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Autore: HVK    07/06/2009    1 recensioni
La Terra è tornata alla normalità. Sono passati 12.000 anni da quando Ali del Sole ha dato la sua vita per l'umanità. Seilyn, una 18enne senza alcun sogno nella sua vita, scoprirà che, come ha sempre pensato, lei è diversa...
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Acqua 2 Chiudo gli occhi. Questo risucchio da fastidio, ma non fa male. E' solo una strana sensazione e il mio corpo reagisce facendomi chiudere gli occhi. Sento ancora la tenera mano di Gen Fudo nella mia, quindi non sto morendo. Dopo 30 secondi il risucchio sparisce improvvisamente com'è arrivato.
"Apri gli occhi" mi dice all'orecchio. Eseguo.
Non siamo più nel magazzino, ma non so neppure dove siamo. Assomiglia molto ad un'aula magna. Non che ne abbia mai vista una dal vivo, ma sugli opuscoli dei college sono rappresentate proprio così. Che siamo finiti in un college? Che mio padre abbia escogitato il tutto per convincermi ad iscrivermi in un college? Sarebbe anche possibile.
"Mi scusi..ma lei è per caso stato ingaggiato da mio padre?" chiedo.
"Cosa?" chiede sbigottito. E' ovvio che non ha niente a che vedere con mio padre.
"Non è una specie di professore matto ingaggiato da mio padre che mi ha portato in questo college per convincermi ad iscrivermi?" chiedo tanto per essere sicura.
"Non idea di cosa tu stia dicendo...inoltre, questo non è un college." mi dice seriamente. Allora ho fatto un buco nell'acqua.
"Va bene. E quindi dove siamo?"
"Alla Deava. Questo posto non ti ricorda niente?" mi chiede guardandomi negli occhi.
"Apparte ad un'aula magna universitaria, no. Perchè dovrebbe?" gli chiedo guardandolo negli occhi a mia volta. Mi scruta, come se cercasse qualcosa sul mio volto.
"Teoricamente si. Ma, probabilmente, è ancora troppo presto." dice, quasi deluso.
"Mi vorrebbe spiegare cos'è questa Deava?"
"Neppure il nome ti ricorda qualcosa?" di nuovo lo sguardo indagatore.
Provo a concentrarmi. Deava, Deava. Di nuovo quella sensazione di importanza. Chiudo gli occhi. Un lampo, un'improvvisa immagine di un enorme robot alato splendente come l'oro, rinchiuso tra 2 montagne, o almeno così sembrano. Riapro gli occhi.
"Ha a che fare con la robotica?" chiedo confusa. Quell'immagine non significa niente per me.Ma evidentemente per quell'uomo si, dal momento che si illumina quando pronuncio la parola 'robotica'.
"Cosa hai visto?" chiede concitato.
"Era una specie di enorme robot alato che veniva schiacciato da due montagne. Non so spiegarlo neppure io..magari è un vecchio film che ho visto e che non ricordavo più."
"No...non si tratta di un film. E' successo veramente." dice serio. Scoppio a ridere. Ma cosa sta dicendo?
"Ahahah!! Non so dove lei abbia vissuto fin'ora ma le assicuro che qui, sulla Terra, non esistono dei robot del genere...anzi non esistono proprio dei robot. E io non ho mai visto nulla del genere in ogni caso..."
"Io ho sempre vissuto su questa Terra. Molto più a lungo di te e ti assicuro che esistono. Ma, mi sembri una tipa tosta. L'unico modo per farti ricordare è farti guardare. Le mie parole ti entrerebbero da un orecchio e ti uscirebbero dall'altro. Seguimi." Sembrava scocciato. Come se le mie parole lo avessero deluso in qualche modo. Lo seguo, troppo curiosa di sapere dove mi trovo.
Mi accompagna lungo una serie di corridoi fatti a tunnel. Non sono normali. Inoltre le porte sono scorrevoli, ma per aprirle deve poggiare il palmo della mano su una fotocellula. Siamo nella CIA!? O nell'FBI?! Questo è il genere di cosa che si vede solo in quei film polizieschi...
"Ho capito!" esclamo. Lui si gira, il volto speranzoso.
"Hai capito?"
"Si! Siamo nella CIA...o nell'FBI. Una cosa del genere. Ora si spiega tutto. Ecco perchè sa il mio nome e tutto quanto. Ma non ho capito il motivo per cui io sono qui. Sono per caso una ricercata? Giuro che non ho mai fatto del male a nessuno." dico. E poi per essere proprio sicura..." E inoltre rispetto gli animali."
