erano alcuni fogli e una penna e un calamaio ma Gon sbuffò contrariato quando si accorse che era vuoto.
<< Che lo tengono a fare uno scrittoio, se poi non si ci può scrivere! >> commentò ad alta voce con fare esasperato, continuando intanto ad aprire tutti i cassetti e far saltare i nervi a Castel.
<< Forse, genio, hanno paura che possiamo inviare messaggi segreti ai nostri alleati.>>
<< E’ una cosa ridicola! Se avessimo voluto farlo avremmo usato un incantesimo, mica carta e penna.>>
<< Siamo su Wonder, Gon. Ricordi? Niente incantesimi qui. >>
L’undicenne lo fissò con gli occhi sbarrati come a dire “sì, giusto” e poi, dondolandosi sulle punte e fissando il soffitto, decise che era arrivato il tempo di agire.
<< Lo cercheremo nelle altre stanze! >> dalla sua faccia tutta entusiasta sembrava che avesse avuto l’idea del secolo, cosa di cui Castel dubitava fortemente.
Le idee di Gon, per la maggior parte, finivano per permettere tutti ancora di più nei pasticci.
Si portò una mano sul viso prima di rifilargli un’occhiata severa con tanto di braccia incrociate << Non possiamo uscire, lo hai forse dimenticato? >>
Gon gli fece un occhiolino, tutto gongolante << Sta tranquillo. Ho un piano.>>
“Perfetto!” pensò sarcasticamente il maggiore, roteando gli occhi al cielo.
<< Ci vorrà solo un minuto. Non preoccuparti.>> aggiunse, infilandosi il libro sotto il braccio prima che Castel avesse anche solo il tempo di ribattere qualcosa di antipatico. 
<< Non mi preoccupo. Io vengo con te.>>
Appunto.
<< Si insospettiranno se usciamo insieme. Io sono piccolo e posso prenderli in giro più facilmente.>>
Per la prima volta da quando erano arrivati a palazzo Gon vide Castel piegare le labbra in un mezzo sorriso << Com’è che sei piccolo solo quando conviene a te? >>
<< Hai detto tu che ci serve un piano migliore, no? Bene, ne ho uno! >>
A quel punto le labbra di Castel si piegarono in una posa interrogativa << Questo sarebbe il tuo geniale piano? Trovare dell’inchiostro per scrivere non sappiamo cosa dentro quel libro?  >>
<< Potremmo scrivere Spazio o Regno della Luce e vedere che succede.>>
Castel incrociò le braccia con fare saccente, pur sapendo che così avrebbe profondamente infastidito il più piccolo << E se non succede niente?>>
<< Se non succede niente... >> iniziò Gon facendo roteare gli occhi al cielo esasperato << scriveremo una bella lettera di scuse a Re Leonida, per la nostra disonorevole mancanza... chiedendogli poi di mandare un gruppo di grifoni a recuperarci.>>
 La faccia di Castel si fece livida << Gon, non è divertente. Potresti prendere la cosa un po’ più sul serio, per favore? >>
<< E tu potresti rilassarti anche solo per qualche secondo, per favore? Stai facendo innervosire anche a me! >>
<< Ah, adesso sono io che- >>
Prima che la loro stupida lite potesse proseguire oltre, i due Lumos sentirono un leggero e allarmante bussare alla porta.
Nell’arco di mezzo secondo si scambiarono un’occhiata terrorizzata, poi il più piccolo corse a nascondere il libro sotto il cuscino di uno dei due letti, mentre il maggiore – dimenticando di non portare più né la cotta di maglia né la camicia- rispose esitante alla porta.
<< S-si? >>
Dall’altro lato li raggiunse la voce timida di una ragazza << Sono... la Principessa Mirlo, spero di non disturbarvi... >>
Castel sobbalzò per la sorpresa e si affrettò ad aprire alla giovane.
La principessa reggeva fra le mani dei vestiti puliti e nel vederlo senza nessuna maglia addosso arrossì visibilmente e scostò subito lo sguardo << Oh... ehm... ero solo passata a portarvi ecco... dei ricambi e... beh...>>
Castel, resosi solo in quel momento conto del suo stato, arrossì a sua volta scostandosi dall’uscio per permettere alla castana di entrare.
<< A-accomodatevi, principessa.>> solo in luogo assurdo come Wonder, avrebbe potuto ritrovarsi in una situazione del genere, pensò dandosi mentalmente dell’idiota.
Ma dove diavolo era finita la sua camicia?
Castel aveva preso a guardarsi in giro con fare impacciato intanto che Mirlo entrava nella stanza stando bene attenta a tenere lo sguardo lontano dal petto nudo del ragazzo.
Gon si godette tutto l’imbarazzo della principessa e il disagio di Castel dondolandosi sui talloni e trattenendo una risatina.
Avrebbe detto poi a Castel di aver accidentalmente spinto tutti i loro vestiti sudici di pioggia e sabbia sotto i letti, per sbaglio, mentre correva di là e di qua per trovare un nascondiglio adeguato per il Libro.
“Per fortuna alla porta era solo Mirlo”, pensò tirando un sospiro di sollievo.
Per un attimo aveva temuto che fosse Rod, venuto a ribadire loro quanto li detestasse e quanto desiderasse vederli sbattere in galera, per poi mettersi a perquisire la stanza e le loro cose.
Che tipo odioso.
<< Siete stata gentile, principessa, a venire di persona a portarci dei nuovi vestiti.>> commentò, sinceramente sorpreso della cortesia della giovane.
Persino Allison, per quanto fosse altruista, non era solita a gesti così spontaneamente gentili. Specialmente quando si trattava di faccende domestiche, che odiava.
Mirlo, se possibile, arrossì ancora di più e, deponendo i vestiti puliti in una piccola poltrona imbottita vicino alla porta, fece un gesto veloce con la mano come a dire “non è nulla di che”.
<< Volevo personalmente assicurarmi che vi avessero sistemato come si deve. Questa stanza è di vostro gradimento? >>
Prima che Castel potesse rispondere in maniera adeguata, Gon aprì la bocca << Ci hanno messo una guardia davanti alla porta.>>
L’occhiata bieca che Castel gli rifilò avrebbe potuto far tremare persino i muri.
Mirlo si irrigidì, le dita delle mani che tormentavano il merletto delle maniche << Oh, ecco, mi spiace... ma il comandante Rod... >>
<< Comprendiamo perfettamente, Vostra Altezza. >> la bloccò Castel, sfoggiando il suo sguardo e il suo atteggiamento impettito assimilati dopo anni e anni a servizio della famiglia reale << I vostri soldati hanno come obbligo quello di assicurare la protezione vostra e quella di questo castello. Io e Gon capiamo che questa misura è necessaria.>>
L’undicenne avrebbe tanto desiderato fargli il verso in quel momento, o fargli notare che stava ancora a torso nudo di fronte alla principessa e bearsi così della sua espressione imbarazzata e invece, decidendo di approfittare di quell’occasione proficua e non volendo insospettire il guardiano, si limitò ad annuire con aria fintamente colpita, le braccia già incrociate dietro la testa.
Mirlo iniziò a mordicchiarsi il labbro come se non sapesse cos’altro dire per spezzare la strana tensione che aleggiava nell’aria.
Quando aveva pensato di fare buona impressione ai nuovi ospiti portando loro abiti puliti, non intendeva di certo trattenersi a lungo a fare conversazione, né di trovare i due giovani già privi dell’armatura.
Chissà cosa avevano pensato di lei quando l’avevano vista arrossire in quel modo. E... cosa aspettava ad andare via?
Il suo sguardo incrociò per un attimo quello serio e ambrato di Castel e il suo cuore mancò un battito.
Di nuovo, fu Gon a spezzare il silenzio prima che lo facessero gli altri << In realtà, visto che siete così gentile, volevamo chiedervi se poteste  mandarci il vostro medico di corte.>> 
Sia Mirlo che Castel, entrambi imbambolati e con le guancie in fiamme come due stoccafissi a fissare un punto di sicuro molto interessante della moquette, si voltarono a fissarlo.
Castel in quel momento lo stava sicuramente maledicendo in tutte le lingue conosciute, mentre Mirlo aveva strabuzzato i dolci occhi color lilla e si era accigliata con espressione preoccupata << Un medico? Come mai? Siete feriti? >>
<< No. >>
<< Si. >>
Le due risposte opposte arrivarono simultaneamente da parte dei due stranieri, facendo crescere il disagio della principessa.
Castel rifilò a Gon una gomitata abbastanza forte da piegarlo in due per poi rivolgersi nuovamente a Mirlo << Non... non siamo feriti... stiamo bene.>>
Ripresosi dalla botta, il castano ribattè << Il mio amico ha solo paura di recarvi troppo disturbo. Guardate la sua spalla sinistra è chiaramente ustionata.>> voce ferma e fare disinvolto, oh... Allison sarebbe stata così fiera di lui se solo avesse potuto vederlo.
Stava andando tutto alla perfezione e presto si sarebbe sbarazzato sia di Mirlo che di Castel e avrebbe potuto continuare le sue ricerche sul Libro e su Shade da solo senza nessuna interferenza.
E avrebbe anche fatto in modo che l’amico curasse quella brutta ferita. In fondo, stava anche compiendo una buona azione.
Mirlo era nel frattempo scattata su alla parola ustione e, dandosi della stupida per non essersene resa conto immediatamente chiese a Castel di seguirlo seduta stante all’infermeria del Castello.
Castel sbiancò, poi si fece rosso di rabbia e si volse verso Gon con un’espressione imbufalita, le narici dilatate e gli occhi che mandavano lampi.
Il ragazzino ringraziò gli Dei che gli sguardi non potessero né ferire né torturare né uccidere, sennò in quel momento sarebbe già stato arso vivo, poi fatto a pezzi e poi seppellito chissà dove dall’ira funesta di Castel.
In risposta gli fece un sorrisone a trentadue denti, alzando entrambi i pollici nella sua direzione.
<< Non ho bisogno di nessuna cura, altezza, veramente, sto bene.>>
<< Castel ha solo paura di recarvi ulteriore disturbo, vostra altezza... >>
Mirlo faceva saettare il suo sguardo confuso dall’uno all’altro straniero, cercando di non sorridere per il loro buffo accento.
In quel momento si stavano lanciando delle occhiate che non riusciva a decifrare.
Tuttavia, ora che aveva ritrovato il coraggio per fissare Castel, si accorse che la sua spalla era davvero messa male.
La sua pelle appariva corrosa lì dove la carne era più delicata all’altezza della clavicola.
 Aveva urgentemente bisogno di un dottore.
<< Non vi è alcun disturbo... se solo avessi saputo prima che voi... >>
L’espressione sinceramente dispiaciuta di Mirlo riuscì ad ammutolire Castel una volta per tutte e Gon, gongolando, riuscì benissimo a captare quali potevano essere i pensieri che in quel momento frullavano per la testa arancione dell’amico.
Da una parte il suo astio ingiustificato nei confronti dei Wonderiani, il suo considerarli così primitivi, lo spingeva a essere reticente e distaccato e rigido come una statua di granito.
Ma Mirlo era una principessa e, prima della Guerra e prima di essere un Guardiano, Castel era stato Capitano della Guardia Reale e, pertanto, il protocollo che aveva seguito punto dopo punto per tutta la sua vita gli imponeva di comportarsi in un certo modo con tutti coloro i quali portassero una corona sulla testa, che fossero di Spazio o no.
Con Shade era stato diverso perché lui era arrivato nel loro Regno e lì Shade era solo un diciottenne spaesato che si era cacciato in un guaio gigantesco e che aveva bisogno del loro aiuto.
Inoltre, Gon era sicuro che il fatto che non portasse nessun abito sontuoso e nessuna corona, avesse permesso a Castel di comportarsi in maniera più sciolta con lui. 
 E poi Shade era un ragazzo, con Mirlo non si sarebbe mai permesso di essere così sprezzante e aggressivo come con il principe della Luna.
Sarebbe andato contro il suo codice d’onore e blablabla, tutte cose noiose.
Alla fine, sotto lo sguardo supplicante di Mirlo, Castel cedette accettando di andare con lei in infermeria.
L’undicenne avrebbe voluto saltare sul letto per esultare la vittoria, ma si trattenne.
C’era un limite a quanto potesse umiliare o mettere in imbarazzo Castel nell’arco di pochi minuti, d’altronde.
<< Torniamo subito, Gon.>> gli intimò il guardiano prima di andare.
Il messaggio che Mirlo non riuscì a decifrare fu “Non combinare niente di troppo disastroso in mia assenza!”
Il ragazzino gli rispose facendogli il saluto militare, giusto poco prima che i due ragazzi si chiudessero la porta alle spalle.
Perfetto, pensò gongolante, prima di riprendere in mano il Libro dal suo nascondiglio.
<< Ora a noi due Libro Magico dei miei stivali... vedi di riportarmi a casa prima che Castel mi ammazzi davvero.>>
Intento a sfogliare le pagine del Libro, Gon non si accorse della piccola figura che aveva spiato tutta la scena dai vetri della finestra.
 
