Serie TV > Sherlock (BBC)
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Autore: Jane41258    16/04/2017    5 recensioni
Scritta per l'evento pasquale del gruppo fb We are out for prompt.
Prompt: " Sherlock BBC, Johnlock. John scopre a sue spese che la combinazione Sherlock+troppo caffè non è delle migliori."
Sherlock è irreperibile, così John va al 221B Baker Street per sincerarsi delle sue condizioni e scopre che Sherlock si è sottoposto a un esperimento che prevede digiuno, assenza di sonno e assunzioni di caffè e sta soffrendo i sintomi di un'intossicazione da caffeina. Da medico e amico, cerca di aiutarlo ma la situazione degenera.
Hurt/Comfort come se non ci fosse un domani, Commedia, Lime, Angst
Ambientato tra la 3x01 e la 3x02.
JohnLock, accenni John/Mary.
Genere: Angst, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Altra fic scritta per l'evento fb We are out for prompt.
In questo caso è "
Sherlock BBC, Johnlock. John scopre a sue spese che la combinazione Sherlock+troppo caffè non è delle migliori."
Immagino la promptatrice volesse qualcosa su toni completamente diversi, ma l'ispirazione mi ha portato a scrivere quello che leggerete. Il prompt è fillato comunque.
Poche note:
-Ambientato tra la 3x01 e la 3x02, John e Mary stanno già insieme e già convivono ma ancora non sono sposati.
-Per i sintomi ho utilizzato
questo sito che linko perché è bellissimo. Il caffè vasocostrittore l'ho visto in una ricerca quando mia madre andò in overdose da pillole per l'ipertensione ahahah.
-187 North Gower Street è l'indirizzo reale dove viene ripreso il 221B
-Hope è il cognome che doveva avere Sherlock nella prima idea di Doyle.
-Sherlock non ricorda di Victor, è un nome che gli è venuto inconsapevolmente dall'inconscio
-1123813213455 sono numeri di Fibonacci.


Buona lettura!









John guardò la porta davanti a sé.
Non  sapeva cosa si sarebbe trovato davanti agli occhi ed esitò.
Prese le chiavi dalla tasca del giaccone.
Non era nel suo stile piombare nelle case altrui -da quando Baker Street era diventata altrui? Perché avevano permesso che succedesse? Ah. Mary. Giusto.- ma Sherlock non rispondeva da giorni al telefono o a qualsiasi messaggio e nemmeno Lestrade e Mycroft avevano avuto sue notizie, quindi John si sentì pienamente autorizzato a irrompere a casa loro, non casa loro, casa di Sherlock per sincerarsi delle condizione del proprio migliore amico. Fece un tentativo nel suonare il campanello ma com'era prevedibile non ci fu risposta, quindi usò la propria copia delle chiavi, che aveva conservato per evenienze come quella che stava affrontando.
Spinse la porta e si ritrovò davanti Sherlock che gli stava puntando una pistola in faccia.
"Sherlock!" urlò istintivamente, mentre il detective abbassò l'arma esprimendo palese sollievo.
"Ah ciao John! Pensavo fossi uno degli uomini di mio fratello. O peggio, mio fratello. Scusa per l'accoglienza. Posso servirti qualcosa? Tè? Caffè?"
John sorrise nel trovare Sherlock vivo e apparentemente in salute.
"Ti servirò del caffè, ne stavo prendendo anche io" decise il padrone di casa senza aspettare la risposta di John.
Andarono in cucina e Sherlock versò del caffè dalla propria teiera in una tazzina per John.
John rabbrividì nel vedere usato un servizio da tè per servire caffè, ma evitò di fare commenti.
Non riuscì a trattenersi quando Sherlock bevve direttamente dalla teiera.
"Che fai, sei impazzito?"
Cercò di strappargli la teiera di mano ma Sherlock vi si aggrappò ostinatamente.
"John! E' per un esperimento!"
"Esperimento? L'esperimento di avvelenarti? Sherlock, ti ho visto fare tante cazzate ma almeno c'era una spiegazione ogni volta, stavolta stai proprio deragliando!"
John diede uno strattone, la teiera cadde a terra e praticamente esplose piccoli pezzi.
"Oh... mi dispiace, Sherlock, io... Ti sei fatto male?" chiese John preoccupandosi del caffè bollente che aveva colpito la caviglia nuda di Sherlock.
