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Autore: Benny Bromuro    20/04/2017    0 recensioni
Sono settimane che ormai la piccola cittadina di Varcaturo, nel napoletano, è vessata dalla presenza di giovani killer senza scrupoli, pronti a tutto pur di versare sangue innocente nelle strade.
Tuttavia, nella paura crescente, uomini coraggiosi, speciali, decidono di cercare di uscire dal buio in cui qualcuno li ha immersi. Per salvare il proprio domani e tenere in alto la testa, come gli eroi che sono.
[LA STORIA È SCRITTA CON TRATTI PALESEMENTE PARODISTICI IN RIFERIMENTO AL MONDO FUMETTISTICO E SUPEREROISTICO MARVEL, NON SI VOGLIA QUINDI FRAINTENDERE IL TENTATIVO DI BANALE DIVERTIMENTO CON QUELLO DI BANALE PLAGIO (dato che in tasca non mi entra una ceppa)].
Buona lettura!
Genere: Azione, Fantasy, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU, Nonsense | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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II. CANI INFAMI
Chronicles Of A Broken Land - Gli Inconsistenti

- Varcaturo, Via Madonna del Pantano Sud -
 
“Porca troia...” sussurrò Vincenzo tra i denti, sentendosi leccare la faccia. “Finiscila…” fece, sbracciando a vuoto, inutilmente, cercando di colpire il cane che lo aveva svegliato. Allungò la mano verso il comodino, cercando gli occhiali e non trovandoli.
“La giornata comincia bene…” fece, passando da steso a seduto. Stropicciò le palpebre e sbadigliò, aprendo lentamente gli occhi.
Ombre e macchie di colore.
Non vedeva altro.
Riuscì però a capire dove fosse collocato rispetto a ciò che lo circondava e trovare gli occhiali fu più semplice una volta svegliatosi.
Quasi totalmente.
Poggiò le lenti sul naso, col fastidioso scotch che teneva unita la parte destra a quella sinistra. Sospirò, prendendo una maglietta sporca e pulendosi il volto dalla saliva del suo cane, che lo aspettava seduto poco lontano da lui.
“Che mi guardi a fare?” gli domandò, alzandosi e accendendo la luce.
O almeno provandoci; più che altro era un suo rituale, una sorta di bene che si augurava ogni volta che si svegliava, come a dire la luce si è accesa, era tutto un incubo, o forse qualcuno ha messo a posto tutto.
E invece no.
 
Nessuno aveva messo a posto nulla.
 
Il cane si alzò e si avvicinò a lui, in cerca di calore umano. Per tutta risposta il ragazzo gli diede un colpo con la gamba, allontanandolo.
“Stupido cane. Più stupido del tuo nome!” urlò, prendendo l’orologio e fissandolo al polso. Il pomeriggio era quasi terminato, e lui aveva dormito per quasi tutta la giornata.
Mancavano poche ore e poi Varcaturo sarebbe stata nuovamente invasa dagli Inconsistenti, e il suo frigorifero era totalmente vuoto. Buttò un’occhiata alle lancette, che ormai avevano deciso di fermarsi.
“Anche tu, orologio? Vieni meno anche tu? Eppure avevamo deciso di cominciare quest’avventura assieme…” sospirò, affacciandosi alla finestra per accertarsi che non fosse già buio.
No, non mancava molto al tramonto ma avrebbe potuto racimolare lo stesso qualcosa di buono, magari delle batterie per l’orologio o un paio di occhiali buoni.
Che poi i suoi erano graduati, troppo complicati da trovare. Gli bastava del liquido per le lenti a contatto e il problema era risolto ma sembrava che qualcuno avesse già svaligiato la farmacia del paese, lasciando soltanto qualche vecchio pacco di Zigulì gusto liquirizia.
A lui la liquirizia faceva schifo.
Infilò rapidamente una maglietta rossa e un jeans, prese le chiavi della Panda e scese di casa.
Era ormai prassi, da quando l’apocalisse inconsistente era cominciata, che non appena mettesse piede di casa i suoi radar si attivassero.
Cercava di rendere le sue movenze quanto più vicine a quelle di un ninja, in modo da poter ascoltare l’eventuale avvicinarsi di qualche Inconsistente. Anche perché casa sua era lontana dal centro del paese, ne era quasi alla periferia, e camminando un po’ tra i campi era in grado di vedere la grossa cupola di energia che bloccava dentro chi era dentro.
E fuori chi era fuori.
Doveva riuscire a uscire in qualche modo. Se soltanto quel posto avesse avuto le fogne, le avrebbe utilizzate senz’alcun dubbio, per portare in salvo i suoi hard-disk con dentro gli avanzatissimi progetti che aveva studiato.
Troppa roba, troppo rumore, non sarebbe mai passato inosservato e quei mostri lo avrebbero sventrato prima che fosse riuscito a smontare il coppone dalla ruota della Panda.
Una volta nel cortile, seguito dal piccolo bastardino nero dalla folta coda, avanzò rapido verso la rimessa, salendo sul muretto accanto e arrampicandosi infine sul tetto della stessa.
Rimase radente all’asfalto rosso, cercando di capire se, nelle campagne alle spalle della sua casa, qualcuno di quei mostri si fosse avventurato in cerca di vittime da mietere.
L’unica cosa che riuscì a vedere furono i campi rimasti incolti. S’alzò poi in piedi, per controllare meglio, ma nessun movimento destò il suo sguardo.
Allora scese, aprendo il cofano della Panda. Afferrò una chiave e controllo che ogni dado fosse ben stretto, quindi si voltò ma calpestò la zampa del cane, che abbaiò dolorante, allontanandosi.
“Dannatissimo Valerio! Ma chi ti dà da mangiare?! Come ti nutri?!” urlò, sperando che nessuno lo avesse sentito.
Odiava quel cane e non capiva per quale motivo non fosse morto ancora. Liberò il cancello all’ingresso e mise in moto la Panda, sperando che la benzina non lo abbandonasse proprio in quel momento.
 
