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Autore: gattina04    23/04/2017    3 recensioni
È un momento tranquillo ed Emma ha tutto ciò che ha sempre cercato e voluto; non c’è niente che possa desiderare, nemmeno il giorno del suo compleanno, ad eccezione di un piccolo insignificante rammarico. E sarà proprio quel pensiero a stravolgere completamente la sua esistenza catapultandola in un luogo sconosciuto, popolato da persone non così tanto sconosciute. E se ritrovasse persone che pensava perse per sempre: riuscirà a salvarle ancora una volta?
E cosa succederà a chi invece è rimasto a Storybrooke? Riusciranno ad affrontare questo nuovo intricato mistero? E se accadesse anche a loro qualcosa di inaspettato?
Dal testo:
"Si fermò e trasse un profondo respiro. «Benvenuta nel mondo delle anime perse Emma»."
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino, Nuovo personaggio, Robin Hood, Un po' tutti
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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14. Non entrare in quel portale
 
POV Emma
Sentivo il cuore martellarmi forte nel petto mentre, stringendo l’anello di Liam in una mano e la torcia nell’altra, correvo a perdifiato lungo il corridoio dal quale eravamo appena passati. Avevo preso la mia decisione ed ero assolutamente convinta di ciò che stavo facendo. Stavo mettendo in pericolo la mia vita, ma seguivo pur sempre il mio istinto; non avrei potuto convivere con me stessa se non ci avessi nemmeno provato. Era la cosa giusta da fare: adesso che tutti erano al sicuro potevo pensare ed agire liberamente senza il terrore di sacrificare il loro avvenire.
«Emma! Emma maledizione!». All’improvviso una voce rimbombò attraverso lo stretto corridoio, il volume amplificato dalle opprimenti pareti di pietra. Sapevo benissimo a chi apparteneva e mi si gelò il sangue nelle vene al pensiero di colui che mi stava inseguendo. Purtroppo per me, prima di guadagnare la sua salvezza, doveva aver notato la mia espressione e aver visto la mia ritirata.
«Dove diavolo stai andando? Fermati». Sentii Charlie arrancare alle mie spalle, probabilmente in difficoltà nel corrermi dietro attraverso quel basso soffitto di pietra.
«Torna indietro Charlie!», urlai ansimando. «Io arrivo, devo solo fare una cosa». Continuai a correre sperando che le mie parole potessero in qualche modo convincerlo. Tuttavia sapevo che non l’avrebbero fatto; lui non mi avrebbe mai lasciato andare senza una spiegazione.
«Fermati!». Il suo tono era rabbioso e pieno di collera. «Maledizione Emma! Ti prego aspettami». Non fu tanto la sua supplica a farmi inchiodare quanto il tono della sua voce. Era passato dalla rabbia alla paura in meno di un secondo e non era preoccupato per sé ma lo era per me. Quel “ti prego” pronunciato con quell’intensità aveva avuto effetto più di mille altre parole.
Il rumore dei suoi passi si fece via via più intenso fino a quando non comparve davanti a me, con il respiro affannato e l’espressione sconcertata.
«Oh mio Dio!», ansimò fermandosi e portandosi una mano al petto. «Cosa stai facendo?».
«Charlie torna indietro ti prego, io ti raggiungerò te lo prometto. Devo solo fare una cosa importante prima, vai al sicuro con gli altri».
«Sei per caso impazzita?». La rabbia sostituì di nuovo lo stupore. «Pensi che me ne torni indietro e che ti lasci qui da sola? Non ti basteranno due parole per riuscire a convincermi. Quindi se non vuoi che ti riporti di peso al portale, dimmi cosa diavolo sta succedendo».
Mi morsi le labbra valutando le opzioni che avevo, mentre gli occhi neri di Charlie dardeggiavano nei miei. Non ci sarebbe stato modo di convincerlo se non dirgli la verità; ma anche se fossi stata sincera dubitavo che avrebbe acconsentito a lasciarmi andare da sola. Purtroppo avevo tentennato e avevo permesso a Charlie di vedere oltre i miei muri. La dura e impenetrabile Emma era sparita da tempo e adesso a pagarne le conseguenze era rimasto soltanto il mio nuovo amico.
«Euridice mi ha rivelato un segreto», confessai, «prima di ripartire. Mi ha detto una cosa molto importante ed io devo farlo. Ho bisogno che tu mi lasci andare adesso».
«Emma maledizione parla chiaro!». La sua espressione mi convinse a cedere del tutto.
Presi un profondo respiro e mi preparai a dire tutta la verità. «C’è l’ambrosia, qua sotto c’è l’ambrosia». Vidi il suo volto passare dallo stupore alla speranza, segno evidente che sapeva quali effetti avrebbe potuto avere quel magico frutto. Era proprio per quella speranza che avevo deciso di tornare indietro e di rischiare la mia vita.
«E perché diavolo non ce l’hai detto prima?». Ecco la domanda del secolo.
«Perché coglierla potrebbe far saltare tutto, potrebbe far scattare la valvola di sicurezza di questo dannato posto».
«Potrebbe far sparire il portale», affermò capendo le conseguenze di ciò che mi stavo accingendo a fare. Non sapevo se avrebbe chiuso il portale, ma secondo Euridice non avrei avuto più molto tempo per tornare indietro.
«D’accordo», aggiunse fissandomi con uno sguardo deciso. «Allora sbrighiamoci».
«Senti Charlie, tu non puoi…».
«Emma», mi fermò prima che potessi continuare. I suoi occhi si incatenarono ai miei, fissandomi con un’intensità tale da farmi mancare il respiro. «In nessun caso ti impedirò di andare, ma non ti lascerò da sola. Per tutta la vita mi sono sentito responsabile delle mie azioni e adesso mi stai dicendo che c’è un modo perché quella splendida ragazza, che tu hai appena contribuito a mettere in salvo, possa riavere la sua vita. Io non ti permetterò di escludermi perché io ho davvero bisogno di farlo». Era la sua possibilità di redenzione, lo capivo e lo rispettavo ancora di più per questo.
