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Autore: joellen    15/04/2017    0 recensioni
Cento anni orsono, la Terra è stata colpita da eventi misteriosi e devastanti che hanno decimato la sua popolazione tanto da risultare un pianeta deserto a chi lo vede attraverso i telescopi di altri mondi. E che la sta usando come discarica per liberarsi dell'immondizia metallurgica da cui è afflitto... O per cercare e procurarsi minerali preziosi per la propria sopravvivenza.....Ma non tutto è come sembra...
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Area 51

 

Un silenzio di piombo era calato sulla vasta sala del sotterraneo, in cui, in quel momento, ognuno era occupato in compiti diversi: Forrest sembrava meditare; Hardings ed Edwards si guardavano in cerca di ispirazione per idee nuove su come passare il tempo; Arnold Weaver era sempre impegnato ad elaborare teorie sul perché la gente non comunicava, e i soldati avevano ormai le braccia bloccate, con le armi puntate fisse sulle facce dei prigionieri, rassegnati ad andare in bagno con la scorta perennemente armata.

Quando ecco compiersi il miracolo!

Gli schermi si riempirono del blu della vastità dell'oceano e di una realtà lontana dall'area 51.

"Qualcuno ha riattivato il telescopio!" esclamò Weaver con la sua voce educata ma piena di meraviglia.  I soldati armati si girarono e, in contemporanea, puntarono le armi verso i monitors.

Solo un urlo potente ed agghiacciante di Forrest evitò il disastro.

"IDIOTI !!!!! - sbraitò l'uomo, infuriato - Giù quel cazzo di armi! Riposo !! I prigionieri hanno capito! - Finalmente i soldati abbassarono braccia ed armi e, ad uno ad uno caddero a terra, svenuti -Era ora!" concluse Forrest che aveva appena sudato freddo per il tremendo pericolo scampato di vedere gli schermi distrutti dai fucili. Alcuni minuti dopo la panoramica del mare blu e di un altro mare verde di lussureggiante vegetazione tropicale, due volti apparvero sui televisori: uno barbuto ed uno chiarissimo dai bei lineamenti eleganti.

"Salve. - salutò il barbuto, allegro e sorridente - Se da qualche parte nel mondo qualcuno ci sta vedendo, io sono Stefano e lui è Heron. Siamo qui a Portorico, in pace, e vogliamo sapere se qualcun altro vuole comunicare con noi".

Forrest, Hardings, Edwards, Weaver e i prigionieri sgranarono gli occhi e fissarono esterrefatti i volti comparsi sugli schermi. Poi, Forrest si ricompose e parlò, presentandosi e presentando gli altri.

"Vorremmo sapere com'è....ehm... - si fermò per schiarirsi la voce - la situazione e....".

"Se avete visto per caso qualche città - stato. - s'intromise Weaver - Qualche agglomerato urbano in giro. Voi da dove venite?".

"Dalla Svizzera. - rispose Stefano soddisfatto - In Europa".

"Interessante. - commentò il giovane sociologo - Ci sono città - stato da voi?".

Stefano rimase un pò perplesso dalla definizione, ma intuì e rispose. Solo che, all'inizio del volo, dirigendosi subito verso l'America, non aveva visto molti centri urbani durante il viaggio.

"C'è il nostro. - disse - Quello da cui proveniamo" E citò il nome della città dove abitavano.

Weaver la cercò subito sul computer e la trovò, ma non era segnata come polis. Evidentemente, le cartine non erano aggiornate. Weaver sorrise, composto.

"Beh, - fece poi - Ben trovati".

Stefano e Heron sorrisero compiaciuti.

"Voi dove siete ora?"domandò Forrest.

"Arecibo... - rispose, prontamente Stefano - Credo".

"Il famoso telescopio di Arecibo. - osservò Weaver, compunto - A Portorico. Il più grande del mondo" e snocciolò subito dopo i dati dello strumento.

"Potreste venire. - propose Forrest, accennando poi un mezzo sorriso - Non siete molto lontani da noi".

"Dove siete voi?" chiese Stefano.

"Area 51. - rispose Forrest, soddisfatto - Dovreste conoscerla".

Stefano ci rifletté sopra. L'aveva sentita nominare, ma non ricordava esattamente dove fosse e chiese lumi.

"Nevada. -  rispose ancora Forrest. - Immagino che stiate viaggiando in aereo. Se il vostro mezzo è potente e veloce, in un'ora siete qui.  Magari ci beviamo una birra insieme".

Stefano giudicò la proposta simpatica, ma volle consultarsi con Heron che stava smanettando a tutto spiano sulla grande tastiera dei comandi sul ripiano sotto lo schermo. Il comandante annuì, tuttavia, pregò Stefano di lasciargli finire il lavoro. Quel che l'uomo desiderava in quel momento più di ogni altra cosa era tentare un contatto con il suo pianeta. Stefano capì che l'alieno aveva una qualche priorità e credette opportuno dargliela.

