Serie TV > Sherlock (BBC)
Ricorda la storia  |      
Autore: Jane41258    14/04/2017    1 recensioni
Scritta per l'evento pasquale del gruppo fb We are out for prompt.
Prompt: "Sherlock BBC, John/Sherlock, "Non vedo l’ora di tornare a casa." "
Ambientata tra la seconda e la terza stagione: Sherlock, sulle tracce degli uomini di Moriarty, è stato catturato e torturato per settimane e tutto ciò a cui pensa per restare in vita è che vuole tornare a casa. John è la sua casa.
Si tratta di una sorta di missing moment, se si considera Sherlock innamorato di John.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Sherlock Holmes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Violenza
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Incredibilmente è la prima fic che pubblico su Sherlock, dico incredibilmente perché ne ho plottate così tante che mi pare di essere già una veterana del genere ahahah. Ma tra scrivere e plottare c'è di mezzo il mare.
Niente, questa è su prompt "Sherlock BBC, John/Sherlock, "Non vedo l’ora di tornare a casa.",  scritta per l'
evento di primavera del gruppo fb We are out for prompt .

Noterete una certa ripetività dei pensieri di Sherlock, non è un errore di scrittura, dipende dalla situazione in cui si trova.
Ah, e scusate la "E'" ma su Ubuntu Alt+212 non funziona :(
Beh ci sentiamo alla fine per una nota lampo, intanto buona lettura!





Guinea sud orientale, a circa 50 miglia da Nzérékoré; maggio 2013.

 

 

Sherlock chiuse gli occhi, la vista gli era ormai inutile, e rilassò le ginocchia. Le corde che gli avvolgevano le gambe e il busto laceravano la sua pelle ma facevano un buon lavoro di sostegno quindi il suo corpo non cadde a terra e ondeggiò contro le foglie ammuffite.

Si trovava a 47 miglia da Nzérékoré, al confine tra la foresta pluviale e la zona urbanizzata dove gli alberi cominciavano a diradarsi per lasciare spazio al fitto sottobosco della giungla ed era legato a tre diverse felci arboree da quattrocentoquattordici ore, poco più di diciassette giorni. Era molto importante per lui tenere conto del tempo che passava, perché più tempo trascorreva, maggiori erano le possibilità che gli scagnozzi di Moran riferissero al loro padrone di averlo trovato e che quindi Moran ordinasse di uccidere John e naturalmente minori erano le proprie possibilità di sopravvivere alla fame e alla fauna locale. Sospettava che il piano fosse farlo morire di stenti, legato nella foresta, per poi presentare il suo cadavere martoriato dagli animali e della infezioni come un trofeo per Moran. Le infezioni sicuramente stavano già facendo il proprio lavoro, le abrasioni create dalle corde erano gonfie, strabordavano di pus ed erano ricoperte di vermi parassiti e nonostante non gli avessero dato niente da mangiare, Sherlock soffriva di una scarica di diarrea ogni due giorni e continuava a tossire senza una causa apparente.

La pioggia era incessante e peggiorava le infezioni della pelle, ma almeno gli assicurava da bere. Con gli occhi chiusi tutto ciò che poteva sentire era era pioggia, ormai si era abituato al rumore, era la sensazione tattile delle gocce contro la sua pelle che lo stava facendo impazzire, avrebbe fatto qualunque cosa per non sentirle più. Per sfuggire alla noia schiacciante della foresta che si ripeteva sempre uguale a se stessa e di se stesso che si ripeteva sempre uguale a se stesso, Sherlock cercava rifugio nel suo palazzo mentale, ma pioveva in continuazione anche nella Baker Street vittoriana, persino nel 221B le gocce attraversavano illogicamente il tetto e l'acqua si riversava sui mobili ancora e ancora. A volte c'era Mycroft col suo ombrello e Sherlock vi si riparava, a volte c'era anche un vittoriano dottor Watson con loro, a volte vedeva il suo vecchio cane Barbarossa al centro della sala ma non riuscivano a raggiungersi perché la pioggia aveva allagato l'appartamento e l'acqua alta impastava i movimenti delle gambe. Il suo palazzo mentale non era mai stato tanto noioso, così Sherlock preferiva persino restare nella foresta.

Nonostante le sue condizioni generali, quello era un buon momento, era da solo.

