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Autore: TheSlavicShadow    22/04/2017    4 recensioni
Aveva fatto un errore. Un errore che aveva portato a diverse conseguenze, tra cui il suo allontanamento da Manhattan e dalla vita che aveva condotto fino a quel momento. Un errore che lo aveva portato in una fattoria dimenticata da Dio e dagli uomini nel bel mezzo del North Carolina.
{Superfamily!AU no powers! - Steve/Tony+Peter}
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Peter Parker/Spider-Man, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Safe in my hands'
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Tony era seduto comodamente sul divano del proprio salotto nell’attico della Stark Tower. Stranamente non gli era mancato per nulla. Quando qualche settimana prima aveva lasciato il proprio appartamento aveva creduto gli sarebbe mancato. Ma aveva solo sentito la mancanza della propria officina per qualche giorno. Poi si era abituato ad una casa diversa.

Osservava Steve, che affacciatosi ad una delle enormi vetrate guardava Midtown estendersi sotto di loro. Non aveva il coraggio di chiamarlo e chiedergli di sedersi accanto a lui.

Aveva rovinato tutto con le proprie mani e non se ne stupiva affatto.

“Signore, la signorina Romanoff sta arrivando con il signor Barnes.” La voce dell’intelligenza artificiale che gestiva la casa aveva interrotto il pesante silenzio che regnava sovrano da quando Natasha gli aveva telefonato quella mattina. Mentre Natasha telefonava a lui, Barnes telefonava a Steve e da allora non si erano praticamente più rivolti la parola. In assoluto silenzio si erano rivestiti e avevano preso le proprie cose, lasciando la camera d’albergo prima che qualche giornalista potesse trovarli. Tony aveva guidato il pick-up di Steve fino alla Torre, facendosi largo tra i giornalisti che la stavano già assediando.

Quella era solo l’ennesima prova che se eri Tony Stark non potevi permetterti alcun momento sereno.

“Profilo basso, Tony. Solo questo ti avevo chiesto!” Natasha aveva sbattuto sul tavolino da caffè diverse foto e riviste. “Cosa diavolo ti è passato per il cervello?”

“Volevo solo portare Peter a visitare il MIT.” Aveva preso in mano una foto, inarcando un sopracciglio mentre la osservava. Era stato poco attento, doveva ammetterlo.

“Tony...” La donna si era portata una mano sugli occhi, mordendosi un labbro ed era incurante del fatto che si stesse rovinando il trucco. “Non siamo riusciti a fermare la pubblicazione delle foto. Nessuno sapeva dove eri e non eravamo pronti a questo.”

Tony non la guardava. Evitava di guardare tutti i presenti perché nuovamente aveva combinato un guaio. A volte avrebbe dovuto pensare prima di agire, perché le conseguenze fin troppo spesso non riguardavano soltanto lui.

Guardava distrattamente la foto che teneva tra le dita.

Era la prova che era tutto reale, e che aveva distrutto tutto con un semplice sconsiderato gesto.

In tutta la giornata in cui erano stati a Boston si era concesso un unico gesto di intimità con Steve e qualcuno era riuscito ad immortalare proprio quell’attimo. Un bacio. Un lieve sfiorarsi di labbra prima di salire in macchina e ripartire. E qualcuno era riuscito a cogliere proprio quel momento.

Aveva alzato lo sguardo verso Steve. L'uomo si era voltato a sua volta e lo guardava. Avrebbe voluto dirgli tante cose, ma la sua bocca per una volta si rifiutava di collaborare.

“Si stanno tutti chiedendo chi sia il tuo misterioso uomo, ma non credo ci metteranno molto a trovare le informazioni che cercano.” Natasha aveva continuato a parlare. Sembrava più calma di quanto non lo fosse stata al telefono o anche solo quando era entrata nell’appartamento. “Non sono riusciti a fotografare Peter, per fortuna.”

