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Autore: __roje    20/04/2017    1 recensioni
-- QUESTA STORIA CONTIENE SCENE DI SESSO ESPLICITE! --
Aki Nomura è solo un ragazzo di 16 anni che ha sempre sognato di poter condurre una vita scolastica del tutto normale, fatta di amicizia e nuovi amori. Tuttavia la realtà in cui si trova non è affatto così; a causa di diversi eventi il suo carattere è diventato molto più rude e introverso e i primi due anni di scuola non sono stati esattamente ciò che credeva ed una delle ragione è la continua presenza nella sua vita di quello che una volta era il suo migliore amico: Hayato Maeda. Un ragazzo di straordinaria bellezza che viene definito da tutti "Principe" per i suoi tratti e i suoi modi, ma la realtà è ben altra infatti Aki scoprirà presto i nuovi gusti sessuali della persona che credeva di conoscere bene e da quel momento tutta una serie di strani eventi cominceranno a susseguirsi nella vita di questo giovane ragazzo.
IKIGAI: è l'equivalente giapponese di espressioni italiane quali "qualcosa per cui vivere" o "una ragione per esistere" o "il motivo per cui ti svegli ogni mattina".
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Slash
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Non-con, Tematiche delicate, Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Buona pasqua in ritardo!
E per festeggiare doppio aggiornamento, sia di Shikkari che di IKIGAI!

CAPITOLO 5

Quella mattina faceva piuttosto freddo e mi ero anticipato per prendere il treno, evitando così la solita folla delle otto. Che fosse una buona idea non l’avevo mai nemmeno pensato, dal momento stesso in cui avevo messo piede fuori ne ebbi la prova quando superato il giardino davanti beccati Hayato che faceva la mia stessa strada fino alla stazione. “Cazzo!”, fu una reazione involontaria, indietreggiai abbastanza per potermi nascondere ed evitare di essere visto.
Gettai un occhiata furtiva per guardarlo e lo vidi gettare un occhiata veloce alle sue spalle. Col cuore in gola tornai a nascondermi sperando che non mi avesse visto, pregai così tanto in quel momento.
“Tana per Nomura!” esclamò tuttavia Hayato con tono divertito. Il mio tentativo era fallito, così tristemente dovetti uscire fuori. Eccoci di nuovo l’uno davanti all’altro, e la cosa mi ricordò l’episodio della biblioteca e tutte le strambe cose che aveva detto, tornò così anche il mio disagio. “Non sei mai stato granché a nascondino” commentò ancora proseguendo per la sua strada.
Mi morsi la lingua per reprimere diverse parolacce che mi ronzavano per la testa in quel momento. Non potevo starmene li fermo, e nemmeno tornare a casa, me lo sarei comunque trovato davanti a scuola e in classe quindi che differenza faceva se facevamo la strada insieme?
L’avevamo fatto un milione di volte, un tempo andare a scuola insieme era una abitudine di tutti i giorni ma ormai era diventato un lontano ricordo sbiadito, così come quello che ero stato un tempo.
A quel puntò Hayato si fermò nel bel mezzo nella strada e si voltò verso di me, mi fece prendere un colpo “Allora ci hai pensato?”
“A c-cosa?!”
La voce aveva cominciato a tremare senza che me ne rendessi conto. “Lo sai bene o non saresti così spaventato.”
“Non ti asseconderò in questa tua stupidaggine!”
Hayato mi fece spallucce e proseguì. Mi stupì molto notare che la mia risposta non l’aveva colpito più di tanto, pensai che forse se l’aspettasse ma allora perché chiedere.
Era davanti a me, ne potevo vedere perfettamente le ampie spalle così come i folti capelli biondi che scendevano un pò mossi sulla nuca. Non avevo mai notato che fosse un pò riccio, l’avevo mai osservato bene? Immaginai quanto scalpore dovesse fare anche nel mondo dei gay, chissà che seguito anche lì.
