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Autore: ___Page    15/04/2017    4 recensioni
Nami non ricordava più quand’era stata l’ultima volta che era riuscita a dormire in un’unica tirata. Nami non aveva più un bioritmo.
*Per il compleanno di Momo*
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mugiwara, Nami, Roronoa Zoro | Coppie: Nami/Zoro
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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KSS - CABINA MATRIMONIALE





La Thousand Sunny era tante cose.
Era una nave pirata, un’opera di raffinata carpenteria, un puzzle di piccoli mondi dedicati ai più svariati soggetti e alle loro passioni, una casa.
Ciò che la Thousand Sunny non era, mai, era “silenziosa”.
La abitudini di ogni membro della ciurma facevano sì che, da qualche parte nel vascello, a ogni ora del giorno e della notte ci fosse qualcuno di sveglio, impegnato in una qualche attività, più o meno rumorosa. Che fosse Sanji intento a preparare la colazione o finire di marinare qualcosa per il pranzo del giorno dopo, Usopp troppo preso da una nuova invenzione, Brook che strimpellava colto da un attacco di insonnia o Franky dedito a occuparsi della sua piccolina, la vita dei Mugiwara era un costante e frenetico via-vai che non aveva mai pause. C’era stato un tempo in cui questo stato di cose era stata una comodità, per non dire una condizione fondamentale, perché il delicato equilibrio della ciurma non si rompesse e tutti potessero continuare a fare il proprio lavoro.
Robin amava leggere a notte fonda e si occupava lei di svegliare Sanji in tempo per la colazione prima di andare a riposare un paio d’ore, consapevole che ci avrebbe pensato Nami, di ritorno dal suo controllo mattutino della rotta, a chiamarla per l’orario in cui lei preferiva svegliarsi. Zoro che si allenava fino a tarda ora, segnava la fine del primo turno di vedetta e l’inizio del secondo, e la cadenza regolare con cui lo stomaco di Rufy reclamava cibo fungeva da sveglia per la fine sella siesta pomeridiana di Chopper e Usopp.
E tutto era sempre filato liscio così, finché non era successo l’impensabile. Quella mattina Nami non si era svegliata, secondo il suo impeccabile orologio biologico interno, ad aggiustare la rotta. Robin si era attardata un po’ più del solito e Usopp, di ritorno da una sessione notturna di riparazioni, in cui aveva assistito Franky, aveva scambiato l’ombra dell’archeologa per quella della navigatrice.
Insomma nessuno si era accorto finché Sanji non era giunto a reclamare le sue dee, stranito dal fatto che non si fossero presentate in cucina con la loro solita puntualità e Nami, realizzando in un attimo cosa fosse successo, aveva salvato capra e cavoli appena in tempo, prima che si impelagassero in un arcipelago di scogli nel bel mezzo dell’oceano.
Certo, aveva passato il resto della giornata di pessimo umore, sbraitando contro tutti per tutto eccezion fatta per Robin e Chopper. Certo, aveva passato la settimana successiva a svegliarsi ogni mezz’ora, diventando sempre più irritabile.
Finché Franky non si era inventato, colpito da non era chiaro quale divina illuminazione, una variante di den den mushi che si attivava da sola a un orario prestabilito, che poteva essere modificato di giorno in giorno. Ne aveva costruite nove e da quel giorno più nessun membro della ciurma si era visto costretto a dipendere dagli altri per essere sicuro di svegliarsi in tempo.
E le cose avevano ricominciato a filare perfettamente liscio nella loro routine, Marina e nemici vari permettendo. Almeno per un po’.
Poi era successo quel che era successo, Nami aveva cercato di lottare contro il proprio ardente desiderio, ma lui non aveva collaborato, continuando a insistere finché persino la caparbia cartografa si era arresa, cedendo a un desiderio che in fondo condivideva anche lei.
Questo, d’altronde, non le impediva di dannarsi ogni giorno per quella scelta infelice che avevano fatto.
Nami non ricordava più quand’era stata l’ultima volta che era riuscita a dormire in un’unica tirata. Nami non aveva più un bioritmo.