“Meno male.” Si era passato una mano sugli occhi e poi aveva guardato di nuovo Steve. “Mi dispiace. Forse avrei dovuto darti retta e lasciare questa gita per un’altra occasione.” Si era alzato dal divano e gli si era avvicinato. Era titubante e aveva paura. E si rendeva conto che quello era il capolinea. “Farò il possibile per tenerti fuori da questa storia. Te lo prometto. Non sapranno mai chi sei. Cercherò di zittire tutto in qualche modo e tu non ne verrai danneggiato in alcun modo.”

“Tony, respira.” Steve aveva alzato una mano per appoggiarla sulla sua spalla. “Troveremo una soluzione.”

Sentirlo parlare al plurale aveva  fatto fare una contrazione strana al suo cuore. Gli stava per rovinare la vita gettandolo in pasto alla stampa e Steve riusciva a sorridergli come se nulla fosse.

“Dovevo darti retta quando hai detto che sarebbe stata una cattiva idea, ma non sono molto bravo a seguire i consigli degli altri. Soprattutto non quando mi metto in testa di fare qualcosa.” Aveva abbassato lo sguardo perché non riusciva a sostenere quello di Steve. Non sembrava particolarmente arrabbiato. Nervoso sicuramente sì. Ma non era arrabbiato.

“Tony, abbiamo passato una splendida giornata ieri. Davvero splendida.” Le mani di Steve erano sulle sue guance e lo aveva costretto a guardarlo. “Non ho paura di quello che potrebbe succedere.”

“Ora non hai paura! Ma in futuro? Come minimo perderai il lavoro e questo non lo posso permettere! Tu ami il tuo lavoro!”

“Non quanto amo te!”

Aveva spalancato gli occhi guardando l’altro uomo. Sembrava che il tempo si fosse fermato in quel preciso istante. Steve non aveva davvero pronunciato quelle parole. Non poteva farlo. Non poteva permetterlo. Non meritava quelle parole e quei sentimenti.

Non meritava Steve.

Aveva sentito Natasha mormorare qualcosa riguardo ad una conferenza stampa e aveva sentito lei e Barnes allontanarsi e lasciarli da soli.

“Steve, non puoi pensarlo sul serio. Tu non sai com’è la stampa e quanto andrà ad investigare. Metteranno a nudo tutto di te e non potrai più avere una vita normale. Pensa anche a Peter e al pericolo in cui sto mettendo pure lui.”

“E tu non puoi arrivare e sconvolgerci la vita per poi piantarci così!” Steve aveva alzato la voce.

“Cosa pensavi che avrei fatto, Steve? Che sarei rimasto per sempre in quel posto dimenticato da Dio a vivere alla famiglia felice?”

“Pensavo che qualcosa fosse cambiato!”

“Lo è! Ma non posso restare con te!” Questa volta anche Tony aveva alzato la voce, per poi passarsi una mano sugli occhi. “Senti, quello non è il mio posto. E questo sembra non essere più il tuo. Cosa potrei mai fare in North Carolina? Riparare macchine che sarebbero da buttare via e vecchi televisori a tubo catodico che non sono più neppure in produzione? Sapevano entrambi che era tutto provvisorio, che sarei tornato a New York il prima possibile.”

“E noi? A noi non pensi? A me non pensi? Quello che abbiamo condiviso non ha alcun valore? Sei davvero così egoista come dicono?”

Tony lo aveva guardato, ma non riusciva a rispondergli. C’erano molte cose che voleva dirgli. Prima tra le quali che non voleva assolutamente lasciarli, ma non poteva restare con loro sapendo che li avrebbe messi sotto i riflettori.

“Cristo, Tony! Peter si è attaccato a te in modo assurdo. Ha visto in te una figura paterna e ora tutto finisce così? Con una stretta di mano e tanti saluti? Non funziona così, Tony. Le persone non si lasciano indietro.”

“Non vi sto lasciando indietro. Mi terrò in contatto, verrò a trovarvi.”

Steve aveva scosso la testa, sbuffando frustrato. Aveva passato le dita tra i capelli. Si era allontanato di qualche passo, guardando nuovamente fuori dalle grandi vetrate.

