Film > The Avengers
Segui la storia  |       
Autore: Kind_of_Magic    19/04/2017    1 recensioni
«Smettila» disse Wanda.
«Di fare cosa?» gli occhi di Loki lampeggiavano di divertimento «Di bloccare la tua mente? Vuoi davvero sapere cosa penso? Basta chiedere, te lo dico io: penso che non siamo così diversi come credi tu»
«Non è vero»

[Post AoU] [Clint/Natasha] [Wanda/Visione] [Loki/Bucky] [accenni a Steve/Bucky]
Un essere misterioso noto come K dichiara guerra ai Vendicatori e la squadra non si tira certo indietro. Questa volta, però, sembra che i loro metodi stiano varcando il limite.
Nick Fury si vedrà costretto a fronteggiare una situazione che non aveva calcolato: come difendere la Terra dai suoi Vendicatori?
Così, mentre Quicksilver si riprende dal coma, Loki cerca di capire perché la realtà sembri sul punto di andare a pezzi e la dottoressa Kim lavora su un progetto che le è stato ispirato da un sogno, il colonnello dovrà assemblare un nuovo team.
Nel frattempo, però, bisognerà scoprire cosa ha trasformato i Vendicatori in dei randagi, cosa li ha fatti deviare dall'obiettivo.
Genere: Angst, Azione, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: James 'Bucky' Barnes, Loki, Nuovo personaggio, Pietro Maximoff/Quicksilver, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Nel nostro minaccioso sotterraneo
Pubblicità Progresso - Campagna No Profit
Ogni giorno uno scrittore incapace si sveglia e sa che dovrà inseguire una tastiera che fugge.
Ogni giorno una tastiera si sveglia e sa che dovrà correre più veloce di uno scrittore incapace.
Che tu sia scrittore o tastiera, comincia a correre.
Ma se sei un lettore no! Puoi fermare questo scempio!
Scrivi una recensione!
Non restare indifferente, il destino delle tastiere dipende anche da te!



Nel nostro minaccioso sotterraneo

Respira
l'aria pesante di paura
Respira
con l'ultimo sangue in gola,
il vomito nascosto dietro i denti,
sulla lingua acido bruciante
da cui non ti liberi
neanche con lo sputo.

Parla.
Non parlare,
loro non devono, non possono sapere.
Ma loro chi?
Loro chi?
Il nemico.
Ma il nemico è buono,
siamo noi i cattivi,
il nemico è clemente.

Forse non più.



L’uomo con i capelli neri lo fissava ormai da almeno mezz’ora, si disse Shad. Era fisicamente possibile per una persona rimanere perfettamente immobile per tutto quel tempo? Non ne era certo. Certo era che quel verde sfavillante degli occhi dell’altro aveva un che di accecante non per la sua luminosità ma per la sua intensità, come se avesse dovuto risucchiarlo dentro. Shad sentiva il bisogno di guardare altrove o almeno socchiudere gli occhi per proteggersi da quel verde, ma allo stesso tempo non avrebbe voluto per nulla al mondo farlo e perdere l’occasione di esaminare quell’uomo che sedeva di fronte a lui.
All’improvviso, senza che nulla fosse cambiato minimamente, l’uomo si alzò dallo sgabello su cui era seduto e sparì dalla sua vista. Shad provò a voltarsi per vedere dove fosse andato, ma si rese conto di essere legato alla sedia. Strano che non se ne fosse accorto prima, quel verde doveva averlo distratto. Strano che la cosa non lo facesse agitare per nulla, forse era ancora un po’ intontito.
Sentì sulla spalla un tocco leggero, quasi timoroso di fargli male, e sussultò. Una mano dalle dita ruvide gli si posò, delicata, sulla nuca: «Calma» disse l’uomo. Aveva una bella voce profonda che risuonava in quella specie di scantinato anche se stava sussurrando.
«È sveglio?» chiese una voce metallica da un altoparlante che Shad riuscì a individuare in un angolo della stanza nonostante la penombra che vi regnava. Non distingueva, però, se si trattasse di un uomo o una donna.
«Sì» rispose l’uomo alle sue spalle, con una sfumatura un poco più aspra nella voce.
Shad iniziò a rendersi conto che non era normale non essere agitato per quella situazione. Si trovava legato nello scantinato di qualcuno con un uomo che non conosceva e che avrebbe potuto fargli qualunque cosa e per di più parlava con un altoparlante collegato a chissà dove, eppure non sentiva nulla. Che cosa gli stava succedendo? Gli avevano insegnato a dominare le sue emozioni, non a non provarne affatto.
