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Autore: Kat Logan    20/04/2017    3 recensioni
Esiste realmente la quiete dopo la tempesta?
C'è chi cerca di costruirsi un nuovo futuro sulle macerie del passato e chi invece dal passato ne rimane ossessionato divenendo preda dei propri demoni.
[Terzo capitolo di Stockholm Syndrome e Kissing The Dragon].
Genere: Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai | Personaggi: Haruka/Heles, Michiru/Milena, Minako/Marta, Rei/Rea, Un po' tutti | Coppie: Haruka/Michiru
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
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- Questa storia fa parte della serie 'Mondo Yakuza'
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“Meet me in the crowd
people, people
throw your love around
love me, love me
take it into town
happy, happy
put it in the ground
where the flowers grow
gold and silver shine”
 
R.E.M – Shiny Happy People
 
 
 


Ami trascinò i piedi lungo il corridoio asettico fino ad arrivare allo spogliatoio. Entrò nella penombra della stanza stiracchiandosi le braccia al di sopra del capo per distendere i muscoli tutti indolenziti. Era reduce da un intervento durato quattro ore senza contare la nottata di lavoro in pronto soccorso alle spalle.
Ma Ami amava quello che faceva, amava salvare vite umane e gli sguardi pieni di sollievo che riusciva a scatenare nei parenti dei pazienti quando ricevevano una buona notizia. Perciò tutta quell’energia spesa era il giusto scotto da pagare per lei.
Un sorriso a mezzo tra la soddisfazione e l’aria di chi sogna ad occhi aperti il proprio letto, poi uno sbadiglio.
«Resisti» si diede un pizzicotto all’interno del braccio e ripose il camice nel proprio armadietto.
Un’occhiata all’orologio. Le undici di un nuovo mattino la stavano attendendo al di fuori dell’enorme complesso ospedaliero.
Ami sospirò pesantemente col sonno a spingerle sulle palpebre. Si prese un minuto, si cambiò, si pettinò velocemente e sistemandosi i capelli corti dietro all’orecchio richiuse l’anta metallica dinnanzi a lei.
Uscì dalla stanza si diresse alla macchinetta del caffè. Intercettò la zazzera mora di Mamoru e i suoi lineamenti fini. Ne osservò il portamento, i gesti e il labiale.
Lui si accorse di essere osservato. Ripose la penna del taschino e la salutò. Ami sorrise di rimando, deglutì e decise di non fermarsi a parlargli o non sarebbe più uscita di lì. Un saluto a distanza, frettoloso, ma cordiale.
Ami buttò il bicchierino di plastica nel cestino e poi con una mano nella borsetta infilò gli auricolari alle orecchie e premette play.
La musica risuonò nelle cuffiette e i raggi del mattino inoltrato la colpirono in pieno viso.
Shiny happy people laughing.
Un’artista di strada intratteneva un campanello di gente facendola ridere di gusto nel mostrare le proprie doti comiche.
Meet me in the crowd...
Ami si distrasse nel guardare lo sconosciuto e prese contro una biondina che riconobbe come la giovane moglie di Mamoru. Inchinò il capo mortificata e procedette sino alla fermata dell’autobus salendo di corsa sul mezzo in partenza.
People, people.
Si fece spazio fra i passeggeri prendendo posto accanto al finestrino e poggiando la fronte al vetro.
…where the flowers grow gold and silver shine…
Riconobbe Makoto al di fuori del suo piccolo chiosco circolare intenta a sistemare delle margherite bianche tra gli altri fiori colorati in vendita.



Shiny happy people holding hands.
Le falangi di Haruka s’incastravano perfettamente a quelle di Michiru adornate della fede nuziale nell’attraversare la strada.
Shiny happy people holding hands, shiny happy people laughing.
Nello stesso momento Akira stritolava la mano di Minako in preda all’agitazione, mentre la fidanzata se la rideva nel vederlo in quello stato.
«E’ solo un’inaugurazione. Hai affrontato di peggio!» e con una spintarella tentò di fargli perdere un po’ di quella rigidità che si era impossessata di lui tanta era l’ansia per il lancio della propria attività.
Everyone around love them…
Ami scese dall’autobus e corse accanto alla sorella che le cinse le spalle con un braccio.
«Sei arrivata in tempo questa volta!» la punzecchiò Haruka che non l’aveva vista alla sua cerimonia.
«Mi sono fatta perdonare venendo oggi, no?!».
«Preferite tutte Akira, ditelo!».
«Ruka…» la riprese bonariamente Michiru.
Tutte e tre scoppiarono in una fragorosa risata nel momento in cui Akira tagliò il nastro davanti alla porta del suo ristorante.
Minako applaudì all’unisono con il gruppo di amici e la musica nelle orecchie di Ami si fermò.
 