In metro infatti ne ebbi la prova: Hayato se ne stava semplicemente in piedi reggendosi per non cadere e non c’era persona in quel vagone che non gli avesse lanciato un occhiata, persino alcuni ragazzi, altri studenti come noi non riuscivano a fare a meno di fissarlo e fino a qualche settimana fa avrei immaginato per invidia, ora però quelle occhiate mi parvero diverse, anche più seccanti di quelle delle ragazze.
Senza pensarci mi alzai dal mio posto e mi piazzai proprio davanti ad Hayato cercando di coprirlo alla vista di quei maniaci, poi mi bloccai, che mi importava.. che fossero maschi o femmine veniva sempre fissato, e che questo succedesse non mi riguardava visto che a lui non interessava affatto.
Gettai una rapida occhiata verso di lui, senza darlo a vedere e mi trovai un viso così angelico, era assurdo pensare che sotto a tanta delicatezza ci fosse in realtà il demonio fatto persona.
“Ferma distretto XXX” arrivò la nostra fermata.
Seguii Hayato fino alle porte e senza troppi problemi scendemmo dal mezzo, per una volta era bello che non ci fosse così tanta gente. Sebbene l’avessi beccato lungo la strada non mi pentivo di essermi svegliato prima quel giorno e mi stupì anche molto che Hayato non avesse occupato quel poco tempo insieme dicendomi di tutto.
“Oh ma tu sei Kyo!” disse Kuro trovandocelo davanti, la cosa stupì entrambi.
“E’ Aki..”
Kuro mi rise in faccia e lo guardai male, poi quest’ultimo rivolse una strana occhiata verso Hayato che ricambiò allo stesso modo, con la stessa sua freddezza di sempre e fece per andarsene incurante che fossimo ancora lì fermi. “Hayato..” mi fermai subito, evitai di bloccarlo.
“Non è mai stato un tipo molto socievole eh?”
“No, mai.”
Ma un tempo almeno con me lo era stato, parlava di più e ogni tanto si mostrava anche capace di sorridere. Ora invece il massimo che sapeva fare era fingersi gentile quando non lo era affatto.
“Quindi la vostra scuola è da queste parti?” proseguì Kuro.
“Sì, a dieci minuti da qui.”
Era strano incontrarlo di nuovo e fissandolo meglio notai che aveva di nuovo tinto tutta la testa di uno strano colore, stavolta di un color platino accecante e aveva indossato diversi orecchini ai lobi. Che tipo eccentrico, perché amava così tanto essere fissato male.
“Giusto, giusto Yoshida me l’aveva detto ma è strano che non sia con te. Non andate a scuola insieme?”
Non capii perché avesse tutta quella voglia di parlarmi quel giorno “Beh di solito no, non viviamo lontani l’uno dall’altro ma non ci abbiamo mai pensato.” O meglio io non glielo avevo mai chiesto esplicitamente.
“Come siete strani!” abbozzò un sorriso e sembrò dirlo senza alcuna cattiveria. Mi ero dovuto ricredere su di loro, a partire dalla stessa Saori. Gli amici di Yoshida non erano affatto male, forse non passavano inosservati ma non era cattivi ragazzi e potevo addirittura osare nel dire che erano simpatici.
Senza rendermene conto, e forse lo notò solo Kuro mi venne da sorridere ripensando a quanto fosse stato bizzarro il festival insieme a loro, eppure lo ricordavo con una strana gioia. “Kyo...”
“Non è Kyo idiota.”
E come era andato via tornò, Hayato ricomparve tra noi e in mano aveva una bottiglia d’acqua presa al distributore. Nel rivederlo pensai che allora non ci aveva scaricato, eppure la sua espressione non era affatto serena, quanto piuttosto seccata da qualcosa e rivolse quel suo stato d’animo tutto verso Kuro, che a disagio, gli sorrise in maniera molto meno spontanea rispetto a come stava facendo poco fa. “Beh allora ci si vede in giro.”
Accennai un saluto con la mano e Kuro andò via.