Si ricordò dell’attacco al suo stabilimento, lo scudo di Capitan America che lo tramortiva – se si concentrava, poteva ancora sentire il dolore alla schiena per la brutta caduta – e poi più niente. Era prigioniero dei Vendicatori? No, era ridicolo, quella gente non prendeva prigionieri, al massimo portava i feriti all’ospedale. Quell’uomo dai capelli neri era uno di loro? Non gli sembrava di averlo mai visto prima. O forse dall’altra parte dell’altoparlante c’era qualcuno degli Avengers? Non era normale che la situazione non lo rendesse neanche nervoso, continuava a ripetersi.
L’altoparlante si accese di nuovo: «Collega la telecamera. Vogliamo vederlo»
Shad sentì un po’ di movimento alle sue spalle e poi un leggero clic. La mano dell’uomo non aveva abbandonato la sua nuca. Gli dava un senso di sicurezza, come una piccola ancora di certezza in quel mare di dubbi.
«Signor Bradbury» lo salutò la voce metallica «Speriamo che la sistemazione sia di suo gradimento. Deve capire, c’è stato bisogno di sistemare tutto di fretta»
Shad avrebbe voluto rispondere, ma non avrebbe saputo cosa dire e poi si sentiva come incapace di articolare qualsivoglia suono. Non riusciva proprio a muovere le labbra, che nonostante i suoi sforzi rimanevano appena dischiuse, abbastanza da far passare l’aria. Stava respirando con la bocca: se ne accorse in quel momento, ma non poté farci nulla.
«Non si preoccupi se non può rispondere. Non è colpa sua, si tratta del sedativo che le ha somministrato Edward. Ha degli effetti diversi dai normali farmaci di questo genere, ma d'altronde viene direttamente dal nostro laboratorio»
Shad non riusciva neanche più a pensare coerentemente e tutto si riduceva a frasi sconnesse nella sua testa, ma di emozioni neanche l’ombra. Soltanto confusione, come una maledetta spirale in cui vorticavano i suoi pensieri.
Edward. Quindi si chiamava così l’uomo che c’era nella stanza con lui.
Gli aveva somministrato un sedativo. Questo spiegava perché non riuscisse a muoversi.
Ma non gli riusciva di capire perché l’avessero portato lì.
Chi fossero.
Cosa volessero da lui.
No, anzi, quello lo sapeva.
Edward si allontanò da lui e tornò a sedersi sullo sgabello dov’era quando Shad si era svegliato. Qualcosa gli si attorcigliò dentro quando sentì la mano di Edward lasciare la sua nuca: non era esattamente nervosismo, era molto più blando, una sorta di inquietudine che lo riportò bruscamente alla realtà, ma era già qualcosa. Era ancora in grado di provare emozioni.
«In attesa che ritorni abbastanza cosciente da poter rispondere alle mie domande, mi presento e ti spiego un paio di cose» disse Edward, fissandolo con gli occhi di chi avrebbe potuto benissimo strappargli il cuore a mani nude e non perdere neanche un filo del proprio autocontrollo. Shad sentì come un tremito interiore quando incrociò il suo sguardo, ma riuscì a controllarlo.
«Innanzitutto, mi chiamo Edward Devlin» continuò l’altro, mentre gli si dipingeva sul volto un sorriso che a Shad non piacque per nulla «O comunque ti basti conoscere questo nome. Puoi chiamarmi signor Devlin, niente di più. Spero che ci siamo intesi»
La sua voce continuava a mutare di tono, come quella di un attore che cerca l’intonazione migliore da dare a un testo che legge per la prima volta. Nelle ultime frasi, Shad aveva percepito una specie di larvata minaccia, benché pronunciata con il sorriso. Era come se i suoi occhi si fossero illuminati pronunciando le ultime parole, con una punta di divertimento su cui Shad non ci teneva per nulla a indagare oltre.
«Com’è andata con l’altra, Edward?» chiese la voce dell’altoparlante. Quella volta Shad fu quasi sicuro che si trattasse di un uomo.