"Hai rovinato il mio esperimento! Ora dovrò fare dell'altro caffè!"
"Sherlock..."
John cercò di fermarlo poggiandogli le mano sul petto.
"John levami le mani di dosso o ti giuro che..."
"Ah cosa farai? Mi picchierai con queste mani che ti tremano? Sono un medico militare e ciò significa che posso rompere ogni osso del tuo corpo mentre ne dico il nome."
Sherlock abbassò la voce.
"Ti consiglio di non sfidarmi, John."
John scelse un approccio diverso. Ormai aveva compreso che Sherlock era intossicato dalla caffeina e affrontarlo aggressivamente non avrebbe portato ad alcuna soluzione costruttiva.
"Sherlock, non ti sto sfidando, non ti sto sfidando."
Provò ad accarezzargli le braccia, dubbioso che Sherlock potesse reagire male al contatto fisico. Fortunatamente Sherlock reagì bene e si rilassò un po'.
"Voglio solo vederti la caviglia e chiederti del tuo esperimento? Ti va di parlarmene? Per quanto riguarda la teiera, ne comprerò un'altra, eh?"
"Non mi frega un cazzo della teiera!" urlò Sherlock.
"Ok, va bene, va bene."
John portò Sherlock in bagno e riuscì a controllargli la caviglia: c'era solo una leggera scottatura e John applicò la pomata che c'era nell'armadietto delle medicine, sicuro che bastasse. Poi portò Sherlock in sala e lo convinse a sedersi sul divano.
"Allora, in cosa consiste il tuo esperimento?"
"Non mangiare, né dormire e mantenermi soltanto con assunzioni di caffeina, registrando in un dettagliato documento gli effetti fisici e psicologici di questa dieta. Sono passati cinque giorni e sono già successe cose interessanti. Per esempio..."
Sherlock si alzò, dirigendosi in camera sua, John lo seguì ma si inchiodò all'ingresso. Non era mai entrato in camera di Sherlock e non sapeva se gli fosse permesso.
"Che fai lì impalato? Entra entra."
La camera di Sherlock era sommersa di fascicoli, ce n'erano una cinquantina soltanto sul letto. Da punti casuali del pavimento si ergevano pile di fogli e libri. La scrivania era occupata da piastre e barattoli.
Sherlock si sedette sul letto, senza preoccuparsi di fare spazio, e prese un fascicolo.
"Come già saprai uno degli effetti dell'intossicazione da caffeina è il flusso incoerente del pensiero. Ebbene ho sempre pensato che un ragionamento che funziona è un ragionamento coerente, ma l'incoerenza del pensiero mi permette di vedere dettagli che non avrei visto da lucido. Sto analizzando casi di anni fa, vedendo se scopro qualcosa di nuovo. E la risposta mio caro dottore, è... sì scopro qualcosa di nuovo.  Per esempio, questo qui. Bambina di 5 anni, nata in Polonia, genitori entrambi lavoratori nella ristorazione, scomparsa sotto la supervisione della baby sitter a Trafalgar Square. Scotland Yard non ne cava un ragno dal buco, come sempre, e nemmeno io, come ... mai...
Va bene, comunque, dicevo... rileggendo questo caso mi è venuto in mente... John è inutile che sbirci, non c'è scritto qui perché non sembrava rilevante all'epoca, dicevo, la migliore amica della fidanzata della nostra baby sitter lavora nei servizi sociali. Stranamente la nostra socio... sociologa? Non ricordo la parola, John, aiutami."
"Assistente sociale"
"Ecco la nostra assistente sociale poco dopo si occupa di una coppia dell'alta borghesia londinese che ha una bambina con problemi di adattamento a scuola. Mi chiedo, perché rivolgersi a una assistente sociale per problemi di competenza di uno psicologo?"
"Beh... " rispose John.
Aveva intuito dove volesse arrivare Sherlock ma la riteneva una conclusione forzata, per usare un eufemismo, quindi si impegnò subito a contestarla.
"I consultori offrono anche psicoterapia infantile"
"Sbagliato John, la nostra assistente sociale con la complicità della baby sitter, ha rapito la bambina e l'ha venduta alla coppia, che probabilmente voleva restituirla quando la bambina si è dimostrata problematica."
"Ovviamente."