Gli uomini di Moran venivano spesso per torturarlo, Sherlock sospettava che lo facessero in ogni loro momento libero. Non avevano molta fantasia quindi si limitavano a rigirargli coltelli nella carne, a percuoterlo con dei bastoni e a sputagli addosso, sicuramente non erano degni di essere alle dipendenze di Moriarty ma purtroppo Moriarty era morto e non poteva più fare selezione all'ingresso. Al momento l'unica autorità a cui rispondevano quegli uomini era Sebastian Moran, braccio destro di Moriarty e consulente criminale dedicatosi ai trafficanti di diamanti dopo la morte del suo capo. Era una fortuna che quegli uomini avessero deciso di provare a distruggere un uomo invece di fare rapporto e Sherlock cercava di compiacerli quanto più gli fosse possibile, urlando quando deduceva che volevano che urlasse e subendo in silenzio quando volevano vederlo ammutolito dal dolore. Doveva guadagnare tempo, doveva guadagnare tempo per escogitare un piano che gli permettesse di liberarsi, uccidere tutti i suoi carcerieri tranne uno, torturare il superstite per farsi portare da Moran per procedere a uccidere anche lui.

Sarebbe stato bello lasciarsi morire, chiudere gli occhi e addormentarsi per sempre. L'ultimo respiro sarebbe stato il migliore della sua vita. Avrebbe lasciato un inutile cadavere a quei bastardi dei suoi torturatori, abbandonando ogni sofferenza per sempre, non avrebbe più patito la fame, il dolore che divorava la sua carne infetta, la noia più terribile che avesse mai provato in tutto il tempo della sua vita, l'umiliazione di avere la muffa tra i capelli e i rivoli fecali tra le gambe.

Sarebbe stato bello e facile ma non poteva cedere, dopo Moran restava solo la Serbia e poi poteva tornare a casa, al 221B Baker Street, da John.

"Non vedo l'ora di tornare a casa." Mormorò e la pioggia ingoiò il suono delle sue parole.

Sherlock strinse gli occhi, quasi riusciva a vederlo John, seduto sulla sua poltrona che leggeva il giornale. Nella sua immaginazione John alzò la testa e lo guardò sorridendo.

"Sei incredibilmente ignorante nelle cose basilari, lo sai? Come ti viene che la Guinea è in Asia?"

Non era importante perché stessero parlando della Guinea, probabilmente John aveva letto di un'escalation di violenza nella guerra tra i trafficanti di diamanti attivi in quella nazione e di speculazioni che vedevano un certo colonnello Moran, eroe di guerra, tra i principali eredi del defunto magnate criminale James Moriarty.

"Al di fuori dell'Inghilterra la geografia è inutile." Ribatté Sherlock.

"Disse quello che voleva fare il pirata!" Rispose John posando il giornale sulle gambe. Sherlock si fermò ad osservarne la figura immaginaria, se fosse stato davanti a lui e fossero stati a Baker Street John avrebbe indossato una delle sue camicie celesti, aperta, sopra ad una t-shirt bianca. Non avrebbe indossato i pantaloni, ma soltanto un paio di boxer di cotone rosso e le sue belle cosce abbronzate e coperte di peluria bionda sarebbero state disponibili agli occhi di Sherlock.

"Da bambino ero stupido, non me ne frega nulla del mare e dei pirati, voglio solo tornare a casa."

E per casa intendeva John Watson. Londra era la città più bella del mondo -e malgrado il suo scarso interesse per i viaggi, Sherlock aveva dovuto vedere molte città nel corso della sua vita-, il 221B di Baker Street era il suo rifugio preferito ma la sua casa era John. Se John fosse morto, Londra non avrebbe avuto più alcun fascino per lui e vi si sarebbe sentito estraneo come in qualsiasi altra parte del mondo non includesse John. Non avrebbe nemmeno avuto senso tornare in Inghilterra. Sarebbe stato legato in quella foresta africana anche trent'anni se avrebbe significato mantenere John in vita, finché John era in vita Sherlock aveva una casa in cui tornare.

Sospettava persino che sarebbe sopravvissuto effettivamente trent'anni, che sarebbe rimasto vivo per intrattenere gli uomini di Moran ed evitare che facessero rapporto finché la sua carne si fosse completamente decomposta, vincendo contro ogni legge della natura e della statistica. Era già straordinario che fosse sopravvissuto diciassette giorni, che il suo corpo non avesse ancora ceduto alla fame, alla febbre e ai parassiti che lo mangiavano ovunque. Non esistevano miracoli tranne che agli occhi romantici di persone come John, qualsiasi evento, anche se apparentemente anormale aveva una causa a cui era legato logicamente. La causa dell'apparentemente incredibile sopravvivenza di Sherlock era il sentimento.