 
***
 
 
«Allora come vi sembra?» Akira lo domandò per l’ennesima volta.
«Guarda che la risposta non cambia dall’antipasto al primo, eh?!» lo stroncò Haruka poggiando il gomito sulla tavola.
Michiru le diede un colpetto come a dirle di non esagerare e stare seduta in maniera corretta quasi fosse una bambina.
La bionda protestò con un mugolio e borbottò un «è tutto bello. Stai buono adesso e rilassati».
Minako si dondolò appena e portò alle labbra un altro calamaro fritto.
«Sono magnifici pure questi amore!».
L’ego di Akira venne solleticato dal complimento della fidanzata e il ragazzo si drizzò tronfio con il petto in fuori pieno di nuova energia e voglia di mostrare agli amici tutte le sue doti culinarie.
«Vado a prepararvi il piatto forte!» annunciò per poi scomparire nella sua nuova cucina.
«Ci rimpinzerà sino a domani mattina, vero?».
«Ovvio che sì!» esclamò per tutta risposta Minako pulendosi distrattamente qualche briciola dal viso.
«Non credo di poter resistere ancora per molto…» disse in un soffio Ami.
«Eeeh già dovresti proprio recuperare del sonno arretrato!» sentenziò la bionda incrociando le braccia al petto.
«Da quanto sei in piedi?» indagò Michiru arricciando leggermente le labbra con fare da sorella maggiore.
«Abbastanza da non presentarsi al mio evento!» non mancò di ricordare Haruka ancora una volta.
«Non me la perdonerai mai, eh?!».
«Oh ma non starla ad ascoltare, Ami!» intervenne pronta Michiru ancora una volta.
«MOGLIE! Mi togli tutto il divertimento!».
Michiru non poté trattenersi dal ridere così come le altre compari al tavolo con loro, ma l’atmosfera di spensieratezza s’incrinò al racconto di Ami.
«Non ho staccato per la faccenda di Rei e Sadao».
Haruka a quelle parole si drizzò sulla seduta della sedia.
«Non deve star bene per niente l’agente Hino. Ieri mi hanno mandata da lei. E’ in psichiatria».
«Per tutte le pietanze di Buddha!» esclamò spalancando la bocca Minako. «TI HANNO FATTA ENTRARE IN QUEL REPARTO?!».
«Shhhhttt abbassa la voce, Mina!!» le disse l’amica sventolandole una mano sotto al naso come se potesse aiutarla a zittirsi più velocemente.
«No, sul serio. Non capite!!!» disse in preda all’enfasi Minako. «E’ praticamente impossibile entrare lì dentro e uscirne senza aver riportato qualche ferita più o meno grave. Te lo ricordi Yuji?» ma la ragazza s’interruppe solamente per tirare mezzo fiato riprendendo poi a pieni polmoni il suo discorso.
«Era questo tizio del nostro corso…»
«Perché hai usato il termine “era” dobbiamo preoccuparci?» indagò Haruka corrugando la fronte.
«Amore, ti stai esercitando a fare gli interrogatori?» domandò ironica Michiru.
Minako si schiarì la voce per riportare su di lei l’attenzione delle presenti.
«Stavo dicendo. Yuji non era nemmeno l’ultimo scemo del villaggio. Non dico fosse intelligente come Ami – cosa praticamente impossibile – ma insomma, era uno che sapeva il fatto suo e aveva preso a studiare psichiatria perché aveva deciso che quella dei disturbi mentali poteva essere la sua strada. Morale della favola, qualche settimana fa, era stato chiamato dal suo strutturato per un consulto nel reparto d’igiene mentale e…» la ragazza stroncò il racconto poggiando i palmi alla tovaglia nera ricamata caricando di pathos l’atmosfera. Le aveva in pugno tutte e tre, come al campeggio da ragazzine quando si raccontano le storie del terrore con la torcia puntata sotto al mento e ci si prepara a fare qualche strano verso che nessuno si aspetta per spaventare i presenti.
«Ne è uscito su una barella».
«Mina dai. Aveva una gamba rotta e una costola incrinata!» sentenziò Ami.
«E dici poco! A momenti lo portavano diretto all’obitorio!».
«Non credo di aver compreso cos’è successo…» intervenne con aria annoiata Haruka.
«Il paziente a cui doveva fare il consulto lo ha spinto giù per le scale!».
«Ragazze, stiamo divagando» le richiamò a raccolta Michiru portandosi una mano alla fronte. Nemmeno i suoi studenti erano tanto indisciplinati.
«Wohoo, cosa sono quelle facce mie dolci fanciulle?» Akira arrivò con in mano due piatti fumanti che sistemò in mezzo al tavolo interrompendo la discussione.
«Rei ha sparato a Sadao» freddò tutti Ami senza giri di parole.
«CHE COSA?!» Akira e Haruka parvero gracchiare come due cornacchie in procinto di strozzarsi.
«Tesoro, siediti» lo invitò Minako.
«Non mi sto sentendo male» borbottò lui. «O forse sì» si apprestò ad aggiungere accomodandosi in loro compagnia.
«L’hai tenuta la pistola vero? Non l’hai venduta per qualche aragosta o roba simile».
«Haru, certo che l’ho tenuta! E non chiamare “roba simile” il mio fantastico pesce al cartoccio!».
 