***
 
<< Così... è grazie a quel ciondolo che riesci a orientarti qui dentro.>> ragionò ad alta voce Shade, osservando le dita della principessa stringersi intorno all’oggetto.
Rein fece spallucce, voltando per la seconda volta a sinistra di fronte a un bivio << Qualcosa del genere >> rispose, vaga, perché sarebbe stato troppo difficile spiegare al giovane di come le ombre che abitavano in quel luogo le bisbigliassero cose nelle orecchie.
<< Ah-ah >> borbottò il cobalto, guardingo, con tutti i sensi in allerta come se avesse paura che qualcosa potesse balzargli addosso da un momento all’altro.
Non se l’era solo immaginato: respirare era davvero difficile dentro il labirinto, l’aria sembrava rarefatta come in alta montagna e la nebbia pareva pesare sulla pelle come se avesse una consistenza più sudicia rispetto al normale.
Era tutto così simile al suo sogno che, se non avesse avvertito chiaramente il calore della mano di Rein stretta alla sua, Shade avrebbe di sicuro pensato di essere nuovamente precipitato in un altro dei suoi strani sogni.
La testa gli faceva un male cane.
<< Ho letto in un libro che il Labirinto si trova lì dove il Buio e la Luce si incontrano... >> di nuovo il cobalto vide gli occhi sbarrati dallo stupore della principessa puntati addosso, un po’ ammirati e un po’ angosciati << che cosa vuol dire? >> le chiese alla fine e Rein sbuffò, contrariata, portandosi la mano libera sulla fronte dove il ciuffo umido di capelli aveva iniziato a infastidrla  << Una volta fra Spazio - Regno della Luce - e Tempo  - Regno delle Tenebre - c’era una barriera magica. Loro non potevano attraversala. Anni fa, Zoroastro o Astro, Re del regno di Tempo, ruppe il sigillo della barriera e quest’ultima andò in mille pezzi... >>
<< Quindi... il Labirinto è come se fosse una barriera magica fra Spazio, Tempo, Wonder e Destion...? >>
<< E’ più di una barriera magica. È un portale fra i mondi. L’unico portale.>>
Shade si morse il labbro inferiore per non contraddire la giovane, rivelandole che si sbagliava, che un altro portale esisteva eccome e che si trattava di un vecchio Libro che lui aveva trovato per caso una notte in cui aveva deciso di intrufolarsi di nascosto dentro la Biblioteca Reale del suo Regno, e che era stato proprio quel libro a condurlo prima nel Regno dei Mulini a Vento - dove l’ombra di Luce di Castel lo aveva salvato dagli ibridi della foresta permettendogli di teletrasportarlo su Spazio - e poi, proprio qualche ora prima, il Libro si era di nuovo riaperto portandolo proprio nel Regno della Goccia dove l’aveva ritrovata.
Tuttavia ora il Libro pareva essere di nuovo sparito nel nulla e, proprio per quella ragione, Shade avrebbe aspettato per rivelare a Rein tutta la verità.
Prima doveva saperne abbastanza da auto-convincersi che non l’avrebbe più persa di vista.
Poi, forse, a quel punto, gli avrebbe confessato i suoi segreti.
<< Ciò che rende il Regno di Destion tale è lo scorrere delle Ombre su di esso... beh... almeno adesso so cosa significa... >> bofonchiò, il naso puntato in alto, in un cielo di solo grigio, mentre Rein si limitava a scuotere il capo mestamente.
<< Quella frase non significa niente, Shade. Destion è... >> provò a trovare una parola che riuscisse a descriverlo, mentre i suoi piedi quasi si muovevano da soli lungo il sentiero << Destion è... ecco... mutevole.>>
<< Mutevole? Che diamine vuol dire? >>
<< Che cambia forma. Come un’ombra.>>
Quella volta toccò a lui sbarrare gli occhi assolutamente sbalordito << Come può un Regno cambiare forma? >>
<< Non è davvero un Regno, è un Castello... sebbene Destion venga sempre chiamato da tutti il Regno dell’Equilibrio.>>
<< Bell’equilibrio! >> commentò il ragazzo ironicamente, sorridendo sornione e beccandosi una gomitata sul costato da parte della turchina.
Proseguirono per un po’ in silenzio fin quando Shade non decise di togliersi qualche altro dubbio molto più fastidioso rispetto agli altri << E chi è Terence? >>
Stavolta fu Rein a rivolgergli un sogghigno canzonatorio << Non avevi detto che non ti importa del suo nome? >>
<< E’ pericoloso? >> finse di concentrarsi sul nuovo sentiero che avevano preso per evitare di guardarla.
Rein rispose in tono ambiguo << Oh sì, Terence è molto pericoloso. Dà i brividi, non è vero? >>
<< Se non è il Principe di Destion... allora... chi diavole è? >>
A quel punto fu la ragazza a mordersi la lingua e a distogliere lo sguardo dall’espressione interrogativa del principe << E’ complicato. Ma sta dalla mia parte. E mi aiuta. Lui... mi ha salvata molte volte in questi mesi.>>
E mi ha anche fatto allenare dall’alba al tramonto fino a farmi vomitare sangue! Avrebbe voluto aggiungere, ma c’erano cose che era meglio Shade non sapesse.
E poi, perché gli interessava così tanto di Terence?
Si sentì avvampare le guance per la domanda che la sua bocca aveva formulato prima che la sua testa le desse il consenso << Davvero pensavi che me ne fossi andata a causa sua? Perché... eravamo... fidanzati? >> gli domandò, imbarazzata e ansiosa di conoscere la sua risposta.
Non che si aspettasse che lui fosse geloso o cose del genere, era solo curiosa, ecco.
Solo curiosa.
Shade avrebbe preferito scavarsi una fossa piuttosto che trovarsi in una situazione del genere.
Provò a fare l’indifferente scrollando le spalle mentre Rein ancora lo guidava prima a destra e poi a sinistra lungo le vie tutte uguali del labirinto.
Gli sembrava di star camminando da ore.
<< Beh sai com’è... lui è venuto presentandosi come il Principe di Destion e dicendo che tu avresti preso il trono come Regina, allora ho pensato che... >>
<< Io e Terence siamo solo amici. >> o qualcosa del genere pensò divertita Rein, visto il caratteraccio del moro e la sua poca propensione a sopportare qualunque essere vivente capace di respirare.
Shade annuì, sebbene continuasse a nutrire una profonda antipatia contro quel tipo borioso di cui Rein parlava con così eccessiva familiarità.
Al pensiero che avevano vissuto sei mesi sotto lo stesso tetto gli montava su una voglia matta di prenderlo a pugni fino a farsi sanguinare le mani.
