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Autore: janus_valker    22/04/2017    1 recensioni
Una volta avevo un Trattopen, e poi l'ho perso. E ho scritto questa storia sovrapponendola ad una storia d'amore mai nata.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Una volta avevo un Trattopen.
Non che mi servisse particolarmente, ma sapere che era lì, nel mio astuccio sempre a mia disposizione mi faceva sentire meglio.
Era uno vero spasso disegnare baffi a manubrio ad ogni foto con delle persone sui vari libri del liceo, ci divertivamo insieme.
Mi accorgevo che diventava una presenza sempre più costante, al punto che cominciavo ad usarlo anche per evidenziare cose importanti sui libri.
E il Trattopen era sempre lì
Poi, comprai un evidenziatore della Stabilo Boss.
Era verde. Verde acceso, quasi fosforescente.
Per evidenziare le cose era perfetto, faceva risaltare le parole, che si fissavano nella mia mente con più facilità, rispetto al sottolineare lettere nere con un Trattopen nero.
Pensai che non c'era nessun problema, in fin dei conti. Avrei utilizzato il Trattopen come avevo fatto in precedenza, ossia per disegnare baffi, barba, favoriti ai ritratti di scrittori famosi che usavano radersi la faccia e, probabilmente, anche le gambe.
Per un po' andò tutto bene. Ci divertimmo a disegnare una barba da talebano a Immanuel Kant sul libro di filosofia, senza parlare del monociglio sistemato sulla fronte di Hegel.
Ma poi cominciarono i problemi.
A volte cercavo il Trattopen nell'astuccio e non lo trovavo. Saltava fuori dopo un po', ma a quel punto avevo perso l'ispirazione, e lo ricacciavo nell'astuccio con fare infastidito.
Altre volte la punta si seccava, e l'inchiostro usciva male e sbavava dappertutto, creando infinite macchie di Rorschach all'interno delle pagine dei miei libri.
Cercai, o probabilmente mi convinsi, di non pensarci troppo. Magari era solo un brutto periodo; ne avevo avuti parecchi anche io, dopotutto.
E invece, in una giornata di sole, il Trattopen sparì.
Svuotai completamente l'astuccio, ma non ve n'era traccia.
Pazienza. Probabilmente lo avevo lasciato sulla scrivania a casa.
Ma non era così: nemmeno a casa, il Trattopen nero saltava fuori.
Cominciai a sentirmi triste, e spesso interrompevo quello che stavo facendo per cercarlo in posti in cui non avevo ancora guardato, come il libro di biologia, o il vangelo secondo Matteo, nascosto insieme ai proiettili d'argento, ai crocefissi e ai paletti di frassino.
Ma dentro di me già sapevo.
Sapevo che il Trattopen mi aveva abbandonato.
Sapevo che ora probabilmente era al sicuro in un astuccio di una persona che lo apprezzava di più.
Per molto tempo provai a convincermi che era la cosa giusta, che sarebbe stato meglio per entrambi, perché non sarei mai stato in grado di trattarlo con la cura e l'affetto che si meritava; sapevo che il suo ritorno mi avrebbe fatto provare gioia, ma sapevo anche che avrei continuato a trattarlo indegnamente.
E non sarebbe stato giusto per me, ma soprattutto non sarebbe stato giusto per lui, che avrebbe continuato a soffrire inutilmente; e io questo non potevo sopportarlo
Quindi, Trattopen, se sei in ascolto, sappi che mi dispiace per quello che ti ho fatto passare. Non sentirti obbligato a tornare, tu ormai non mi devi niente.
Ma se per caso decidessi che sono cambiato, che potrei trattarti degnamente e con l'amore che ti meriti, sappi che troverai il mio astuccio sempre aperto. Ho tenuto libero il tuo posto, tra il portamine 0.5 e la gomma che mi dura dalla terza superiore, quella con cui avevi legato tanto durante gli anni. Che risate che vi facevate, te lo ricordi?

Te lo ricordi?

   
 
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