“Quando verrai a trovarci? Sinceramente, Tony, quando? Una volta tornato qui a New York non avrai più tempo per noi. Nuove invenzioni, party a cui partecipare. Nuovi scandali da creare. Tornerai alla tua vecchia vita e noi saremo soltanto il ricordo di una vacanza forzata. E io non ci sto. Pensavo che stessimo costruendo qualcosa insieme.”

Tony lo aveva guardato e c’era solo un modo per risolvere quella situazione. Doveva ferirlo. Doveva ferirlo seriamente. Infliggergli una ferita profonda in modo che Steve lo odiasse.

“Io non costruisco cose con le persone, dovresti averlo capito questo. Guardiamo in faccia la realtà, Capitano. Non sono uno che ha relazioni serie. Se anche provassimo a continuare con questa relazione, finirebbe con un sacco di lacrime e molte urla. Molto peggio di adesso. Pensi davvero che io sia il tipo con cui sedersi in veranda quando saremo vecchi? Che saremmo qui a sorreggerci mentre camminiamo con l’aiuto di qualche bastone? Se cerchi questo tipo di stabilità, allora hai sbagliato persona. Questo dovrebbe esserti ormai chiaro, non credi?”

Steve lo aveva guardato come se gli avesse appena dato uno schiaffo. Il biondo aveva abbassato lo sguardo e Tony si era sentito male. Steve non si meritava nulla di quello che stava succedendo. Steve meritava solo cose belle, solo la felicità. E Tony non aveva nulla da offrirgli.

“Credevo davvero di aver significato qualcosa per te. Grazie per avermi ricordato che ero solo un passatempo.”

Steve gli era passato accanto superandolo e lui non era riuscito a fermarlo. Era quello che voleva in effetti. Farsi odiare e poterlo così salvare da sé stesso. Lo sapeva bene. Lo aveva saputo dal primo istante in cui aveva posato gli occhi su Steve che quello sarebbe stato un errore. Coinvolgere una persona simile in quella che era la sua vita non avrebbe avuto alcun senso. Avrebbe solo finito per ferirlo, come aveva appena fatto.

Steve non meritava nulla di simile. Steve meritava solo di essere felice nella sua bella casa circondata dal verde, in compagnia di Peter e Krypto. Meritava una vita tranquilla, in cui poteva fare ciò che amava senza il terrore che ogni suo passo fosse immortalato in uno scatto e venduto al miglior offerente.

Aveva passato una mano sul viso prima di occupare il posto davanti alla finestra lasciato libero da Steve. Aveva osservato la città che si estendeva ai suoi piedi e si sentiva minuscolo ed insignificante. Aveva lasciato andare l’unica cosa buona che gli fosse successa in forse anni, e ne era pienamente consapevole. Ma non sapeva come altro fare per proteggerlo. Già così, con quelle semplici foto, lo aveva messo in una posizione abbastanza scomoda. Se i giornalisti avessero scoperto anche la sua identità, quella sarebbe stata la fine. E non poteva fargli questo.

 

♡♡❤♡♡

 

Tony Stark era seduto sul terrazzo della propria Torre. Osservava Manhattan, perennemente illuminata, giorno o notte che fosse, e lasciava lo sguardo spingersi ovunque volesse. Senza neppure guardare aveva preso la bottiglia che aveva appoggiato a terra, accanto alla sedia piegevole che si era portato dietro, e ne aveva versato il liquido ambrato in un bicchiere di cristallo. Avrebbe potuto bere direttamente dalla bottiglia, si era detto, non fare la fatica di versarne il contenuto da qualche parte. Ma era anche fatica alzare la bottiglia. Il bicchiere lo poteva tenere in mano per ore senza neppure toccarlo. Poteva muovere la mano e perdersi nel guardare le onde ambrate che si creavano e si infrangevano contro il cristallo. Lo faceva ogni volta in cui era da solo ed il whisky era troppo.

Presto sarebbe stata l’alba. Presto si sarebbe potuto godere quello spettacolo dal proprio posto privilegiato. Lentamente una soffice luce dorata avrebbe sostituito quella artificiale che aveva fatto sembrare la notte soltanto un lungo crepuscolo. Avrebbe osservato i caldi raggi del sole che lentamente avrebbero abbracciato la città. E forse si sarebbe sentito parte di qualcosa di più ampio. Forse un qualche senso di appartenenza si sarebbe insidiato in lui. Ma non aveva molta speranza al riguardo.

