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Autore: _Heide    23/04/2017    1 recensioni
Aprì bocca e borbottò qualche parola inutile che nessuno avrebbe ascoltato.
“Era mio padre, era tutto ciò che avevo, tutto ciò che abbia mai avuto.” aveva detto la sera prima a Tiberius. Aveva cercato di aiutarlo a trovare qualche parola da utilizzare per l'elogio funebre ma Ty era un ragazzo di poche parole, uno di quelli che dice solo lo stretto necessario e non si lascia sfuggire parole superflue. Quel giorno Kit non riuscì a ripetere nemmeno quelle poche parole.
[ Ty/Kit!AU | Potete considerarla BrOTP o pre-slash | Accenni generali ad altri personaggi | Non ha una trama precisa ]
Genere: Angst, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Kit Rook, Tiberius Blackthorn
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Broken Souls

 

Era stato lui a dover parlare, perché nessun altro l'avrebbe fatto altrimenti.

Nessuno lo conosceva e non “nessuno lo conosceva come lui”, semplicemente nessuno lo conosceva perché Johnny Rook non era una persona che faceva conoscenza con la gente. Si sentiva costantemente perseguitato da chiunque, diceva che i demoni erano sempre in agguato e che il mondo non era adatto a persone come loro. Tutti lo consideravano pazzo e Kit sapeva che lo era. Non serviva che nessuno glielo dicesse, non era stupido: riusciva a capire quando suo padre, l'unica persona con cui viveva iniziava a sbraitare in preda alle allucinazioni e sapeva che non era affatto normale.

Ty gli ripeteva di continuo di chiamare qualcuno, farlo aiutare, ma Kit si rifiutava ogni volta.

Non avrei nessuno da cui andare, mi prenderebbero i servizi sociali.” ripeteva, in risposta al suo migliore amico – al suo unico amico.

Puoi venire a stare da noi. Julian, Helen e Mark sono maggiorenni, possono provare a prenderti in affidamento. E lo zio Arthur.”

Però Kit scuoteva sempre la testa affranto, convinto che avrebbe potuto benissimo continuare a vivere così, almeno finché non sarebbe diventato maggiorenne.

Poi era successo. Quello che temeva da sempre.

In una delle solite crisi, suo padre si era fatto del male – tanto male – e non era sopravvissuto.

Kit era a scuola e si sarebbe per sempre incolpato di ciò, perché sarebbe dovuto rimanere con lui, perché avrebbe dovuto cercare di aiutarlo, doveva chiamare qualcuno. Non l'aveva fatto e suo padre era morto. Non avrebbe mai dovuto pensare di poter portare avanti quel segreto, il segreto di un padre mentalmente instabile. Era un fardello troppo grande per lui, per un ragazzo di quindici anni, orfano di madre e con un solo vero amico di cui potersi fidare, con cui poter condividere un poco di tutta quella sofferenza, per farsi aiutare a sorreggere quel peso immenso che non lo lasciava nemmeno dormire senza che si sentisse soffocare.

Non erano state poche le volte in cui, nel mezzo della notte, suo padre si svegliava e iniziava a girare per casa sbattendo pentole e posate e borbottando fra sé che “quei maledetti demoni mantide non oseranno avvicinarsi a casa nostra, non di nuovo”.

Erano quelle le notti in cui, come percependo l'agitazione di Kit, questo riceveva i messaggi di Ty.

Non dormi?

Gli scriveva. E gli bastava un semplice “no” da parte dell'altro per far sì che una decina di minuti dopo, Tiberius bussasse alla finestra di camera sua.

Kit la apriva e subito dopo aver rimesso il padre a letto, assicurandogli di aver controllato che tutti i cerchi di protezione fossero intatti e le finestre chiuse, si stendevano uno accanto all'altro sul materasso da una piazza e mezzo nella camera dalle pareti spoglie.

Stavano lì tutta la notte a sussurrare per non rischiare di svegliare di nuovo Johnny nell'altra stanza. Non dormivano quasi mai, ma quando succedeva che si addormentassero i brutti sogni non arrivavano mai per nessuno dei due. Kit dimenticava la malattia del padre e Ty riusciva a rinchiudere in un angolo lontano della sua mente il fatto che fosse orfano di entrambi i genitori e che se non fosse stato per lo zio che aveva la loro custodia e Julian che si prendeva costantemente cura di tutti i suoi fratelli, lui non sarebbe mai stato lì, con Kit.
 

¨¨

Al funerale di Johnny Rook c'erano poche persone.