- Varcaturo, Piazza San Luca –
 
Le tracce portavano lì.
Antonio aveva seguito a distanza gli Inconsistenti ed era rimasto nascosto per diverse ore, all’interno di una macchina dai vetri oscurati, cercando di comprendere il modo migliore per agire.
E ancora lo doveva trovare.
Lui era sicuro che Roberta non fosse andata via, se l’erano promesso a vicenda.
“Troveremo il modo per farcela!” diceva lei. E lui in qualche modo le credeva, abbeverandosi della positività che quella emetteva con forza da ogni poro del suo corpo minuto.
E dopo aver ascoltato quelle parole, uscite proprio dalla bocca a cuoricino della donna che amava, Antonio non riusciva a credere che fosse fuggita come tutti quanti avevano fatto prima che la cupola si calasse su di loro.
Sembrava partisse da lì; pareva che lo zenit fosse proprio al di sopra del lucernario dell’edificio dal tetto verde e dalla croce sulla sommità.
Forse doveva attendere; recuperare un po’ di energie, mangiare quella scatoletta di tonno aperta che aveva trovato nel supermercato e sperare che gli bastasse fino a quando non si fosse digerito da solo.
Aveva fame.
L’ultima volta che aveva addentato qualcosa di commestibile le luci funzionavano ancora e non era costretto a illuminare tutto con la sua torcia.
Amava la sua torcia. Paradossalmente era l’oggetto a cui era più legato.
Sentì un rumore sinistro, come di un portone arrugginito che si spalancava.
Ne era sicuro: gli Inconsistenti stavano per fare la propria uscita. Alzò la testa e vide l’ingresso principale della chiesa aperto.
Contestualmente centinaia di ragazzini, tutti uguali tra loro, uscivano nelle strade. Avevano il volto divertito, gli occhi spalancati e pieni di vita. Parevano un esercito, tutti con la stessa camicia a quadri, abbottonata fino al collo, tutti con gli stessi jeans attillati e le stesse scarpe.
Tutti con lo stesso taglio di capelli.
Tutti con la stessa aria nella testa.
Loro erano così: inconsistenti, dato che non erano altro che aria per riempire vestiti di marca ed ego smisurati. Nessuna personalità di fondo, nessuna idea.
Pochi capisaldi, tra cui un’inaspettata aggressività, peggiorata da una maleducazione di fondo, e quella strana mania di prendere esempi sbagliati come dogmi e leggi.
“Dove sono i ragazzini?” si domandò.
Uscì rapidamente dall’automobile, sapendo che a breve sarebbe stato raggiunto, e si nascose sulla destra, nel prato ormai incolto della Piazza San Luca.
Basso, strisciò in avanti fino a raggiungere un vecchio albero. Il suo sguardo si faceva largo tra le sue radici nodose, osservando come cominciassero a ridere per motivi insulsi. Ognuno di loro era munito di cellulare, e lo teneva stretto nel palmo della mano.
Li videro poi cominciare a dare calci a un alberello dai rami secchi.
“Meglio così... saranno distratti mentre agirò...” rifletté a voce bassa.
Doveva addentrarsi in quella chiesa, per capire cosa stesse succedendo. Forse avrebbe trovato il responsabile di quella situazione.
Forse avrebbe trovato la sua Roberta.
 
