“SHIKADAI
NARA! Quante volte ti ho detto che bisogna fare il bagno e che non ammetto
nessun capriccio?”
“Ho detto
gno! Non vollio fare il bagno! Fallo tu, io vollio appettare papà e ocare
collui!”
A Temari
pulsò tremendamente una vena sulla fronte a causa della sfrontataggine del
figlio. Doveva ammettere che Shikadai era un miscuglio perfetto di lei e quello
scansafatiche pigrone di Shikamaru. Aveva preso la sfrontataggine di lei e la
pigrizia di lui, l’esuberanza di lei e l’intelligenza di lui. Era uguale,
identico al padre, tranne che per una cosa: Shikadai aveva gli occhi di Temari.
Insomma, Shikadai poteva essere un bambino adorabile, quanto una peste combina
guai che non vuole fare quello che gli si dice.
“SHIKADAI
NARA! Quante volte ti ho detto che bisogna fare il bagno e che non ammetto
nessun capriccio?”
“Ho detto
gno! Non vollio fare il bagno! Fallo tu, io vollio appettare papà e ocare
collui!”
A Temari
pulsò tremendamente una vena sulla fronte a causa della sfrontataggine del
figlio. Doveva ammettere che Shikadai era un miscuglio perfetto di lei e quello
scansafatiche pigrone di Shikamaru. Aveva preso la sfrontataggine di lei e la
pigrizia di lui, l’esuberanza di lei e l’intelligenza di lui. Era uguale,
identico al padre, tranne che per una cosa: Shikadai aveva gli occhi di Temari.
Insomma, Shikadai poteva essere un bambino adorabile, quanto una peste combina
guai che non vuole fare quello che gli si dice.
“Tei
poppio una teccatura, come dice papà!”
E non solo
le diede della seccatura, come le diceva sempre il marito, ma il tutto
era stato condito da delle linguacce del figlio, prima di iniziare a scappare
dall’ira funesta della madre.
“SHIKADAI!
TORNA QUI!”
Sentì il
figlio urlare, forse resosi conto di aver esagerato nell’aver fatto esasperare
troppo la madre, ma lui il bagno proprio non voleva farlo. Voleva aspettare suo
padre, giocare con lui e fare il bagno con lui, non con la madre. Sua madre non
l’avrebbe fatto giocare in bagno, non gli avrebbe permesso di giocare a
battaglia navale, cosa che invece acconsentiva a fare Shikamaru, con il
pretesto di vedere il quoziente intellettivo di suo figlio. Peccato che tutto
il macello, poi, doveva sistemarlo Temari, e no, stavolta proprio non voleva.
Per questo
cominciò ad inseguirlo per casa, cercando di non tirargli niente addosso.
In fondo era suo figlio. In fondo era
suo figlio. In fondo… in fondo un bel niente!
“Mi
sentirà Shikamaru appena tornerà a casa, io lo ammazzo, come non ho mai fatto
in vita mia!” sibilò fra i denti, cercando di non cadere per terra a causa di
un giocattolo di suo figlio, che aveva lasciato per sbaglio lungo il tragitto. Lo seguì per tutta casa,
ritrovandosi alla fine in giardino.
“Papà,
papà! Atuto! Atutami!”
Vide
chiaramente suo figlio fiondarsi con le braccia su suo padre, abbracciandogli
la gamba. La gamba di suo padre era lo scudo contro sua madre, una protezione
contro quell’essere che lo guardava malissimo e che aveva i suoi stessi occhi.
“Cosa hai
fatto stavolta, Shikadai?”
“Non
vollio fare il bagno, voglio ocare cotte! Mamma è poppio una teccatura!”
E avrebbe
anche riso Shikamaru, di cuore e di gusto, se solo due occhi verdi non
l’avessero ucciso con un’occhiataccia. Gli occhi di Temari erano un chiaro
avvertimento: “se ridi ti ammazzo, e ammazzo anche tuo figlio!”
Così fece
l’unica cosa che poté fare in quel momento. Prese suo figlio in braccio ed
entrarono in casa, mentre Temari non li perdeva di vista un secondo. Ancora,
dopo tanto tempo, si meravigliava di come Shikadai fosse la copia sputata di
Shikamaru. E Shikadai aveva solo tre anni. Tre anni! Tremò per un istante nel
pensare che, da grande, si sarebbe ritrovata in casa un secondo Shikamaru, e
no, non poteva permetterlo, doveva intervenire e in fretta.
“Io e
Shikadai andiamo a farci il bagno.”
Non disse
altro e non diede nemmeno alla moglie il tempo di dire qualcosa. Si dileguò con
il bimbo fra le braccia, che rideva felice.
Infondo amava quella peste che le
aveva riempito il cuore, proprio come ha fatto il suo Shikamaru.
Sbuffando
e rimettendo in ordine per la casa, Temari si diresse verso la cucina,
cominciando a preparare la cena.
Invece,
qualche stanza più sopra, Shikamaru faceva fare il bagno a suo figlio,
facendolo giocare e divertire a battaglia navale.
