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Autore: _Hayley_    22/04/2017    0 recensioni
Mi ricordo di quando nostra madre ci portava qui da piccoli dopo scuola. Per via della sua altezza, Len non arrivava neanche a sfiorare quell'asta di ferro. Senza rendermene conto le mie la labbra si curvano in un sorriso malinconico pensando a quella memoria. Len e io abbiamo avuto sempre un legame speciale da bambini.
[Slight-incest - RinLen]
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Len Kagamine, Rin Kagamine | Coppie: Len/Rin
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incest
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Afternoon Vibes 





 
Il rumore dei miei stivaletti che sbattono contro la ghiaia si propaga nell'aria mentre corro, trascinando mio fratello Len per il braccio. È pomeriggio, da lì a qualche ora ci saremmo dovuti recare a casa per la cena.
Io e Len riusciamo sempre a trovare del tempo per poter uscire a goderci l'aria fresca e divertirci un po', specialmente adesso che ci sono le vacanze.
Allento la presa dal suo braccio e comincio a osservare l'ambiente primaverile circostante, illuminato da diverse tonalità di arancione. Il sole sta per tramontare. Sono estasiata, mi sento come se mi trovassi lì per la prima volta, eppure conosco questo posto come le mie tasche. La nostra casa sta a pochi minuti da lì, vicino la campagna, ma non lontano dalla Sapporo centrale.
Chiudendo gli occhi inspiro profondamente, lasciando che la fresca brezza primaverile e l'odore di terra bagnata mi invadano le narici, e Len mi segue a ruota. Il cinguettio degli uccellini risuona nelle mie orecchie trasmettendomi serenità, ma li riapro di scatto quando sento il mio gemello starnutire. Arriccio le labbra in un sorrisetto compiaciuto e alla mia reazione Len alza un sopracciglio.
«Che c'è?»
«Te l'avevo detto di indossare un giubbotto, ora ti prenderai un raffreddore...»
In risposta, mi sorride divertito e scuote il capo. «Sarà il polline».
Alzo un sopracciglio. «E da quando saresti allergico al polline?» Domando confusa, mentre mi aggiusto il fiocco bianco sul capo. Non mi risponde e inizia ad aggrapparsi al palo di ferro di una giostra, sollevandosi da terra.
Mi ricordo di quando nostra madre ci portava qui da piccoli dopo la scuola. Per via della sua altezza Len non arrivava neanche a sfiorare quell'asta di ferro. Senza rendermene conto le mie la labbra si curvano in un sorriso malinconico pensando a quella memoria. Len e io abbiamo avuto sempre un legame speciale da bambini, ma ora che stiamo crescendo temo che l'intesa che abbiamo possa non esserci più in futuro. Per fortuna questo dubbio svanisce ogni volta che la gente si stupisce guardandoci e ci chiede come riescano due gemelli di quattordici anni a essere così uniti anche da adolescenti. Come se fosse scontato che l’affetto che possono provare due fratelli debba per forza diminuire quando si diventa grandi... Stupidi adulti.
«Tanto lo dici solo perché non vuoi ammettere che ho ragione! Ah, che cavolo!» Comincio scuotere e sbattere ripetutamente il piede destro, brontolando. In realtà non faccio neanche caso alle mie parole perché sono distratta dal sassolino incastrato nella mia scarpa. Osservando la mia reazione, Len ridacchia.
«Hai un sassolino nella scarpa, per caso?» Mi dice in tono canzonatorio, notando la mia espressione seccata mentre lascia la presa per poi sedersi di fianco a me, avvicinando le ginocchia al petto.
«Ah, davvero? Cosa te lo fa pen-» Non appena tiro fuori il piede dallo stivaletto, Len me lo sfila prontamente dalla mano, alzandosi di scatto. Cerco di fermarlo aggrappandomi alla stoffa dei suoi pantaloni, ma è un tentativo invano e cado di fianco.
«Ehi! Ridammelo!» Gli urlo, infastidita ma allo stesso tempo il cuore mi palpita e so già che mi divertirò. Un altro ricordo compare nella mia mente. È come se fossimo bambini di nuovo, sono momenti preziosi per me, però mi chiedo se sia lo stesso anche per lui. A volte diventa così scrupoloso e prudente che mi sembra quasi nostra madre, come se un Len più maturo e noioso dominasse la mente del vero Len, il mio Len. Lui giustifica questo atteggiamento pronunciando frasi del tipo “Siamo grandi, ormai” o “sei così ingenua”.