Stava proprio immaginando la scena quando Rein si bloccò d’improvviso, rigida.
<< Che succede? >> le chiese, portando subito una mano sull’elsa del pugnale di Gon.
Rein corrugò la fronte perplessa << C’è qualcosa che non và... non credo di aver mai visto questo posto del labirinto.>>
Il principe la fissò dubbioso per poi iniziare a darsi anche lui un’occhiata più accurata in giro.
Sentì chiaramente un vuoto aprirsi nel suo stomaco quando vide scolpito con un intrico di rami e rovi nella siepe alla sua destra l’immagine del Drago dalle Ali spiegate.
Era identico a quello del suo sogno. Perfettamente identico come se fosse appena uscito fuori dai suoi ricordi.
“Non è possibile... quello era solo un sogno...”
<< Guarda, Rein... >> indicò alla turchina, che fissò stupita il Drago.
<< Che cos’è? >> le chiese.
<< Il Drago dalle Ali Spiegate è il simbolo della Casata Reale di Tempo. Tutti i Tenebros infatti vengono marchiati fin dalla nascita con quello che prende il nome di Occhio di Drago. Lo portano sul petto e la Leggenda dice che svanisce dalla pelle solo alla morte.>> la principessa si avvicinò, accarezzando il profilo delle ali con dita tremanti.
Le venne subito in mente il colore rosso degli occhi di Terence quando la fiamma oscura ritornava a bruciare dentro di lui.
Scostò immediatamente la mano come se si fosse bruciata, deglutendo amaramente.
No, di sicuro non era mai stata in quel posto insieme ai due amici.
<< Io sono già stato qui! >> tuonò Shade, improvvisamente nervoso.
Rein si girò a fissarlo allarmata << Cos’hai detto?>>
Il cobalto la fissò con occhi stralunati, iniziando a fremere convulsivamente << Io... io sono già stato qui... in una specie di sogno... c’era una donna e... >> gli parve di poter sentire ancora la sua voce nelle orecchie che gli bisbigliava di seguirlo, di andare avanti, di non fare domande.
<< Da questa parte! >> affermò d’improvviso, strattonando la mano di Rein verso l’uscita di sinistra.
La turchina provò a fermarlo, inutilmente, puntando i talloni per terra << Guarda che ti stai sbagliando, Shade! Non dobbiamo andare lì! Ma mi ascolti?! Guarda che sono io quella che-! >>
Si bloccò quando, alla fine del sentiero che avevano intrapreso, videro un altro simbolo inciso stavolta sull’arco di pietra di una siepe: una Fenice dalle ali chiuse, rannicchiata in posizione fetale.
<< E invece quella cos’è? >> incalzò ancora il principe, cominciando a dubitare seriamente della sua lucidità mentale.
Rein lo fissò interdetta, aprendo e chiudendo la bocca a vuoto << La Fenice è il simbolo della Casata Reale dei Lumos. La fiamma che non muore mai.>>
A Shade gli parve di vedere proprio dinanzi a sé la luce calda che proveniva dai sigilli luminosi di Castel e Gon.
<< Dobbiamo andare dritto.>> decretò con decisione, beccandosi l’occhiata torva della turchina.
<< No, Shade. La strada che porta a Wonder è dalla parte opposta. Ti ricordo che ho attraversato questo posto molte più volte di te! >> lo redarguì infatti Rein, cercando di trascinarlo indietro.
Ma il giovane era irremovibile e fissava il sentiero che si apriva dinanzi a loro come se fosse il suo peggior nemico.
<< Shade, su, andia->> Rein non ebbe il tempo di concludere che il cobalto prese a correre verso quella direzione con la forza di un disperato.
<< SHADE! >> berciò Rein arrabbiata, per poi corrergli dietro presa dal panico di poterlo perdere di vista.
Destra. Sinistra. Destra. Destra. Dritto. Sinistra.
Shade non faceva altro che ripercorrere mentalmente ciò che gli pareva di aver già vissuto.
Era come se il suo sogno gli si stesse rivelando di fronte agli occhi.
<< Shade! Ma… anf... che cosa diavolo... anf... credi di fare?! >> gli urlò contro Rein, infuriata e con il fiato corto per via della corsa << Guarda che così finiremo per perderci, idiota! >>
L’attimo dopo, voltando nuovamente verso destra, si ritrovarono in un vicolo cieco, senza la possibilità di poter proseguire in nessuna direzione, almeno che non fossero ritornati indietro.
<< Grandioso! E ora dove andiamo, genio!? >> lo colpì al petto la ragazza, dopo essersi fermata qualche istante a riprendere fiato, iniziando a gesticolare in preda alla furia.
Il principe si guardò intorno spaesato, ansimante, il sudore appiccato sulla fronte << Non lo so... questo non c’era nel mio sogno...>>
<< Shade, ma quale sogno! Ti ricordo, di nuovo, che hai sbat-  >> la sedicenne si bloccò di punto in bianco, fissando sbalordita il fianco del ragazzo dove il suo pugnale aveva  preso a illuminarsi in maniera strana.
Shade lo tirò fuori dal fodero, osservandolo con evidente sorpresa.
Il pugnale dalla lama nera emanava un bagliore tenue e bianco con lineamenti azzurri, freddi.
<< Che... che gli succede? >> gli domandò Rein, fissando il pugnale come se fosse una bomba pronta a esplodergli fra le mani.
Il principe scosse la testa << Non lo so... non ha mai fatto così... >>
Indeciso e confuso provò a puntare la lama verso la siepe di fronte a lui e quella, smuovendo le sue fronde, si spalancò davanti ai loro occhi basiti rivelando un sentiero nascosto.
<< Oh, beh... ehm... >> iniziò a bisbigliare il cobalto con la bocca ancora spalancata per lo stupore << Mi sa che dobbiamo andare di qua, Rein. >>
La ragazza sbattè le palpebre un paio di volte, iniziando a far scorrere gli occhi prima sul principe e poi nuovamente sul sentiero.
Fra tutte le cose che non si sarebbe mai aspettata di vedere quello era... forse aveva ragione Shade quando diceva che tutta quella storia non aveva alcun senso.
<< D’accordo.>> bisbigliò, ritornando istintivamente a stringergli la mano.
Proseguirono attraverso il lunghissimo sentiero che era anche più stretto e più asfissiante degli altri, con le siepi che si chiudevano sopra le loro testa come a creare una sorta di galleria, in assoluto silenzio.
Il grigio si era fatto improvvisamente più cupo e scuro e, alla fine, quando le siepi tornarono ad aprirsi su uno sprazzo largo e circolare, i due ragazzi si ritrovarono di fronte a un altare di pietra.
Conficcata in esso vi era una familiare spada dalla lama nera.
 