“Quindi,
perché hai fatto disperare la mamma, oggi?”
“Non
volevo fare il bagno collei.”
“E
perché?”
“Pecché
lei non mi fa ocare e ti lamenta seppe che bagno tuuuuuuuuuuutto in bagno. E
poi, pecché devo fare il bagno tutti i
gionni? Tu mica ti fai il bagno tutti i gionni e mamma non ulla cotte!”
Guardò
intensamente suo figlio, cercando di reprimere un sorriso per quella frase
appena espressa. Suo figlio, a dispetto di quello che diceva sua moglie, aveva
il carattere di quella seccatura ai piani bassi e cercava sempre di spuntarla, proprio come lei. Anche suo figlio era
un’enorme seccatura, ma era una bella seccatura.
“Io lo
faccio tutti i giorni il bagno, solo che lo faccio quando tu vai a letto,
perché prima aiuto la mamma a sistemare la casa.”
Non gli
mentì mica a suo figlio. Lui aiutava davvero sua moglie a sistemare la casa, se
poi, molto spesso, si trovavano anche
a mettere disordine non era mica colpa sua. La maggior parte delle volte era la
moglie che prendeva l’iniziativa con qualche carezza spinta o qualche occhiata
maliziosa. Non era mica colpa sua se quella seccatura aveva un enorme potere su
di lui, il potere di accendere e spegnere la sua passione in un istante.
“Ma pecché
tu ttai colla mamma? Pecché la chiami teccatura?”
Suo figlio
non avrebbe mai potuto capire, proprio come lui non capì alla sua età, e anche
negli anni a seguire, le parole di suo padre. Anche suo padre chiamava sua
moglie seccatura, anche lui sbuffava sempre perché la moglie non gli permetteva
di poltrire, ma alla fine faceva sempre quello che diceva la moglie. Una
maledizione. La maledizione dei Nara.
“Quando
sarai più grande troverai anche tu la tua seccatura, e non la sopporterai, la
odierai, ma non potrai fare a meno di lei, perché l’ami a tal punto che farai
sempre quello che ti chiederà di fare. È la maledizione di noi Nara trovare una
donna dal pugno di ferro.”
“Pecché
hai decchitto la torella di Bouto? Lo tai? Anche lui dite che tua torella è una
teccatura, peò è carina.”
Per poco
Shikamaru non ci rimase secco. Suo figlio aveva appena detto che Himawari era
carina? Che era una seccatura?
È troppo presto! Va bene che anche
io mi sono innamorato di Temari molto presto, ma non così presto! A Temari verrà un colpo.
“Forza, il
bagno è finito.”
Fece uscire
suo figlio dall’acqua e lo asciugò per bene, vedendo tutto il macello che
avevano appena combinato. Temari li avrebbe ammazzati stavolta, ma lui avrebbe
trovato il modo di farsi perdonare.
Lo prese
in braccio e lo portò in camera, mettendogli il pigiama. Era un rituale ormai
consolidato. Dopo il bagnetto c’era sempre il pigiama, i capelli fatti nello
stesso modo del padre, la pappa, una storia e la nanna. Shikadai lo sapeva bene,
per questo adorava soprattutto l’ultima parte: la storia raccontata da suo padre,
e il bacio della buonanotte di sua madre.
“Mamma ho
fame!”
Il bambino
scese dalle braccia del padre e si fiondò verso la tavola piena di tante cose
buone da mangiare. Temari non era mai stata una cuoca eccellente, e lo
dimostravano i vari tentativi di avvelenamento e le nottate col mal di pancia
di Shikamaru, ma era migliorata e non bruciava più nulla, o quasi. Ma aveva
imparato, per suo figlio, soprattutto, ed il bambino sembrava apprezzare tutto,
specie lo sgombro.
“In che
condizioni è il bagno?”
“Come
ttempe! Abbiamo ocato con papà e ho vinto!”
Dovette
reprimere un sorriso che le stava per nascere sul volto. Era ancora arrabbiata,
non poteva farsi vedere debole o cedere a quel fascino che esercitava su di lei
quel moccioso di un Nara.
“E perché
non avete sistemato?”
“Pecché lo
farai tu, mamma.”
Lo disse
come se fosse la cosa più ovvia del mondo, fregandosene della vena gonfia della
madre o delle risate che si stava facendo sotto i baffi suo padre. Quella sera
suo figlio stava dando il meglio di sé per far esasperare la madre. E la madre
in questione, la principessa della sabbia, non disse più nulla, continuando a
mangiare, ben sapendo che, dopo aver messo a letto il pupo, avrebbe fatto una
strigliata come si deve a quello screanzato del marito. E sarebbe andata in
questo modo, se solo Shikadai non se ne fosse uscito con una richiesta.
“Mamma, me
lo fai un fatellino?”
I due
coniugi stavano quasi per morire soffocati, chi con l’acqua chi con il riso.
Tossirono più volte, cercando di capire da dove fosse spuntata fuori quella
richiesta così inaspettata e preoccupante.
