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Autore: MrEvilside    08/06/2009    5 recensioni
Da bambino, quello strumento lo aveva semplicemente affascinato.
Gli era sembrato enorme, quasi divino nel suo rincorrersi di bianco e di nero.
[...]
Era un qualcosa di superiore e di irraggiungibile perfezione.
Ora, quel ricordo dai contorni ultraterreni gli si ripresentava come un semplice strumento, un manufatto umano ricostruibile altre innumerevoli volte, ricoperto da un sottile strato di tristezza e abbandono.
Era un pianoforte solo, ormai, piegato dal tormento di quegli stessi ricordi che gli pesavano sulle spalle stanche.
[I^ classificata al Contest Makin' the Music indetto da hotaru]
Genere: Triste, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jiraya, Orochimaru, Tsunade
Note: Alternate Universe (AU), What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Il pianoforte

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«Quando sarò diventato mille volte migliore di te, sarai tu a crepare d’invidia!»
«Rimarrai sempre uno stupido inetto, Jiraiya. Non hai nessuna possibilità.»
«Smettetela. A che servono i vostri battibecchi? È cristallino che sono la migliore.»

Da bambino, quello strumento lo aveva semplicemente affascinato.
Gli era sembrato enorme, quasi divino nel suo rincorrersi di bianco e di nero. La musica che produceva, poi, aveva un che di maestoso e superiore che lo aveva sempre intimidito ma allo stesso tempo attratto, che non subiva lo scorrere del tempo e restava immutato, che lo suonassero nell’Ottocento o nel Duemila.
Era un qualcosa di superiore e di irraggiungibile perfezione.
Ora, quel ricordo dai contorni ultraterreni gli si ripresentava come un semplice strumento, un manufatto umano ricostruibile altre innumerevoli volte, ricoperto da un sottile strato di tristezza e abbandono.
Era un pianoforte solo, ormai, piegato dal tormento di quegli stessi ricordi che gli pesavano sulle spalle stanche.
-Che ci fai qui?-.
Sobbalzò, i pensieri interrotti bruscamente dalla voce acida e indurita dai dolori nel corso degli anni. Non aveva più nulla dell’infantilismo fanciullesco che un tempo l’aveva caratterizzata.
Si volse, sforzandosi di sorridere alla donna che lo fissava a braccia conserte.
-Oh, Tsunade, sei venuta anche tu-.
L’amica non ricambiò, non voleva mostrargli un sorriso falso; abbassò lo sguardo, nascondendo l’espressione triste dietro l’asprezza delle sue parole.
-Esatto, sono qui. Mi stupisce invece che tu sia venuto, Jiraiya. Non ti è mai piaciuto. Ma, in fondo, come avrebbe potuto? Lui era un genio, tu solo un fesso-.
Il sorriso dell’uomo divenne leggermente più spontaneo.
I soliti, vecchi, amati insulti che spesso gli venivano rivolti quando erano giovani.
Li aveva sempre odiati eppure, appena ricevuta la terribile notizia, aveva temuto che non avrebbe mai più avuto l’opportunità di sentirli.
-Non sei cambiata affatto, Tsunade. E ho saputo anche che hai avuto successo-.
Mai come lui, però.
Lui, il miglior pianista del pianeta; lui, il più talentuoso ragazzo dell’Accademia Musicale del professor Sarutobi; lui, che era stato il suo migliore amico; lui, che se n’era andato troppo presto.
Tsunade parve non sentirlo.
In silenzio quasi solenne si avvicinò al pianoforte al centro della stanza, ma non osò nemmeno sfiorarlo. Non voleva percepire sotto i polpastrelli il gelo delle dita di colui che per tanti anni aveva occupato il sedile di fronte allo strumento.
Non voleva che i ricordi la schiacciassero.
Lei, al contrario di Jiraiya, aveva spalle troppo esili.
-Alla fine, questo pianoforte è solo suo-.
E non perché era stato a lui che il professor Sarutobi l’aveva lasciato nel suo testamento; non perché aveva cominciato a suonarlo da ben più tempo di loro due; non perché ne aveva diritto in quanto defunto.
Perché, Orochimaru, quel pianoforte l’aveva sempre amato.
Jiraiya lo sapeva: era stato probabilmente l’unica cosa che avesse mai davvero avuto un significato per lui; era stato il suo prezioso strumento, grazie al quale faceva parlare le sue mani d’oro; era stato un suo amico, una consolazione nei momenti più bui della sua solitudine.
Era quanto di più prezioso avesse lasciato.
E lui e Tsunade erano talmente abituati a vederlo seduto sul sedile, le mani eleganti che scivolavano aggraziate sui tasti producendo quella musica indegna d’essere ascoltata persino da un dio, che pareva loro impossibile anche solo da immaginare la possibilità di quello stesso strumento solitario e muto così come lo vedevano adesso.
La donna pose il fiore – una semplice margherita che doveva aver raccolto venendo verso il vecchio edificio dell’Accademia – sul leggio un tempo costantemente occupato dal quaderno delle partiture del loro defunto compagno.
Jiraiya le si accostò in silenzio, ponendole una mano sulla spalla che voleva dire tante cose: voleva invitarla a piangere, se ne aveva bisogno; voleva darle conforto; e, al contempo, voleva ricordarle che lui era lì, che era presente, che per il suo amico ci sarebbe sempre stato.
Era il loro funerale personale, senza bouquet esagerati, senza folle alle quali Orochimaru interessava solo per la brillante carriera musicale, senza nemmeno un prete che recitasse una preghiera, sebbene sarebbe stata meritata almeno questa.
Ma andava bene così.
A loro bastava la reciproca presenza, un fiore e quel vecchio pianoforte.