 
***

Sgattaiolare dalla stanza era stato più facile di quanto Gon si aspettasse.
Gli era bastato aspettare che la guardia si distraesse per quei cinque secondi necessari che gli servivano per scivolare via dall’uscio della porta e nascondersi fra i colonnati dei corridoi.
A quel punto, con il Libro nascosto sotto la giubba pulita che Mirlo gli aveva portato, era entrato in una delle prime stanze vuote che aveva trovato alla ricerca dell’inchiostro.
Per fortuna, gli Dei sembravano essere dalla sua parte perché aveva fatto centro al primo colpo.
Seduto sull’elegante sedia della scrivania, aveva sprecato ben dieci minuti prima di decidere cosa scrivere sul libro.
Con il cuore in tumulto, sempre più angosciato alla vista del cielo che si tingeva d’arancio e d’indico fuori dal Palazzo, e il ginocchio che picchiettava su e giù per l’ansia, alla fine il guardiano lasciò scivolare la penna sul primo nome che gli venne in mente. Shade.
Chissà, forse quel libro con il tempo aveva sviluppato un qualche strano legame con il suo proprietario.
 Gon aveva sentito parlare di cose del genere durante le lezioni di magia che seguiva insieme ad Allison, l’anno prima.
La ragazza gli aveva raccontato che alcuni grandi guerrieri apparentemente giravano senza essere armati per non attirare l’attenzione, perché a loro serviva semplicemente chiamare il nome della loro arma affinchè quest’ultima apparisse per magia nelle loro mani.
Era un incantesimo estremamente difficile ed erano in pochi coloro che riuscivano a stringere legami così forti con gli oggetti da essere capaci di evocarli, però valeva comunque la pena tentare.
Dopo aver aspettato qualche minuto però, il nome di Shade scomparve dalla pagina bianca e nulla accadde.
Il ragazzino tuttavia, reprimendo un imprecazione, decise di non arrendersi e proseguì, scrivendo tutto ciò che gli venne in mente.
Spazio. Regno della Luce. Palazzo Reale. Reale Palazzo. Re Leonida. Sala del Consiglio. Gilda. Foresta di Halle. Lago Bijou. La mia stanza. La mia per- niente- ordinata-stanza.    
Tutti i suoi tentativi si rivelarono inutili e scomparvero sulle pagine come sassolini lanciati in acqua che alla fine affondavano.
<< Accidenti a te, stupido libraccio… >> borbottò, puntato il gomito sulla scrivania e facendo ricadere la fronte sulla mano, sfinito da tutto ciò che gli era successo quel giorno, e deluso dal non riuscire a capire come portare lui e Castel via da Wonder.
Strofinandosi gli occhi e cercando di inghiottire quel nodo stretto alla gola che pungeva e che sapeva tanto di fallimento, provò a scrivere un’ultima parola prima di ritornare con la coda fra le gambe nella vecchia camera, dove forse Castel lo stava già aspettando per la paternale del secolo.
Casa.
Quella semplice parola ebbe il potere di toccare una particolare corda del suo cuore e gli occhi, seppur lui non volesse – perché un Guardiano non aveva tempo per lasciarsi andare a simili debolezze - gli si riempirono di lacrime.
Casa era qualcosa che un tempo aveva associato al suono delle risate e all’odore di terra e acqua - e di strane erbe mediche dal nome impronunciabile - di persone che oramai non c’erano più. Persone che aveva perduto per sempre. Persone che, nonostante tutto – la guerra e le differenze e i pregiudizi – lui aveva amato.
E faceva male da morire sapere che casa non avrebbe più avuto lo stesso significato senza di loro.
Certo, aveva Castel e Gilda, ma il ricordo di tutte le persone che aveva perduto aveva lasciato cicatrici dolorose e profonde nel suo cuore, cicatrici che, nonostante cercasse di nasconderle ogni giorno dietro esuberanza, sorrisi e ottimismo, bruciavano ancora.
Scacciando via quei pensieri spiacevoli – così da Castel e così poco da Gon - trattenne il fiato, nella speranza di ricacciare indietro le lacrime e anche che accadesse qualcosa: che il libro iniziasse a rispondergli, parlargli perfino – aveva praticamente aperto un portale fra mondi diversi, che ne sapeva lui di quale altro incredibile potere tenesse nascosto in quelle pagine ammuffite? – insomma che succedesse qualsiasi cosa e proprio quando il Sole cominciò ad affondare come una palla di fuoco sull’orizzonte, qualcuno si riversò nella stanza come un uragano.
<< NON CI POSSO PROPRIO CREDERE! >>
Gon, concentrato com’era a fissare il Libro, balzò in aria e agitando le braccia perse l’equilibrio cadendo all’indietro insieme alla sedia.
<< Accipicchia che male... >> si lamentò, attirando così su di sé l’attenzione della nuova arrivata, che altri non era che l’esagitata principessa del regno Solare.
Anche Fine, che fiondandosi come un toro nella stanza, non lo aveva visto, lanciò un urlo sorpresa quando lo sentì precipitare a terra.
<< Gon? >> gli si avvicinò con espressione più sorpresa che arrabbiata, intanto che il ragazzino si massaggiava il bernoccolo e si tirava in piedi.
<< Fine? >> gli rispose di rimando Gon, inarcando un sopracciglio << Che cosa ci fai qui? >> le chiese.
Fine rise, aiutandolo a rimettere in piedi la sedia << Che cosa ci fai tu qui? Questa è la mia stanza.>>
 L’undicenne si portò una mano fra i capelli con fare imbarazzato << Credevo fossi insieme alla Regina... >>
Capì di aver fatto l’osservazione sbagliata perché Fine gonfiò le guance con fare imbufalito, stringendo talmente tanto forte il suo capello fucsia fra le mani da farsi sbiancare le nocche << Quella maledetta mi ha buttato fuori dal Consiglio! Dice che quello che è successo non sono cose da bambine. Da bambine! Che cavolo! Ho 16 anni, e sono stata io a fare quello stramaledetto incantesimo e c’eravamo noi alle Grotte di Inumi non loro. Ma, come dice sempre Altezza, la nostra opinione viene presa in considerazione solo quando fa comodo a loro! >>
Dopo il suo resoconto, Gon vide Fine sbuffare sonoramente e gettarsi a peso morto sul letto a due piazze al centro della stanza, proprio come minuti prima aveva fatto lui stesso in camera sua.
<< Non è giusto... >> piagnucolò e lui non potè fare a meno di sentirsi d’accordo con lei.
Quante volte Castel lo aveva tenuto fuori dagli affari di palazzo perché lo riteneva ancora un bambino?
Quante volte era stato zittito durante i Consigli Reali solo perché aveva undici anni e il suo parere contava sempre troppo poco?
A nessuno sembrava importare quante vite avesse salvato e contro chi avesse combattuto, non quando a vederlo tutti lo scambiavano per un ragazzino qualsiasi.
<< Se ti può consolare... >> gli disse, mentre con un sospiro si posizionava a cavalcioni sulla sedia, girandola affinchè potesse appoggiare il petto sullo schienale << a me succede la stessa cosa, a casa mia.>>
Fine si puntò sui gomiti per osservalo meglio << Ma tu sei un ragazzino! >> gli fece presente, e Gon si sarebbe offeso se non fosse stato per il tono buffo che Fine aveva usato per farglielo presente, come se fosse una cosa di cui si era resa conto solo in quel momento.
Tuttavia le puntò comunque un dito contro con fare offeso << Per tua informazione, ho quasi dodici anni. E sono più alto rispetto ai ragazzi della mia età.>>
Ridacchiando, Fine non potè fare a meno di pensare che fosse vero, anche perché lei non era certo una gigante di ragazza.
A mala pena sfiorava il metro e sessantadue d’altezza, e all’in circa Gon doveva essere cinque... forse sei centimetri più basso di lei.
Ma a tradirlo erano i lineamenti ancora rotondeggianti, quel cespuglio di riccioli castani che aveva in testa, e gli enormi occhi grigi.
<< Come mai sei qui, Gon? >> gli chiese curiosa, perché aveva sentito Poomo – Poomo che invece aveva avuto il permesso di rimanere in Sala, quel traditore! – parlare con Rod a proposito della sistemazioni dei due nuovi ospiti e il comandante rispondere al folletto qualcosa come “Li abbiamo sistemati come meritano, quei due delinquenti!”
Gon si agitò sulla sedia, a disagio, iniziando a fissare il tetto come se lo trovasse improvvisamente interessante, prima di gettarsi un’occhiata veloce dietro le spalle, lì dove il Libro era aperto sulla scrivania, con la parola CASA che scintillava ancora di nero fra le sue pagine bianche.
<< Ecco... stavo cercando il bagno e mi sono perso.>> mentì, inventandosi la prima scusa plausibile che gli passò per la testa.
Fine, che era cresciuta raccontando frottole peggiori, facendosi una certa esperienza al riguardo – Camelot avrebbe saputo elencare tutti i suoi piani di “evacuazione” sia in ordine cronologico che alfabetico probabilmente! - si alzò dal letto, iniziando a camminare verso la sua direzione con espressione sospettosa, le labbra tirate in un sorriso sornione e le mani allacciate dietro la schiena.
A quel punto il ragazzino iniziò a sudare freddo, non sapendo come nascondere il libro alla wonderiana senza farsi beccare.
<< Ah sì? E dov’è il tuo amico con i capelli arancioni? >> gli domandò ancora, uno dei due sopraccigli pericolosamente arcuati.
Gon si passò nervosamente una mano fra i capelli << E’ con la principessa Mirlo. In infermeria. >>
A quel punto l’espressione indagatrice di Fine scomparve, sostituita da un pallore mortuario e pieno di terrore << Sta male?! Che cos’ha?! >>
Gon scosse subito il capo in senso di diniego per tranquillizzarla << Solo qualche ferita, nulla di serio... >>
Fine si portò una mano al petto rilasciando un lungo sospiro di sollievo << Meno mal- >> prima che finisse di parlare, un’ombra attraversò il viso del ragazzino e l’espressione di Gon si fece improvvisamente di pietra, gli occhi spalancati nel vuoto e i pugni stretti e tremanti lungo le braccia.
L’espressione di panico di prima ritornò sul suo viso << Gon... che cosa sta... >>
Il castano la fissò come se non la riconoscesse, come se fosse piombato in uno dei suoi peggiori incubi << C’è qualcosa che non va... questa sensazione... non capisco... >> puntò gli occhi fuori dalla porta finestra della stanza, e una sensazione di gelo lo avvolse da cima a piedi.
Il sole era appena scomparso al di là dell’orizzonte e il buio era giunto anche su Wonder.
In meno di mezzo secondo la sua mano scattò al fianco, dove di solito teneva il suo pugnale, per poi ricordarsi l’istante dopo di averlo ceduto a Shade.
Con un ringhio, allora, prese il Libro sottobraccio e con l’altra mano afferrò quella della principessa Solare.
<< Vieni con me! >> le ordinò, i lineamenti irrigiditi e determinati mentre le strattonava il braccio per incitarla a seguirlo << Dobbiamo trovare Castel ed evacuare l’edificio immediatamente. Qualcuno è entrato nel castello... >>
Fine rimase scioccata e incapace di proferire parola per qualche secondo, intanto che lo straniero si chiudeva la porta della stanza alle loro spalle, lanciando occhiate furtive al corridoio.
<< Dove accidenti è l’infermeria? >> le chiese Gon, prima di azzardare un passo alla cieca in direzione di un’enorme scalinata, i cui gradini erano ricoperti di mosaici aventi come disegni scenari marini, che portava ai piani alti.
La giovane si guardò in giro cercando di riacquisire oltre al senso dell’orientamento anche un po’ di sangue freddo << Ai pieni superiori se non sbaglio... ma non ricordo di preciso... >>
<< Bene andiamo! >>
Gon le strinse forte la mano e insieme iniziarono a salire velocemente la lunga scalinata.
<< Gon... Gon... dimmi cosa sta succedendo? Chi è che entrato al Castello? >> gli domando Fine, la voce tremante non solo per il fiatone ma anche per la paura.
Il guardiano non si fermò, continuò a mettere un piedi davanti all’altro più in fretta che poteva, il cuore che martellava come un forsennato dentro il petto.
Tutto quello non aveva senso, non poteva essere, era assurdo... anche solo a pensarlo era...
Fissò con la coda dell’occhio Fine che arrancava alle sue spalle, indeciso se rivelarglielo o no, se dirle la verità o continuare a mentire.
Alla fine, dopo aver piegato lo sguardo anche sul Libro di Shade, decise che era giusto che anche lei sapesse.
In fondo, alle Grotte di Inumi aveva combattuto al loro fianco, meritava di conoscere la storia, quella vera.
Si fermò un istante, stringendole la mano e fissandola dritta negli occhi << Sono quasi convinto che sia un... >> prese un profondo respiro prima di proseguire << ...un Tenebros.>>
Nel momento in cui quelle parole uscirono dalla sua bocca, Fine lanciò un grido terrorizzato indicandogli un punto alla sue spalle.
Gon si voltò e vide in cima alle scale una figura incappucciata di nero che sembrava stesse lì ad aspettare proprio loro due.
 