«Va bene», acconsentii. «Però sbrighiamoci». Mi voltai e ricominciai a camminare a passo spedito verso l’entrata di quel tortuoso corridoio. Lasciai che il silenzio calasse tra di noi e mi concentrai invece solo sulla strada da seguire. Sapevo che presto saremo arrivati al burrone col ponte invisibile e il solo pensiero di ripercorrerlo altre due volte mi metteva i brividi.
D’altro canto anche Charlie non sembrava in vena di fare conversazione, soprattutto dopo quello che c’era stato tra di noi. Avevo accettato la sua presenza, ma non avevo certo dimenticato il limite che lui stesso aveva superato. E di sicuro non poteva non essersi accorto della freddezza con cui l’avevo trattato fino ad allora.
Senza dire una parola arrivammo al ponte invisibile e altrettanto silenziosamente ci apprestammo a superare quell’ostacolo. Mi chiesi cosa stessero facendo Robin e gli altri nel frattempo, se si stessero domandando cosa ci era successo, ma accantonai quel pensiero per concentrarmi sui miei passi. Era probabile che fossero tutti preoccupati, ma Milah era abbastanza intelligente da impedire a chiunque di tornare indietro. Su questo potevo essere certa.
Quando arrivai dall’altra parte sana e salva, mi fermai solo un attimo per verificare che anche Charlie avesse superato quell’ostacolo e poi ripresi a camminare con determinazione.
Sentii il cuore battermi all’impazzata nel petto e mi parve di avere lo stomaco sottosopra. Sapevo cosa stavo per affrontare e speravo soltanto che almeno quello non fosse un buco nell’acqua come lo era stato la ricerca dell’ambrosia per Killian nell’Oltretomba.
«Emma». La voce di Charlie mi fece sobbalzare. «So che mi stai evitando per ciò che è successo tra noi…». Non mi voltai, ma dal suo tono potevo intuire che stesse cercando le parole giuste per continuare.
«Mi dispiace», sussurrò non sapendo cos’altro aggiungere.
«Lo so». Ed era vero: anche se continuavo ad essere arrabbiata con lui, sapevo che Charlie stava soffrendo per i sentimenti contrastanti che provava.
«Era da molto tempo che non trovavo qualcuno capace di smuovermi come hai fatto tu».
Mi voltai di colpo sentendo quelle parole, costringendolo ad inchiodare per non venirmi addosso. «Charlie te l’ho ripetuto più di una volta: tu hai una visione completamente sbagliata di te stesso. Dovresti imparare a perdonarti, davvero. Io penso che tu sia una bella persona, però ciò non significa che io ricambi i tuoi sentimenti».
«Lo so». Questa volta fu lui a doverlo ammettere.
«Quello che sto cercando di dirti», continuai, «è che per me sei un buon amico, potresti essere un ottimo amico, ma non potrai mai essere di più. Non hai nessuna speranza di poter competere per il mio cuore perché non c’è mai stata alcuna competizione. C’è Killian ed io sono completamente e totalmente innamorata di lui; però se continui così non avrai neanche la speranza di restarmi amico». Avevo detto le cose in maniera chiara e diretta, non avevamo più tempo per i giri di parole.
«Sì l’ho capito», ribatté, «ed è per questo che ti sto cercando di chiederti scusa. Non oltrepasserò più il limite, cercherò di essere un buon amico, te lo prometto».
Studiai la sua espressione per capire se fosse sincero. Il mio superpotere non sbagliava mai e anche in quel momento potevo sapere con certezza che mi stava dicendo la verità o che almeno ci stava provando. «D’accordo».
Feci per voltarmi, ma mi fermò stendendo una mano davanti a me. «Amici?».
Esaminai ancora la sua espressione prima di stringere la sua mano. «Amici». Mi voltai e ripresi a camminare, decisamente più sollevata dopo quel nostro piccolo chiarimento. La situazione con Charlie era stata tesa fin da quando mi aveva baciata e stranamente faticavo a mantenere il mio aspetto freddo e distaccato con lui. Era una delle poche persone che riusciva a tirarmi fuori dal mio guscio; probabilmente, se avessimo trovato l’ambrosia e se lui fosse venuto a Storybrooke, avrebbe continuato ad essere quell’amico a cui avevo imparato a volere bene.
Non ci occorse molto tempo per riuscire a tornare all’arcata, là dove avevamo trovato le due mezze colonne. Era tutto esattamente identico a prima e non sapevo quali effetti avrebbe comportato l’aprire il passaggio verso l’ambrosia. Beh sicuramente l’avremo scoperto presto.
«Adesso che facciamo?», mi chiese Charlie, fermandosi davanti all’arco attraverso cui era riuscito ad uscire anche senza il mio aiuto. «Dov’è l’ambrosia?».
«Qua». Senza aggiungere altro mi diressi verso l’altra mezza colonna. Come avevo previsto la mia magia era tornata ad essere funzionante non appena uscita da quella magica porta di pietra. Probabilmente anche per l’altro passaggio sarebbe stato lo stesso. Potevo usare i miei poteri per aprire quella che doveva essere una seconda porta, ma una volta dentro sarei tornata ad essere uguale a tutti gli altri.
Senza perdere tempo mi apprestai a convogliare la mia magia, come avevo fatto in precedenza. Esattamente come per l’altro passaggio, una volta svolto il mio compito, comparve davanti a noi una seconda arcata del tutto identica a quella che ci aveva condotto al portale.
«Bene andiamo». Feci per passarvi attraverso, ma sentii una forza invisibile opporre resistenza, impedendomi così il passaggio.