John era sicuro che Sherlock se ne sarebbe uscito con una storia del genere.
"E coincidenza... la baby sitter sei mesi dopo parte per il Portogallo. Ora una baby sitter dove trova i soldi per per andare in Portogallo? E perché dovrebbe farlo? Cosa sappiamo delle coincidenze, John?"
"Che non esistono." rispose l'altro stancamente.
"Esatto Watson! Elementare!"
"Sherlock questa storia ha tanti buchi che..."
"Ah sì e se lo dice il grande scrittore che la mia storia è bucata allora devo crederci. Ho letto i tuoi ridicoli racconti, John."
John arrossì.
Nessuno sapeva che oltre a postare sul blog, John si dilettava nello scrivere piccoli racconti, solitamente ispirati alla propria vita o di genere horror. Li teneva in una cartella criptata e pensava che fosse un segreto.
A quanto pare Sherlock li aveva trovati.
Avrebbe dovuto prevederlo, realizzò John, non c'era un fottuto angolo della sua vita in cui Sherlock non fosse riuscito a entrare, spesso con la forza.
"Sei uno scrittore imbarazzante, senza nemmeno la minima idea di cosa sia la "coerenza narrativa". Oltre ad avere una stupida cotta per me."
John alzò le barriere emotive e si mise sulla difensiva.
"Io non ho una cotta per te! A nessuno..."
" "Sapere i nostri rispettivi nomi è forse necessario per iniziare una convivenza?" "
Sherlock prese a recitare a memoria, con enfasi volutamente esagerata.
"Non ho più fiato nei polmoni, completamente perso nella contemplazione della sublime donna di nero vestita che mi ha, ahimè, rubato l'anima al primo sguardo e che pare sapere ogni cosa sul mio conto.
Le parole sgorgano dalla mia gola in forma di balbettii: "N-no".
"E comunque il nome è Symphony Hope e l'indirizzo è 187 North Gower Street".
Lady Hope ammicca e con una giravolta svanisce nell'ignoto e subito sono solo con delle volute di fumo nero
."
John era imbarazzato e decisamente pentito di quella visita. Si sentì umiliato. Voleva sparire e voleva colpire Sherlock con un pugno in faccia contemporaneamente.
"La Strega di Londra" continuò il detective.
"Grazie mille!" sbottò il medico, sarcastico "Ma ricordo perfettamente i titoli delle mie opere."
"Opere" ripeté Sherlock deridendolo, implicandolo che pezzi scadenti come quelli del suo amico dottore non potessero essere definiti opere "Comunque grazie a te per inserirmi in tutte le tue opere." ribatté Sherlock con uguale sarcasmo "Preferirei però non essere personificato in risibili esseri soprannaturali dal nome..."
Assunse un'espressione disgustata mentre parlava.
"Symphony Hope"
"Sono solo storie e le somiglianze che hai notato sono solo spunti. So che non frega a nessuno ma io non sono..."
"Ah sì, non sei gay, quindi ti senti in pace con te stesso se mi "afferri" per i "riccioli corvini" e mi spingi in basso per fartelo succhiare, se nella tua storia sono una donna."
"SHERLOCK!"
Il detective approfittò della distrazione del medico per infilare la mano sotto il cuscino. La estrasse con una bottiglietta da 0.5l d'acqua privata del suo contenuto originario e riempita di caffè. Prima che l'altro potesse fermarlo, la aprì e bevve a grosse sorsate fino a svuotarla.
"Sherlock!" ripeté John, preso dal panico.
"John, lo sapevo che prima o poi avresti fatto irruzione qui impedendomi di assumere la mia dose di caffè. Questo era il mio piano B, nella vita bisogna sempre averne uno. Se non assumo le mie dosi nel tempo previsto, l'osservazione non sarà abbastanza rigorosa."
Sherlock prese il portatile da sotto il letto e lo accese, fissando lo schermo con concentrazione come se John non ci fosse.
"Non riesco a inserire la password" si lamentò "John puoi fare al posto mio? E' Victor11235813213455 "
"Chi è Victor?"
"Un nome a caso ovviamente, per le password bisogna usare solo associazioni stocastiche."
John ovviamente non gli credette ed era vivamente infastidito dal fatto che Sherlock gli nascondesse una persona che a quanto pareva era importante nella sua vita. Per un folle irrazionale momento si sentì persino minacciato da questa presenza misteriosa.