 

Il medico dell’infermeria aveva analizzato la sua ferita con espressione criptica, prendendogli con una mano il braccio e con l’altra lisciandosi i folti baffi grigi << Mmmh... mai vista una ferita del genere, giovanotto. La tua pelle sembra corrosa dall’acido.>>
Castel avrebbe voluto dirgli che era più o meno quella la sensazione che si provava quando un demone oscuro riusciva a sfiorarti, ma si morse la lingua continuando a rimanere immobile e a pensare ai mille modi diversi con cui avrebbe potuto punire Gon per quel brutto scherzetto che gli aveva appena giocato.
Ma cosa gli frullava in quel cervello?
Divedersi in un momento così critico e solo per una stupida ferita!
<< Vi fa molto male? >> la voce gentile e flebile della principessa lo riscosse dai suoi pensieri.
Ricambiò per un attimo il suo sguardo e poi scosse la testa << Vi ho già detto che sto bene.>>
<< Già, e anche questo è strabiliante, ragazzo, avete una resistenza al dolore inaudita.>> commentò nuovamente il dottore, che adesso si trovava di fronte a una vetrinetta piena di medicine con in mano due differenti flaconi di farmaci.
Castel sbuffò, anche se avrebbe preferito rispondere qualcosa come “l’abitudine”, e poi gettò anche lui un’occhiata alla spalla sinistra, lì dove la pelle era stata toccata.
Su Spazio una di quelle bruciature si sarebbe curata con unguenti magici, e la ferita si sarebbe rimarginata nel giro di qualche minuto.
Ma tutte le loro cose erano rimaste su spazio, armi e medicinali compresi, perciò in quel momento la sua unica scelta era quella di confrontarsi con l’inefficienza dei metodi curativi wonderiani. Grandioso.
Mentre il dottore continuava a riguardare la sua lista di medicine, Castel vide Mirlo avanzare qualche passo verso di lui, per poi sedersi al suo fianco, su quel lettino spoglio e asettico.
La ragazza gli rivolse un sorriso mesto prima di focalizzarsi sulla ferita alla spalla, analizzandola come se si stesse immaginando in che modo fosse riuscito a procurarsela.
La sua espressione seria e concentrata lo colse di sorpresa, così come il tono gentile con cui si rivolse pochi secondi dopo al medico << Dottore, scusi, intanto che lei cerca quella medicina di cui parla, posso rubarle il suo paziente per qualche momento? >>
L’anziano medico, che a quanto pareva era all’oscuro della pessima reputazione di Castel, annuì sistemandosi meglio gli occhiali rotondi sul naso a patata << Ma certo, principessa. >>
La castana sorrise nuovamente, prima di lanciare un cenno allo straniero affinchè la seguisse fuori dall’infermeria.
Castel la guardò con fare scettico, indeciso se darle retta o meno, poi, dopo un’ultima occhiata alla faccia perplessa del medico, decise che comunque peggio di così non poteva andargli.
Con un sospiro rassegnato si alzò dal letto e seguì la principessa.
Una volta fuori dalla porta le chiese << Cos’è che avete in mente? >>
Mirlo arrossì, i piedi che si muovevano in fretta pur senza fare rumore fra i corridoi del palazzo che, visto il crepuscolo, erano stati illuminati da lampade a muro a forma di conchiglie e lumache marine.
<< Il Dottor Lamantin è un bravo medico, ma per la vostra ferito credo che ci voglia qualcosa di diverso. >> gli spiegò, le gote arrossate dal disagio di trovarsi sola con lui fra i corridoi deserti.
Adesso Castel non era più mezzo nudo - visto che il dottore gli aveva dato una maglia senza maniche da indossare - ma Mirlo non aveva ancora dimenticato la pessima figura fatta in camera dei due ospiti.
Il Guardiano la fissava di sottecchi, camminandole a fianco con le sopracciglia aggrottate in maniera sospettosa.
Sembrava che la stesse analizzando proprio come pochi minuti prima lei aveva fatto con la sua ustione alla spalla.
La sua espressione era seria, ma non più ostile, non come la prima volta in cui si erano incontrati e i suoi color ambra l’avevano squadrata da capo a piedi come a volerle leggere nell’animo.
Chi era veramente quel giovane e il suo amico? E da dove venivano?
Queste erano le domande che Mirlo continuava a porsi da quando era scesa in loro soccorso sulla spiaggia, quando li aveva visti incapaci di difendersi dalle accuse eccessive del Comandante Rod e dall’espressione arcigna di sua madre, da sempre poco incline a fidarsi di qualunque straniero.     
Eppure, c’era qualcosa in Gon e Castel che la spingeva a fidarsi di loro. Forse era per via di Shade, anche lui era sempre stato molto diffidente nei confronti di tutti eppure - quando era apparso dal nulla in loro compagnia - sembrava perfettamente a suo agio con loro, meglio ancora, sembrava loro complice, loro amico.     
E Shade era sempre stato intelligente abbastanza da fidarsi delle persone giuste.
Una volta avvistata la porta che le interessava, Mirlo si fermò spingendola e facendo entrare Castel prima di richiuderla alle spalle.
Il Lumos si guardò intorno con fare curioso.
Si trovava in una stanza circolare, una specie di piccolo laboratorio pieno di scaffali con ampolle colorate e banchi di legno intagliato pieni di piante marine in vaso coperte da teche di vetro e acquari di tutte le dimensioni con dentro pesci di ogni tipo.
Come tutte le stanze del palazzo anche questa aveva una portafinestra che dava sul mare.
Castel osservò il moto del sole con estrema apprensione, il cielo che si macchiava di tenebra e dello stesso colore degli occhi della principessa del regno della goccia.
Era così concentrato ad osservarlo, da non rendersi conto che intanto la ragazza aveva iniziato a frugare fra gli scaffali alla ricerca di un ampolla contente il siero curativo che cercava.
<< Eccolo qui. Dovrebbe essere questo.>> la sentì dire, osservandola mentre apriva la boccetta e ne odorava il contenuto.
Quel gesto gli riportò alla mente Allison, la sua ossessione per le piante curative e profumate, tutti gli strani miscugli che creava per lui e per Gon, gli esperimenti finiti male che facevano puzzare la casa di Gilda per settimane, le sue belle mani sporche di terra e verde.
Allison.
La principessa dovette accorgersi del suo sguardo improvvisamente addolorato perché gli si accostò, stringendo al petto l’ampolla appena trovata << Qualcosa non va? >>
Castel strinse forte i pugni e allontanò il suo sguardo dal suo << Che cos’è? >> si limitò a richiederle, in riferimento a ciò che la ragazza stringeva in mano.