«Ma che diavolo…?». Non terminai la frase, ma appoggiai invece le mani sulla soglia. Era come se ci fosse un muro invisibile a impedirmi di passare, proprio come era successo a Robin dall’altra parte.
«Che succede?», mi domandò Charlie avvicinandosi. «Non possiamo entrare?».
«Non ci riesco», mormorai assumendo un’espressione accigliata.
«Fa provare me». Stavo per ribattere che sarebbe stato del tutto inutile e che se non riuscivo a passare io dubitavo che ci sarebbe riuscito lui, quando Charlie con un solo passo attraversò l’arco senza incontrare la minima resistenza.  
«Andiamo?». Si voltò verso di me e allungò una mano nella mia direzione. Afferrai le sue dita con una smorfia, costando però che l’impedimento era magicamente sparito e che il contatto con Charlie era servito a farmi varcare la soglia. In un certo senso era logico: solo chi era ancora in vita poteva passare per tornare all’Oltretomba e solo chi era morto poteva andare a cercare l’ambrosia.
«E tu che non volevi farmi venire!», commentò quando lasciai la sua mano. «Cosa avresti fatto senza di me?». Aveva ragione, ma io non gli avrei dato la soddisfazione di ammetterlo.
«Cammina», sbottai riprendendo il mio posto davanti a lui.
Come mi aveva detto Euridice, quel secondo corridoio sembrava scendere nelle viscere di quel dannato mondo. Era un vicolo tortuoso, ma avevo la sensazione che non sarebbe stato lungo come l’altro. Ad ogni nuova curva, sentivo il cuore accelerare per la consapevolezza di essere ad un passo più vicino alla vera e propria salvezza. Non pensavo a cosa sarebbe accaduto dopo, a come avremo fatto a ritornare al portale; per il momento preferivo concentrarmi sul presente. Era meglio affrontare un problema alla volta visto che di imprevisti ne avevamo avuti a bizzeffe.
Poi improvvisamente, senza quasi rendermene conto me lo ritrovai davanti. Proprio dietro una curva stretta c’era uno spiazzo occupato quasi interamente da un gigantesco albero. L’albero era così splendente da riuscire ad illuminare l’intera caverna. Sprizzava magia da ogni foglia ed era in assoluto la cosa più bella che avessi mai visto. Non era solo la magia a lasciarmi a bocca aperta, ma il fatto che quella pianta fosse nata e cresciuta in un luogo talmente desolato da mettere i brividi; sembrava quasi impossibile che una cosa tanto speciale potesse trovarsi là sotto.
«Oh mio Dio!». Charlie espresse tutto il suo sgomento con quelle tre parole.
«Già. Oh mio Dio!». Era proprio la frase adatta. Avevamo davanti a noi un albero che emanava luce propria, con le foglie brillanti e meravigliosi frutti d’oro. Era come se emanasse speranza da ogni stoma: ci concedeva infinite possibilità. Permetteva di rimediare ai propri errori, di redimersi, di avere nuove occasioni, nuove esperienze, di poter riprendere la vita da dove era stata interrotta. Era la salvezza nel vero e proprio senso della parola. Era un Salvatore sotto forma di albero.
«Cosa stiamo aspettando?», mi domandò Charlie non stando più nella pelle. Mi ridestai dai miei pensieri ed annuii silenziosamente. Non avevamo fatto certo tutta quella strada per restare ad osservare un albero magico!
Con cautela mi avvicinai ad un ramo, aspettandomi una trappola da un momento all’altro. Tuttavia non accadde nulla, neanche quando con titubanza allungai la mano per afferrare uno di quei miracolosi frutti. Erano lisci, incredibilmente freddi e molto più morbidi di quanto mi fossi aspettata. Con un colpo secco ne staccai uno dall’albero, ma ancora una volta a quel mio gesto non seguì nessuna conseguenza. Anche Charlie si avvicinò per staccarne alcuni e il sorriso dipinto sul suo viso fu sufficiente a farmi capire che avevo fatto la scelta giusta. La sicurezza non sarebbe mai bastata per lui: ciò che gli stavo offrendo era la possibilità di redenzione.
«Dove li mettiamo?», mi chiese quando entrambi avemmo le mani piene.
«Non lo so». Purtroppo non avevamo né borse, né tasche abbastanza grandi, né niente che potesse aiutarci ad avere le mani libere durante la risalita.
«Aspetta ho un idea». Senza attendere una mia risposta, posò i frutti che aveva colto a terra e con un gesto repentino si sfilò la maglietta.
«Che diavolo stai facendo?». Voltai la testa di scatto dall’altra parte per non guardare i suoi addominali, ma era logico che li avessi notati. Charlie aveva un fisico prestante e non ero certo cieca; potevo ammetterlo anche se preferivo comunque il fisico prestante del mio pirata.
«Non ti scandalizzare Emma, sto solo cercando un modo di portare al portale questi frutti senza troppi problemi».
«E il toglierti la maglietta come potrebbe esserci di aiuto?». Strinsi le braccia al petto per quanto potessero permettermelo i frutti che tenevo tra le mani.
«Sono solo un po’ di muscoli», rispose scherzosamente. «O hai paura che il tuo pirata non regga il confronto?».
«Killian regge benissimo il confronto», ribattei osservandolo con la coda dell’occhio. «Ma non mi sembra il gesto più appropriato da fare dopo ciò di cui abbiamo parlato prima».
«Ecco fatto». Probabilmente non aveva ascoltato neanche una parola di ciò che gli avevo detto, ma non aveva importanza perché aveva appena annodato la sua maglia formare una specie di sacca che portava legata in vita. Era stato ingegnoso e molto probabilmente ci avrebbe aiutato a portare più frutti possibili al portale. Sapevo come minimo ne sarebbero serviti cinque ma forse era meglio prenderne quanti più potevamo.