Sapeva che sarebbe dovuto andare a dormire. Che almeno un paio di ore di sonno le avrebbe dovute fare prima che gli crollasse di nuovo tutto addosso.

Ma non ci riusciva.

Aveva passato tutta la notte in preda al ricordo di calde mani che accarezzavano il suo corpo con delicatezza. Cercava di ritrovarle nelle mani di qualcuno di cui neppure ricordava il nome e non ci riusciva affatto.

Si era passato una mano sugli occhi, per allontanare quella fastidiosa sensazione di bruciore che procurava il sale sotto le palpebre. Non avrebbe pianto. Era solo l’alcool e una sbronza triste. Non avrebbe assolutamente pianto mentre osservava l’alba e la sua mente lo riportava a sedere sotto un portico con una tazza di caffè in mano a guardare un uomo che tornava dalla sua corsa mattutina seguito da un cane. Non avrebbe permesso alla sua mente di fargli ricordare come Steve gli sorrideva o arrossiva alle sue battute. Non avrebbe permesso al ricordo di quell’unica notte che avevano passato insieme di intrappolarlo.

Ma lo intrappolava totalmente. Era prigioniero di quelle sensazioni e non riusciva in alcun modo a liberarsene. La mani di Steve. Le labbra di Steve. La voce di Steve.

Steve.

Il suo cervello riusciva soltanto tornare a Steve nonostante lui si stesse sforzando di non pensarci affatto.

Aveva svuotato il bicchiere con un lungo e veloce sorso. Il whisky gli bruciava la gola ma non ci faceva affatto caso. Era più concentrato su un dolore subdolo che non gli dava pace all’altezza del petto. Gli sembrava che la sua cassa toracica stesse per esplodere da un momento all’altro per liberare i polmoni a cui stava mancando l’aria e permettere al cuore di uscire e andare a gettarsi dal palazzo.

Aveva sofferto quando Pepper se n’era andata. Gli era sembrato che qualcuno gli avesse dato un pugno nello stomaco facendogli mancare il respiro per troppo tempo. C’era un dolore sordo all’altezza del cuore anche allora, ma questa volta gli sembrava che il cuore non avrebbe retto sul serio.

Era un cuore malandato. Lo era sul serio. Gli avevano detto che troppo stress emotivo non gli faceva bene, ma non poteva fare nulla per alleviare quel dolore visto che aveva causato tutto con le proprie mani. Avrebbe dovuto partire per un’isola tropicale e non lasciarsi portare in North Carolina. E anche una volta lì, non avrebbe mai dovuto permettere a sé stesso di guardare quell’uomo con occhi diversi. Ma lo aveva fatto. La prima volta che Steve Rogers gli aveva sorriso sapeva già di essere perduto totalmente. Peggio di una ragazzina dalla cotta facile che perde la testa per qualsiasi ragazzo carino che le rivolge la parola.

E appartenergli, anche se per un solo misero effimero istante, era stata la cosa più giusta che avesse mai fatto in tutta la sua vita. Donarsi a Steve come non aveva mai fatto prima con nessuno era stato totalizzante. Si era sentito per una volta completo. Perché quello non era solo sesso. Il sesso lo lasciava sempre con una sensazione di vuoto. Appagamento fisico, ma non emotivo.

Questo era ad un livello completamente diverso e lui lo aveva allontanato per salvarlo.

“Anthony Edward Stark!”

Con tutta la calma del mondo aveva ripreso la bottiglia in mano e si era versato una generosa quantità di whisky nel bicchiere prima di voltarsi verso la donna furente che stava uscendo in terrazzo. Aveva messo J.A.R.V.I.S. in modalità silenziosa perché non voleva essere disturbato in alcun modo, e l’intelligenza artificiale non aveva quindi annunciato l’arrivo di Natasha. Sapeva che sarebbe arrivata. La aspettava.