Mirlo gli sorrise, due piccole fossette le spuntarono ai lati delle guance, erano carine.
<< E’ un unguento speciale. La nostra curatrice ecco... diciamo che lei è avvezza all’uso di erbe magiche più di quanto non lo sia il Dottore Lamantin.>>
Castel annuì, allungando una mano per farsela consegnare, ma Mirlo scosse il capo e gli indicò una panca, posizionata proprio accanto alla portafinestra, dove andare a sedersi.
<< Ci penso io, non preoccuparti. Mi sembra il minimo dopo che tu e gli altri vi siete battuti per proteggere il mio regno e il mio popolo.>>
Il guardiano la fissò sorpreso, l’espressione dolce e pacata che fino a quel momento la castana aveva utilizzato era sparita, mostrando il volto serio e preoccupato di una giovane regnante che sente il peso di tutta una popolazione sulle sue spalle.
Era un peso che Castel conosceva bene e forse per questo non fece obbiezioni e lasciò che la principessa lo aiutasse.
Mentre la vedeva intenta a spalmargli quella poltiglia sulla spalla con fare delicato, per paura di fargli male, pensò che Mirlo era tutto fuorchè come lui si era immaginato che fosse una Principessa Wonderiana.
Su Spazio i wonderiani erano descritti tutti come retrogradi e superficiali. Dei bifolchi bravi solo a far baldoria e a sprecare le loro risorse, completamente ignoranti verso qualunque forma di magia.
Quell’immagine aveva già iniziato a incrinarsi con Shade, sebbene lui fosse così testardo e disorientato da tutta quella storia fra ombre e portali e barriere.
Poi Fine, che era sì goffa e buffa, ma straordinariamente potente.
Qualcosa di incredibile, il modo in cui aveva utilizzato lo Scettro di Prominence come se fosse normale era stato sbalorditivo.
Per un attimo si era pure chiesto se non potesse essere lei la prescelta, anche se la ragazza si era dimostrata del tutto all’oscuro sul loro Mondo.
E infine Mirlo.
Perché li aveva difesi a spada tratta con la Regina? Perché si dimostrava così gentile con loro?
Con sguardo adombrato e distante Castel si chiese se lui e Gon si meritassero davvero tutta quella gentilezza.
In fondo, era vero che le Ombre Nere avevano seguito la loro energia.
Forse... se loro non si fossero trovati lì, ma su Spazio, il regno della Principessa Mirlo non sarebbe stato attaccato, forse Shade non sarebbe mo-
Si morse il labbro, ma un ringhio frustrato gli sfuggì comunque dalle labbra e, scambiandolo per un gemito di dolore, Mirlo fermò le sue medicazioni.
<< Oh! Perdonami, ti ho fatto male... >>
<< Non sei tu... >> Castel si accorse troppo tardi di essersi dimenticato delle formalità e osservò da sopra la spalla Mirlo che era arrossita.
La luce del tramonto che creava ombre sul suo volto e le colorava le ciocche di capelli castani d’arancio << Ehm... volevo dire voi... Non siete stata voi, altezza. >> si corresse subito, avvertendo una sensazione di disagio irrigidirgli i muscoli.
Mirlo riprese a medicarlo, il sorriso dolce di poco prima era ritornato sulle sue labbra piene, mettendo in mostra le fossette alle guance << Puoi darmi del tu... se vuoi... in fondo... siamo quasi coetanei... credo... >>
A quel commento fu Castel a sorriderle seppur in maniera mesta << Non credo... >>
<< Che vuoi dire? >>
<< Che mi sembra di avere vent’uno anni da un sacco di tempo.>> le rispose il guardiano, lo sguardo di nuovo perso alle sue spalle, lì dove il sole stava per calarsi al di là del mare.
Mirlo finì di medicarlo, richiuse l’ampolla e si asciugò le mani sul suo stesso vestito, come se fosse una cosa che faceva spesso, poi gli sorrise nuovamente << Solo ventuno? Io avrei detto venticinque... >>
Castel si fissò la spalla, sentendo un piacevole formicolio provenire nei punti in cui la crema stava agendo, e poi ricambiò il sorriso della castana << Posso farvi una domanda, Principessa? >>
Mirlo annuì, intuendo che Castel non era ancora pronto per rinunciare alle formalità. 
<< Come mai non state partecipando al Consiglio Reale? Non siete ancora maggiorenne? >>
<< Ho già riferito al Consiglio il mio parere, dopo di che sono venuta da voi.>>
<< E a favore di chi vi siete pronunciata? >>
<< Non lo immaginate? >> Mirlo vide la fronte aggrottata del ragazzo distendersi, e le sue labbra tirarsi finalmente in un vero sorriso.
<< Chi vi dice che è la scelta giusta? Chi dice che non siamo noi il male da cui state cercando di fuggire? >>
<< I vostri occhi.>>
Castel la fissò intensamente, le sfumature dorate dei suoi occhi brillavano nella penombra come frammenti d’oro puro.
Mirlo sentì il cuore salirle in gola, le dita ritornarono a tormentare il merletto delle maniche del suo abito << Siete delle brave persone che soffrono, vi si legge in faccia. E siete amici di Shade. Questo mi basta per adesso. >>
<< Non è un pò poco? >> indagò ancora Castel, sorpreso della buona fede che la principessa non provava neanche a celare.
La vide scuotere il capo a malapena, prima di ritornare a incatenare i loro sguardi << Non lo è... e comunque sono sicura che quando sarete pronti ci racconterete cosa è veramente successo in quelle grotte.>>
 Castel lasciò che le sue labbra si piegassero in un sogghigno ironico << Perché? Il racconto della vostra amica principessa non è stato abbastanza esaustivo? >>
Mirlo rise, pensando al modo comico che Fine aveva di raccontare anche le battaglie più feroci.
In questo era sempre stata molto diversa da Rein, a cui invece piaceva trasformare anche le cose più comiche in battaglie epiche, in scontri mozzafiato.
Rein che l’aveva presa per mano, una volta, e le aveva detto fidati di me.
Il suo sguardo cadde sulle mani strette a pugno di Castel, ordinatamente poste sopra le sue ginocchia, e si chiese se davvero fosse così semplice.
Se davvero avesse potuto fissarlo negli occhi, prendergli una mano e dirgli Fidati di me per scoprire la verità.
O magari quello era solo uno dei tanti di doni di Rein.
Non ebbe mai il tempo per scoprirlo perché d’improvviso, dal nulla, Castel balzò in piedi, l’espressione terrorizzata e basita, come se avesse appena visto un fantasma.
<< Cosa suc-? >> la afferrò per le spalle con il volto stravolto << ASCOLTATEMI!  Dovete fare uscire tutti da Palazzo! Avete capito?! Il palazzo è sotto attacco... loro sono arrivati! Sono arrivati su Wonder! >>
 