Mugugnò, accarezzando le croccanti lenzuola di cotone con tutto il corpo, i capelli sparsi sul cuscino a creare un acceso contrasto. Sgusciò con il braccio verso il piccolo tavolino accanto al letto, su cui la den den mushi aveva preso a suonare da poco meno di un minuto con la melodia personalizzata che Brook aveva composto per ognuno di loro e che Usopp aveva associato alla sveglia di ciascuno, a mezzo di tone dial.
Nami adorava quella musica, era dolce e rasserenante ma abbastanza frizzante e spigliata da non rischiare di cullarla di nuovo nel mondo dei sogni. Nami adorava svegliarsi con quel suono pulito e vibrante nelle orecchie. Alzarsi dopo Sanji ma comunque prima di tutti gli altri, in fondo, non era mai stato un problema. Prima.
Ora, quando la sveglia suonava con quel non so che di gitano ed esotico, Nami avvertiva in tutta la propria persona l’enorme disagio di essere stata già svegliata una volta, tre o quattro ore prima, nel cuore della notte, e non da un suono tanto soave.
E quand’anche il suo orecchio avesse comunque apprezzato l’arrangiamento di Brook, mentre il resto del suo corpo protestava, era comunque una parentesi destinata a durare poco e a essere interrotta da un altro rumore. Un rumore profondo e gutturale. Un grugnito. Un verso degno di un cavernicolo.
«Mocciosa ma devi proprio far suonare quella roba tutte le mattine?»
Nami fissò dritto davanti a sé atona, gli occhi socchiusi. Possibile che ogni santo giorno fosse sempre la stessa storia?
«Mi scusi tanto, signor spadaccino. Sai com’è, ho una rotta da aggiustare io.» ribatté, già acida per il tono scocciato di Zoro.
Sì, a quanto pareva era più che possibile. Era proprio una certezza.
Perché mai dovesse sempre comportarsi come se la programmasse appositamente per fare un dispetto a lui non lo avrebbe capito mai. Forse perché il concetto di “rotta da seguire” esulava proprio dalla comprensione e concezione di Zoro.
«Devi proprio aggiustarla tutte le mattine?» protestò Zoro, mentre ruotava su un fianco senza aprire gli occhi, tirandosi dietro praticamente tutto il lenzuolo non più reclamato da Nami. Quella mattina il samurai sembrava più in vena di discutere del solito.
La navigatrice si immobilizzò con i vestiti tra le mani. Non poteva aver sentito bene, si rifiutava di credere che Zoro le avesse fatto davvero quella domanda.
«Secondo te?» chiese sarcastica. «A meno che tu non voglia finire dritto contro un arcipelago di scogli!»
«È successo una volta sola.» grugnì il verde, già addormentato per metà.
«Una volta è tutto quello che serve Zoro!» si alterò, sedendosi pesantemente sul letto per poter infilare i pantaloni. «Che poi non capisco che hai da lamentarti! Non appena esco dalla cabina ti riaddormenti all’istante! Perché anziché lamentarti ogni santa mattina non ti concentri sul rimanere direttamente addormentato? Sarebbe tutto di guadagnato per tutti e due.»
«Tu che ci guadagneresti scusa?» chiese Zoro, perplesso, un po’ più sveglio.
«L’impressione di essermi innamorata di qualcuno con un’intelligenza quanto meno nella norma.»
Fu il turno di Zoro si socchiudere l’occhio e fissare atono di fronte a sé. «Io sto solo dicendo…» protestò, voltandosi quel tanto che bastava per poterla guardare da sopra la propria spalla. «…che una volta non avevi bisogno di quell’affare per svegliarti in tempo. Non puoi ricominciare a fidarti del tuo istinto o qualunque cosa fosse?»
«No, Zoro, non posso.» rispose, rimettendosi in piedi per aggiustarsi i jeans in vita e recuperare la spazzola per i capelli. «Perché il mio orologio biologico interno, così si chiama per la cronaca, viene costantemente sballato da tre settimane a questa parte.»
«E da cosa?» si accigliò lo spadaccino.