“Complimenti, sei sempre il solito cretino antisociale”
Hayato fissò il ragazzo andare via, sempre con la stessa espressione stavolta però un pò più apatica ma comunque fredda come al solito “E tu sempre lo stesso idiota.” Sospirai sapendo che continuare avrebbe significato cominciare a litigare, e non ce la facevo già di primo mattino, non se davanti avevo una giornata scolastica che prometteva già così bene.
“Ah e grazie per prima in metro, quei ragazzi erano un pò fastidiosi devo ammetterlo. L’hai fatto perché eri preoccupato che potessi uscirci insieme?”
Sbiancai sentendolo dire una cosa del genere. “Te ne sei accorto?!”
“Non sono idiota, Nomura.” A quanto pare no, non lo era davvero. “Ma dimmi l’hai fatto perché temevi che potessero provarci o che altro?”
Mi sogghignò in faccia attendendo una mia qualche reazione. “Non volevo avere altri gay intorno!” e feci per andare via di lì, volevo assolutamente arrivare a scuola e porre fine a quell’ennesima strana conversazione.
“Piantala con questa storia dell’omofobo, sei ridicolo.”
Mi voltai a guardarlo e notai che mi stava seguendo, cos’è, perché quella mattina non mi ignorava come sempre faceva, che si fosse svegliato con l’intenzione di rompere?
“Sparisci dalla mia vista!” E poi tutto accadde molto in fretta. Senza che me rendessi conto un braccio mi circondò da dietro impedendomi di camminare e il cuore mi si bloccò nel petto. Parve un momento infinito, il tempo parve fermarsi di colpo e ogni cosa intorno a me si era congelata.
Hayato mi era dietro, ne percepivo la presenza forte e calda che mi teneva stretto a se.
“Idiota è rosso.” Mi sussurrò in un orecchio e tutto cominciò di nuovo a scorrere normalmente. Sollevai gli occhi verso il semaforo e notai che preso dalla conversazione ero stato sul punto di rimetterci la vita. Come avevo potuto essere così distratto. Non mi era mai successo prima.
Il braccio di Hayato mi lasciò andare, e il cuore parve tornare a battere così come il respiro che aveva trattenuto per tutto il tempo. “Incredibile hai sedici anni e non sai manco attraversare. Che idiota.”
Dovevo ancora del tutto riprendermi da ciò che sarebbe potuto succedere e come proprio lui mi avesse aiutato era un qualcosa che mi aveva ancora più colpito. Lo guardai senza sapere cosa dire, dovevo ringraziarlo o semplicemente dirgli che era stata colpa sua se non avevo visto il semaforo?
Strinsi i pugni fino a far sbiancare le nocche “E di chi credi sia la colpa eh? Fanculo” e stavolta attraversai senza problemi lasciandolo lì. Stranamente mi era uscito di dire la cosa peggiore, anche se la colpa fosse stata in parte sua mi aveva comunque aiutato, eppure dentro di me non lo accettavo affatto.
 
 
“Perfetto ragazzi! Proponete qualcosa per il festival di quest’anno su”
La rappresentante di classe, Maiko Iruno, prese il posto del docente raccogliendo l’attenzione un pò di tutti sebbene nella pausa ci fosse sempre il solito casino in classe. Come tutti i giorni un gruppo di almeno quattro o cinque ragazze erano piazzate intorno al banco di Hayato, dei pettegolezzi quelle ragazze non se ne fregavano proprio ed in parte erano da ammirare.
“Ehi voi!” tuonò la rappresentante verso il gruppo di ragazze, che non le prestarono attenzione così fu costretta a lasciare la sua postazione e andare dritto da loro. Ora cominciava il bello. “Sto parlando con voi! Tornare al vostro posto invece di stare qui” e il gruppo si aprì come le acque di Mosè per osservare attentamente chi le stesse disturbando dal loro hobby preferito.
Maiko si sentì improvvisamente minacciata. “Che cavolo vuoi tu?” disse una delle tante infastidita.