Kit, Tiberius Blackthorn, tutti i suoi fratelli e un paio di persone nel vicinato che guardavano il ragazzino con compassione. 
Kit odiava essere compatito, odiava sentirsi osservato e odiava il fatto che ci fossero quelle persone: persone che non avevano mai rivolto la parola a lui o al padre perché sospettavano che fosse pazzo, che non avevano mai offerto loro il proprio aiuto, che appena svoltavano l'angolo iniziavano a borbottare cattiverie nei loro confronti. Come se non lo sapessi, pensava mentre il prete diceva qualche parola per il padre.

Il ragazzo non avrebbe voluto parlare, non aveva nemmeno preparato niente da dire.

Aprì bocca e borbottò qualche parola inutile che nessuno avrebbe ascoltato.

Era mio padre, era tutto ciò che avevo, tutto ciò che abbia mai avuto.” aveva detto la sera prima a Tiberius. Aveva cercato di aiutarlo a trovare qualche parola da utilizzare per l'elogio funebre ma Ty era un ragazzo di poche parole, uno di quelli che dice solo lo stretto necessario e non si lascia sfuggire parole superflue. Quel giorno Kit non riuscì a ripetere nemmeno quelle poche parole: erano troppo personali, lo rendevano troppo vulnerabile; non le avrebbe mai pronunciate davanti a quelle persone. Dopo che ebbero sepolto la bara di legno scuro, semplice e poco costosa, le persone iniziarono ad andarsene rapidamente dopo qualche “mi dispiace per la tua perdita” e un “condoglianze” pronunciato sommessamente con una mano poggiata sulla spalla del ragazzo. Alla fine rimasero solo lui e Ty, come era sempre stato e come speravano sarebbe successo per altrettanto tempo.

Se ne stavano uno accanto all'altro, seduti a gambe incrociate sulla terra che era stato buttata lì poco prima per riempire la buca della bara, le ginocchia che si sfioravano leggermente. Kit fissava insistentemente la lapide davanti a loro, leggeva e rileggeva la scritta “Johnny Rook” come se, facendolo abbastanza intensamente, sarebbe stato in grado di annullare quel momento, di tornare indietro e riavere suo padre con tutti i suoi difetti e anche di più: non gli importava nulla ormai, non gli interessava quanto lo avesse fatto soffrire e stancare in quegli anni quando era lui a prendersi cura del genitore invece che viceversa, come sarebbe dovuto essere. Voleva solo avere suo padre lì, vivo, a stringergli le braccia attorno con fare protettivo, cercando di separarlo da qualunque demone stesse vedendo al momento.

Ty, invece, teneva gli occhi bassi, sul terreno che ricopriva la fossa, più scuro rispetto a quello intorno a quel rettangolo freddo. Aveva sempre apprezzato il silenzio, soprattutto quello con Kit: lo rilassava e lo metteva a suo agio come forse solo la sua gemella Livvy sapeva fare. D'altro canto, però, odiava quelle situazioni in cui la gente vicino a lui soffriva e lui non sapeva fare nulla per consolarle, per aiutarle ad uscire dal baratro buio in cui stavano precipitando inesorabilmente. L'altro sapeva benissimo come si stesse sentendo Ty in quel momento, sapeva che avrebbe voluto solo infilarsi le cuffie ed isolarsi dal mondo com'era solito fare quando tutto diventava semplicemente troppo per lui, dunque apprezzò ancora di più lo sforzo che stava facendo per rimanere così immobile accanto a lui; lo stava facendo solamente per Kit e ne erano perfettamente consapevoli entrambi.

«Non pensavo che mi sarebbe mancato così tanto sentire le sue urla, i suoi passi nel cuore della notte mentre chiude tutte le finestre e disegna strani simboli per terra.» sussurrò quella notte sul letto di Ty, steso a pancia in su mentre fissava il soffitto. Dei raggi di luna si affacciavano timidamente all'interno della stanza, accarezzando con delicatezza i libri di Sherlock Holmes posati precisamente sul comodino.

Lui non rispose, non avrebbe saputo cosa dire e non avrebbe riempito quel silenzio così significativo ed essenziale con delle stupide parole di circostanza che non potevano nemmeno essere paragonate alla pesantezza di quella mancanza di parole.

«Non-» si fermò, senza fiato. «non gli ho mai detto che lo perdonavo.»

Ty si voltò lentamente verso di lui, puntandogli addosso i suoi perforanti occhi grigi ed unendoli a quelli blu del biondo. Non gli era mai piaciuto il contatto visivo diretto con le persone, ma con Kit era sempre tutto diverso.