Non aggiungendo altro, né dandogli alcuna soddisfazione, adagiai i frutti in quella specie di sacca, sistemandoli con cautela per evitare che si schiacciassero.
«Direi che possiamo andare», affermai depositando l’ultimo. Non feci a tempo a pronunciare quelle parole né a muovere il primo passo che sentii tremare la terra sotto i piedi. Eccolo finalmente il segno che stavamo aspettando. Euridice aveva avuto ragione: eccola là la valvola di sicurezza.
«Che succede?», mi domandò Charlie, sorpreso dalla violenza della scossa.
«Corri Charlie. Corri più veloce che puoi». Non aspettai neanche un secondo, ma partii immediatamente risalendo quel tortuoso corridoio che ci aveva condotti fin lì. Via via che avanzavamo le scosse si facevano sempre più violente, come se tutte quelle caverne e quei cunicoli volessero crollare da un momento all’altro. Già non era facile muoversi velocemente per quei corridoi in salita e con il terreno instabile sotto i piedi era quasi un’impresa impossibile.
Scivolai a terra ma mi rialzai prontamente, ricominciando subito la mia volata verso l’uscita. Per fortuna la lunghezza di quel corridoio non era molta e ben presto mi ritrovai nell’enorme caverna. Il fatto che mi fosse caduta la torcia e che non riuscissi più a vedere niente non era certo di aiuto.
All’improvviso un bagliore arrivò da dietro alle mie spalle. Mi voltai solo per scontrarmi con Charlie: l’ambrosia che portava nella sacca era così brillante da rischiarare leggermente l’ambiente intorno a noi. Era una fortuna che non avevo previsto.
Tuttavia quel momento di sollievo durò ben poco perché, mentre le scosse continuavano, la fioca luce ci permise di vedere l’arcata che conduceva al portale richiudersi lentamente, tornando ad essere semplicemente una parete di pietra, come lo era stata per molto tempo.
«Merda». Afferrai la mano di Charlie e lo tirai verso l’entrata. Mi abbassai per riuscire a passare e fu solo per un soffio che anche Charlie non rimase chiuso dall’altra parte.
«Ce l’abbiamo fatta?», mi chiese con il fiato corto.
«Non è ancora finita». Il terreno continuava a tremare sotto i nostri piedi, anche se meno di prima; tuttavia come avevo previsto vidi la parete rocciosa crollare verso di noi, come se volesse sigillare in maniera definitiva quel passaggio.
«Muoviti», gridai di nuovo, riprendendo quella frenetica corsa verso la salvezza. Purtroppo sapevo  a cosa stavamo andando incontro e sentivo la paura crescere ad ogni passo. Il burrone con il ponte invisibile ci stava aspettando e sarebbe stato un suicidio farlo di corsa e con un terremoto in atto. Anche Charlie doveva star pensando la stessa cosa e sperai davvero che avesse una qualche idea geniale per salvare la vita di entrambi.
Come avevo previsto mi bloccai di fronte al burrone, sentendo il rumore delle rocce crollare alle mie spalle. Avevo il fiato corto e sapevo anche di non aver molto tempo, ma in quelle condizioni fare un passo nel vuoto mi avrebbe fatto quasi sicuramente cadere nel baratro.
«Forza Emma vieni». Charlie mi superò e mi afferrò per la mano tirandomi verso il terreno invisibile di fronte a noi.
«Ci ammazzeremo Charlie», protestai puntando i piedi. Sapevo che non avevamo molta scelta, ma doveva esserci una soluzione che ci permettesse di passare illesi.
«Beh ci ammazzerà anche la parete alle nostre spalle se non ti muovi». Mi incatenò con il suo sguardo, cercando di infondermi coraggio e di convincermi a muovere il primo passo.
«Fidati di me». A quelle parole lasciai che fosse lui a guidarmi e mi decisi a iniziare quel percorso suicida. Mi affidai completamente a lui ed era una cosa che non facevo mai.
Sentendo il cuore in gola e stringendo la mano di Charlie percorsi un metro dietro l’altro sentendomi instabile ogni passo sempre di più.
Fu esattamente quando arrivammo dall’altra parte che con un enorme boato la parete alle nostre spalle crollò e la terra smise di tremare. La strada da cui eravamo appena venuti era sparita sotto un cumolo di macerie. Da quello che riuscimmo a scorgere, non c’era più niente se non ammassi di pietre le une sull’altre. Invece il percorso davanti a noi sembrava intatto e sicuro.
«Ce l’abbiamo fatta? È finita?», chiese Charlie ansimando.
«Non lo so ma muoviamoci». Era meglio sbrigarsi prima che un altro imprevisto ci sorprendesse.
Riprendemmo a camminare e fu proprio in quel momento che lo sentii.
«Emma? Emma, mi senti?». Mi bloccai riconoscendo immediatamente la sua voce e chiedendomi se non fossi di nuovo impazzita del tutto. Quelle parole erano state pronunciate così vicino a me che avrei potuto averle dette io se non fosse stato per la voce possente del mio pirata.
«Emma?». I battiti del mio cuore divennero così forti che lo sentii martellare fin dentro le orecchie.
«Chi è?». Charlie si era voltato verso di me e mi stava guardando con sguardo confuso. Era evidente che anche lui l’aveva sentito e che quindi io non mi ero del tutto bevuta il cervello.
«Killian?». La mia voce si sciolse pronunciando quel semplice nome.
«Emma, spero che tu riesca a sentirmi». All’improvviso capii da dove provenisse la sua voce: dall’anello di Liam che portavo appeso al collo. Afferrai la catena e me lo portai davanti agli occhi, non potendo credere a ciò che stava succedendo.
«Devi ascoltarmi attentamente Swan, non abbiamo molto tempo». La voce arrivò più distinta, confermando che in un certo senso era proprio l’anello a parlare. «Ti conosco amore e so che stai lottando là sotto per tornare a casa, so che ci riuscirai, ma devi fare attenzione».