La rappresentante non ci vide più dalla rabbia, e come la capivo! “Che cosa hai osato dirmi?!” scoppiò facendosi tutta rossa in viso e vidi le vene del collo gonfiarsi. Il gruppo indietreggiò spaventato.
“Ehi boss!” la salutò Hayato comparendo in mezzo a quel casino.
Maiko Iruno lo fissò, il tempo di dieci secondi e tutta la rabbia sparì di colpo, lasciando invece spazio ad un palese imbarazzo di trovarsi davanti il ragazzo più bello della scuola. Era inutile nessuno riusciva a fare la voce grossa con lui, non c’era nessuno che non ne restasse ammaliato.
“Maeda ti prego. Dillo tu a loro che non possono venire tutti i giorni qui.”
Hayato le sorrise, ma più che sorriso parve più una smorfia di chiara vittoria e supremazia su tutti. “Avete sentito il boss no? Non dovete fare così ragazze.”
“Beh se Maeda-san lo dice, credo che dovremmo darci un contegno” ripose immediatamente una, “Si, in fondo non vogliamo causargli problemi!”, aggiunse un altra.
Ormai si era raggiunto un limito alla stupidà e quelle ragazze avevano superato ogni limite umano, a cosa sarebbe potute arrivare pur di ottenere un appuntamento con il principe.
“Voglio essere osannato anch’io così” si lamentò Yoshida seduto accanto a me. Io invece non invidiavo affatto quella sua vita. Essere ammirato da tutti, così perfetto e poi? Hayato a conti fatti non aveva nulla, e se io ero uno sfigato che non faceva nulla dalla mattina alla sera, lui non era così diverso da me e quel pensiero mi rincuorò un pò facendomi capire che era umano anche lui, sebbene non lo sembrasse.
Istintivamente mi venne di fissarlo compiaciuto di quel pensiero, e senza aspettarmelo minimamente quest’ultimo si girò verso di me, mi fissò e cacciò fuori la lingua simulando una smorfia. Idiota!, pensai.
Dentro di me avevo un bruttissimo presentimento e per quanto cercassi di reprimerlo non ne fui capace. La conferma arrivò quando Maiko decise di cosa si sarebbe occupato la nostra classe per il festival scolastico, e cioè una classica aula horror quindi c’era da lavorare e pure tanto. L’idea non piaceva a nessuno, eppure la maggioranza votò di si perché non c’erano altre idee da proporre.
Maiko dopo tre giorni dalla decisione entrò in classe con un grosso cartello riguardo le cose da fare, e la divisione in gruppi con relative mansioni. “Ragazzi mancano due settimane! Vediamo di metterci al lavoro.” Esortò così tutti, e stranamente un sonoro sì, si levò da parte di tutti. Cos’era tutta quella improvvisa unione?
Andai a vedere quale mansione mi fosse stata data, ma raggelai quando lessi i nomi delle persone che avrebbero lavorato insieme a me. Il mio nome era proprio sotto quello di Hayato.
“Ah Nomura” mi venne vicino la rappresentante, “perdonami se ti ho messo solo compagni maschi, ma sai com’è, non posso permettermi che Maeda capiti con ragazze visto quello che succede.”
E aveva pensato bene di metterlo in un gruppo di soli maschi.. era impazzita!
Quando anche Hayato si rese conto del gruppo in cui era capitato non parve dispiaciuto della cosa, anzi, mi sembrò di averlo quasi visto sogghignare all’idea brillante della rappresentante.
Il fantastico compito che ci era stato affidato riguardava in pratica nella raccolta di materiale horror, cioè idee che fossero moderne per una casa dell’orrore. Compito più stupido non poteva esserci, ma tanto male, non avrei fatto chissà cosa se non cercare cose random in rete o guardare qualche film horror.