Il signor Devlin sbuffò: «Mi ha fatto quasi perdere la pazienza e non mi è piaciuto il metodo che abbiamo dovuto usare, anche se era evidentemente il più adatto. Mi è dispiaciuto per lei, ma era fragile, troppo fragile»
«L’abbiamo scelta apposta»
«Lo so, anche se aveva poco da dire è stata una buona scelta, non me ne pento. Ma lo sapete che mi diverto di più se la situazione è un po’ diversa» di nuovo quel tono strano di voce. Shad sentì il bisogno di distogliere lo sguardo da quegli occhi verdi che scintillavano troppo e lo inquietavano.
Da un lato continuava a ripetersi che era meraviglioso tornare a provare emozioni: si era sentito quasi menomato allo scoprire che non riusciva neanche a innervosirsi. D’altro canto, però, avrebbe preferito non potersi agitare perché gli sembrava una situazione in cui i nervi saldi avrebbero potuto aiutarlo.
Edward si alzò e si accovacciò vicino a lui in modo da incrociare di nuovo il suo sguardo: quella volta Shad non osò guardare altrove. «Conosci Nancy Daniell?» chiese Edward, piegando appena la testa di lato come un bambino.
Shad ancora non riusciva a rispondere, ma a sentire quel nome aveva aperto gli occhi appena un po’ di più: l’altro capì che si trattava di un sì. Edward spiegò che aveva parlato anche con lei. «È una brava ragazza» aggiunse «Un peccato. Davvero un peccato»
Si rialzò in piedi e con un enorme sforzo Shad riuscì a seguirne con la testa il movimento, chiedendosi a cosa si riferisse l’altro. Aveva ripreso controllo almeno dei muscoli del collo: poco per volta ce l’avrebbe fatta.
«Ancora qualche minuto e riuscirai a parlare» disse Edward, notando il suo movimento. Shad si chiese se quell’informazione fosse per lui o piuttosto per l’uomo dall’altra parte dell’altoparlante.
«Ora, io immagino che tu abbia firmato un qualche accordo di segretezza con la tua azienda» vedendo che l’altro annuiva lentamente, continuò «e suppongo che noi siamo quanto di più simile a un concorrente la CloaK possa avere. Nonostante ciò, io non mi preoccuperei eccessivamente di quell’accordo e di cosa potrebbe farti l’azienda, se fossi in te, perché a breve ne rimarrà così poco che avrà certamente altro per la testa che venire a cercare te»
Shad deglutì, cercando di ritrovare la voce. Quella minaccia non era velata. Non era stata pronunciata con un qualche tono accomodante o con il sorriso sul volto, come le precedenti. Era semplicemente un’affermazione: loro avrebbero ridotto in briciole la CloaK, e lui non aveva alcuna voce in capitolo.
«Voi… chi?» riuscì infine a dire, strappando al signor Devlin un sorriso compiaciuto dalla sua ritrovata capacità di parlare.
«Sono stato così scortese da non presentarmi come si deve?» chiese fingendo stupore Edward, poi, senza aspettare la risposta continuò «I Vendicatori naturalmente, lavoro per loro»
«Lavora?» ripeté Shad, sillabando la parola come un bambino alle prime armi con la lettura.
«Sicuro, mi pagano per ottenere le informazioni che servono loro. Poi che io ami il mio lavoro è una questione totalmente secondaria»
«Informazioni… da me?»
Edward annuì, poi gli si avvicinò e gli prese una mano. Era piacevole il contatto con le sue dita, notò nuovamente il prigioniero, nonostante la ruvidezza della pelle avevano qualcosa di rassicurante. Ce n’era proprio bisogno, visto che tutto il resto era l’esatto opposto.
«Prima che tu dica qualcosa di stupido, ad esempio che non tradirai mai la CloaK o qualcosa del genere, lascia che ti spieghi una cosa. Tu mi dirai quello che mi serve, che tu lo voglia o meno. Non è qualcosa che dipenda da te. Ciò che puoi decidere è la quantità di dolore che vuoi sopportare prima di iniziare a parlare»
Shad sorrise, notando che i movimenti sembravano farsi più facili di secondo in secondo. Con la stessa rapidità lo stavano inondando le emozioni e ormai era certo che quello non gli faceva altrettanto piacere. Aspettò che il cuore rallentasse un poco, poi rispose: «Soltanto per curiosità: c’è mai stato qualcuno che abbia ceduto dopo questa presentazione? Perché non è la prima volta che sento un discorso simile»
«Alla fine mi dirai se sarà stata tutta roba già vista» concluse il signor Devlin «Direi che possiamo considerare i convenevoli terminati»
«Sì, nonostante la buona compagnia non vorrei rischiare di annoiarmi» sorrise ancora Shad.