Per decenni aveva ritenuto l'amore un difetto chimico che rendeva l'uomo inefficiente e gli causava inevitabilmente il fallimento, mai avrebbe intuito che un'alterazione delle quantità di dopamina, ossitocina, vasopressina e endorfine potesse renderlo invincibile.

Era innamorato di John, non c'era alcuna razionale utilità nel negarlo, anzi Sherlock aveva pianificato di dichiarare il proprio sentimento romantico quando fosse tornato ed era ragionevolmente certo che poteva fidarsi del proprio migliore amico e che anche se John non l'avesse amato come lui amava John, comunque gli sarebbe stato accanto tutta la vita. Non conosceva persona al mondo più leale di John Watson.

Sentì i passi umidi di due persone, una donna e un uomo con le gambe corte, per un attimo Sherlock meditò di fingersi morto ma il rumore del machete che dondolava e sbatteva ritmicamente contro la schiena del maschio gli fece cambiare idea. Se loro avessero creduto Sherlock morto lo avrebbero fatto a pezzi col machete e portato i suoi pezzi a Moran e John sarebbe stato giustiziato poche ore dopo.

No, non poteva permettersi errori banali.

"Secondo te è morto... il grande detective?"

"No, respira, a malapena ma respira."

"Forse dopo dovremmo portarlo dal colonnello."

"Si tratta di Sherlock Holmes, portarlo da lui vivo sarebbe un rischio, glielo porteremo da morto come una bella sorpresa. Ammazziamolo e facciamola finita."

"Se lo ammazziamo finisce il divertimento, gli altri si incazzerebbero da morire e pure io non sono ancora stanca di giocarci."

"Va bene, dopotutto è la cosa più interessante successa da 5 anni a questa parte in questa terra di merda."

La donna lo schiaffeggiò e Sherlock finse di svegliarsi.

Finse un'espressione spezzata.

"Vi prego... abbiate pietà..."

"Il grande Sherlock Holmes che supplica, Moriarty avrebbe dato la vita per una scena del genere... oh! Aspetta, lo ha fatto."

I due carcerieri ridacchiarono e Sherlock pensò che Moriarty valeva mille di quei topi di fogna che si stavano bullando dell'ex padrone credendosi al sicuro.

"Che cazzo guardi?"

L'ometto lo colpì con il manico del machete nella carne infetta, Sherlock urlò genuinamente.

"Guardami inutile pezzo di carne"

Lei gli perforò la guancia con un coltello e il sangue gli invase la gola. Il prigioniero annaspò, tenere gli occhi aperti era difficile ma si sforzò di fissare la torturatrice.

"Ma che begli occhioni che hai!" Esclamò lei melliflua accarezzandogli il sopracciglio con la punta della lama.

"Cavaglieli e portarteli a casa" suggerì l'ometto.

Sherlock ingoiò una boccata di sangue che sapeva di terrore, se gli avessero cavato gli occhi non avrebbe potuto rivedere John mai più.

Gli occhi erano un prezzo ancora accettabile comunque, la sua memoria fotografica era perfetta e avrebbe ricordato per sempre John sulla sua poltrona che gli sorrideva, o come accadeva ben più spesso, che camminava con passi pesanti e ripetuti nel salotto, sbraitando che faticavano a pagare le bollette. Guardarlo era sacrificabile.

"Che cazzo sorridi idiota?"

L'uomo con le gambe corte gli assestò un pugno sul busto magrissimo, direttamente contro le costole, e per un attimo il detective perse il fiato, ma quando tornò a respirare non riuscì a trattenersi.

"Siete voi gli idioti ed è proprio la vostra idiozia che vi farà ammazzare. Ucciderò prima te e poi torturerò il nano per farmi portare dal vostro colonnello. Dopodiché gli sparerò in mezzo agli occhi con la sua stessa pistola, mi farò la barba, indosserò i suoi vestiti e lascerò la Guinea, dirigendomi in Serbia dove finirò di estirparvi come il virus che siete. Poi tornerò a casa dal mio uomo."

"Lo sapevo che sei frocio." sbottò la donna guardandolo con derisione.