“Perché
vuoi un fratellino?”
“Pecché
cotì ocherei collui. Peò vollio un macchietto come me, non una femminuccia.
Loro tono una teccatura. Puoi fallo un fatellino pemme?”
Temari e
Shikamaru si guardarono un attimo negli occhi. Non avevano mai parlato di fare
un altro figlio, non che non lo volessero, ma pensavano che, come era arrivato
Shikadai, ne sarebbero arrivati altri, se
fosse stato destino. Invece adesso un marmocchio dai capelli ad ananas
chiedeva di avere un fratellino con cui giocare, creando emozioni e sensazioni
nei coniugi. Ne avrebbero dovuto parlare, vedere se erano d’accordo e…
“E se
spunta una femminuccia?”
La domanda
di Temari aveva lasciato sconvolto Shikamaru. Sua moglie stava davvero pensando
di avere un secondo figlio?
“NO! Te
ppunta una femminuccia te la puoi tenere! Non la vollio!”
“Ma sai,
decide papà se portare un maschietto o una femminuccia, non io.”
E guardò
il marito divertita, come a dirgli: “questo è per il bagno allagato. Adesso
pensaci tu a tuo figlio, crybaby”.
Shikamaru
sbuffò mentre due paia d’occhi verdi lo guardavano. Chi in modo divertito, chi
in modo preoccupato.
“Papà? Tu
vuoi davvero una femminuccia? E se ppunta come la torella di Bouto?”
“Non eri
tu che avevi detto prima che Himawari era carina ed era una seccatura?”
Guardò sua
moglie.
Uno pari. Non crederai che te la
faccia passare liscia, non è vero, seccatura?
“Cosa?! Ma
Himawari ha solo un anno e tu ne hai tre!”
Shikadai
non seppe che cosa dire. Sbuffò semplicemente e scese dalla sedia, urlando un
“Vado a nanna!”, che lasciò di stucco i genitori che scoppiarono a ridere un
attimo dopo.
Temari
fece un segno a Shikamaru di accompagnare il figlio a letto mentre lei avrebbe
sistemato la cucina.
Quando il
marito tornò qualche minuto dopo, trovò sua moglie intenta a lavare i piatti
della cena. Si accostò a lei, prendendo il primo piatto ed asciugandolo.
“Certo che
Shikadai è una continua fonte di sorprese.”
“Tu ci hai
mai pensato ad avere un altro figlio?”
Sempre diretta, non è vero
seccatura?
Posò il
piatto e si mise dietro di lei, abbracciandola.
“E poi
sopportarti, di nuovo, nei periodi di
gravidanza?”
“Sto
parlando davvero Shikamaru. Tu ci hai mai pensato? Tu vuoi un altro figlio?”
“E tu? Lo
vorresti?”
“Non
rispondere ad una mia domanda con un’altra domanda.”
Sentiva il
cuore di Temari battere forte dentro la gabbia toracica, ed era la stessa
velocità con la quale andava il suo. Lui ci aveva pensato spesso, troppo
spesso, ad avere un altro figlio, ma non glielo aveva mai detto. Vuoi perché sua
moglie gli intimò dopo il parto che uno bastava e avanzava, vuoi per la mole di
lavoro alla quale lo aveva sottoposto Naruto negli ultimi tempi. Avrebbe
trovato il tempo per aiutare Temari con due bambini?
“Lo
vorrei, seccatura. E tu? Lo vorresti?”
Non lasciò
andare il corpo di sua moglie, ma le diede lo spazio per girarsi e guardarlo
negli occhi. Sul volto quello splendido sorriso che riservava solo a lui.
Solo suo, come sua era quella
seccatura fra le sue braccia.
“Voglio
una bambina, Shikamaru. Dobbiamo giocare in quantità numerica pari.”
Temari lo
voleva, voleva un altro figlio da quell’uomo che amava con tutta sé stessa e
per la quale aveva rischiato la vita più volte. E come per fargli capire ancora
di più il suo desiderio, lo baciò, impossessandosi di quelle labbra sottili. Le
mani di Shikamaru finirono sul fondoschiena di Temari, avvicinandola a lui,
tanto che i loro corpi aderirono come una seconda pelle l’uno nel corpo
dell’altra, mentre le mani di lei andarono fra i capelli di lui, sciogliendogli
quella coda stramba che portava sempre. Una delle tante caratteristiche dei
Nara.
Si
staccarono dopo minuti di apnea, dove si erano morsi, leccati, baciati,
mangiati, respirando a pieni polmoni per la mancanza di ossigeno, mentre la
voglia si impossessava di loro.
“E se
divento grossa?”
Shikamaru
se la caricò sulle spalle, cominciando a camminare verso il bagno, sotto le
proteste di Temari per farsi mettere giù.
“Mi sembra
che il piano “perdi peso sudando ogni sera” dopo che hai partorito Shikadai
abbia funzionato perfettamente.”
L’ultima
cosa che si sentì fu la risata cristallina di Temari, prima che la porta del
bagno si chiudesse alle loro spalle.