 
***     
 
 
In centrale i telefoni sembravano impazziti. Trillavano senza sosta scatenando una serie di sonori sbuffi negli agenti più giovani che odiavano fare le veci di centralinista piuttosto che passare all’azione sul campo.
A Sadao non sarebbe dispiaciuto così tanto tirare su la cornetta invece; per lo meno fu il pensiero di Jadeite che con aria imbronciata pareva doversi tenere su la testa con una mano come se potesse cedergli sulla scrivania da un momento all’altro.
Compì mezzo giro con la sedia da ufficio dotata di rotelle, ignorando il fastidioso e continuo suono che riempiva la stanza.
Jadeite si annoiava a morte. Da quando non aveva più avuto modo di vedere Rei le sue giornate erano più grigie e lunghe. Era schiva e irritante, una vera sfida. Eppure lui aveva trovato un che di divertente nel collaborare – malgrado il disappunto e l’intolleranza di Rei nei suoi confronti – a quel caso che aveva ucciso il famigerato ispettore Meiō qualche mese addietro.
 
«Ispettore!» un giovanotto alle prime armi richiamò la sua attenzione con fare agitato.
«Che vuoi?» il biondo sbuffò irritato.
Anche Sadao era divertente. Impacciato e maldestro con la pistola, ma efficiente e timoroso di farsi valere anche quando la situazione sarebbe stata dalla sua parte. Tuttavia, Jadeite lo aveva notato. Negli ultimi tempi non era stato lo stesso senza Hino nei paraggi. Sadao aveva l’aria di essersi smarrito e aveva recuperato quella strana e buffa grinta solo nel momento in cui era venuto a sapere che Rei era rientrata in paese.
«Il telefono!».
«Risposta vaga. E noiosa» brontolò il biondo stiracchiandosi contro la seduta.
La notizia di Rei che aveva dato di matto si era diffusa a macchia d’olio in poche ore la notte precedente in centrale.
«Non smette di squillare…».
«Stacca il filo».
«No. Cioè, non posso».
Jadeite scrollò le spalle. Si alzò e si buttò la propria giacca sulle spalle.
«Dove va?!».
«A fare un giro in ospedale».
«Ma…continuano a chiamare!».
«Un altro gatto bloccato su un albero troppo alto? Occorrono i pompieri per quello».
Si fece spazio tra la porta e il corpo del suo interlocutore voltandogli le spalle.
«E’ per un incendio…» sibilò il giovane con fare confuso.
«POMPIERIIIII!» esclamò esasperato Jadeite un’ultima volta prima di scomparire in strada.
 
 
 
***
 
 
Budapest.
Gli affreschi che dipingevano il soffitto del caffè più elegante della città le toglievano il fiato.
Un quartetto d’archi allietava la sala gremita di gente e Rei vestiva con un elegante tubino rosso carminio. Non aveva più usato quel colore dalla dipartita dell’amata, ma quella sera era con lei perciò se lo era concesso.
«Domani cosa faremo?» domandò la mora a Setsuna che non dovette pensare troppo alla risposta.
«Andiamo a Bastione Dei Pescatori!».
«C’è una chiesa. Tu non vai in chiesa Sets» sostenne Rei con aria di finto rimprovero.
«Non c’è solo quella» rispose l’altra piccata. «Andremo a vedere la città dall’alto che si specchia con le sue luci sul Danubio».
«Poetico…» le labbra all’insù.
Il rumore del piattino poggiato sul tavolo dal cameriere la interruppe.
«Come dice madame?».
Rei sbatté le palpebre guardandolo con aria truce. Poi le note degli archi stonarono e le corde del violino sembrarono stridere d’improvviso. Non erano i musicisti e tanto meno gli strumenti. L’unica cosa guasta in quel quadro perfetto era lei.
Gli occhi persero la scintilla di rimprovero e si fecero confusi.
Il cameriere a disagio guardò altrove per poi sgomberare il tavolo accanto.
La presenza di Setsuna era svanita nel nulla così come la sua voce.
Una smorfia disperata e il respiro mozzato all’improvviso.
Un bruciore all’altezza del petto e il tentativo di scacciare quella lucidità che aveva perso troppo a lungo.
«Ti ho promesso Londra. Non puoi ancora andare…».
I denti stretti e le unghie conficcate nelle ginocchie.
 