Nami gli lanciò un’occhiata assassina, mentre infilava l’Eternal Pose al polso. «Da te.»
Zoro la fissò qualche secondo mentre metabolizzava l’accusa e poi lanciò gli occhi al cielo esasperato.
«Ancora questa storia? Ma sei fissata!»
«Non è una fissa!» Nami sgranò gli occhi, indignata e poco ci mancò che gonfiasse anche le guance. «Tutte le sere, e dico tutte le sere tranne quando hai il turno di vedetta, tu arrivi dall’allenamento alle tre o alle quattro del mattino e mi svegli e io ci metto un’ora o due a riprendere sonno! E poi ti lamenti se devo far suonare la mia den den mushi per essere sicura di non dormire troppo?»
«Potresti metterti i tappi nelle orecchie.» mugugnò Zoro, tornando a chiudere l’occhio.
«Potresti allenarti in un orario diverso.» ribatté Nami, incrociando le braccia sotto il seno.
«Nami, ne abbiamo già parlato. Non posso permettermi di cambiare i miei orari quando si tratta della preparazione fisica.»
«Beh e io non posso permettermi di puntare la den den mushi più tardi delle sette se vogliamo sopravvivere nel Nuovo Mondo! Se questo significa che tu riesci a dormire solo tre ore prima di venire svegliato mi dispiace tanto ma non sono io che ho insistito per questa idiozia della cabina matrimoniale!» concluse, agganciando il laccetto del sandalo prima di avviarsi alla porta e uscire a passo di carica.
Si richiuse la porta alle spalle senza sbatterla, per non svegliare gli altri o almeno così aveva imparato a raccontarsi, e si addossò all’uscio di legno con un rassegnato sospiro.
Non era veramente possibile, da quando dormivano insieme, da quando Franky aveva ridimensionato quello spazio in modo che fosse adatto a una coppia coppia e non a una semplice coppia di nakama, era un continuo discutere.
Il che in effetti non variava così tanto rispetto a prima che cominciassero a dormire insieme ma, per un qualche strano motivo, da quando dormivano insieme a Nami pesava di più discutere con lui e, ironia del destino, le sembrava capitasse più spesso.
A passi lenti si avviò lungo il corridoio, diretta al ponte per controllare che tutto stesse procedendo secondo i piani. Secondo i suoi calcoli non mancava molto alla prossima isola, il che era un bene perché dovevano assolutamente fare rifornimento ma se la nave fosse andata fuori rotta anche solo di poco, gli sarebbe potuta costare una settimana di viaggio in più.
E se era vero che tutti loro erano in grado di sopravvivere, anche se a fatica, digiunando qualche giorno, non era certa che Rufy sarebbe sopravvissuto. Le probabilità che Sanji lo gettasse fuoribordo e Zoro fosse troppo debole per ripescarlo erano spaventosamente alte.
La brezza fresca del mattino la investì in pieno, scompigliandole i capelli ramati, quando raggiunse il ponte erboso della Sunny. Il sole, già sorto, era ancora basso sopra l’orizzonte e giocava tra le nuvole e sul pelo dell’acqua, creando un caleidoscopio di luci e colori.
Dalla scala che portava alla coffa, il piccolo Chopper spuntò, assonnato e sbadigliante.
«Buongiorno Nami.»
«Buongiorno Chopper.» lo salutò con un materno sorriso. «Tutto bene il turno di vedetta?»
La renna si limitò ad annuire, sfregandosi gli occhi che gli si chiudevano da soli. Nami lo osservò sparire barcollante nel sottocoperta, immaginando cosa sarebbe successo a seguire, e cioè che Chopper si sarebbe trascinato fino al dormitorio maschile, solo per crollare addormentato contro il muro un attimo prima di entrare, proprio mentre Usopp arrivava dal laboratorio. Il cecchino lo avrebbe raccolto da terra e si sarebbe messo a dormire con lui nella stessa amaca per non più di tre ore, fino alle dieci circa, quando Sanji metteva in tavola la seconda colazione della giornata.
Nami sorrise mentre raggiungeva il timone e vi posava una mano sopra, lo sguardo perso sull’orizzonte.