 

La figura incappucciata era avvolta da un’energia che Gon conosceva molto bene. Non poteva più sbagliarsi: quel tipo era effettivamente un Tenebros.
Ma com’era possibile? Come aveva fatto ad arrivare fin lì? Con il Labirinto di Nebbia? Possibile?
Gon si posizionò immediatamente di fronte a Fine per proteggerla, rimpiangendo amaramente di non avere con sé nessun arma.
Se solo quel deficiente di Rod non gliele avesse sequestrate tutte!
<< Chi diavolo sei? Che vuoi? >> gli urlò contro, i denti digrignati, tutti i muscoli tesi, in attesa di un attacco imminente.
Ma la figura restava immobile, sembrava non vederlo nemmeno.    
Un’idea gli balzò in mente, e l’istante successivo aveva già scagliato contro la figura il libro che teneva sottobraccio.
Lo attraversò.
<< Che cosa è quello, Gon? >> gli domandò Fine, tremante e aggrappata al suo braccio.
<< Un illusione... >> rispose il castano, osservandosi attorno con il respiro accelerato dalla tensione, e ogni senso allertato.
Dove poteva essersi cacciato l’originale?
<< Presto, andiamo! >> spronò Fine a ritornare a correre su per le scale e quando furono in cima, il Lumos si ritrovò circondato da altre due figure oscure.
Una era all’entrata del corridoio di destra, l’altra in quella di sinistra.
Le sentinelle di palazzo messe di guardie erano svenute o peggio morte, poco distanti da loro.
Gon fissò le due figure attentamente, convinto che una delle due dovesse per forza essere l’originale.
<< Che vigliacco! >> esplose, facendo sobbalzare Fine alle sue spalle << Aspettare l’arrivo del buio per vedertela con noi. Comodo. E pensare che c’è chi vi chiama impavidi, voi maledetti Tenebros.>>
Dopo quell’affronto, Gon si era spettato una reazione, lo scintillare di un’arma, il suono di una risata beffarda... ma nulla.
Le due figure avevano semplicemente iniziato ad avanzare contemporaneamente verso lui e Fine, stretti in un vicolo ceco.
<< Gon... >> la sentì singhiozzare, le dita strette e gelide nelle sue.
Il Libro di Shade era spalancato a terra proprio a pochi passi da loro, se solo fosse riuscito a farlo funzionare... maledizione!
<< Fine... >> bisbigliò piano, contando mentalmente i passi che dividevano l’incappucciato a raggiungerli.
Dodici... undici... << Fine ascoltami... qualsiasi cosa accada non pensare a me. Fuggi più in fretta che puoi capito? Non appena lui->>
<< Non lo farò! >> lo fermò, lanciandogli un’occhiata di fuoco e il ragazzino la vide far scivolare la mano verso uno strano scrigno che teneva legato alla vita.
E poi, d’improvviso, il simbolo dei guardiani sulla sua fronte cominciò a brillare, intensamente, e la figura incappucciata si bloccò come paralizzata.
Fine lo fissava a bocca aperta, i piedi che si allontanavano da soli da lui.
<< Gon ma cosa stai facendo... >>
Il ragazzino sembrava scioccato quando lei << Non sono io... >>
Non ebbe tempo di pensare a cosa quella luce si riferisse - la prescelta era lì? Un guardiano era lì? – perché lo stesso fascio di luce iniziò a risplendere anche dal Libro.
In una manciata di secondi, solo una delle due figure mascherate – quella vera ovviamente – iniziò a correre verso la direzione del libro, e Gon lo imitò sperando di riuscire a bloccare il Tenebros in tempo.
<< Non toccarlo! >> gli balzò addosso, ma il tenebros era già riuscito a mettere le mani sul Libro, ed entrambi rotolarono a terra cercando di strapparselo a vicenda.
La luce pallida che prima aveva avvolto il Libro, intanto si trasformò in fumo, il fumo in una nebbia grigia e densa, con dita oscure.
Gon sentì chiaramente la figura incappucciata lasciarsi sfuggire un sussulto sorpreso, prima che con mani forti come l’acciaio lo afferrasse per un braccio, fissandolo dritto in faccia con un paio di occhi verdi che lui conosceva più che bene << Vattene subito via, Gon! >>
Ma fu troppo tardi.
Come al solito non ci fu tempo perché Gon potesse porsi le domande giuste e trovare le risposte giuste, non ci fu tempo per nulla.
Il vortice di oscurità proveniente dal Libro li avvolse entrambi, e prima che il guardiano riuscisse a pronunciare il nome dell’altro, qualcosa lo trascinò a fondo, sempre più a fondo, dentro un mare di tenebra.
 