«Adoro il buon umore» rispose Edward, con la voce scesa ancora di un tono.

Edward aveva detto di volerlo conoscere meglio, poi era tornato a sedersi di fronte a lui e aveva tirato fuori da chissà dove una serie di appunti inquietantemente simili a una cartella clinica.
«Allora» cominciò a leggere «Shad Bradbury, quarantuno anni, orfano dall’età di ventuno, figlio unico con nessun legame con il mondo che ti circonda. Niente fidanzate o fidanzati, niente amici, non frequenti abitualmente neanche un pub»
«Mi piace cambiare. E sono astemio»
Il signor Devlin continuò, sollevando appena un angolo della bocca alla sua risposta: «Congedato dall’esercito per problemi psicologici, hai abbandonato completamente quell’ambito per entrare nella CloaK»
«Sì, conosco il mio curriculum»
«Peccato che di norma la tua azienda assuma personale altamente specializzato in campi che non c’entrano niente con il tuo. Biologi, ingegneri, medici e infermieri… Tu cosa hai da spartire con tutta questa gente?»
«Serve sempre qualcuno che faccia il lavoro manuale, anche con tutti gli ingegneri del mondo a tua disposizione»
«Che cosa contempla questo lavoro manuale?» era ridicolo, ma Shad ebbe come l’impressione che la questione interessasse veramente all’altro, che non stesse soltanto raccogliendo le informazioni che gli avevano chiesto.
«Montaggio e smontaggio di parti meccaniche. Lavoro da operaio, niente di più» Edward annuì e Shad abbassò gli occhi a guardarsi le mani legate, chiedendosi se fosse suonato abbastanza convincente.
Prima che potesse rendersi conto di cosa fosse successo, sentì il respiro mozzarsi, ma quando aprì la bocca per riprendere aria scoprì che qualcosa gli stringeva la gola. Alzò lo sguardo solo per incrociare gli occhi verdi di Edward che scintillavano come non mai.
«Non vuoi mentirmi, Shad» bisbigliò l’altro, la stretta d’acciaio attorno alla gola di Shad era così ferma che sembrava esserci sempre stata «Davvero, non vuoi vedere cosa succede se lo fai»
Shad cercò di muovere il collo all’indietro, ma lo schienale della sedia lo bloccava. I secondi scorrevano inesorabili, era troppo tempo che non respirava, si sentiva la testa esplodere. Provò a far forza sulle braccia, ma riuscì soltanto a strappare a Edward un sorriso divertito. Quando iniziò a vedere macchie nere davanti agli occhi, li chiuse e si abbandonò all’indietro.
Fu allora che l’altro mollò la presa. Prima ancora che Shad se ne fosse accorto, aveva spalancato la bocca e cominciato ad ansimare: il suo corpo aveva un istinto di sopravvivenza decisamente migliore di lui. Gli girava la testa e si sentiva cadere anche se sapeva perfettamente di essere seduto.
Quando riprese il controllo, vide che l’altro era tornato a sedersi e aveva preso a scrivere sulla cartella. Era mancino, notò, con una lucidità che lo stupì.
«Riproviamo» disse Edward alzando gli occhi su di lui. Shad sentì di nuovo un tremito dentro di sé. È brutto avere paura, pensò.
«Parlami del progetto Terminator» chiese il signor Devlin.
Shad gli sorrise, rispose «Non ne so nulla», e prese fiato, preparandosi a sentirsi di nuovo strangolare. Non avvenne niente di simile. Edward rimase immobile a fissarlo per quella che a Shad parve un’eternità. Forse gli stava dando il tempo di cambiare idea.
Quando infine era giunto alla conclusione che niente sarebbe più mutato e sarebbero rimasti in quello scantinato per tutti i giorni a venire, Edward lo colpì. Non che Shad non se lo aspettasse del tutto, ma pensava che l’altro avrebbe mirato al viso, invece gli diede una ginocchiata all’imboccatura dello stomaco.
Il suo riflesso naturale sarebbe stato di piegarsi in avanti e indietreggiare, ma era legato e l’unica conseguenza del colpo che aveva ricevuto fu che la sedia su cui era seduto oscillò pericolosamente all’indietro a causa dell’impatto. Ebbe la sensazione di stare per vomitare e sentì in bocca un sapore acido che gli diede ancora più la nausea. Cercò di prendere fiato per riprendere il controllo e fu colto da un accesso di tosse.