«È il tuo….?». Charlie fece per parlare ma lo bloccai subito con un gesto della mano.
«Zitto!». 
«C’è un passaggio per tornare nell’Oltretomba, non so se lo sai già. Ma questo non è importante perché so che tu lo troverai. In fondo a quel passaggio c’è un portale: Emma ti prego non entrare in quel portale. Non prendere quel portale, ti scongiuro. È un inganno, conduce solo in un posto peggiore dove è difficile, quasi impossibile, uscire. La vera strada per l’Oltretomba è nascosta dietro di esso, è solo una scala ma ti prego percorrila e torna da me». Il mio respiro si era lentamente bloccato, mentre la mia mente realizzava ciò che lui ci aveva appena rivelato.
«Ti amo Emma». Furono le ultime parole che riuscì a comunicarmi. Anche se non potevo saperlo, intuivo che fosse così. Ma per una volta non avevano importanza perché ci aveva appena annunciato che avevamo condannato a morte tutti i nostri amici.
Lo sguardo di Charlie saettò dall’anello al mio viso, mentre realizzava anche lui ciò che era realmente accaduto. «Lizzy!». Partì di corsa diretto verso l’unica direzione possibile.
«Charlie! Aspetta!». Lo seguii a ruota iniziando a correre attraverso i cunicoli e le biforcazioni che avevamo già superato una volta. Capivo esattamente ciò che stava per fare e non sapevo proprio come fermarlo. A dir la verità non sapevo neanche io cosa avrei fatto. Ero stata così sicura del portale ed era quindi solo colpa mia se adesso i nostri amici erano finiti in un posto peggiore. Che razza di Salvatrice ero?
Killian mi aveva pregato di non attraversare il portale ma come potevo non farlo? Come potevo andarmene, trascinare Charlie con me, senza tentare di salvarli?
Il percorso a ritroso mi sembrò centomila volte più breve e meno tortuoso. In un attimo fummo di nuovo di fronte a quella visione effimera che ci aveva precedentemente ingannato.
«Charlie ti prego». Lo afferrai per la mano proprio davanti al portale. «Non puoi entrare! Non farlo».
Cercò di divincolarsi ma la mia presa era salda. «Lizzy!». Era solo una parola, ma era sufficiente. Si voltò a guardarmi e il suo sguardo pieno di dolore mi trafisse come centomila spade. In un attimo presi la mia decisione.
Allentai la presa e con uno scatto raccolsi una pietra piuttosto grande, vicino al mio piede. Mi mossi con estrema velocità e lo colpii alla testa prima che potesse entrare nel portale, facendogli perdere i sensi.
«Scusa Charlie, non posso permettere che tu metta a repentaglio la tua vita». Senza indugiare trascinai il suo corpo verso un lato di quella caverna e solo allora notai una ripida scala a chiocciola. La scala della nostra salvezza.
Tuttavia non era arrivato ancora il momento di percorrerla. Strappai un pezzo ti tessuto alla mia maglia e legai le mani e i piedi di Charlie in modo che non potesse muoversi anche se avesse ripreso i sensi. Sapevo che non avrebbe preso la scala da solo ed era troppo pesante per trascinarlo fino in cima. Il mio piano improvvisato consisteva solo nel liberarlo una volta salvato gli altri. Sempre se fossi riuscita nel mio intento.
Tornai davanti al portale e, stringendo l’anello tra le mani, sentii il mio cuore frantumarsi. «Mi dispiace Killian», sussurrai. «Non posso fare ciò che mi hai chiesto. Ti prego perdonami. Ti amo anch’io». Due lacrime mi rigarono le guance mentre con un passo andavo direttamente incontro all’inferno.
 
POV Killian
Seguii Artù senza avere la minima idea di dove stesse andando. Non appena gli avevo comunicato la mia intenzione di avvisare Emma del pericolo che stava correndo, Artù era partito deciso diretto verso il centro dell’Oltrebrooke, intimandomi di seguirlo. Non aveva aggiunto una sola parola, ma intuivo che avesse un piano o almeno speravo che ne avesse uno.
«Che diavolo ci facciamo qua?», gli domandai quando entrammo nel locale della strega cieca.
«Beh conosco solo una persona che sa abbastanza cose da poter darci una mano». Scrollò le spalle e si diresse ad uno dei tavoli all’interno del locale.
«Ehi zuccherino che succede?». Crudelia alzò lo sguardo su di noi non appena ci fermammo accanto a lei. «E guarda un po’ chi è tornato: un altro buon bocconcino».
«Per mille velieri…». Afferrai Artù per un braccio e lo trascinai un paio di metri indietro. «Cosa diavolo ti salta in mente? Perché siamo venuti qui? Non sarà certo per chiedere aiuto a lei?».
«Hook ti sorprenderà sapere quante cose sa sull’Oltretomba». Beh quella non era certo una spiegazione sufficiente, non dopo che era stata una vera e propria spina nel fianco per tutto il tempo in cui Emma e gli altri erano stati laggiù.
«E credi davvero che ci aiuterà? Povero illuso».
«Beh so che lo farà». Mi lanciò uno sguardo esplicativo facendomi capire che non era certo Crudelia il problema.
«Oh mio Dio amico! Vai a letto con lei?». Non avevo bisogno di una conferma esplicita per sapere che era proprio così.
«Un re deve riuscire a conquistare i giusti alleati. E credimi lei è proprio quello che ci serve». Senza aspettare una mia risposta tornò da lei e si sedette al tavolo. Non mi restò altro da fare che imitarlo e prendere posto davanti a loro.
Impiegammo un po’ di tempo per spiegarle ciò che effettivamente era successo; in fin dei conti era una storia piuttosto intricata. Alla fine però la domanda fondamentale era solo una: conosceva un modo per comunicare con le anime perse di quel dannato fiume? Se c’era stato un tempo in cui i telefoni dell’Oltrebrook avevano collegato le anime ai vivi, forse c’era un modo anche per fare ciò che occorreva a noi.