I compagni che mi capitarono furono una miscela davvero molto bizzarra, e più guardavo la situazione e meno capivo come fossi finito in quel disastro. Maiko aveva pensato bene a tutto, conosceva perfettamente tutti noi e sapeva di aver scelto le uniche persone che parlavano e ammiravano a stento Hayto. Ormai l’avevo capito che eravamo il gruppo cuscino del principe.
“Ehmm quindi che dovremmo fare di preciso?”
Wasashi Iku, un otaku timido e impacciato, l’ultima persona al mondo a cui importava che Hayato fosse il più figo della scuola, l’unico a non provare ammirazione per lui tranne che per i suoi idoli televisivi.
“Che razza di gruppo uff...” sbuffò invece Kazuki Oija.
Con Oija, sebbene fossimo compagni da due anni, non avevo mai parlato. Non era una persona facile da quanto ne sapevo, era abbastanza attacca briga e aveva una passione sfegatata per la cucina italiana e francese. Quale ragazzo giapponese aveva una passione del genere?
Wasashi e Oija erano agli antipodi, il primo aveva una corporatura minuta ed esile, capelli a caschetto neri e mossi, occhi piccoli e verdi e un paio di occhiali tondi alla Harry Potter che gli cadevano sul naso. L’altro invece, Oija, era molto trasandato e non sembrava provare interesse per l’aspetto esteriore, il che lo rendeva un compagno di gruppo ideale, lontano quindi dal mondo di Hayato.
Oija di solito indossava sempre camicia e giacca in maniera disordinata e pantaloni non stirati. I capelli color cenere gli cadevano sciolti e lunghi sulle spalle in maniera arruffata, come se non si pettinasse da mesi e in viso aveva tracce di una barba non curata. Aveva sedici anni come noi ma ne dimostrava quaranta, era assurdo come fosse diverso dal principe. Sotto tutta quella chioma c’erano però due grossi occhi color ambra, con un taglio felino molto particolare. Fisicamente non era nemmeno grasso, addirittura abbastanza robusto sebbene non sembrasse interessargli alcuno sport. C’era qualcuno peggio di me e ne fui contento.
E infine, ma non meno importante c’era Hayato Maeda insieme a noi, e quel pomeriggio si mostrò particolarmente allegro di essere in nostra compagnia e membro di quello strano gruppo.
“Io propongo un bel cinema di film horror per raccogliere idee!” propose con entusiasmo. Non capii la ragione di tutto quella euforia, né del perché fosse così aperto di punto in bianco.
Oija e Wasashi lo fissarono senza proferire una parola. Nessuno di noi ammirava Hayato, quindi non avrebbe ricevuto nessun favoritismo e di ciò ne fui lieto.
“Tu sei Aki Nomura vero?” mi domandò Oija.
“Eh? Sì, sono io.”
Mi scrutò attentamente “Da quanto siamo nella stessa classe?”
... no comment. Incredibile che un mio compagno non avesse nemmeno fatto caso alla mia presenza in quei due anni. Era qualcosa di assurdo.
“E’ talmente invisibile che non si nota nemmeno” commentò pungente Hayato e tirò fuori una lista dalla tasca dei pantaloni “queste sono le idee dell’anno scorso, ma non sono della nostra classe bensì di un altra che organizzò la nostra stessa cosa.”
Afferrai riluttante quel foglio e ne lessi il contenuto aspettandomi una scemenza, “Ma questi sono titoli di pellicole horror, e idee per mostri vari.”
“Bingo!”
Passai il foglio a Wasashi “Ma è fantastico. Dobbiamo solo controllare cosa ci piace da questo elenco, scegliere qualcosa di figo e proporlo. Praticamente il nostro lavoro potrebbe finire entro oggi!” esclamò felice Iku di togliersi dai piedi.
Oija con modi bruschi strappò di mano il foglio al ragazzo seduto accanto a lui, “Uh carino questo film, lo conosco.” Commentò leggendone il contenuto.
Mentre i due davano un occhiata all’elenco mi girai verso Hayato ponendomi una sola domanda. “E di grazie come avresti ottenuto questo bel foglietto?” gli domandai distraendolo dal suo cellulare.