Non si accorse del secondo colpo in arrivo perché gli lacrimavano gli occhi e li aveva socchiusi per via della tosse: sentì soltanto la testa voltarsi verso la spalla sinistra e subito dopo il dolore al volto e al collo. Sputò per terra nel tentativo di liberarsi dell’acido che sentiva sulla lingua. Sollevò lo sguardo verso Edward e vide la tranquillità con cui l’altro lo guardava, come se invece di dargli un pugno gli avesse appena assegnato un progetto di scienze per la settimana successiva.
Se ne accorse in quel momento: il suo carceriere assomigliava decisamente a un professore delle superiori di cui Shad non aveva un ottimo ricordo. Non che questo migliorasse la situazione, pensò, ma almeno aveva finalmente identificato di chi fosse quell’immagine che riemergeva nella sua memoria ogni volta che guardava Edward.
Il secondo pugno seguì al primo non appena Shad alzò di nuovo gli occhi a incrociare quelli del signor Devlin. Il terzo arrivò senza neanche dargli il tempo di rendersi conto di che cosa gli stesse accadendo. Così avvenne con il quarto, il quinto, il sesto, fino al decimo, dopo il quale perse il conto. Era troppo concentrato ad analizzare quanto precisamente si sovrapponessero i colpi l’uno sull’altro. Era troppo occupato a non chiedergli di fermarsi, a non dichiararsi pronto a dirgli tutto.
Non era un debole, continuava a ripetersi quando prendeva fiato dopo aver ricevuto un altro pugno, non era come Nancy. Era davvero una brava ragazza, Nancy, non sarebbe mai dovuta finire là dentro. Shad, invece, lui era stato addestrato per quello, il dolore non avrebbe dovuto neanche intaccarlo. E allora come mai gli sembrava sempre più difficile non iniziare a raccontare ciò che sapeva su quel progetto? Era psicologico, pensò, era tutta quell’atmosfera. Doveva staccarsi da quella pressione che Edward gli stava facendo e ricordarsi che aveva una missione, un compito.
A un certo punto Edward si arrestò, senza un vero motivo. Shad non sapeva da quanto andassero avanti. Tutto ciò che poteva capire in quel momento era strettamente legato alle sue percezioni sensoriali: sapeva che a un certo punto i colpi avevano iniziato ad arrivare da entrambe le parti, che non riusciva a sollevare le palpebre e che sanguinava in viso. Il resto gli era oscuro. Isolarsi dall’ambiente circostante portava anche a quello.
«Sai» la voce di Edward sembrava arrivare da chilometri di distanza «Un po’ mi dispiace. Voglio dire, questa specie di pestaggio… non te lo meritavi veramente. Non era parte dell’interrogatorio, in realtà. È il genere di tortura che si rivela tendenzialmente inutile: se qualcuno cede per questi quattro colpi, probabilmente avresti potuto farlo cedere senza alzare un dito, che se permetti è molto più divertente. In tutti gli altri casi, è stato abbastanza inutile, no?
Devo ammetterlo, in realtà l’ho fatto per sfogarmi, stavo accumulando troppa tensione a causa del comportamento della tua amica. Mi piace il mio lavoro, davvero, ma a volte le condizioni non sono ottimali» Shad non comprendeva veramente il discorso di Edward, ma era bello avere un suono a cui aggrapparsi «Voglio essere onesto con te: mi stai simpatico, mi piaci, anzi. In altre circostanze avremmo potuto chiacchierare, forse ti avrei chiesto di uscire.
Credo di aver capito come ragioni, perciò lascia che ti spieghi subito la situazione in modo più conciso di prima: non sono un mafioso di un qualche film, né un torturatore dilettante. I pestaggi, i classici tagli sul corpo, persino gli stupri e le altre cose un po’ più elaborate… non fanno per me. Io prendo molto seriamente il mio lavoro, non do spettacolo per una telecamera»
Shad aprì piano gli occhi e lo guardò, confuso: non riusciva a capire dove volesse arrivare.
«Sai molto più di quanto dici» continuò Edward, passandogli un dito sul labbro inferiore per poi pulirlo su uno straccio. Uno dei pugni doveva averlo tagliato, perché Shad sentiva il sangue continuare a fuoriuscire «di certo sei un minimo informato su questo genere di cose. Te lo dico chiaro e tondo: c’è una stanza, vicino a questa, con l’attrezzatura per una tortura specifica»
«Che tortura?» riuscì ad articolare Shad tra le labbra spaccate, sentendo sulla lingua il sapore del proprio sangue.
