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Autore: steffirah    23/04/2017    1 recensioni
L'esperienza del primo amore, gli effetti della pubertà, la tristezza della solitudine, il desiderio di rincontrarsi, la fiducia nel destino. Tutto può essere possibile nell'impossibilità dei loro universi, è sufficiente crederci.
[Prompt della Shaosaku week dal 29/02 al 06/03/2016]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sakura, Syaoran
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Retrouvailles: The happiness of meeting or finding someone again after a long separation



If I could fly I'd be coming right back home to you.  

Mi guardai allo specchio, chiedendomi se fosse possibile far crescere all'improvviso delle ali sulla mia schiena. Dopotutto, ciò era scritto nel mio nome. Ma se fosse stato possibile, sarei stato in grado di attraversare le dimensioni? Avrei potuto vedere esaudito un ultimo desiderio? Avrei avuto un'altra possibilità, quella di cominciare una nuova vita, insieme a colei che tanto mancavo?
Talvolta mi sorprendevo di me stesso, soprattutto quando ragionavo sul fatto che tutto era cominciato per un mio egoistico desiderio di trovare Shaoran. E adesso invece volevo tornare sui miei passi e poter scegliere di stare con lei. Di restare al fianco di Sakura.
Portai una mano sugli occhi, facendo svanire il mio riflesso, accogliendo l'oscurità, da tempo mia fedele compagna. Mi sentivo un essere spregevole e a volte mi chiedevo quanto meritassi di vivere. Avevo fatto soffrire troppe persone, avevo distrutto le leggi dell'universo, avevo provocato il caos, il tutto per il mio puro egoismo.
Normalmente riuscivo a non pensarci, ad andare avanti, a cercare di trovare soluzioni che potessero rimediare ai danni che avevo provocato.
Tuttavia c'erano momenti, periodi, soprattutto durante la notte, quando venivo lasciato da solo, quando la “incontravo” nei miei sogni, in cui venivo sopraffatto dallo sconforto. In cui volevo piangere, come un bambino, dare sfogo a tutte le mie debolezze.

I'm missing half of me when we're apart.  

Potevo essere forte, potevo andare avanti. Potevo sorridere e lottare e fingere che tutto andasse bene. Fingere che io stessi bene. Potevo convincermene, potevo dirmi che tutto ciò che contava era la consapevolezza del nostro amore e quello bastava. Se pensavo a tutte le persone che venivano separate e continuavano ad amarsi come il primo giorno mi sentivo ridicolo. Non avevo poca fiducia in Sakura, affatto. E nemmeno in me stesso. Non l'avrei mai tradita, non mi sarei mai invaghito di nessun'altra, neppure se si fosse trattata di una Sakura di un'altra dimensione. Non sarebbe stato possibile, perché non sarebbe stata lei. Non la mia Sakura.
Eppure talvolta ci pensavo: a quanto poco tempo avessimo trascorso insieme rispetto a quello in cui eravamo stati separati. Pensavo a come mi struggevo, mentre l'altro me stesso aveva avuto la possibilità di conoscerla e stare al suo fianco. Ma adesso lui era sparito. Mio padre era svanito, insieme a mia madre. E io, allora...
“Io chi sono?”
Osservai nuovamente il mio riflesso, tentando di riconoscermi in quel viso triste. In quegli occhi abbandonati alla solitudine. Non ero solo, certo. Fay, Kurogane e Mokona erano diventati come una famiglia. Ma qualcosa mi mancava. La mia identità. La certezza di essere qualcuno. L'appartenenza ad un nido. La mia unica sicurezza. Sakura...
Mi stesi sul letto, nascondendomi gli occhi con un braccio. Piansi in silenzio, non volendo svegliare e far preoccupare gli altri. Un dolore tremendo mi colpì il cuore, annebbiando la mia mente, finché stremato, spossato, distrutto nello spirito, riuscii ad addormentarmi.
Senza sognare assolutamente nulla.

I've got scars, even though they can't always be seen and pain gets hard, but now you're here and I don't feel a thing.