"Mi dispiace..." mormorò Sherlock.

"...mi dispiace che alle superiori non fossi attraente e che pur di avere esperienza sessuale ti sia concessa al bullo che ti prendeva in giro tutti i giorni per i denti storti. L'apparecchio ha aggiustato i tuoi denti ma non la tua vita sessuale."

La donna gridò di rabbia e il detective seppe di aver azzeccato la deduzione. Sherlock sapeva che stava rischiando la propria vita e quella dei suoi amici, sapeva che prendere in giro il nemico è una mossa stupida ma semplicemente non riusciva a trattenersi dal voler dimostrare a quelle bestie di essere intellettualmente dominante.

"Ti ammazzo frocio del cazzo, vediamo come fai tanto il sapientone con la gola tagliata... eh?"

"No, non mi ammazzerai perché stasera quando il tuo collega dormirà -lui va sempre a letto presto- verrai qui e ti divertirai da sola con me, non perderesti mai l'occasione di abusare di Sherlock Holmes quando è incapace di difendersi."

Aver avuto ragione la seconda volta gli costò più di un semplice insulto. La torturatrice estrasse dal borsone una pistola, no, era una pistola giocattolo e gliela puntò sul petto.

Sembrava un modello di pistola ad acqua disegnato per essere esteticamente realistico, Mycroft amava quel tipo di giocattoli quando era...

L'ultimo pensiero lucido che ebbe prima che il dolore ardente gli spazzasse momentaneamente via l'abilità di ragionare fu che l'improvviso odore pungente proveniva da una soluzione 40g/l di idrossido di sodio in acqua e che a 35° il pH della soluzione doveva assestarsi su 15; 14 a 20°C, +0.03 per ogni grado in più. L'ometto estrasse una pistola simile e sparò su un fianco, che si ustionò immediatamente.

I due aguzzini ridevano come bambini e la pelle bianca del prigioniero si ricoprì velocemente di bruciature e di rivoli di sangue che sgorgavano laddove l'ometto e la donna insistevano a sparare. L'aria era pregna di vapori tossici, Sherlock teneva ben chiuse le palpebre, tuttavia gli occhi gli bruciavano come se avessero preso fuoco. Il rischio maggiore comunque era la polmonite chimica che senza dubbio lo avrebbe ucciso, l'uomo cercava di respirare l'aria pulita alle sue spalle ma una morsa ardente allo sterno gli mozzava il fiato.

La tosse prese il sopravvento su di lui ed era soltanto il dolore a impedirgli di svenire per l'asfissia.

Non riusciva a credere di aver resistito diciassette giorni per poi morire di intossicazione da base forte per mano di due imbecilli che probabilmente stavano ammazzando anche loro stessi nel frattempo.

Il detective era certo che John vivesse una mezza vita nel 221B, completamente ossessionato dai ricordi su Sherlock Holmes quanto lo era stato dalla sua persona, leale per sempre: non poteva aspettarsi altro dal suo John Watson. Lo vide davanti a sé rannicchiato sulla sua poltrona. Soltanto per un attimo e che la realtà non fosse completamente logica per poterlo raggiungere e dirgli che gli dispiaceva. Per la prima volta stava temendo di aver sbagliato tutto e si chiese quanto male stesse facendo al suo amore e quanto male gli avrebbe fatto per il resto della vita se non fosse mai tornato. Avrebbe barattato tutte le avventure per potergli parlare un'ultima volta, per spiegargli almeno il perché di tutto quel dolore o se avesse avuto il tempo soltanto per due parole, per dirgli che lo amava.

"John io..." Mormorò ai due torturatori.

John apparve nella foresta nel suo inopportuno maglione bianco, la pioggia sembrava non toccarlo e si dissolveva attorno alla sua figura scintillando.

Sherlock riuscì persino a sentire la sua mano sulla spalla.

"Torna a casa Sherlock." Disse la visione con la voce decisa e l'espressione concentrata, esattamente come avrebbe fatto John.

Sherlock aveva sempre pensato che sarebbe morto giovane e che non avrebbe mai amato nessuno.

"Sì."









NOTA FINALE:
L'ironia di far pensare a Sherlock che John lo avrebbe aspettato come una vedova fedele tutta la vita senza trovare nessuno e al suo ritorno sarebbe tornato instantaneamente al suo fianco è del tutto volontaria :D

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Sherlock (BBC) / Vai alla pagina dell'autore: Jane41258