«Una volta, in un momento di lucidità, mi ha chiesto scusa.» prese un respiro profondo, rilassato dal tocco delicato di Ty che gli fece scorrere il dorso della mano sul proprio, in un modo così naturale che non poteva non essere giusto.

«Mi ha detto che gli dispiaceva di avermi spaventato con quelle grida terrorizzate, gli dispiaceva di non riuscire a controllarsi.» Adesso le loro dita erano intrecciate. Kit le strinse con disperazione, come se fossero l'unica cosa a tenere insieme tutti i suoi pezzi. Gli affondò le unghie nella pelle e gli fece male, ma Ty non si mosse e non fece nessuna smorfia continuando semplicemente a guardare il blu limpido dei suoi occhi. «Ricordo perfettamente il modo in cui mi ha chiesto “riuscirai mai a perdonarmi?”, gli tremava la voce...» e in quel momento tremava anche a lui, al ricordo degli occhi del padre umidi di lacrime, sentendo nella sua testa rimbombare quelle parole con un tono che lasciava trapelare tutta la vulnerabilità e la debolezza che aveva provato Johnny Rook in quell'attimo di quello che ormai sembrava tanto tempo addietro. «Non gli ho risposto, Ty.»

Una lacrima gli solcava la guancia sinistra e il ragazzo dai capelli corvini si sporse quel tanto che bastava per permettersi di spazzargliela via con i polpastrelli delicati della mano destra.

«Non gli ho mai risposto.» ripeté. A quel punto Ty non ce la fece più a vedere quegli occhi sofferenti e si tirò il ragazzo contro, gli fece poggiare il capo sul proprio petto e gli immerse la mano fra i capelli biondi; Kit affondò la testa nell'incavo del collo di Tiberius e continuò a sussurrargli quelle parole, senza fermarsi, la voce strozzata attutita dal corpo caldo e asciutto dell'altro.

«Lui lo sa.» gli disse allora, con voce rassicurante, la voce che usava solo con lui. «Sa che lo hai perdonato.»

Kit piangeva sommessamente, mentre teneva ancora il volto nascosto nel collo di Ty; rimasero così per ore e ore, senza spostarsi nemmeno di un millimetro per non far scoppiare quella bolla che si era formata loro attorno, una bolla in cui potevano abbattere tutte le barriere che li separavano dal mondo e mostrare tutte le crepe che avevano le loro anime.

Stretto a Ty, Kit si addormentò. 

 


Brevissime note:

Dunque, volevo solo salutarvi miei cari Shadowhunters e dirvi che questa è la mia prima fan fiction in questa sezione nonostante faccia parte del fandom da ormai tantissimi anni, diciamo che non avevo mai trovato il coraggio di pubblicare qualcosa qui perché questa saga è troppo importante per me e non mi sentivo pronta... Avevo pubblicato una brevissima Saphael nella sezione della serie TV, ma sinceramente non so se valga come questa sezione (?) boh, lasciate perdere i miei calcoli mentali, sorvoliamoli direttamente. 

Ci tenevo anche a dirvi che è la seconda "cosa" pre-slash che pubblico, concedetemela e passatemi anche tutta la storia in generale perché l'ho scritta adesso e sì, è l'una di notte. 

Volevo solo scrivere qualcosa sui Kitty perché Ty è un amore troppo prezioso e Kit mi intriga da morire. Poi c'erano pochissime (qui zero) fan fiction su di loro e volevo rendermi utile ad aumentarle (con vostra immensa gioia)... 

Come già detto nell'introduzione non ha una vera trama elaborata, anche se sarebbe meglio dire "lineare" e mi dispiace ma io so fare solo cose incasinate, dunque chiedo venia.

Siccome dovevano essere note brevi sto zitta anche se sicuramente dimentico qualcosa di importante che avrei dovuto scrivere, ma che invece ha sicuramente ceduto il posto a cose inutili. Almeno sono sicura di qualcosa nella vita, no? Della mia sicurezza nel sorvolare le cose importanti e perdermi nell'utilità.

Ho riletto la storia però, ripeto, è l'una e ho sonno probabilmente mi sono persa qualcosa: giuro che domani la ricontrollo e no, non la pubblico domani perché volevo farlo adesso (ho sentito l'impulso di farlo oggi, anche se in realtà adesso oggi è domani, ma tsssh!) 

La smetto!

A presto, spero!

Fatemi sapere cosa ne pensate, con una recensione o aggiungendo la storia alle preferite/ricordate/seguite (non mi ricordo se ci sono altre cose, ho sonno, scusate). 

Ora vado veramente, 
Buonanotte, 
Ginevra ♥

   
 
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