Lasciò andare le sensazioni, ne avrebbero parlato quando Sherlock sarebbe stato bene.
Accese il computer dell'amico, sentendosi quasi onorato, come se stesse entrando nella stanza segreta del castello del re.
Il detective gli ordinò di aprire un file excel, in cui erano organizzate le misure prese fino a quel momento.
"Scrivi nella colonna 25, ogni volta che ti dico "a capo" vai al rigo successivo: contrattura muscolare del diaframma-a capo, vampata intensa di calore-a capo, nausea-a capo; sensazione di compressione alle tempie- a capo; tachicardia- a capo, stop. Fatto?"
"Fatto"
John si avvicinò e lo guardò negli occhi, notando che alcuni capillari erano scoppiati.
"Sherlock, posso misurarti la pressione?"
"Che c'entra la pressione?"
"Il caffè è vasocostrittore, c'è un aumento della pressione sanguigna."
"LA PRESSIONE!" urlò Sherlock, scattò in piedi e prese a camminare avanti e indietro per la stanza. Sembrava spiritato.
"Ecco lo sapevo che mi ero dimenticato un parametro fondamentale! C'è sempre qualcosa! Ecco perché ho bisogno di te John, tu sei un dottore e sei dannatamente intelligente, le mie analisi difettano solo di piccoli dettagli ovviamente ma tu, tu sei perfetto per compensare i dettagli che sbaglio e farmi condurre esperimenti perfetti! Ecco, io che non sono un dottore non ci sarei mai arrivato. John perché non torni a vivere qui? Lo sai che ho bisogno di te. Lo sai che la tua esistenza mi aiuta a vivere. E lo sai che tu hai bisogno di me e di questa casa per sentirti vivo. Lo so che mi adori e benché io spesso non ti tratti bene come meriti, è un sentimento del tutto reciproco. Vedi come ci riduciamo quando siamo separati? Torna a Baker Street, ti tratterò come un re. Non entrerò più nel tuo computer, cucinerò, manterrò in ordine, lavorerò tantissimo per non far svuotare mai il frigorifero. Ti farò dormire la notte. Non ti dirò mai più che sei stupido. Ti prego, John. Siamo perfetti insieme. Leviamoci Mary dai piedi e..."
"Sherlock, non ho nessuna intenzione di levarmi... Sherlock sei totalmente fuori! E smetti un secondo di camminare!"
John si alzò e si parò davanti a Sherlock, con l'intenzione di bloccarlo e farlo sedere.
Gli afferrò una spalla e Sherlock lo baciò.
L'uomo fu shockato dal proprio stesso atto, John lo vide allontanarsi con un piccolo scatto, mentre i suoi occhi si spalancavano.
"John, mi dispiace, io..."
John gli afferrò il volto pallido con entrambe le mani e riunì le loro labbra. Il sapore di Sherlock fortemente aromatizzato dal caffè lo inebriò immediatamente e spinse con la lingua per fargli schiudere le labbra, mugolando soddisfatto quando sentì il calore umido dell'interno della bocca dell'altro. Il bacio divenne velocemente frenetico e bagnato, Sherlock sbavava e la saliva gli colava dagli angoli della bocca, ma non se ne curò, anzi con le mani che tremavano si sfilò la vestaglia rossa e strappò la camicia di dosso al dottore, facendo saltare i bottoni. John non perse tempo, si slacciò la cinta e si sbottonò i pantaloni. Camminarono all'indietro baciandosi fino al letto, Sherlock si buttò all'indietro atterrando incurante sui fascicoli, John lanciò via i pantaloni e in un attimo gli fu addosso.
Gli morse il collo e Sherlock emise un suono a metà tra un lamento e un gemito, poi annaspò e sospirò.
"Se vuoi... quella cosa di scendere in basso... posso fartela."
John scosse il capo.
"Va bene così!" rispose quasi ringhiando e con un colpo di bacino si strusciò sull'erezione del partner, foderata dai boxer neri.
Gemettero entrambi.
"Mi dispiace se ti ho deriso sui tuoi racconti." borbottò Sherlock, agganciando con le lunghe gambe i fianchi di John.