Mi alzo di colpo e per poco non perdo l'equilibrio nel tentativo di non toccare il terreno con il piede scalzo. Incrocio il mio sguardo accigliato con quello divertito del mio gemello, che mi provoca agitando lo stivaletto marrone in aria.
«Vieni a prenderlo, se lo rivuoi indietro. Troppo difficile, Rinny?» Mi dice con tono derisorio, mentre la luce del sole gli illumina il volto facendogli risplendere le iridi cerulee.  Improvvisamente sento le mie guance diventare roventi. Stringo i pugni, sbuffando infastidita dalla sua affermazione e comincio a inseguirlo.
Dopo vari tentativi riesco finalmente a bloccarlo, saltandogli sulla schiena e nell'impatto cadiamo entrambi sul terreno. Il mio sguardo trionfante sul suo corpo stanco. Credo mi abbia assecondata ancora una volta perché Len è molto più atletico di me. Spesso, nelle sfide, o quando giochiamo, tranne se si tratta di qualcosa che gli interessa particolarmente -come quel suo videogioco con gli zombi che lo tiene incollato allo schermo fino alle cinque del mattino- mi fa sempre vincere. Questo pensiero mi fa sorridere, ma mi trattengo.
Lo osservo dall'alto e una scossa di adrenalina attraversa il mio corpo. I suoi ciuffi biondi scombinati rendono visibile la sua fronte e le sopracciglia doppie e uno strano pensiero attraversa la mia mente, facendomi distogliere lo sguardo per pochi secondi. Sarà fortunata la ragazza che potrà stare con te.
Cerco di cacciar via quella voce e di ignorare quella strana sensazione al petto che provo ogni volta che mi trovo faccia a faccia con lui e mi concentro di nuovo sul mio ruolo. Le mie labbra si piegano in un ghigno divertito, mentre gli sfilo dalla mano lo stivaletto. Mi inginocchio al suo fianco, scuotendoglielo davanti il suo viso con l'aria soddisfatta di chi ha appena vinto il primo premio. Len sembra assecondarmi senza opporsi minimamente, seguendo i miei movimenti e guardandomi in modo serio.
«Che perdente.» Gli dico con il fiato corto, usando lo stesso tono che ha utilizzato in precedenza con me, puntandogli il naso con l'indice. Scandisco bene la parola "perdente" perché so quanto lo infastidisca sentirsela dire. Mi guarda imbronciato e si solleva fino a mettersi seduto sul prato. Rimane così per un paio di secondi e nei suoi occhi non riesco a percepire cosa volesse comunicarmi. Sembra molto serio, ma poi assume un broncio infastidito che trovo adorabile.
«Sei tu la perdente!» Mi prende di peso e mi trascina con sé sul prato umido, cominciando a punzecchiarmi i fianchi. Comincio a muovermi freneticamente, cercando di dimenarmi dalla sua presa decisa. Rido così forte che sento il petto bruciare e le lacrime iniziano a rigarmi le guance.
«Smettila, Len!»
Era diventata quasi una zuffa, fino a quando sento che allenta la presa, ma mi blocca entrambi i polsi con una mano. Si guarda attorno, come se stesse cercando qualcosa da dire, poi mi fissa di nuovo, schiarendosi la voce con fare quasi teatrale e ghigna divertito.
«Questa è la parte in cui dici “oh, Len, ti chiedo scusa! Sei il fratello migliore del mondo!”»
Spalanco gli occhi e scoppio a ridere. «Scusa? Ma se hai cominciato tu!»
Ricomincia a solleticarmi i fianchi con l'altra mano, mentre cerco di divincolarmi.
«O-ok, ti chiedo scusa...» faccio una lunga pausa. Sento la sua presa farsi più stretta.
«E poi?»
Ridacchio un po' nel momento in cui sento il suo respiro solleticarmi il collo.
«Che rompiscatole! Sei il fratello migliore del mondo! Ora lasciami andare, per favore...» dico tutto d'un fiato. Sorride compiaciuto e finalmente mi aiuta ad alzarmi. Mi osserva per un po' e sospira, distogliendo lo sguardo dal mio. «Andiamo, altrimenti mamma ci lascia fuori casa».