Hayato sollevò lo sguardo dall’apparecchio “Come secondo te?” e si avvicinò minaccioso con fare lascivo. Mi allontanai disgustato, e spaventato che stesse mostrando quel suo lato così sensuale, così, all’improvviso.
“Sei disgustoso.”
Hayato tornò serio e al suo posto “Beh dillo alla ragazza che me l’ha dato, non mi ha trovato così ripugnante.” E sfoderò il solito atteggiamento compiaciuto.
“Io proporrei di dividerci la lista. Passare in rassegna tutto e vederci domani sul tardi e decidere cosa ci ha colpito e che valga la pena da mettere nella casa dell’orrore.” Propose Iku, e non appena si rese conto di essere osservato da tutti cominciò a balbettare e a sudate sistemandosi ossessivamente gli occhiali.
“L’idea non è male” commentai, e il giovane otaku ne parve colpito.
“Bene! Allora propongo di fare così, io e Oija-san ci occuperemo della prima metà, mente Nomura-kun e Hayato-san della seconda metà.”
“Come?!” esclamai.
Punto one perché ero l’unico ad avere il kun nel nome? Non meritavo abbastanza rispetto per quel ragazzo, e secondo perché mi aveva messo proprio con Hayato. “Non vanno bene le divisioni?”
“Certo che no! Non lavoriamo bene insieme, io e Maeda” aggiunsi seccato della cosa.
Oija sorrise “Ma davvero? Eppure sembrate molto amici se tralasciamo i battibecchi.”
“Cosa?!” dove aveva visto una cosa del genere, mi girai irritato verso Hayato sperando che potesse dire qualcosa anche lui ma me lo trovai sdraiato sulla sua sedia, mi fissò e fece spallucce rassegnato a quella decisione. “Ti sta davvero bene?”
“Oh che seccatura che sei. E’ solo per un dannato giorno, non morirai sta’ tranquillo.”
Non ne ero del tutto convinto ma fare altre storie non avrebbe fatto altro che prolungare l’agonia, così molto infelicemente sospirai e annuii con la testa. Iku si illuminò e propose la divisione del materiale da ricercare e da vedere.
Non ero convinto della cosa. In cuor mio sentivo un allarme che suonava incessantemente dicendomi di non fare coppia con lui, di rinunciare a quel lavoro di gruppo e scappare via. Tuttavia, il mio desiderio di fuga non poteva essere realizzato e sebbene non mi facesse piacere dovevo svolgere ciò che mi veniva chiesto di fare, anche se le circostanze lo rendevano difficile.
Era già pomeriggio inoltrato quando uscimmo dall’edificio scolastico e in giro non c’era più nessuno. Oija si guardò intorno in cerca della sua bicicletta, ci salutò con un cenno di mano e lo vedemmo andare via rapido, come se volesse fuggire da tutta quella situazione, e restammo in tre.
“Allora Wasashi abiti nei paraggi?” domandai cercando di eliminare quel silenzio imbarazzante.
Iku sussultò per l’improvvisa domanda e arrossì “I-io n..n-non.. ecco d-devo prendere la metro.”
Ci mise tipo due o tre minuti per rispondere. Che problemi aveva anche lui. “Beh allora mi sa che dovremo fare la strada insieme” gli sorrisi cercando di metterlo a suo agio ma Iku continuò a sudare e a sistemarsi gli occhiali, doveva essere una qualche sorte di tic, pensai.
“Quindi si va a casa o no?” si intromise Hayato ancora accanto al cancello. Ci stava aspettando e la cosa mi sorprese, com’è che non era ancora fuggito via? Lo fissai con un grosso punto interrogativo e incitai Iku a camminare così tutti e tre imboccammo la strada che portava alla metropolitana.