"No, avevi ragione su tutto, come sempre." rispose il dottore e fu l'ultima frase di senso compiuto pronunciata in quella stanza, dopodiché i sensi si scaldarono troppo affinché la ragione potesse funzionare e il piacere si impossessò di ogni processo mentale. Continuarono a strusciarsi come animali, gemendo tanto che non riuscivano a distinguere i propri stessi suoni, afferrandosi le carni sudate a vicenda, fino all'orgasmo. Si abbracciarono quando finirono.
John si girò e l'aria fredda investì il suo corpo seminudo, facendolo pentire della scelta di separarsi dal suo amante. La vista era appannata e invasa da puntini trasparenti che scoppiavano. Aveva l'urgenza di esprimersi a voce a Sherlock, andava bene parlare di qualsiasi cosa, bastava cercare un contatto emotivo e mentale dopo quello fisico. Ma John aveva il fiatone ed era stanco. Si rilassò osservando i puntini che sparivano esplodendo dal proprio campo visivo e quando furono scomparsi si sentiva abbastanza lucido. Si girò verso Sherlock ma lo trovò addormentato.
John sorrise di tenerezza e gli baciò la fronte. Lo pulì e gli cambiò i boxer, prese dall'armadio una vestaglia pulita, di lino azzurro, e gliela mise addosso. Sgombrò una porzione del letto matrimoniale dai fascicoli che mise a terra in una pila ordinata e sistemò Sherlock sotto la coperta. Il detective non si svegliò durante il procedimento e John capì che persino il grande Sherlock Holmes poteva crollare dopo 5 giorni di veglia e di digiuno.
Raccolse i cocci della teiera e li buttò, pulì il pavimento della cucina.
Si fece una doccia, strofinandosi aggressivamente la pelle con la spugna insaponata. Quello che era successo continuava a tornare nella sua mente con una frequenza molesta e John non aveva il tempo, né la volontà di pensarci, quindi impiegò tutte le proprie energie mentali per reprimere le continue richieste del proprio cervello di affrontare gli avvenimenti recenti.
Scrisse a Mary.
"Sherlock per fare uno stupido esperimento si è preso un'intossicazione da caffeina. Ora dorme ma per sicurezza resto qui stanotte, domani gli misuro la pressione. Il solito Sherlock ah ah :) "
Non menzionò che aveva baciato il solito Sherlock e si erano strusciati fino all'orgasmo.
La risposta della fidanzata non si fece attendere.
"Mi è sempre più simpatico sai :3? Non sembra una persona con cui ci si annoia. Hai bisogno di aiuto comunque? Passo a farti compagnia?"
Era la prima tra le fidanzate a trovare Sherlock simpatico, pensò John. Certamente se avesse saputo cosa avevano fatto avrebbe cambiato idea.
Non aveva bisogno che Mary venisse al 221B comunque, anzi l'ultima cosa che voleva era vederla.
"No tranquilla, sono abituato a gestire queste cose. Ci vediamo domani..."
John esitò.
"...amore."
Andò a fare la spesa comprando latte, succo di frutta, pancetta e uova, passò dall'ambulatorio e prese in prestito l'apparecchio per misurare la pressione e una pillola contro l'ipertensione, per sicurezza.
Passò da Angelo -non aveva voglia di cenare da solo a Baker Street- e cenò con carne, sul menù segnata come "cotoletta alla milanese", poi tornò al 221B e si infilò nel letto in cui dormiva prima di trasferirsi. Notò con uno stupore agrodolce che Sherlock manteneva pulita e in ordine la sua stanza e cambiava le lenzuola.
Forse era perché era incredibilmente stanco, ma il materasso gli sembrò di una comodità paradisiaca, le lenzuola erano fresche alla perfezione e il peso morbido delle coperte era adeguato e rilassante. Si sentì a proprio agio come non accadeva da mesi, felice quasi, e appena prima di addormentarsi si chiese perché si fosse trasferito.
Sherlock si svegliò prima di lui e preparò la colazione con gli ingredienti che John aveva comprato.
John lo trovò seduto al tavolo, intento a mangiare una porzione molto minore di quella di John ma più abbondante del solito, comunque.
"Mi devi scusare per lo spettacolo che ti ho offerto ieri, John, ma devi ammettere che hai interrotto il mio esperimento."
"Buongiorno anche a te" rispose John sbadigliando.