Mi sa che ho fatto l'ennesimo buco nell'acqua a giudicare dallo sguardo che mi riserva Gen.
"No...non ci sei nemmeno vicina. Però si, è un'organizzazione segreta." conclude, voltandomi di nuovo le spalle.
Ma cosa pretende?! E' inutile che continua a guardarmi come se fossi una delusione totale. Come faccio io a sapere dove mi trovo? E si che sto dicendo le cose più sensate che mi sono venute in mente.
"E' inutile che mi tratta così sa? Io non ho la più pallida idea di dove mi trovo e lei pretende che io lo capisca nel giro di 2 minuti. E se non indovino mi guarda pure male! Ma chi si crede di essere?!" sbotto. Lui si ferma e si gira. Mi guarda seriamente, ma senza traccia di ira negli occhi.
"Hai ragione. Ma sai una cosa? Io non ho preteso che tu capisca tutto nel giro di 2 minuti. Sei tu che ti sei convinta di questo, e quindi continui a sparare luoghi a caso, sperando di poter capire più in fretta. Non è mia intenzione guardarti male, ma, dicendo assurdità, questa espressione mi viene naturale. Scusami." dice pacatamente, e riprende a camminare.
Che uomo strano. Però, effettivamente, ha ragione. Lui mi ha solo detto che avrei capito. Non ha mai preteso che capissi immediatamente. Ho deciso. Ora starò a guardare e mi concentrerò su ogni dettaglio. Non aprirò bocca finchè non mi verrà in mente qualcosa.
Lo seguo silenziosamente. Questi corridoi sono infiniti e tutti uguali, quindi al momento nulla. Quando apre l'ennesima porta, sempre allo stesso modo, finalmente qualcosa cambia. Ci ritroviamo in una stanza enorme, bianca, con una grande fontana al centro. Tutt'intorno alla fontana ci sono fiori. Una miriade di fiori, soprattutto rose. Mi sono sempre piaciute le rose e queste sono particolarmente belle. Gen Fudo si ferma e mi guarda. Io proseguo e faccio un giro della stanza. Dalla parte opposta da dove sono entrata, la parete è costituita da un solo vetro. Mi avvicino. Al di là ci sono dei lettini da ospedale. Non hanno la forma dei normali lettini da ospedale, ma si riesce a capire che sono questi dalla miriade di fili che pendono tutt'intorno. Mi giro e riguardo la fontana. Improvvisamente una luce bianca mi invade la mente. Chiudo gli occhi. Mi ritrovo nella stessa posizione, in quella stessa stanza. Alla mia destra c'è un ragazzo alto, biondo, vestito con degli abiti antichi. Alla mia sinistra c'è una ragazza slanciata, capelli corti neri, vestita un pò da maschiaccio. Stanno guardando un ragazzo che sta ritto davanti a noi, con la pelle ambrata ed un codino. Sembra brasiliano.. Ritorno al presente. Non so cosa fosse, ma sembrava un ricordo. Un ricordo non mio però. Quei 3 ragazzi non li ho mai incontrati in vita mia. Eppure, chissà perchè, quell'immagine mi ha lasciato una bella sensazione addosso.
"Cos'è successo?" mi chiede Gen Fudo pacatamente, avvicinandosi a me. Evidentemente mi stava osservando da un pò.
"Mi è apparsa un'immagine nella mente. Sembrava un ricordo, ma non era mio."
"Cosa hai visto?" dice, sedendosi sul bordo della vasca della fontana. Mi avvicino e mi siedo accanto a lui.
"Ero qui, in questa stanza, nella stessa posizione in cui ero pochi istanti fa. Alla mia destra c'era un ragazzo biondo, vestito come un damerino, alla mia sinistra una ragazza che poteva benissimo essere una modella, a giudicare dal fisico. Stavano fissando un ragazzo che stava qui, di fianco alla fontana...sembrava brasiliano o comunque sud americano.. Tutto qui." dico. Infine alzo la testa e lo guardo. Ha un sorriso gentile sulle labbra.
"Hai ricordato Sirius, Reika e Pierre. Molto bene." dice.
"Chi?!"
"Non importa, non importa. Su...continuiamo il giro." risponde allegramente. E' proprio un uomo misterioso. Ma come fa a sapere chi erano le persone che mi sono apparse? Forse allora non è proprio impossibile che mi legga nella mente...
Dopo altri corridoi, finalmente rivedo la luce del sole. Siamo in un giardino immenso, un labirinto circondato da roseti. Queste rose sono ancora più belle di quelle che c'erano nella stanza con la fontana.