«È piuttosto complicato», esordì infine. «E non vedo perché debba aiutarvi a salvare colei che in fin dei conti mi ha ucciso». Avevo voglia di gridare in faccia ad Artù un “te l’avevo detto”, ma mi trattenni.
«Crudelia, lo sai che il tuo aiuto è fondamentale per noi». Lui le prese la mano e a me venne il voltastomaco. Ovviamente se in cambio di favori sessuali avessi ottenuto ciò che ci serviva, sarei stato il primo a mettere Artù a disposizione come gigolo.
«Beh ci sarebbe un modo», tentennò lei.
«Che modo?», la incalzai, non aspettandomi una resa così immediata.
«Un incantesimo. Tuttavia io non posso aiutarvi con quello». Ci aveva praticamente detto tutto e niente.
«Posso farlo io però». Una voce alle nostre spalle ci fece voltare; la Strega Cieca era in piedi esattamente dietro al nostro tavolo.
«Hai ascoltato?», le domandai sorpreso che fosse interessata alla nostra conversazione.
«Sono cieca non sorda», ribatté piccata. «Sì comunque e penso di conoscere l’incantesimo di cui avete bisogno».
«E puoi farlo?». Non era certo famosa per le sue doti magiche visto che si era fatta fregare da due bambini.
«Dovreste sapere che nessuno da niente per niente. Però possiamo fare un accordo». Di certo non mi ero aspettato che lo facesse per la sua bontà d’animo.
«E cosa vuoi?», le chiesi titubante.
«Oh niente da te, non hai nulla che mi interessa; ma pensò che Artù possa fare qualcosa per rendere la mia vita oltre la morte decisamente più confortevole».
 
Qualche discussione e controversia dopo avevamo trovato un accordo abbastanza vantaggioso da far sì che la Strega Cieca ci aiutasse. Non voleva granché in fin dei conti, se non una maggiore considerazione, e fui grato ad Artù per avergliela concessa solo per aiutarmi. Dovevo ricredermi del tutto su di lui: rispetto a come si era comportato a Camelot era decisamente cambiato.
«Bene, direi che possiamo cominciare». Crudiela era appena tornata con un grosso libro tra le mani e la strega aveva appena chiuso il suo locale per permetterci di cominciare.
«Prima di tutto», disse, «se vuoi contattare Emma bisogna che lei abbia qualcosa di tangibile, qualcosa che la leghi a te».
«Cosa?». Fu Artù a scattare. «Questo non ce l’avevi detto prima».
«Beh forse è un particolare che mi è sfuggito».
«Ti è sfuggito? È fondamentale. Puoi considerare il nostro accordo nullo». Appoggiai l’uncino sulla spalla di Artù per fermarlo prima che dicesse altro. Era vero: era un particolare fondamentale, ma stranamente non rappresentava un problema. Per una volta ero riuscito a far avere ad Emma esattamente ciò che ci serviva.
«Ce l’ho», affermai. «Emma ha un anello».
«Un anello di fidanzamento?», si informò Crudelia. «Non credevo che i pirati amassero impegnarsi».
«Beh non è proprio un anello di fidanzamento». Non ancora almeno. «È l’anello di mio fratello».
«Che cosa strana», commentò Crudelia. «Ricordo il tuo amato fratellone, ci sapeva fare con i drink».
«Basta perdere tempo in chiacchiere», conclusi. «Ti può andare bene quell’anello?».
«Se lo ha lei, penso che non ci saranno problemi».
«È la prima volta che contattiamo qualcuno che si trova in quel fiume, ho sempre pensato che non potesse esserci nessuno ancora sano di mente là sotto», continuò la svitata numero uno.
«Per favore, sta zitta», intervenne Artù prima che potessi farlo io.
«A cosa serve l’anello?», domandai.
«Qua dice che sarà attraverso quello che comunicherai», mi rispose di nuovo Crudelia. Avevo decisamente l’istinto di tirarle un pugno in faccia.
«Cosa diavolo ci fai lei ancora qua?», domandai agli altri due. Era senza magia, quindi in quel frangente era del tutto inutile.
«Beh Hook, forse ti è sfuggito il particolare che la mia cara amica qui presente è cieca. Sono io che interpreto il libro per lei, in fondo di magia me ne intendo sicuramente più di voi due». Borbottai qualcosa, ma non protestai oltre.
«Se vuoi che riuscire a comunicare con lei», continuò come se nulla fosse, «dovrai concentrarti su un ricordo che leghi voi due a quell’anello. Pensi di farcela?».
Beh almeno quello era facile. «Certo».
«E fai che sia intenso», intervenne la strega. «Ho bisogno di un ricordo intenso per metterti in comunicazione con lei». Logico: i suoi poteri erano limitati e sapevo che se non ci fosse riuscita avrebbe dato la colpa a me e al mio ricordo.
«Come farò a sapere se lei riesce a sentirmi?». Dovevo avere la sicurezza che il mio messaggio arrivasse a destinazione, ci doveva essere un qualche riscontro.
«Lo saprai, se funziona lo capirai». Mi ero aspettato una risposta da Crudelia invece era stata l’altra a parlare.
«Bene allora direi che possiamo cominciare», conclusi, sperando che non fosse già troppo tardi.
 
Emma era accoccolata addosso a me sul divano di casa nostra. Mi faceva ancora un certo effetto chiamare quel luogo così. Ero stato abituato a definire casa soltanto la Jolly Roger, era strano essere legato ad un qualcosa di stabile e completamente diverso.