Quando volse il giorno era come se non avessi affatto riposato. Mi sentivo persino più stanco, le tempie pulsavano a un ritmo martellante. Ma dovevo darmi una regolata e trovare la forza di alzarmi. Il coraggio di affrontare un nuovo giorno.
Sospirai amareggiato e mi sforzai di aprire gli occhi, nonostante le palpebre pesanti. Attraverso la vista offuscata mi accorsi che qualcosa non quadrava. Udivo il frusciare del vento e sulla mia testa scorgevo il velo di un baldacchino. Tende bianche, trasparenti. Mi sembrava di averle già viste, ma di certo non c'erano quando ero andato a letto in quella stanza quasi spoglia. E poi, c'era troppa luce.
Stavo sognando? In tal caso, mi sarebbe bastato chiudere gli occhi e attendere di svegliarmi altrove.
Meditai, per un piccolo istante, sul fatto che Mokona avrebbe potuto trasferirci mentre dormivamo. Tuttavia non era mai successo, quindi non lo ritenevo possibile.
Mi voltai su un fianco e stavo per richiudere gli occhi quando mi ritrovai a trattenere il fiato fin troppo a lungo. Mi pietrificai. Ora era quasi sicuro che fossi ancora intrappolato nei miei meschini sogni. Eppure ci stavo cascando in pieno.
Non riuscivo a staccarle gli occhi di dosso.
Non riuscivo a muovermi, nonostante avessi voluto farmi un po' più distante per osservarla interamente.
E se fosse stato un bel sogno che ben presto si sarebbe trasformato in un incubo?
Mi morsi le labbra, mettendomi seduto, sperando di riuscire a liberarmene prima che la situazione degenerasse. Evidentemente il mio rapido spostamento dovette svegliarla. Mi sentii in colpa per averla disturbata, ma d'altronde si trattava soltanto di un sogno, no? Un sogno crudele, tra l'altro. Qualche divinità da qualche parte si stava dilettando a giocare con i miei punti deboli.
La vidi aprire un occhio alla volta e sbadigliare, alzando la testa dal letto e stiracchiarsi, mentre una sua mano era ancora stretta nella mia. Con la sinistra si stropicciò gli occhi e quando la riabbassò il suo sguardo era ancora sonnecchiante. Ma era bellissima. Esattamente come la ricordavo.
Trattenni nuovamente il fiato. Non era divertente, per niente. Dovevo svegliarmi a tutti i costi, non potevo rifugiarmi in un dolce sogno in cui lei era al mio fianco.
«Shaoran?» La sua voce, ancora impastata dal sonno, fu il colpo di grazia. Come potevo rifiutarla, anche se fosse stata un’effimera proiezione della mia mente?
«Sa-Sakura...», sussurrai con un filo di voce, esitante, quasi volessi una conferma che fosse davvero lì, presente.
Lei sgranò gli occhi, portandosi entrambe le mani alle labbra. Era come se avesse appena realizzato qualcosa. Un qualcosa che mi era ancora oscuro.
Si gettò tra le mie braccia, stringendomi fortissimo. Il cuore mi finì in gola. Non poteva neppure minimamente immaginare quanto mi era mancato sentirla così vicina.
Ricambiai la stretta, sprofondando il viso tra la sua clavicola e il suo collo, respirandola, ascoltando i suoi gemiti, la sua voce che continuava a chiamarmi e ripetermi «Bentornato.», percependo i suoi battiti cardiaci, dimenticando la mia supposizione. Lei era lì, viva, in carne ed ossa. Non era una proiezione, non era uno spettro, non era un'illusione, non era uno scherzo del destino.
«Sono tornato.», sussurrai, ancora incredulo. Non capivo ancora come fosse successo, ma era senz'altro così. Potevo immaginare molte cose, ma non l'odore e il calore della sua pelle. Non la sua voce così nitida, e distinta. Non le sue lacrime che rigavano anche le mie guance.
La guardai, asciugandogliele con le mie labbra.
«Non riesco a crederci.», singhiozzò, ma non era affatto triste. Il suo sorriso coinvolgeva i suoi occhi, facendoli splendere come luce del mattino. «Mi sei mancato così tanto.»
Mentre le sue lacrime non cessavano di cadere asciugò le mie con i polpastrelli. Le tremavano le mani. Le sue labbra erano umide, bagnate da quelle piccole perle che parevano irrefrenabili. Un pensiero orribile attraversò i miei pensieri. Quanto la avevo costretta a soffrire? Poi mi diedi una risposta da solo. Avevo fatto a lei un torto orribile, lo stesso che avevo fatto a me medesimo. Ma ora andava tutto bene. Purché lei fosse al mio fianco, sarebbe andato tutto bene.
Le sorrisi, carezzandole il viso. Mi sentivo finalmente leggero, in pace. Le sue guance arrossirono, ma quelle labbra continuavano a contenere a stento la gioia, quello sguardo liquido continuava a rivolgersi direttamente ai miei occhi. La osservai, senza distogliere neppure per un istante lo sguardo, e così le aprii il mio cuore.

For your eyes only, I show you my heart.


 
 
NdA: 
Perdonate l'estremo ritardo! Ma quanto meno siamo giunti alla fine, quindi ringrazio tutti coloro che hanno letto questa breve raccolta ^_^ So di non essere bravissima, e spero di non aver fatto troppi errori ç.ç  
Riguardo quest'ultima one-shot, è incentrata su un piccolo momento di debolezza. Penso che capiti a tutti, prima o poi, di sentirsi persi e colpevoli, ma alla fine la luce tornerà sempre a risplendere. Quindi, non abbandoniamoci mai allo sconforto!
Come qualcuno avrà capito, l'idea mi è venuta ascoltando la canzone dei One Direction "If I could fly". Penso che si noti che è la prima volta che scrivo una sorta di song-fic haha Devo ancora migliorare molto, e ce la metterò tutta!
Un grazie ancora a voi che leggete, siete stati molto carini a giungere fin qui.
Tanti abbracci, 
Steffirah
  
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