 
 - Varcaturo, Via Ripuaria –
 
L.O.O.P. camminava in silenzio, vedendo gli alberi muoversi lentamente sotto il soffio del vento.
Era fatto come la merda ma a lui andava bene così.
Anche perché aveva notato che, quando era fatto come la merda, gli Inconsistenti non erano più un problema. Già, non aveva paura di loro dopo che si era acceso una torcia.
Univa l’utile al dilettevole del resto, non voleva morire e se per restare in vita avrebbe dovuto accendersi un paio di canne in più lo avrebbe fatto.
In più era stato fortunato a trovare quasi sei chili di roba, cercando tra le strade.
I suoi spacciatori erano stati riforniti da poco, prima che qualcosa staccasse loro la testa.
Cercava di capire per quale motivo la bamba avesse quell’effetto sulla sua mente, permettendogli di trasmettere agli altri quel senso di sballo che provava ormai quasi continuamente.
Certo, come ovvio col tempo era andato scemando.
Fatto stava però, che quando era sotto effetto sembrava riuscire a fare cose che quando era in stato normale non accadevano.
Forse se le immaginava.
Quel pomeriggio aveva fame, fin troppa per via di quel chimico che gli aleggiava nella testa, scadente come pochi, ma aveva fatto di necessità virtù e si era adattato al fatto che quando sarebbero finite le sue scorte avrebbe dovuto cominciare a sniffare colla e a bere alcool puro.
Si chiedeva soltanto perché quando era normale non riusciva a difendersi; provava a fare le stesse mosse, a girare il braccio circolarmente, in senso orario, anche a stringere gli occhi e a fare quel volto che gli veniva solo quando era fatto prepotentemente.
Quella magia si attivava soltanto quando il suo stato era alterato.
E tutto sommato gli andava bene così.
Girava per strada, cercando di capire dove trovare qualcosa da mangiare. Era arrivato al Dodecà, il supermercato più vicino a casa sua, e nonostante fosse stato ripetutamente svaligiato dai più, sperava sempre di trovarci qualcosa di commestibile.
Non appena entrò nel grosso magazzino si rese conto che senza luce, e con gli occhi stretti che si ritrovava, avrebbe avuto non poche difficoltà.
Passeggiò per i reparti, vedendo gli scaffali totalmente vuoti. Il banco frutta e verdura era stato totalmente svaligiato dai vegani ed erano rimaste soltanto alcune ceste vuote.
Camminò in avanti, verso il banco del pane.
Vuoto.
Avevano distrutto le porte ed erano entrati nelle cucine, strappando il maiale che solitamente ruotava nel girarrosto. Avevano rubato tutti i salumi e i formaggi, tutto ciò che non era scaduto era stato già portato via.
Tranne una cosa.
Sotto al bancone c’era una salamella.
“Cibo!” esclamò L.O.O.P., aggredendo l’insaccato con furia immane. Si gettò per terra, afferrando il pezzo di carne e cominciando ad addentarlo, felice come un bambino.
Non mangiava salame da un sacco di tempo, ormai e, più sostanzialmente, erano passati giorni da quando era riuscito a mettere qualcosa nella pancia.
“Dio... Io ti amo, salame... sfamami...” diceva, mentre le mandibole masticavano pezzi di carne e grasso, grani di pepe e budello esterno che il ragazzo non si era neppure preoccupato di levare.
E stette lì, fino a quando il buio cominciò ad appropriarsi anche degli ultimi frammenti di luce.
Era rimasto lì, con ancora i segni della fame in corpo e la visione celestiale di un sacchetto di farina davanti agli occhi.
Non si curò nemmeno dei rumori che provenivano da fuori, né del fatto che, col buio, gli Inconsistenti uscissero allo scoperto, pronti ad uccidere e a divellere porte blindati dai cardini.