"Il giardiniere deve amare proprio molto queste rose. Sono bellissime..."
"Il giardiniere in realtà non le cura da molto molto tempo. Si curano da sole ormai da molti anni." mi risponde Gen Fudo senza neppure girarsi. Ovviamente mi sta prendendo in giro. Tutti lo sanno che i fiori che hanno bisogno di maggiore cura sono proprio le rose. E' inutile conversare con quest'uomo.
Inebriata dal profumo delle rose, non mi accorgo che davanti a me si staglia una villa enorme, di quelle antiche che si costruivano nel 700 o giù di li. E' bellissima. Gen mi accompagna fino alla porta d'entrata, poi si ferma e si gira.
"Da qui in poi prosegui da sola. Non è il caso che io entri." mi dice.
"Perchè?" non capisco. Se devo essere sincera ho un pò paura ad entrare da sola in questa casa. E se ci fossero i fantasmi?!
"Non c'è nulla di cui avere paura all'interno. Io ti aspetterò qui fuori. Prenditi il tuo tempo." mi risponde, un sorriso gentile sulle labbra.
Deglutisco rumorosamente, tanto che Gen soffoca una risata. Si gira e va a sedersi su una vecchia panchina di legno. Chiude gli occhi e incrocia le braccia. Bene...ora sono sola. Apro la porta piano che, cosa sorprendente, non cigola. Entro e la richiudo alle spalle. Stranamente l'atrio non è buio come me l'aspettavo. E' ampio e luminoso. C'è una gigantesca scalinata al centro e decido immediatamente di salire. Il piano di sopra non è luminoso come l'atrio, ma c'è visibilità. Trovo una porta sulla destra ed entro. E' una biblioteca. Non è molto grande ma è stipatissima di immensi volumi. Ne tiro fuori uno da uno scaffale a caso. Mitologia greca. Mi è sempre piaciuta la mitologia. Gli dei ne combinano di tutti i colori. Lo ripongo. Al centro della stanza c'è una scrivania. Mi avvicino e noto un libro piccolo, più nuovo di quelli che ci sono sugli scaffali. Lo apro. Un libro di poesie scritte a mano. La calligrafia è molto bella, oserei definirla regale. Inizio a leggere una poesia, poi un'altra e un'altra ancora. Hanno tutte un tema in comune:la tristezza. Chi le ha scritte? E come mai traspare tutta questa tristezza? Decido di uscire. Quel posto è malinconico.
Proseguo lungo il corridoio e trovo un'altra porta, più grande di quella della biblioteca e più elegante. Nel momento in cui tocco la maniglia, un altro lampo di luce bianca mi investe. Chiudo gli occhi e mi ritrovo a picchiare disperatamente la porta mentre continuo ad urlare "Fratello! Fratello mio!! Aprimi ti prego!! Fratello!" con la mia voce ma più infantile. Nel momento in cui nel sogno riesco ad abbattere la porta, torno alla realtà e sono dentro la stanza. Ovviamente è vuota, ma speravo di poter conoscere questo 'fratello'. Una strana sensazione di disperazione mi invade senza alcun motivo. Un pò come prima, quando la visione mi aveva lasciata felice. La stanza è enorme e, anche qui, ci sono molti libri. C'è un letto con un camino sul lato sinistro, al centro un divanetto, e sulla destra una scrivania. Ancora poesie, sempre con la stessa calligrafia. Allora era questo 'fratello' che scriveva. Strano, fino ad un attimo fa pensavo fosse una ragazza l'autrice. Mi giro e vado verso il caminetto. Ci sono delle fotografie. In una ci sono le 3 persone che mi sono apparse prima, insieme ad un'altra ragazza, bionda, col viso da bimba. Non so chi sia neppure lei, anche se mi sembra in qualche modo familiare. Nell'altra, che sembra più vecchia, ci sono 2 bambini che giocano insieme, ma, essendo in bianco e nero, non si capisce molto. Poso le foto e decido di uscire. Seguono stanze senza alcuna personalità: un bagno, una sala da pranzo, un salotto e di nuovo un bagno. Infine giungo di fronte ad una porta diversa dalle altre. E' più grande, fatta ad arco ed intagliata con motivi floreali. Davvero carina. Sento accrescere l'impazienza. Voglio enrare in quella stanza, come se al di là della porta ci fossero tutte le risposte che cerco. La spingo e in quel momento un solo nome mi investe, la risposta incomprensibile che quella stanza riesce a darmi: APOLLONIUS.

  
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