Dopo aver fatto colazione, John gli misurò la pressione, trovandogliela 110 su 160. Gli diede la pillola e gli raccomandò di bere molta acqua e di non mangiare salato per un paio di giorni, anche se tutto quello a cui stava pensando era Sherlock che gemeva tra le sue braccia.
Sherlock annuì come se stesse appuntando mentalmente le raccomandazioni del dottore e ingoiò la pillola, anche se tutto quello a cui stava pensando era John sopra di lui.
Non parlarono di quello che era successo.
 

John andò via e tornò al 221B di Baker Street dopo tre settimane, durante le quali lui e Sherlock non si erano nemmeno sentiti.
Aveva solide argomentazioni per la sua assenza, era stato in vacanza con Mary a Praga e dopo c'era stata un'epidemia di epatite A che lo aveva tenuto impegnato fisicamente e mentalmente in ospedale, dopo la vacanza. In verità però non aveva contattato Sherlock perché non era pronto al "discorso".
Non che non avesse chiaro quello di cui si doveva discutere e le proprie posizioni, ma erano in gioco sentimenti e avvenimenti difficili da rendere accettabili a se stesso.
Suonò al campanello e Sherlock quella volta aprì personalmente. John fu sollevato dal vederlo ben vestito, in forma, senza segni di alterazioni distruttive sul proprio corpo.
"Ciao John" lo accolse, chiudendogli la porta alle spalle. "A cosa devo la tua visita?"
C'era qualcosa di freddo e di rabbioso nella voce di Sherlock, ma John non poteva dirlo con certezza perché in apparenza il tono usato era stato cortese e pacato.
"Disturbo?"
"No" rispose Sherlock e fece spazio sulla poltrona su cui sedeva abitualmente il dottore "Stavo lavorando sul caso dell'epatite A."
"C'è un caso?"
John spalancò gli occhi, momentaneamente distratto.
"Naturalmente."
"E perché non mi hai chiamato? Avrei potuto aiutarti, ci ho lavorato in ospedale."
"Non pensavo ti sarebbe interessato." rispose Sherlock con calma fasulla e John fu sicuro che il detective fosse arrabbiato. Resistette alla tentazione di rispondere alla sua rabbia apertamente.
"Certo che mi sarebbe interessato" rispose sforzandosi di essere gentile "Mi interessano sempre i casi a cui lavori."
Sherlock non rispose e si sedette.
Per qualche minuto ci fu il silenzio.
Fu John a romperlo.
"Dobbiamo parlare di quello che è successo"
"Non c'è niente di cui parlare" rispose Sherlock guardando fisso davanti a sé, con il mento poggiato sulle mani giunte, quasi immobile "Sei piombato qui durante un esperimento e ci sono state conseguenze dovute alle alterazioni comportamentali implicate nell'esperimento."
John respirò rumorosamente dal naso.
"Stai dicendo che non eri in te per via della caffeina?"
"E' quello che sto dicendo."
Il dottore trovò ridicola la sola idea che la caffeina modificasse tanto radicalmente le intenzioni di qualunque persona.
"Secondo me stai dicendo cazzate." ribatté, usando il "Secondo me" soltanto per cortesia "La caffeina non può farti fare quelle cose."
"Da quando sei un esperto di intossicazioni da caffeina?"
"Sono un dottore."
"E quanti pazienti hai avuto intossicati da caffeina?"
John non rispose, perché non ne aveva avuti, invece cambiò punto di vista.
"E di me che mi dici, anche io ero intossicato?"
"Eri suggestionato, come sempre, e ti sei lasciato trascinare dal contesto, come sempre."
L'altro si alzò.
"E che mi dici di tutte quelle cose che mi hai detto? Che abbiamo bisogno l'uno dell'altro, che devo tornare a vivere qui, che siamo perfetti insieme eccetera?"
"Devo ricordarti gli effetti della caffeina?"
Sherlock iniziò a elencarli come se li stesse leggendo.
"-Insonnia, -Eccitazione, -Incoerenza del pensiero e del parlato, -Iperattività..."
John lo interruppe.
"Sei incredibile"
Sorrise per la furia. Avrebbe volentieri spaccato qualcosa.
Fece un giro su se stesso.
"Ti sei raccontato proprio una bella storiella, eh?"