Si sorprese, quindi, quando vide qualcuno puntargli una luce contro.
“Ma che diamine?!” urlò L.O.O.P., accecato dal fascio luminoso.
“Ma... sei tu?” domandò quel qualcuno, abbassando la torcia e saltando agilmente il bancone. Vide quel ragazzo steso per terra, coi resti di una salamella sulla pancia e il viso totalmente sporco di polvere bianca.
“Dicevo io... Tu ti fai pesantemente? Dove hai trovato la cocaina?” domandò poi, inginocchiandosi accanto a lui.
L.O.O.P. vide il copricerchi della Panda e quindi, lentamente, riconobbe il viso del vigilante che aveva aiutato la notte precedente.
“Ah, ma sei tu!” fece, sollevandosi leggermente. Vincenzo indietreggiò lentamente, vedendo la polvere bianca crollargli sul petto.
“Spacci?”.
“Non è coca... è farina. Stavo mangiando”.
L’altro si sistemò gli occhiali, prima di assumere un’espressione schifata in volto. “Mangi la farina cruda?”.
“Almeno mangio... Che ci fai qui?”.
“Cerco liquido per le lenti a contatto... in farmacia hanno portato via anche il bancone”.
“Colpa mia” sorrise a dentatura completa. “A casa dovrei averne un po’”.
“Davvero?!” esclamò infine.
“Sì... non è molto ma dovrebbe bastare, chessò, per un paio di anni”.
“A me bastano anche sei giorni! Andiamo!” fece, tirandolo per mano.
“Oh, calmo... sto tutto fumato...”.
Vincenzo si girò e lo guardò con sufficienza. “Allora avevo ragione, quando dicevo che eri completamente fatto”.
“Ma non di cocaina. Quella roba fotte il cervello”.
Lo aiutò a sollevarsi in piedi, mantenendo con una mano lo scudo e con un’altra la torcia.
“Comunque puoi chiamarmi Luca” disse il primo.
“Vincenzo...”.
E poi un rumore sinistro anticipò risate grasse ed ebeti.
“Cazzo, sono qui...” fece quello, saltando nuovamente il banco salumi e afferrando il carrello che aveva riempito con ogni cosa che gli potesse servire. “Dobbiamo andare via!” esclamò.
“Tranquillo... Se sono pochi ci posso pensare io...”.
“Ah già” ribatté quello. “Tu fai quella cosa... Che cosa fai di preciso?”.
“Non ne ho idea” sorrise quello. “Mi basta fare così con la mano e tutti si bloccano...”.
“Hai dei superpoteri?” chiese poi, stupito.
“No. Sono solo così fatto da riuscire a controllare gli altri” sorrise ancora.
“Beh, ne avremo bisogno se questi ci beccano”.
Si mossero lentamente, andando verso la zona dei vini. Luca afferrò un paio di bottiglie e le gettò nel cesto del ragazzo, facendolo voltare inorridito.
“Ma ti sembra il momento?!” fece l’altro, riuscendo a urlare a bassa voce, contro ogni possibilità fisica e acustica.
“Questi rompono tutto, fratè... Salviamo il salvabile”.
“Non possiamo portarci altro peso addosso!”.
“Vuoi dirmi che con quei bicipiti non riesci a portare due bottiglie di vino leggerissime?!”.
Vincenzo si lusingò. “Effettivamente sì, con questi bicipiti posso portare tutto” sorrise sornione. “Ma resta il fatto che se questi ci prendono ci ammazzano di botte”.
“Andiamo via, allora”.
Era tutto calcolato. Si trovavano esattamente dalla parte opposta degli Inconsistenti, decine di scaffali e il banco salumi tra di loro e l’uscita era libera.
Tutto sarebbe andato per il verso giusto se solo non avesse adocchiato una cosa.
Una delle poche cose rimaste nel supermercato e che prima di quel momento non gli sarebbero mai parse come obiettivi di un’esplorazione per il cibo.
Cibo per cani.
“Valerio...” sussurrò a se stesso, perdendo qualche secondo per decidere il da farsi. Poi ruppe gli indugi e con la mano trascinò una ventina di scatolette di bocconcini di manzo e piselli all’interno della cesta.