«Gli americani la chiamano waterboarding» rispose Edward, rivolgendo un angelico sorriso ai suoi occhi traboccanti di terrore «Deduco che tu lo conosca»
«Guantanamo Bay» sussurrò Shad.
«Precisamente»
Il prigioniero scosse lentamente la testa: «Non ci credo»
«Mi sottovaluti» rise il signor Devlin «Ma capisco che tu non ti fidi. Ti porterò a vederla. Puoi fermarmi quando vuoi e raccontarmi ciò che sai, ricordatelo»
Dopo un tempo che Shad non seppe quantificare, ma immaginò essere stato molto breve, la porta si aprì e due persone entrarono. Erano uomini, alti, con il genere di fisico in grado di fargli rinunciare a qualunque pensiero di fuga, se mai fosse stato in grado di formularne alcuno. Uno dei nuovi arrivati aveva i capelli biondi, quasi gialli, lunghi fino alle spalle, l’altro invece li aveva corti, non riusciva a vederne il colore. Per il resto, gli sembravano uguali da dietro le palpebre socchiuse.
«Ti aspetto qui» gli mormorò all’orecchio Edward. Shad non riuscì a sorridergli in risposta.

 
 
 
 -Nancy? Sono qui per aiutarla-
 





Lizzy's Magic Corner:
Ciao a tutt*!
Vi chiedo innanzitutto scusa per il mostruoso ritardo. Ho avuto una serie di casini, interrogazioni terrificanti e viaggi vari che si sono sovrapposti, ma la verità è che questo capitolo non mi andava di scriverlo e quindi ho temporeggiato moltissimo. Perché? Beh, perché la tortura non mi va per nulla. Da un lato volevo farvi vedere quanto in basso stessimo cadendo, dall'altro una parte di me piangeva al pensiero di cosa stessi scrivendo.
Per prima cosa, lasciate che vi dia un consiglio: se non sapete che cosa sia il waterboarding (e vi auguro di non saperlo) non e ripeto NON andate a cercarlo. Ho fatto fatica a dormire dopo aver scoperto di che cosa si trattasse. Vi basti sapere che è abbastanza da far ammettere qualunque cosa a chiunque. No, davvero, fatevelo bastare, lo dico per voi, gente.
Eeeh Loki aveva ragione, forse gli ospiti dell'Avengers Facility in questo momento vorrebbero trovarsi da tutt'altra parte! Wanda farebbe meglio ad ascoltarlo, la prossima volta.
Poi... vediamo un po', che altro c'è da dire? Ah sì, volevo comunicarvi che in un universo parallelo che esiste soltanto nella mia testa i due protagonisti di questo capitolo vivono felicemente sposati con prole (non entro nel merito di che cosa fanno in camera da letto), nel senso che per come li ho immaginati i loro caratteri sono perfettamente compatibili, se non fosse che le circostanze hanno portato uno a diventare un torturatore professionista e l'altro... Beh, non voglio fare troppe anticipazioni!
Riguardo al nuovo capitolo (che spero di portare a termine molto più in fretta di questo, ma purtroppo ultimamente l'ispirazione e la voglia di scrivere litigano...) posso dirvi che sarà quasi certamente l'immediato seguito di questo. Pensavo di spiegarvi qualcosa sulla CloaK (nonostante dare spiegazioni non sia per nulla nel mio stile, ehm ehm...) e magari presentarvi l'adorabile Nancy, ma per ora è tutto molto nebuloso.
So che non vi interessa, ma volevo soltanto bearmi del fatto che il primo capitolo di questa storia ha superato le 1000 visualizzazioni e io sono una bimba felice.
Stiamo ritornando ai livelli delle Note dell'Autrice più lunghe del capitolo, quindi sarà meglio che tagli corto: grazie a GreekComedy che è tipo il centro nevralgico della mia esistenza da fangirl (questo è l'ombelico del mondoooo), a Pouring_Rain11 per la sua pazienza nell'attendere gli aggiornamenti e recensire sempre tutto (imparate, gente, imparate), alle 11 persone che seguono la storia e ai 6 che l'hanno messa tra le preferite nonché a tutt* voi che leggete :)
Basta, mi sto annoiando da sola: ci si sente (spero) il mese prossimo, nel frattempo vi ricordo che recensioni e MP sono totalmente gratuiti ^^
Che gli dèi siano con voi!
-Liza
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > The Avengers / Vai alla pagina dell'autore: Kind_of_Magic