«Ti ho detto che non puoi ancora andare».
Le iridi dai riflessi porpora si sgranarono all’improvviso accompagnati dalla propria voce che da un soffio divenne quasi un grido.
Gli occhi sondarono il soffitto per poi cadere sulla linea del proprio braccio. La vista appannata pian piano si fece più nitida e Rei notò che qualche studente incompetente le aveva martoriato la pelle per riuscire a infilarle la flebo.
Il silenzio si ruppe. Nel corridoio un cicaleccio si alzò sino ad arrivare alle sue orecchie.
Due figure si scostarono e la maniglia si abbassò per fino alla fine della sua corsa.
Setsuna.
Una vaga speranza.
Una zazzera bionda e un sorriso smagliante fecero capolino da dietro un mazzo gerbere arancioni e gialle.
«Ci si rivede finalmente, zuccherino».
Rei raccolse i pezzi di se stessa, alzò il mento e assunse una posizione più diritta per non sembrare una pazza indifesa costretta a letto.
«Nessuno ti ha invitato».
«Non ho bisogno di inviti, io».
«Già, nemmeno per prendersi l’ufficio degli altri e i casi degli altri».
Jadeite si avvicinò al lettino porgendole i fiori senza raccogliere provocazioni.
«Per te. Non si va a mani vuote da qualcuno».
«Tsk».
«Che c’è?» domandò poi «Preferivi le rose? Non ti facevo così classica».
Gliele aveva regalate al loro terzo mesiversario Setsuna. Erano rosse.
Il cuore di Rei perse un battito e con quello anche la sicurezza nei suoi occhi vacillò.
«Vattene».
Non lo sopportava.
«Sono appena arrivato!».
«Non ti ho chiamato io, vattene ho detto».
«Altrimenti?» sorrise beffardo. A lui le sfide piacevano e Rei era quella più interessante di tutte.
«Urlerò e dirò all’infermiera che hai tentato di molestarmi».
«Entrerebbero prima i due fuori dalla porta e l’infermiera probabilmente sederebbe te, non me» disse pacato lui, ignorando l’avviso della ragazza.
Si sedette all’altezza dei suoi piedi senza chiederle il permesso.
«Quindi? Lo hai ucciso?».
«Chi?».
«Il nanerottolo. Sadao…».
A Rei si strinse il cuore. Gli aveva davvero fatto del male?
«No. No-n credo. Spero».
Un dolore lancinante alla testa le fece strizzare le palpebre.
 
La Dodge con a bordo lei e Setsuna all’inseguimento di Haruka.
“Setsuna starai con me?”
E al suo risveglio Setsuna in ospedale al suo capezzale.
“Stai meglio?”
“Alla grande”.
 
Ma in quel momento Rei non stava alla grande e pensava che probabilmente non ci sarebbe mai più riuscita.
«Tutto okay?».
«Te ne vai?».
Jadeite sospirò. Magari sarebbe potuto andare a tediare Sadao e lasciarle un po’ di spazio.
«Sai perché sono qui i due omaccioni? Una parola: Commissario Anziano. Ti conviene fare la brava».
Jadeite le schioccò un occhiolino per poi andarsene.
Rei fissò le gerbere abbandonate sulle sue gambe.
«Che fiore stupido».
Ne staccò un petalo ma se ne pentì subito.
«Stupido e allegro».
Calò il silenzio.



Note dell'autrice:

Non sono scomparsa e non ho intenzione di farlo! Mi scuso per il periodo lunghissimo di pausa ma sono in una situazione in cui non ho il tempo nemmeno di vivere a momenti perciò mi riesce difficile aggiornare. Tuttavia spero e proverò a pubblicare con una cadenza più decente. Non vi abbandono nè abbandonerò tutti  miei protagonisti sfigatelli.
Anche qui non siamo nel vivo dell'azione, ma credo ci possano essere tante cose da raccontare e far succedere perciò io non ho fretta di movimentare il tutto. I capitoli non sono studiati a tavolino, fanno quello che vogliono e vengono fuori come vogliono perciò non so darvi indicazioni precise su ciò che accadrà e COME accadrà! Potete solo scoprirlo!! 
Un abbraccione a chi è sempre e nonostante tutto a seguirmi.
Luv ya.

 
   
 
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