"Magari fra un pò" ritenne giusto avvisare i suoi interlocutori al di là dello schermo.

Forrest alzò il pollice in segno di accordo. Heron ripeté il gesto a Stefano. Evidentemente gli piaceva, pensò Stefano e lo lasciò lavorare.

 

 

 

 

 

 

 

Grindewald

 

Lo schermo del computer, a sinistra di Annamaria, iniziò a fare versi strani e, sotto certi aspetti, poco raffinati, accompagnando in quel modo lampi di immagini, all'inizio in bianco e nero, che tentavano disperatamente di formarsi assoggettando i pixels al loro volere o, almeno provando a farlo, in un continuo e caotico susseguirsi di scatti e chiari e scuri sino a quando, finalmente, il rettangolo 16:9 si riempì prima con un panorama marino, poi terrestre e verde ed infine con i volti familiari e rassicuranti di Stefano e Heron.

Per un pelo, nel rivederli sul monitor, Annamaria non emise un grido di gioia!

"Ci siete riusciti?" cinguettò, felice.

"Tu che dici?" contro rispose Stefano sorridendo sotto i radi baffi.

Heron aveva un'espressione del viso leggermente più sollevata, distesa e speranzosa.

Annamaria ricambiò lo sguardo con un sorriso e, avendo stupidamente paura di dimenticarlo, comunicò subito a Stefano e al comandante la sua scoperta.

"Perfetto! - esclamò Stefano, realmente soddisfatto - Sei un fenomeno! Andremo immediatamente in Siberia. Tra l'altro, là si trova anche l'uranio, così prenderemo due piccioni con una fava".

Heron si voltò, perplesso, verso Stefano, il quale girò l'indice della mano destra per avvisarlo che poi gli avrebbe spiegato il senso della frase. Dal canto suo, Heron annuì e fece il gesto del pollice alzato per indicargli che a lui andava bene. Annamaria sorrise, divertita. I due sembravano intendersi ed Heron stava imparando molte cose terrestri.

La comunicazione era stata ripristinata.

Tutto pareva andar bene.

 

 

 

Isole Svalbard, Groenlandia

 

Gli schermi nella sala del Centro Ricerche si animarono e si riempirono prima di blu, poi di verde e infine di nero tempestato di corpi celesti vaganti.

"Cavolo! " esclamò Jansen, compiendo quasi un salto sulla poltroncina imbottita, foderata di rosso scuro, davanti alla sua postazione informatica. Erika Nielsen, sua vicina, che si era alzata dalla sua poltrona per sgranchirsi un pò le membra, si precipitò accanto a lui per vedere cosa avesse suscitato lo stupore del collega.

"A quanto pare, qualcuno è riuscito a ripristinare i telescopi" commentò lievemente costernata.

"Sembra proprio. - confermò Jansen - Ed ora? Che succederà?"

"Niente. - rispose Nielsen - Dobbiamo vedere cosa succederà nell'immediato futuro. - quindi si eresse nel suo quasi metro e ottanta di statura - D'altronde, dovevamo prevedere che, prima o poi, qualcuno avrebbe messo il naso fuori da casa sua!".

"Si, - obiettò Jansen - ma se....".

"Se, cosa? - replicò Lasström, senza muoversi dalla sua sedia, alzando gli occhi grigi da sopra la montatura degli occhiali - se i nostri simili cercano contatti? Che li trovino, se vogliono, ma niente forzature e niente repressioni. Può darsi che dopo un secolo, gli esseri umani siano di nuovo pronti a dirsi almeno buon giorno e buona sera. Che lo facciano pure! Non glielo impediremo, ma non li incoraggeremo. Ricordate i piani, no? Jansen, non agitarti inutilmente".

Il giovane ingegnere tornò a guardare lo schermo, sospirando.

Erika Nielsen lanciò un'occhiata all'enorme mappa tridimensionale che occupava la parete di fronte alle postazioni di lavoro, nella quale era stato riportato per intero il nuovo assetto urbano e sociale della Terra, costituito da agglomerati urbani più o meno vasti, sparsi per il globo.

L'Europa era il continente che ne contava di più: 5; Londra, Parigi, Berlino, Mosca e Roma. L'America ne contava 3: Washington - New York per il Nord, Città del Messico per il centro e Buenos Aires per il sud. Anche l'Asia ne aveva 3: Hong Kong, Tokio e Bombay. L'Australia era concentrata solo su Sidney e in Africa, la popolazione rimasta si era riunita a Città del Capo.

La piccola polis svizzera di Grindewald, luogo di un grande evento, non era segnata.

 

 

 

 

 

Ariel

 

Sui monitors dell'ampia sala operativa, al Centro Spaziale, collegati ai telescopi fissi su ciò che era all'esterno del piccolo pianeta, il nero del cielo e i pochi corpi che vi si muovevano dentro sparirono dietro all'immagine di un essere vivente dal volto conosciuto che fece sobbalzare gli occupanti delle varie postazioni ma, soprattutto il direttore Kaius.