Per essere pirati e fuorilegge, avevano una routine ben scandita, al punto che era facile prevedere cosa stesse accadendo in ogni cabina o stanza della nave che in quel momento fosse stata occupata da un Mugiwara.
Compresa la propria cabina.
Sì, sapeva che, nonostante il litigio, Zoro si era già riaddormentato.
Lei avrebbe finito di aggiustare la rotta entro mezz’ora e sapeva che per allora il suo stomaco avrebbe già iniziato a reclamare cibo. Avrebbe fatto colazione al primo turno, insieme a Robin, che sembrava non avere bisogno di dormire per stare in piedi, Sanji, che approfittava di un raro attimo di tranquillità per sedersi a tavola, Brook e Rufy, che partecipava a entrambi i turni di colazione ma che durante il primo era molto più tranquillo e gestibile dato che mangiava dormendo.
Zoro, invece, faceva colazione al secondo turno, alle dieci, con Usopp, Chopper, Franky, chiunque avesse fatto vedetta quella notte e, ovviamente, Rufy.
Per allora Nami si sarebbe già trovata nel suo studio a lavorare alle cartine. Ergo, non lo avrebbe rivisto fino al pranzo dopo avergli dato un così ostile buongiorno.
A volte si chiedeva se stessero facendo la cosa giusta.
Non ad amarsi, quello non lo poteva controllare.
Ma stare insieme così, come una coppia in tutto e per tutto. A volte le veniva il dubbio che non fosse cosa da pirati e il problema fosse tutto lì.
Non capiva neppure come ci fossero arrivati. Erano così diversi.
Lui sempre pronto ad affrontare il nemico senza voltarsi, lei sempre alla ricerca di una via di fuga.
Lui così diretto, lei così scaltra.
Lui solido come una montagna, lei volubile come l’oceano. 
Così diversi, come le loro abitudini.
Persa com’era in quelle riflessioni, non si accorse quasi del tempo che trascorse e si ritrovò in cucina e con lo stomaco pieno quasi per magia. Per fortuna durante quel turno erano tutti molto silenziosi, un po’ per l’ora un po’ per il carattere dei presenti, e nessuno, tranne forse Robin, fece caso al suo disagio.
Anche se sorrideva e scherzava come sempre, in realtà non riusciva a smettere di sentirsi in colpa per la brusca risposta data a Zoro e voleva trovare un modo per fare ammenda che non prevedesse una decurtazione di una parte del suo debito, l’ammissione che aveva esagerato o, peggio di qualsiasi altra, cosa, delle scuse verbali.
Fu mentre aiutava Sanji a sparecchiare, sorda alle insistenti richieste del cuoco di rimanere comoda e non disturbarsi, che l’idea la colpì.
Il secondo turno di colazione era sempre un macello. Rufy era più vispo e sveglio, volavano arti, pancake e bottiglie di cola e spesso Zoro non riusciva a mangiare quanto avrebbe avuto effettivamente bisogno per saziarsi. Ma non era nella sua natura lamentarsi e così, dal momento che dedicava il resto della mattina al suo tipico pisolino, se ne stava zitto e attendeva con pazienza l’ora di pranzo.
«Sanji-kun?»
«Sì mia dolce Nami?» rispose immediatamente il cuoco, un sigaretta spenta tra le labbra, mentre si voltava verso di lei per liberarla del peso dei piatti che si era accollata.  
«È avanzata più roba del solito stamattina e io devo fare un lavoro impegnativo sulle cartine oggi. Posso prepararmi un vassoio con i resti da portare nello studio?»
Sanji la scrutò per un istante, i piatti sospesi in mezzo a loro, leggendola con disarmante semplicità. Da quando aveva perso la testa per Zoro, faticava a celare le proprie reali intenzioni come faceva un tempo, laddove avessero a che fare con lui.
Ma Sanji era un gentiluomo, voleva un bene dell’anima a Nami e un pochino, nel profondo, molto nel profondo, anche a Zoro e così si astenne dal fare qualsiasi commento.