Infine sentì un forte rumore di giochi per cani, con quelle trombette fastidiose.
Era uno di quei polli di gomma.
E a premerlo era stato Luca che, sorridente, ripeté divertito il gesto.
Rideva, spensierato.
“C’è qualcuno!” sentì urlare dall’altra parte del grande magazzino.
“Spacchiamogli il culo!”.
“Merda di un drogato! Scappiamo!” fece Vincenzo, trascinandosi a fatica il pesantissimo cesto fino alle casse. Mancavano pochi metri, per raggiungere l’uscita.
Tuttavia ebbe un’idea di molto migliore, lanciando il coppone della ruota contro il vetro che faceva da finestrata, e che dava direttamente sul parcheggio, frantumandolo in mille pezzi.
Non si era voltato indietro, sicuro del fatto che Luca lo stesse seguendo, con quel suo passo felpato da felino tossicodipendente, ma quando arrivò in auto e rovesciò l’intera cesta nel cofano, si rese conto che quello non fosse lì.
“Oh, dannazione!”.
Vide da lontano la scena in cui gli Inconsistenti si gettavano su di lui come pazzi furiosi, pronti a ridurlo a brandelli.
E qualcosa d’inspiegabile lo spinse a non mettere in moto la fedele Panda, ma anzi, di raccogliere il copricerchi e correre nuovamente dentro.
Diede un violento colpo con lo scudo a uno dei ragazzini che aveva sulla destra, che aveva provato a inseguirlo invano e che non si aspettava di ritrovarlo alle sue spalle.
Proseguì, saltando le casse e gettandosi agilmente con lo scudo in avanti, a colpire un altro aggressore.
“L.O.O.P.! Vieni via di lì!”.
“Sono tantini, eh...” sorrise tranquillo, in totale atarassia.
Vincenzo ricordò la scena in cui proprio il ragazzo gli ordinò di decapitarli e quindi cominciò a replicare la scena della notte precedente, utilizzando l’affilatissimo copricerchi come lama del boia. Due, tre teste caddero in pochi secondi, prima che un forte pugno lo colpisse alle spalle, mandandolo a sbattere contro uno scaffale ormai vuoto. Una mensola d’alluminio gli cadde addosso poco dopo essersi reso conto che un paio di quegli Inconsistenti si stavano avventando su di lui.
Diede un colpo alla mensola e rotolò rapidamente di lato, afferrando lo scudo e lanciandolo, con un solo gesto, fluido e dinamico, andando a decapitare uno dei due.
“Testa di cazzo!” urlò l’altro, caricando il pugno e sferrandolo, mancandolo per poco. Lo scudo era lontano e lui non aveva modo di difendersi utilizzando alcuna arma.
“Ti spacco la testa, rotto in culo!” ripeté volgarmente quello, con i brufoli che crescevano sulla faccia come alberi in una foresta. Ricaricò il pugno, ma Vincenzo afferrò la mensola di alluminio e la pose davanti alla sua faccia.
Il pugno affondò nel metallo, senza riuscire a penetrarlo totalmente, però piegandolo e permettendo al giovane di colpirlo con un calcio al fianco. Quello liberò il pugno ma ormai Vincenzo era in piedi ed era saltato su di lui, aggrappandosi alla schiena e spezzandogli il collo.
Quello ricadde per terra, dando a Vincenzo un attimo di respiro, prima di girarsi e vedere il volto di un nuovo aggressore a pochi centimetri da lui.
Tuttavia il suo volto era sorridente.
Vincenzo si sporse, vedendo il viso di L.O.O.P. tirato in quella smorfia inconfondibile che assumeva quando utilizzava i suoi poteri.
Pochi secondi dopo lo scudo di Vincenzo, lanciato proprio dal compagno d’avventura, tranciò di netto il collo in due parti, trasversalmente.
Luca li aveva atterrati tutti, sempre col sorriso sulle labbra.
“Ti serve il liquido per le lenti a contatto, vero? Andiamo a prenderlo da me” fece.
   
 
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