«Tu saresti la migliore? Persino Orochimaru ti batte, Tsunade.»
«Per una volta mi trovo a concordare con te, idiota.»
«CHE COSA?! Volete morire, imbecilli privi di qualsiasi senso artistico?!»

Questa fanfiction si è classificata prima al contest Makin' the Music indetto da hotaru.
Voglio ringraziarla per i giudizi corretti e imparziali - quanto oltremodo rapidi -, il banner - che è a dir poco meraviglioso - e congratularmi con tutte le concorrenti.
Non pensavo che questo mio tributo alla triade che preferisco sarei riuscita ad arrivare tanto in alto.
Ora vi lascio il giudizio.

1° CLASSIFICATA:

“Il pianoforte” di Saeko no Danna
Grammatica e lessico: 10
Stile: 9
Originalità: 9
Attinenza al tema: 9.5
Opinione personale del giudice: 4.5
TOTALE: 42

Il merito principale di questa piccola, preziosa storia è il fatto che tratti il rapporto Tsunade-Jiraiya-Orochimaru in modo così limpido. Senza tafferugli amorosi o altro, parla di tre semplici compagni, così diversi ma assieme così perfetti. Anch’io amo molto questa triade, molto più della successiva formata da Sakura-Naruto-Sasuke, a dire il vero.
La cosa più interessante è che in realtà Orochimaru non compare nemmeno, evocato semplicemente dai ricordi e dalle parole dei suoi compagni. Tuttavia è in qualche modo presente, grazie al pianoforte. Perché è lo strumento a rappresentare lui, la sua persona, tutto ciò che è stato e l’unica cosa che ha davvero amato.
La grammatica è perfettamente curata, lo stile adatto, è malinconica e nostalgica, eppure non mancano i momenti divertenti. Non ho potuto fare a meno di sorridere alle frasi che aprono e chiudono la fic, che in tre righe condensano l’intera essenza dei personaggi e il rapporto profondo che inevitabilmente li lega.
La frase sullo strumento che più mi ha colpito è questa:
Da bambino, quello strumento lo aveva semplicemente affascinato.
Gli era sembrato enorme, quasi divino nel suo rincorrersi di bianco e di nero.
Sarà che mi ci sono ritrovata, in questa frase, perché anch’io ho iniziato a suonare il pianoforte da piccola, e allo stesso modo ho sempre pensato di trovarmi alla presenza di qualcosa di perfetto e maestoso. Hai inquadrato in pieno un particolare molto semplice, ma davvero incisivo: di solito i bambini che iniziano a suonare uno strumento lo fanno proprio per l’apparenza dell’oggetto, più che per il suono o altri motivi. Sono affascinati dall’oggetto in sé, e da lì imparano ad amarlo. Esattamente come accade nella tua storia.

L'ho scritta con il cuore, perché ammiro molto i Sannin.
Adesso vado, ma prima ringrazio coloro che, comunemente, sono chiamati lettori fantasma e che probabilmente ci saranno anche qui; ringrazio coloro che invece lasceranno un segno del loro passaggio; coloro che inseriranno la storia nelle Preferite, se ci saranno; e ancora una volta giudice e partecipanti.
Alla prossima.
Yay.

Saeko no Danna, scrittrice a tempo pieno... purtroppo
  
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