Aveva svuotato un’altra volta il bicchiere e si era alzato dalla sedia. Sentiva le gambe leggermente instabili e sapeva che era colpa del troppo whisky.

“Natasha, tesoro mio! Non ti aspettavo così presto!” Aveva sorriso e sapeva che questo avrebbe fatto arrabbiare ancora di più la rossa, che lo guardava come se potesse ucciderlo solo con lo sguardo. Nella sua testa probabilmente lo aveva fatto già un centinaio di volte.

“Cosa cazzo hai fatto, Tony? Internet è esploso e non hanno intenzione di bloccare la pubblicazione delle foto!”

Non era riuscito a nascondere un sorriso più genuino di quello che aveva sfoggiato quando l’aveva vista arrivare. Le cose stavano andando come voleva lui per una volta. E lei lo aveva guardato spalancando leggermente gli occhi. Natasha aveva capito tutto.

“Lo hai fatto di proposito. Tony.”

“Oh, no. Volevo solo passare una notte alternativa.” Le aveva dato le spalle concentrandosi di nuovo sull’orizzonte dorato. Non voleva guardare la delusione e frustrazione negli occhi di Natasha. “Cosa c’è di male in un po’ di sesso? Non è la prima volta che pago per farlo e non sarà l’ultima, lo sappiamo benissimo entrambi.”

“Non puoi reagire così ogni volta.”

“Almeno ora smetteranno di chiedersi chi sia il misterioso uomo con cui ero a Boston e si concentreranno su Tony Stark che ubriaco si intrattiene con due giovani ragazzi recuperati solo dio sa dove.”

“Erano 4.”

“Dettagli su quanti fossero. L’importante è che ora si concentreranno su questo e Steve potrà andare avanti con la sua vita come se non fosse successo nulla.” Aveva preso la bottiglia e aveva bevuto direttamente da questa.

“Sai che non sarà così, vero?” Natasha gli si era avvicinata. La sua piccola mano era sulla sua, che stringeva il collo della bottiglia. Lo guardava negli occhi e poteva leggervi mille emozioni. Rabbia. Frustrazione. Dolore. “Guardami negli occhi e dimmi che per te il tempo passato con Steve non ha significato nulla.”

La guardava ma non riusciva ad aprire bocca. Qualsiasi cosa avesse detto in quel momento, Natasha avrebbe capito se stesse mentendo o meno.

Aveva semplicemente abbassato lo sguardo e l’altra mano di Natasha era subito sulla sua guancia.

“Steve non merita questo. E neppure tu.” Natasha aveva sospirato e si era avvicinata ancora un po’ a lui. “So cosa stai facendo, e lo trovo totalmente sbagliato. Così farai del male ad entrambi, quando potevate risolvere tutto insieme. Come pensi che si sentirà quando vedrà il tuo nome su un nuovo scandalo?”

“Non potevo fare altrimenti. Non voglio che la stampa distrugga anche la sua vita. E starà meglio senza di me. Lo sappiamo entrambi che la gente si stanca di me dopo un po’. Lo avrebbe fatto anche lui.”

“Questo non puoi saperlo visto che lo hai mandato via.” Lo guardava negli occhi e Tony non riusciva a distogliere lo sguardo dal suo. Avrebbe voluto farlo. Avrebbe voluto voltarsi e lasciarla lì. Avrebbe voluto rinchiudersi nella propria officina e non uscirne per giorni. Ma continuava solo a guardarla. “James è andato da lui con Peter. Steve non l’ha presa tanto bene se ha lasciato Peter qui.” Natasha aveva sospira e aveva accarezzato piano la sua guancia. “E tu sei un idiota, Tony. Ma ormai il danno è fatto e non so come potrò aiutarti questa volta.”

“Va bene così, Natasha.” Le aveva sorriso leggermente, mettendo una mano sulla sua. “Andrà bene così.”


{questo doveva essere l'ultimo capitolo. Doveva finire così. Ma poi mi sono sentita una persona orrenda, e quindi ho scritto anche un epilogo.}
   
 
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