 
Guardo timidamente il suo profilo con la coda dell'occhio mentre avvolgo le mie braccia al suo collo. È quasi buio, il cinguettio degli uccellini ormai è stato rimpiazzato dal canto delle cicale. Non è stato difficile convincere Len a portarmi sulle spalle, lo fa molto spesso quando siamo da soli e torniamo a casa. I miei occhi si concentrano sul naso all'insù, simile al mio. Distolgo subito lo sguardo quando noto che sta per girarsi verso di me.
«Sei più pesante di prima o sbaglio?» Brontola, tirandomi su.
Arriccio le labbra in una smorfia infastidita e lo fisso assottigliando lo sguardo. Cerca di rimanere serio, ma pochi secondi dopo scoppia a ridere.
«Non è carino dire queste cose a una signorina...» 
«Però le vere signorine non saltano addosso ai ragazzi. E non si sporcano di fango!» Scherza utilizzando lo stesso tono di voce che utilizzerebbe nostra madre.
In risposta spalanco gli occhi incredula, e spiazzata dalla sua sfrontatezza gli tiro il lobo dell'orecchio per punizione.
Len ha molte qualità, una di queste è la gentilezza, cosa che nostra madre apprezza molto, essendo una specie di fanatica delle buone maniere. Lei però non sa che queste regole non vengono spesso rispettate quando non siamo in sua presenza, e Len lo sta dimostrando proprio adesso.
«Ehi! Io sono una signorina a tutti gli effetti...» Mi fingo offesa, girandomi dal lato opposto così che lui non possa vedere il mio sorriso divertito.
«... Beh, forse non sempre», borbotto a bassa voce senza girarmi. Sento i suoi occhi puntati su di me, e dopo un po' mi giro verso di lui. «Dovrai farti perdonare!» Protesto, abbassando lo sguardo.
Len ridacchia appena nota il mio broncio. Continuo a fingermi offesa, ma in realtà lo faccio solo perché aspetto la sua “frase magica”, quella che pronunciava sempre quando eravamo piccoli e giocavamo al cavaliere e la principessa.
«E cosa vuole la mia principessa?» Mi domanda, accennando un sorriso. Il mio cuore sobbalza. Fingendomi disinteressata alla sua galanteria e affettuosità, faccio spallucce.
«Gelato al tè verde.» Dico seria. Dopo una lunga pausa, mi osserva accigliandosi. Il suo sorriso svanisce, trasformandosi in un broncio.
«Ma lo sai che spetta a me l'ultimo barattolo...» Mugola abbassando lo sguardo. «L'abbiamo deciso insieme, ricordi?»
Cerco di non farmi tradire dall'impulso di abbracciarlo forte, perché è così carino quando mostra il suo lato più debole. Sentendomi un po’ in colpa, mi sporgo verso di lui fino a toccargli la guancia con le mie labbra, pressandole così fortemente sulla pelle morbida e nivea da fargli strizzare entrambi gli occhi,  stringendolo forte.
«Va bene, te ne lascio un po'.»
«R-Rin...» Non mi sono resa conto che stava quasi per soffocare, così lo libero dalla mia presa e scoppio a ridere. Poggio la mia guancia sinistra sulla sua spalla, accoccolandomi a lui e respirando il suo profumo di pulito. Lo guardo e gli sorrido.
«Ti lascio quello che rimane sul fondo!»








N.d.A
Se siete arrivati fino a qui vi meritate un-anzi, tanti, tantissimi biscottini! Scherzi a parte, questa è la prima fanfiction che pubblico su EFP, pur essendo iscritta da 7 anni, anche se scrivo da più tempo. Sono da sempre stata un'appassionata di questa coppia, e chi li ama quanto me sa benissimo quante lacrime io abbia versato. Essendo canonicamente senza alcuna personalità e relazione, mi è sempre piaciuto rappresentare i Kagamine come due gemellini molto uniti tra loro -la colpa è della canzone Adolescence-, con un legame unico. Di solito mi piace immaginare che conducono anche loro una vita normale. L'ispirazione è nata appena ho visto la foto che ho aggiunto! Vi ringrazio di cuore per la lettura.
  
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