Era una situazione molto bizzarra quella, mi trovavo tra due estremi: da una parte c’era il ragazzo più bello e figo della scuola e dall’altro il ragazzo che non si vedeva mai e che se ne stava nell’ombra. Vederli li, uno di fronte l’altro in metro mi fece pensare a quante sfumature potessero avere le persone, e sebbene quei due ragazzi rappresentassero dei stereotipi mi domandai se non ci fosse altro sotto, se sotto quella loro maschera non ci fosse un lato della personalità che non si fosse ancora visto.
Un brusca frenata e il treno si fermò di colpo. Molti dei passeggeri caddero a terra, e per poco anch’io ma barcollai semplicemente riuscendo a reggermi così anche Hayato. Iku invece era seduto e si salvò, ma altre passeggeri erano finiti a terra, e si erano fatti male.
Aiutai immediatamente chi intorno a me era caduto, così fecero altre persone e la cosa che più mi stupì fu vedere Hayato che aiutava una signora a rialzarsi. Una cosa così scontata eppure stavo osservando tutta la scena deglutendo a fatica e questo perché Hayato rivolse un sorriso così gentile a quella signora.
Non lo avevo mai visto così, anzi forse da bambino sì, pochissimo volte ma avevo già visto quell’espressione sul suo volto e ogni volta che avevo potuto assistere a quel miracolo il mio cuore si riscaldava misteriosamente. Che mi prende, tutti sorridono!
Ancora una volta i nostri occhi si incontrarono e tutta quella gentilezza lasciò posto ad uno sguardo gelido, mi sentii ferito. Erano passati anni, eppure lui ancora mi odiava così tanto, perché. Immediatamente distolse lo sguardo, accertandosi che nessun altro avesse difficoltà a rialzarsi, e mentre lui mostrava quel lato di se, sentivo che tutto il calore provato prima si era trasformato in uno squarcio ricordandomi il passato.
“Oi”
Mi sentii chiamare, e tornando alla realtà mi trovai davanti Hayato.
Sussultai. “Che vuoi?!”
Mi scrutò con attenzione, serio come sempre e con quel suo fare antipatico. Perché ero l’unico al mondo ad essere trattato così di merda da questa persona. Seppe però sorprendermi ancora, e la sua mano si poggiò sulla mia testa simulando forse una carezza? No, non lo era affatto e lo guardai sbigottito. “Ti sei fatto male?” domandò in fine.
“Eh? No.. sto bene.” Ero a disagio così mi allontanai da lui impedendogli di potermi ancora toccare, “Smettila di fare cose da gay” lo rimproverai.
Inarcò un sopracciglio per quella mia affermazione “Oh scusami non vorrei mai contaminarti, imbecille.”
“Come mi hai chiamato?!” ero irritato e a disagio.
“Nomura-kun!” si intromise a quel punto Iku in piedi, “La prossima è la mia fermata, allora ehmm... ci teniamo aggiornati tramite messaggio per eventuali sviluppi.”
Ero seriamente sconvolto che quel ragazzino fosse riuscito a dirmi così tante cose in pochi secondi. Ci salutò entrambi e quando il treno ripartì scese alla fermata dopo.
Come voleva che fosse restammo da soli ma sapevo perfettamente che sarebbe accaduto, eravamo vicini oltre che compagni di classe ed era la mia condanna trovarmelo ovunque.
“Allora come ci organizziamo per il materiale?”
Strabuzzai gli occhi per quella domanda, “Come dici? Non lo so. Scegliti una parte della lista e guardatela da solo, io mi occuperò del resto.”
Hayato sospirò seccato “Sei un idiota...”
“Come?!”
“Siamo in due, dobbiamo farla insieme questa cosa. Non voglio dover tenere il resoconto anche con te quindi vediamo di vederci domani pomeriggio e finiamo presto questa tortura.”
Quindi anche per lui tutta quella situazione era un disagio. Annuii semplicemente capendo di aver detto una stupidaggine, era inutile dividersi ulteriormente. Probabilmente chiunque al posto mio avrebbe saltellato in giro per quella stupenda occasione, ma non io. Avrei preferito essere ovunque e fare qualsiasi altra cosa.
  
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