«Ma certo Nami-swan.» rispose con un sorriso caloroso, scambiando un’eloquente occhiata con Robin mentre tornava a voltarle le spalle.
Senza aggiungere un’altra parola, Nami radunò un po’ di pietanze su un vassoio, delle brioshe, una fetta di torta, lo zabaione e un bicchiere di succo d’arancia e poi partì alla volta della propria cabina, camminando senza alcun tentennamento nonostante i vertiginosi tacchi.
Come aveva previsto, Zoro dormiva e, anche se mai lo avrebbe ammesso con nessuno, Nami si premurò di fare il meno rumore possibile mentre faceva scivolare attenta il vassoio sul comodino dal lato di Zoro.
Si rimise dritta e quando i suoi occhi si focalizzarono su di lui, non poté non soffermarsi ad osservarlo.
Sì dormiva, ma non della grossa come spesso capitava. Non stava nemmeno russando ed era così rilassato che sembrava quasi un bambino. In quelle rare occasioni, le sembrava quasi indifeso e si sentiva sopraffare da ciò che provava per lui. In quelle rare occasioni sentiva che avrebbe fatto qualsiasi cosa per quel ragazzo dai capelli verdi, con una grande ambizione e una determinazione capace di smuovere anche le montagne.
Avrebbe fatto tutto per lui, anche farsi svegliare ogni notte alle tre del mattino quando tornava dai suoi allenamenti.
Avrebbe fatto tutto per Zoro.
Si accorse vagamente di avere le labbra piegate in uno sciocco sorriso e voltò le spalle al letto quasi a fatica, il braccio già teso verso la maniglia della porta.
«Nami…»
Nami girò di scatto la testa verso di lui, che però permaneva immobile nel letto e con l’occhio serrato. Solo, il suo volto era ora attraversato da un ghigno storto, piegato verso la basetta destra. Aprì piano l’occhio sano per poterla guardare in tralice, uno scintillio che Nami conosceva bene nell’iride scura.
«Non riesco a riprendere sonno.»
Nami deglutì a vuoto, accaldata dalla testa ai piedi. Esitante, riabbassò il braccio, divisa tra i propri desideri e il proprio dovere.
Ma aveva davvero senso parlare di dovere quando si era scelta una vita da pirata? Pirata non era sinonimo di libertà? In fondo, la rotta era a posto e se anche le sue cartine avessero aspettato, non sarebbe certo costato la vita a qualcuno.
Sollevò appena il mento, l’espressione maliziosa e decisa mentre ruotava con leggiadria, come la ballerina di un carillon, verso di lui.
Sì, erano diversi, diversi come le loro abitudini e scegliere di vivere come una coppia in tutto e per tutto avevano inevitabilmente reso il rapporto più conflittuale.
Ma in fondo quello era il loro modo di essere, il loro di amarsi e non lo avrebbe cambiato nemmeno per tutto l’oro del mondo.
E mentre tornava verso il loro letto Nami ammise con se stessa che Zoro aveva avuto le sue buone ragioni per insistere. Mentre si infilava sotto le loro coperte insieme a lui, dopo essersi spogliata in fretta e furia, ammise che quella cosa della cabina matrimoniale non era affatto un’idiozia.
Proprio per niente.
    

 



Angolo dell'autrice
Wow! 
Erano tipo ventordici anni che non pubblicabo una ZoNami ed è stato veramente strano ma uno strano molto bello. E so che non è nulla di che, una storiella e nulla più, ma Momo ci tenevo davvero a regalarti qualcosa e spero di cuore che tu lo abbia apprezzato. Devo ringraziarti per la seconda volta questa settimana per avermi fatto tornare l'ispirazione per una coppia che non smetterà mai di appassionarmi. *lancia coriandoli e cuoricini di zucchero*
E ringrazio anche Jules che mi ha appoggiata a occhi chiusi e mi ha dato il permesso di scrivere ciò che più mi sentivo anche se la parte finale della mia FF ricorda la sua My Galway Girl , che vi consiglio di leggere perchè è troppo fluffosa! 
Ancora auguri di buon compleanno Momo! Un bacio grande grande. 
Page.
  
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