"Comandante Heron!" esclamò l'uomo, sorprendendosi a contenere con fatica la felicità nel rivedere il giovane ammiraglio della Flotta Spaziale di Ariel, da molti dato per morto o almeno disperso.

"Buon giorno, amici!" lo salutò Heron con un sorriso tuttavia non esageratamente radioso.

"Come stai, ragazzo? - chiese Kaius, accorato - Ti credevamo....".

"Morto?" terminò Heron.

"Beh.... - balbettò Kaius - Non abbiamo avuto più tue notizie. Non siamo riusciti a pensare in modo molto positivo sulla tua missione".

Sugli schermi, accanto ad Heron, gli Arieliani videro un altro essere umano di sesso maschile, dal volto scuro, ma non minaccioso, né tanto meno sgradevole. Ed Heron lo presentò ai suoi complanetari. Stefano salutò tutti alla maniera tipicamente italiana, agitando la mano destra e sorridendo.

"E' grazie a lui, - introdusse Heron - e alla sua giovane, ma intelligente compagna di vita, che io sono ancora vivo e intero...Quasi".

"E gli altri?" incalzò Kaius.

La piccola pausa di silenzio prima della risposta di Heron, fece tremare i presenti nella sala.

"No!" sussurrò Kaius, sprofondando nello sconforto. Ma Heron volle in parte rassicurarli spiegando che, allo stato attuale delle cose, essi erano ancora ufficialmente vivi e c'era speranza di poterli salvare benché l'impresa non si presentasse facile.

Da quel momento, Heron comunicò con la sua gente nella loro lingua estromettendo Stefano dalla conversazione. Stefano capì e non insistette a voler partecipare allontanandosi da lui, scomparendo dallo schermo e spostandosi verso un altro monitor per poter continuare a parlare con Forrest e compagni. Ma in lui rimase aleggiante un pizzico di curiosità per quel che si stavano dicendo e, pur chiacchierando con Forrest, non perse mai completamente di vista l'alieno seguitando a sbirciarlo con la coda dell'occhio.

"Non è dei nostri, vero?" disse Forrest, alludendo a Heron.

Stefano si stupì dell'intuizione del suo interlocutore.

"Come...." farfugliò.

"Oh, non si meravigli! - minimizzò Forrest, allegro - Siamo abituati a vederne di tutti i colori. Qui atterra di tutto. ".

Discreto, a passo felpato, Stefano si riavvicinò ad Heron, in tempo per vedere sullo schermo davanti all'alieno, un altro uomo di età avanzata ma non troppo, con un volto che, incorniciato e sormontato da una folta capigliatura candida, illuminato da occhi grigi a fessura,  lo faceva assomigliare a  quello di un anziano saggio dell'estremo Oriente terrestre, visto in una fotografia su un libro.

Heron si girò verso Stefano e, con sua sorpresa, lo afferrò per un braccio,  trascinandolo poi, verso di sé.

"Le presento Adoniesis. - lo informò - Un amico della mia famiglia". A Stefano venne spontaneo salutare l'uomo con un cerimonioso inchino della testa per rispetto ad un'ipotetica età non più molto verde .  Dallo schermo, l'uomo ricambiò il saluto più o meno alla stessa maniera, ma con meno enfasi.

"Vorrei andare presto in Siberia. - annunciò poi Heron, un pò teso - Abbiamo bisogno urgente dell'uranio. E di quella pianta".

Stefano agitò la testa in segno di comprensione e fece per salutare Forrest che però, udita la richiesta, s'intromise con una certa risolutezza.

"Ragazzi, - li interpellò - se dovete andare in Siberia, e siete disarmati, allora vi consiglio vivamente di passare un attimo da noi. In Siberia c'è una base militare, un pò come la nostra, diretta da uno stron......ehm .... - si schiarì la voce come per scusarsi dell'epiteto usato nei confronti del collega-rivale - da un tipo che ha il viziaccio di sparare a chiunque scenda nelle immediate vicinanze,  che non abbia un aspetto decisamente terrestre e viaggi con mezzi sospetti di essere carichi di spazzatura. - si fermò un istante e si rivolse diretto a Stefano - Forse il vostro mezzo di trasporto e piccolo ed innocente, Stefano, ma fossi in voi, mi porterei qualcosa. Noi qui abbiamo una buona scorta e vi possiamo dare qualche articolo interessante ed efficiente. Datemi retta. Non andate là solo col fazzoletto bianco, gridando veniamo in pace. Non so se quel tipo ed i suoi soci  ci crederebbero al cento per cento".

Stefano ed Heron si scambiarono occhiate d'intesa ed Heron accettò la proposta.

Dopo alcuni minuti, i due erano già in volo verso l'Area 51.

 

 

Nella prossima puntata si saprà come Heron si sia potuto collegare col suo pianeta, a 4 anni luce dalla Terra.....

E non è del tutto fantascienza.

   
 
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