Era venuto al 221B per affrontare un discorso importante che avrebbe potuto cambiare per sempre il loro rapporto, pronto ad esporsi e a lasciare che Sherlock sovvertisse per l'ennesima volta gli equilibri della sua vita ma si aspettava collaborazione, non che Sherlock alzasse un muro di immaturità come se fossero ancora ai primi tempi della loro conoscenza.
"Sai, mi ricordi tantissimo mia sorella a volte. Ricordo, come fosse ieri, quando la prima ragazza con cui ha fatto sesso venne sotto casa a parlarle. Sai cosa disse Harriet? "Non sono una fottuta lesbica, ero solo ubriaca". Era solo ubriaca quindi le è capitato di mettere la lingua nella figa di una sua amica. Tu avevi bevuto troppo caffè, quindi mi hai baciato, mi hai strappato la camicia di dosso, mi hai stretto le gambe attorno ai fianchi e ci siamo strusciati fino all'orgasmo. Cose che capitano. Dovrebbero scriverlo come effetto collaterale sulle istruzioni della macchinetta del caffè. "Attenzione: un consumatore su diecimila seduce il suo migliore amico""
John si sentiva furioso.
"Entrambi siete bravissimi a nascondervi dietro le sostanze per fuggire dalle vostre responsabilità emotive."
Sherlock non si mosse, ma puntò il suo sguardo sul dottore.
"Io non ho mai negato il mio orientamento sessuale."
C'era un'allusione a John nella sua affermazione, ma John la ignorò.
"Avevi ragione sui racconti" confessò, poi puntò il dito su Sherlock "Ma non puoi negare che ci sei dentro quanto me".
Il detective tornò al silenzio ostinato.
"Senti è inutile che continui a negare! Il re è nudo! Lo sapevano già tutti, anche Mary me lo aveva detto, tu sei... tu sei..."
John non aveva l'animo di dire quelle parole, temendo una smentita violenta da parte dell'altro o che stesse azzardando troppo.
"sei..."
Prese un respiro profondo e scoprì le carte.
"Innamorato di me."
Tacque, aspettando la negazione di Sherlock che non arrivò.
"Sherlock?"
Il detective si alzò bruscamente in piedi, fronteggiando John. Lo guardò dall'alto, glaciale. John ne fu intimidito e ingoiò le parole che stavano per uscire dalla sua bocca.
"Sei qui solo affinché io ti respinga e chiuda questa storia senza colpe, né conseguenze per te" lo accusò con voce tagliente.
"Non è vero, se tu... io..."
John era incapace di difendersi dall'accusa argomentando, ma era certo della propria onestà emotiva. Nel far parlare le azioni cercò di toccare il viso di Sherlock per accarezzarlo, ma l'altro gli afferrò l'avambraccio, bloccandolo.
"Perché non chiami Mary e le dici che ha ragione?"
Gli rilasciò il braccio.
"Avanti, chiamala e dille che torni a vivere qui. Che non siamo mai stati amici, che sono innamorato di te e tu sei innamorato di me e di conseguenza stiamo iniziando una relazione. Dille che non la sposerai e che stasera non tornerai a casa da lei."
John lo guardò scioccato dall'improvvisa ammissione ma si rese conto che non era pronto a dover fare nessuna delle cose che Sherlock gli stava chiedendo. Capiva razionalmente che erano passi minimi e necessari, ma non ne ebbe il coraggio. Non voleva dire a Mary che l'aveva tradita. Non voleva annullare il matrimonio. Non voleva che la sua vita cambiasse ma non voleva nemmeno tornare indietro. Si limitò a guardare Sherlock vacuamente, chiedendo silenziosamente il suo aiuto.
Sherlock piegò le labbra in un sorriso senza gioia.
"Come immaginavo."
John era totalmente disarmato.
"Sai, ho parlato con Greg, Lestrade." disse cambiando discorso e tentò di sorridere. Cercò il suo sguardo, cercò di ricucire lo strappo con qualcosa che era certo avrebbe fatto piacere a Sherlock.
"L'assistente sociale di cui mi hai parlato è legata indirettamente a 7 casi di scomparse di bambini. La stanno indagando per traffico di esseri umani mentre stiamo parlando."
"Bene." rispose seccamente l'altro, era palese non gli importasse.
"Avevi ragione" insistette John e i suoi occhi diventarono disperati.
John si ritrovò in un attimo fuori dall'appartamento, davanti alla porta chiusa.


 






 

 
   
 
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