***
 
Shade osservava la spada come incantato. Come se si trovasse ancora in quello strambo sogno in cui il fantasma della donna gli ricordava di trovare l’arma.
Ogni rumore era stato sostituito dal battito furioso del suo cuore, ogni sensazione esterna al fascino magnetico emanato da quella lama svanito nel nulla.
Persino la stretta della mano di Rein era qualcosa che non lo sfiorava neanche.
<< Shade... Shade che ti prende...? >> la ragazza provò a scuoterlo, ma lo sguardo del principe era come offuscato, pieno di spiriti e fantasmi contro cui lei non era in grado di combattere.
<< Shade, guardami! Cosa ti sta succedendo? >>
<< Trovare la spada è importante >> lo sentì sussurrare, ma la voce non sembrava neanche la sua... sembrava che uno spirito si fosse impossessato del suo corpo.
La sua pelle era gelida e il suo corpo tremava in maniera quasi impercettibile.
Rein sentì la paura diffondersi in lei come un veleno doloroso.
Non aveva mai provato tanta paura come in quel momento, quando vide Shade avvicinarsi e allungare la mano verso l’elsa di quella spada.
<< Shade, non farlo. C’è qualcosa di strano... qualcosa che non va... non toccare quella spada. >>
Finalmente Shade parve sentirla e si voltò a fissarla. I movimenti meccanici e rigidi, era come se non fosse più padrone del suo corpo e dei suoi pensieri.
Era sempre stato molto più alto di lei, e adesso la stava fissando con il viso reclinato verso il basso, gli occhi cobalto invasi dall’oscurità, i capelli scompigliati in cui spuntava il bianco della fasciatura appena fatta e macchiata di sangue.
Rein sentì le lacrime pungerle ai lati degli occhi: che cosa gli aveva fatto?
Tutto quello era colpa sua... solo colpa sua...
<< Non capisci, Rein... >> di nuovo la sua voce era strana, troppo profonda, troppo graffiante.
La principessa si aggrappò al suo braccio, sperando di trattenerlo e scosse la testa con forza << Cosa? Cosa devo capire!? Spiegamelo! >>
Il principe le mostrò il pugnale che teneva in mano la cui lama splendeva ancora, dello stesso bagliore di cui adesso brillava anche l’elsa della spada << Il pugnale ci ha condotto qui per una ragione. Per trovare la spada. Dobbiamo prenderla.>>
Rein fece saettare lo sguardo dal pugnale alla spada conficcata dentro l’altare di pietra.
Sembravano fatti dello stesso identico materiale.
Shade si avvicinò ancora e lei lo seguì. Lo vide mentre allungava le dita per poggiarle sopra una strana iscrizione incisa sulla pietra.
Era in un linguaggio antico che lei non conosceva eppure sentì la voce di Shade pronunciarlo come se parlasse quella lingua da sempre.
<< Che cosa hai detto? >> gli domandò curiosa e impaurita al tempo stesso.
Shade gli mostrò una spaventoso sorriso sbilenco, tutto denti e occhi come pozzi di tenebra << Oh... così sottile è la linea che divide il bene dal male.>> dopodicchè la sua mano si poggiò sull’elsa e tirò verso l’alto.
Rein si portò le braccia davanti al viso, per schermirlo dalla luce accecante che la spada aveva iniziato ad emanare e sentì anche chiaramente il metallo stridere a contatto con la pietra.
Un’energia assopita si risvegliò dall’arma, come se fino a quell’istante fosse rimasta addormentata ad aspettare che qualcuno la risvegliasse, e il suo potere li avvolse sotto forma di raffiche di vento, facendo svolazzare vestiti e capelli, in un turbine di nebbia e scintille di fuoco oscuro.
La spada brillò e la sua luce li travolse, travolse tutto il labirinto di nebbia. Tutto venne investito dal suo potere, trascinato in un vortice di luce calda e abbagliante da cui nessuno di loro era in grado di sottrarsi.
Quando dopo quelli che sembravano pochi minuti riaprirono gli occhi e Rein sentì Shade sconvolto chiederle “Cosa diamine mi è successo?!” il paesaggio del Labirinto aveva lasciato posto a uno scenario invaso da un diverso tipo di desolazione.
Le fredda e dura roccia, l’oceano oscuro, le montagne che si stagliavano sul cielo ora grigio, un perenne freddo pungente, alberi spogli ovunque.
Oh, non poteva sbagliarsi. Non poteva.
<< Rein... dove siamo finiti? >>
<< Oh no... per tutti gli Dei... noi... noi non dovremmo affatto essere qui. Non dovremmo assolutamente essere qui! >> esclamò, le mani fra i capelli e gli occhi che schizzavano da un parte e all’altra dell’altura in cui erano finiti.
Shade trascinò la spada, portandosi al fianco della turchina, l’espressione non ancora del tutto lucida << Sarebbe davvero carino da parte tua spiegare anche a me che cosa diamine intendi con qui prima di farti venire un attacco di panico. >>
<< Argh! Sta zitto, Shade! >> 
 
 

Piimi uscì fuori da sotto il mantello di Terence tossendo furiosamente, gli occhi spalancati dall’orrore e il corpicino scosso da tremori.
<< Terence non dirmi che... >> singhiozzò, mentre i suoi occhi si posavano sulle alte Mura di Pietra che circondavano il Palazzo Reale, creando una barriera fra loro e la landa desolata dell’esterno.
Il compagno di squadra, dopo il primo momento di sgomento, in cui era rimasto con occhi spalancati a fissare il vuoto, ora sembrava aver riacquistato la sua solita freddezza e aveva alzato il volto verso la luce tiepida del Sole di Mezzanotte che si stagliava sul cielo color piombo, i lineamenti contratti dalla tensione che man mano si distendevano.
<< Sembra che nulla sia cambiato quaggiù... >> commentò, l’ironia della sua voce inacidita dallo sprezzo.
La folletta sobbalzò iniziando poi a svolazzare in tondo in preda al panico << Oh no! No, no, no, no. Non può essere! >>
 Terence riaprì gli occhi, le iridi verdi striate di rosso che si fissarono sul simbolo del Drago che ripercorreva l’intera muraglia.
<< Bentornato a casa.>>
 
 

Gon fu il secondo a svegliarsi e, per ironia della sorte, fu di nuovo su una spiaggia deserta, circondata da scogliere enormi.
Fine era accanto a lui, che si stava togliendo la sabbia dai capelli e dai vestiti, e non appena si accorse che era sveglio gli corse incontro aiutandolo ad alzarsi.
<< Gon, stai bene? Che cosa è successo al Castello? Dove siamo finiti? >>
<< Non ci credo... >> Gon si lasciò sfuggire una risatina gutturale e ruvida, mentre riconosceva il fiordo in cui era precipitato, il vento sferzante che proveniva dal mare che gli arruffava i capelli, l’aria gelida accarezzata dalla morbida luce solare.
<< Non vorrei sbagliarmi ma... >> rivolse lo sguardo verso Fine, che sembrava un pulcino bagnato e impaurito che si aggrappava a lui per non smarrirsi << beh... non c’è un modo carino per dirlo perciò...  Benvenuta sul Regno di Tempo, principessa Fine.>>
<< Il... Regno di Tempo? >>
<< Il Regno delle Tenebre.>>
 
 
 
 
 
A/N: Capitolo finalmente terminato! Come vi chiedo sempre, perdonatemi per l’imperdonabile ritardo nel pubblicare. L’ultima parte di questo capitolo mi ha sfinita più di quanto credessi, paradossalmente nella parte che pensavo sarebbe stata la più facile, ossia dal dialogo fra Castel e Mirlo in poi.
Quei due ragazzi! Quanti problemi di comunicazione!
Spero che almeno il tanto sospirato incontro fra Rein e Shade non vi abbia deluso <3
Non ci sono stati né baci né focosi incontri appassionati lo so, ma non sarebbero stati Rein e Shade altrimenti ;P
La prima parte in cui Shade fa quello strano sogno/visione è volutamente molto confusionaria (perché nella mia testa doveva rappresentare lo stato di confusione della mente del principe, spero di esserci riuscita anche di fatto xD), non ho ancora voglia di svelarvi a cosa siano dovute queste strane “visioni” del principe, dovrete pazientare ancora un po’.
Il titolo che ho scelto per questo capitolo è in riferimento prima di tutto alla situazione che stanno vivendo Castel e Gon, bloccati su Wonder senza sapere come ritornare a casa.
Ho voluto concentrarmi principalmente sul fatto che, sebbene entrambi desiderino ardentemente ritornare su Spazio, una piccola parte di loro un po’ invidia la situazione dei Wonderiani, perché per loro il calar del sole non vuol dire essere in guerra. Il fatto che in questo capitolo il tramonto significhi anche l’arrivo di Terence è un altro discorso xD
E così, ora i nostri protagonisti sono tutti riuniti nel pauroso e ostile Regno delle Tenebre, dove ogni sorta di male sembra avere le sue origini.
Ovviamente, non posso svelarvi cosa succederà perché... sapete... gli spoiler... eccetera, ma era più o meno questo che intendevo quando vi avevo avvisato che i precedenti gruppi che si erano formati si sarebbero ben presto frantumati.
Adesso, abbiamo Rein insieme a Shade, Gon insieme a Fine, Terence con Piimi, mentre Castel è rimasto confinato su Wonder insieme a Mirlo.
Come al solito se avete qualche curiosità da chiedermi o qualcosa che volete chiarire sentitevi liberi di farlo lasciandomi una recensione o contattandomi ^W^
Un abbraccio forte a chi ancora mi segue e spero a risentirci presto con un nuovo capitolo!
BellaLuna
  
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