Le dita di Emma stavano giocando con l’anello di Liam che portava al collo. Adoravo il fatto che non se lo togliesse, era come una sorta di simbolo. Significava in un certo qual modo che Emma ormai mi apparteneva, esattamente come io appartenevo a lei. Eravamo due sopravvissuti e quella semplice catena serviva a ricordare ad entrambi che avevamo qualcuno che ci aspettava e da cui dovevamo ritornare.
Sfiorai con l’uncino il suo fianco, mentre le mie dita si intrecciarono alle sue, stringendo a loro volta l’anello. Sentii la sua superficie liscia, ormai calda per il contatto con le nostre mani e proprio mentre mi apprestavo a stringere l’anello, percepii le dita di Emma spostarsi sul dorso della mia mano.
Nello stesso istante le sue labbra lasciarono un dolce bacio sul mio collo, facendo chiudere i miei occhi e concedendomi la possibilità di rilassarmi completamente. Non avevamo molti momenti tranquilli, ma quello sicuramente lo era. Finalmente potevamo rilassarci e stare un attimo per conto nostro, solo io e lei.
 
«Non va bene». La voce della Strega Cieca mi riportò alla realtà. «Non va assolutamente bene, non è neanche lontanamente intenso». Mi stava stringendo la mano e non capivo se riusciva anche lei a scorgere i miei ricordi esattamente come li stavo rivivendo io nella mia mente.
Aprii la bocca per parlare, ma la richiusi non sapendo cosa dire. Era uno dei ricordi più distinti che avevo di noi due insieme all’anello. In fondo mi aveva appena detto che era quello ciò a cui avrei dovuto pensare. In che senso non andava bene?
«Non ti stai impegnando», mi rimproverò. «Non riuscirò a fare l’incantesimo se tu non collabori».
«Sto collaborando», protestai con una smorfia. Non era certo colpa mia se lei era una strega del tutto incapace.
«Beh pirata a quanto pare non abbastanza». Voltai la testa di scatto lanciando un’occhiataccia a Crudelia. Ci mancavano solo le sue frecciatine!
«A cosa dovrei pensare?», domandai non capendo. «Mi hai detto di pensare ad Emma e a me con l’anello ed è esattamente quello che sto facendo».
«Non è quello che ho detto», protestò Crudelia. Se la strega non avesse tenuto stretta la mia mano, mi sarei alzato di scatto per andare ad afferrare quella costosa pelliccia che indossava.
«Cercate di spiegarvi meglio», intervenne Artù tentando di mediare la situazione.
«Deve essere un ricordo intenso, un momento importante della vostra vita che riguardi voi e l’anello». Provai a riflettere sulle sue parole e a ricercare nella mia mente il momento adatto. Potevo pensare a quando gliel’avevo dato, ma avevo come la netta sensazione che non sarebbe stato sufficiente. Non rappresentava nessun punto di svolta, se non il fatto che il nostro amore era ormai consolidato e che avrebbe resistito a tutto. Forse poteva essere il ricordo giusto ma avevo come la sensazione che non lo sarebbe stato. Però c’era stato un altro momento importante, o almeno lo era stato per me.
«Ci sarebbe un ricordo», sussurrai. «Ma non riguarda propriamente la nostra storia o l’anello. È qualcosa che è successo prima che noi due ci innamorassimo».
«È stato un momento importante per te?».
«È stato fondamentale». Forse più di ogni altra cosa.
«Bene allora proviamo». Con un sospiro chiusi gli occhi e tornai indietro con la mente, direttamente sull’Isola che non c’è.
 
Continuavo ad andare avanti e indietro, senza riuscire a fermarmi. Cercare di dormire era del tutto impossibile, non dopo quello che era successo. La mia mente continuava a tornare là ancora e ancora: a quel dannato bacio. Era estenuante e mi rifiutavo di dar retta a quegli assurdi pensieri che mi vorticavano in testa.
L’avevo intuito, era ovvio che l’avessi fatto; ma adesso quel bacio aveva reso tutto molto più chiaro. Era come se la patata bollente fosse finita direttamente nella mia mano; spettava solo a me la scelta. Era solo mia la decisione e sarebbe bastato un attimo per cambiare radicalmente la mia vita, per cancellare ciò che avevo provato per interi secoli. Potevo scegliere e questa cosa mi mandava del tutto fuori di testa.
Inconsciamente strinsi tra le dita l’anello di Liam che portavo appeso al collo. Speravo che lui mi aiutasse a decidere cosa fare, perché in quel momento avrei davvero avuto bisogno di lui. Ero debole e, nonostante fossi un pirata sprezzante, mi sentivo un codardo.
Emma mi aveva baciato e in un solo istante era parso evidente ciò che avevo invece tentato di negare con tutte le mie forze. In un solo secondo avevo capito che mi sarei potuto innamorare di lei, se solo me ne fossi concesso la possibilità, ed era davvero una possibilità spaventosa. Avevo passato secoli evitando di coinvolgere il mio cuore nelle mie azioni. Dopo Milah, dopo ciò che era accaduto, non ne ero uscito menomato solo fisicamente. C’era un motivo se il grande Capitano Uncino aveva avuto schiere di donne ai suoi servigi, ma mai nessun’altra veramente importante.
E adesso arrivava lei; una biondina, con un tremendo caratteraccio e piena di sorprese da riuscire a scalfire l’armatura dentro la quale mi stavo nascondendo. Mi aveva travolto come un uragano, mi aveva fatto sentire come non mi ero sentito per secoli; aveva visto una parte di me che nessuno vedeva mai, mi aveva capito e sorprendentemente anch’io avevo scorto una parte di lei che probabilmente non mostrava. Dio! Dovevano esserci un’infinità di parti che teneva celate dietro la sua armatura ed io non volevo altro che scoprirle.
Un solo bacio era bastato per farmi sentire come sulla vetta più alta del paradiso e allo stesso tempo avvolto nelle fiamme dell’inferno. Mi chiesi cosa avrei provato avendo di più, stando con lei.
Sapevo che la decisione era semplice, che buttarmi era la scelta giusta. Liam me l’avrebbe detto, non mi avrebbe permesso di comportarmi da codardo. Tuttavia quando ripensavo a Milah, a come l’avevo amata disperatamente, tornavano a galla anche secoli di dolore, di vendetta. Vederla morire tra le mie braccia mi aveva devastato così tanto che avevo giurato di non permettere più a nessuno di farmi tanto male. Avevo scoperto che amare significava soffrire ed io non volevo più soffrire; per questo avevo semplicemente smesso di amare.
Senza che me ne fossi accorto avevo vagato per il nostro accampamento improvvisato e mi ero fermato proprio vicino a lei. Stava riposando e la sua espressione dura e preoccupata era sostituita da un sorriso tranquillo. Qualsiasi cosa stesse sognando doveva essere un bel sogno; per un momento sperai davvero di farne parte.
Mi accucciai accanto a lei e la guardai dormire. La mia dita erano sempre intente a giocherellare con quell’antico anello, come cercando di scovare una risposta che solo mio fratello avrebbe potuto darmi. Inconsciamente allungai l’uncino per scostarle una ciocca di capelli dalla guancia, ma mi fermai per paura di poterla svegliare. Come diavolo gliel’avrei spiegato poi? Guardarla dormire rientrava sicuramente in un tipico comportamento da maniaco. Eppure se fosse stata mia, avrei passato ore ad osservarla dormire, magari stringendola tra le braccia.
Oddio! Chi volevo prendere in giro? Era solo questo che volevo, dovevo avere solo il coraggio di lottare per averla. Stavo per buttarmi a capofitto in qualcosa di così grande da fare paura, ma se non l’avessi fatto avrei semplicemente continuato a sopravvivere. Erano secoli che sopravvivevo, ma era anche da secoli che non vivevo veramente.
Mi rialzai capendo che ormai la mia decisione era presa. Probabilmente non avevo mai neanche avuto una scelta ed era semplicemente capitato. Emma era riuscita senza neanche saperlo a darmi una seconda possibilità: mi sarei concesso di innamorarmi perché se c’era qualcuna che poteva far battere il mio cuore all’impazzata quella era sicuramente lei. Ero pronto ad affrontare tutte le conseguenze della mia scelta, che fossero state positive o negative. Era un cliché ma come molta probabilità la Salvatrice era l’unica che avrebbe potuto salvarmi dal più grande pericolo che c’era: me stesso.
Con il cuore in subbuglio mi allontanai per andare a controllare la zona. Pan non se ne sarebbe stato buono nell’ombra, ero certo che stesse architettando qualcosa anche in quel momento; e sicuramente non sarebbe stato niente di buono. Avevo scoperto da tempo che Peter Pan era l’asso per mettermi i bastoni tra le ruote.
 
La mia mente era così concentrata su quel ricordo da isolarmi completamente. Non c’erano più né Artù né Crudelia né la Strega cieca; c’ero solo io e quello che avevo provato tanto tempo prima.
All’improvviso percepii un battito cardiaco diverso dal mio: era accelerato come sotto sforzo ma avrei potuto riconoscerlo ovunque. Sapevo che si trattava di Emma anche solo percependo il suo cuore ad un mondo di distanza.
L’incantesimo stava funzionando; se volevo comunicare con lei dovevo farlo in quel momento, prima che fosse troppo tardi.  
«Emma? Emma, mi senti?». Pronunciai quelle parole con gli occhi chiusi, sentendomi uno stupido nel parlare così a vuoto. «Emma?». Tuttavia il battito ai margini della mia mente divenne più forte e più intenso come se lei fosse riuscita davvero a sentire le mie parole. Percependo quel cuore accelerare ebbi la certezza di esserci riuscito: ero in contatto con lei. Io non potevo sentirla, ma lei riusciva ad ascoltare me e questo era l’importante.
«Emma, spero che tu riesca a sentirmi». Mi tremò la voce per l’emozione, ma mi sforzai di continuare prima di perdere quel contatto importante. Dovevo metterla in guardia ed aiutarla a salvarsi. Avrei avuto tutto il tempo dopo per ripeterle quanto mi era mancata e quanto l’amavo.
«Devi ascoltarmi attentamente Swan, non abbiamo molto tempo. Ti conosco amore e so che stai lottando là sotto per tornare a casa, so che ci riuscirai, ma devi fare attenzione. C’è un passaggio per tornare nell’Oltretomba, non so se lo sai già. Ma questo non è importante perché so che tu lo troverai. In fondo a quel passaggio c’è un portale: Emma ti prego non entrare in quel portale. Non prendere quel portale, ti scongiuro. È un inganno, conduce solo in un posto peggiore dove è difficile, quasi impossibile, uscire. La vera strada per l’Oltretomba è nascosta dietro di esso, è solo una scala ma ti prego percorrila e torna da me».
«Ti amo Emma», aggiunsi prima di sentire il battito del suo cuore affievolirsi fino a sparire del tutto.
Quando riaprii gli occhi, gli altri mi stavano fissando aspettando un mio responso.
«È fatta», dissi. Non mi ero accorto di aver trattenuto il fiato per quasi tutto il tempo.


 
Angolo dell’autrice:
Buona domenica a tutti!
Premetto che questo capitolo mi è venuto particolarmente lungo, ma non potevo tralasciare niente, compresi i momenti CaptainSwan.
So che sono stata cattiva con i nostri protagonisti, ritardando il loro ricongiungimento, ma vi prometto che non manca molto. Nel frattempo c’è stato un chiarimento con Charlie e una missione ambrosia andata a buon fine. Adesso bisogna solo vedere se Emma riuscirà a salvare anche tutti gli altri.
Ringrazio chiunque legga la mia storia e la recensisca.
Un bacione e alla prossima settimana!
Sara
 
  
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