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Autore: Crazymoonlight    23/04/2017    3 recensioni
Cap. I:"La Luce… Era quello, il suo primo ricordo. La luce, il suo amorevole tepore, la sua luminosità avvolgente, ovunque, attorno, dentro di lui."
Cap. II:"Nessuno può fissare il Sole mentre risplende, e il suo Signore era il suo Sole."
Cap. III:"E volgendo indietro un ultimo sguardo/non ancora rivide la Sua dimora e vecchio baluardo:/non più fortezza di luce calda e abbagliante,/ma Anor Londo,/terra del Sole Calante."
Personaggi: Ornstein, Nameless King
Contiene informazioni di lore provenienti da tutti e tre i giochi.
Genere: Angst, Azione, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ornstein, l'Ammazzadraghi, Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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His own Sun.

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Nessuno può fissare il Sole mentre risplende, e il suo Signore era il suo Sole.

L’Erede del Sole possedeva una luce ineguagliabile, che superava persino quella del padre. No, anche questa descrizione era solo una minimizzazione: era una fonte completamente diversa, se messa a paragone con le altre del suo genere, al punto che ad Ornstein mancavano addirittura le parole per descriverla appieno. Il Dio pareva possedere una furia a stento trattenuta, una grinta bruciante, abbagliante… incandescente.

Ed era durante le battaglie che risplendeva di più, che arrivava a mostrare la potenza degna di un Lord: la Sua risata rombava più forte di un cannone, i Suoi capelli si scuotevano come fiamme indomate e i Suoi movimenti mostravano una baldanza ed un’arroganza di chi non conosceva la paura; l’Erede del Sole non mostrava rispetto alcuno, se non per le armi e i guerrieri che osassero sfidarLo.[1] Non c’erano dubbi sul perchè il Cavaliere avesse deciso di seguirLo e diventare Suo servitore, ed era in momenti come quello che Ornstein si sentiva fiero di quella scelta.

 


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Il Cavaliere inspirò a fondo l’aria pregna della tensione e della carica che solo una tempesta poteva portare. Il vento stava aumentando notevolmente d’intensità, scuoteva i suoi lunghi capelli rossi e la polvere ai suoi piedi, con un rumore assordante più simile ad un urlo minaccioso che al suo solito frusciare. La sua azione aveva spinto ad alta velocità le grigie e pesanti nubi, eliminando ogni spiraglio di luce e lasciando il mondo nella penombra: Ornstein aspettava con trepidazione il momento in cui fossero cadute le prime gocce, in cui i lampi e i tuoni si fossero scatenati e la battaglia avesse avuto inizio.

Si voltò, dando le spalle a quel cupo scenario, e passò in rassegna il suo esercito. Le prime file erano occupate dalle poche guerriere facenti parte della Legione degli Ammazzadraghi[2], mentre il resto della schiera era composto da combattenti in armature molto più robuste, gli enormi scudi tondi e asce pesanti di ferro fuso che fornivano loro una notevole difesa fisica. Oltre il suo battaglione, c’era quello dei Cavalieri d’Argento, capitanati da Lord Gwyn in persona, che in quel momento stava discutendo con il suo Primogenito e gli altri Lord, sicuramente circa la strategia da adottare per lo scontro in arrivo. Quando il suo Comandante fu tornato al Suo posto, i due si salutarono incrociando i pugni: Ornstein aveva sempre cercato di mantenere un rapporto di distacco e rispetto verso il suo Signore, ma l’Erede del Sole pareva essere ignaro ed estraneo ad ogni comportamento del genere con colui che riteneva essere il Suo miglior allievo e commilitone (e, di questo, Ornstein era profondamente orgoglioso).[3]

«Pronto a renderMi onore?» gli chiese.

Un ghigno frenetico, quasi vorace, gli occupava il volto e i suoi occhi ardevano per il desiderio di scendere in campo. Per fortuna, molto presto sarebbe stato accontentato.

«Sempre, mio Signore»

Il suo Comandante si limitò ad annuire con una grassa risata e a volgere lo sguardo verso le nuvole; Ornstein lo imitò in silenzio e si mise a contare i tuoni  che di tanto in tanto decidevano di adornarle.

 

Attesero per quella che parve un’eternità, l’adrenalina che aumentava ogni secondo che passava. Ed infine, alla prima goccia caduta, apparvero: gli arcidraghi solcavano i cieli come se ne fossero i padroni, le loro maestose e possenti ali di pietra che sferzavano con violenza l’aria, creando dei veri e propri turbini per coloro che si trovavano a terra. Era uno spettacolo terribile e meraviglioso allo stesso tempo. Ornstein alzò un braccio, pronto a dare il segnale al suo esercito.

«Arcieri!» gridò e le bestie sopra di lui risposero con un ruggito, come se avessero capito le loro intenzioni.

Ancora un po’, si disse, mentre puntava i suoi occhi in alto. La pioggia stava iniziando a cadere con maggiore decisione, il tempo sembrava essersi quasi fermato, perchè Ornstein poteva giurare di riuscire a vedere con assoluta precisione ogni battito d’ala, ogni goccia scendere e frantumarsi al suolo...

Aspetta il momento giusto…

E, proprio quando il cielo stava per essere squarciato dal primo lampo, Lord Gwyn scagliò una folgore, che si perse con sorprendente velocità tra le creature, colpendo e staccando il corno di una di quest’ultime: lo scontro era iniziato.

Ora!

Ornstein abbassò il braccio e immediatamente centinaia di frecce del fulmine si librarono in aria. Alcune mancarono l’obiettivo a causa del vento o della pioggia, ma molte altre centrarono gli occhi degli arcidraghi: questi precipitarono rovinosamente a terra con un tonfo che fece scuotere il terreno sotto i loro i piedi, creando un cratere nel punto in cui avevano toccato il suolo e scaraventando rocce e detriti per miglia di distanza.

«Carica!» tuonò l’Erede ed eseguì il Suo stesso ordine all’istante: con una leggera spinta e un balzo in alto, si catapultò verso il nemico più vicino. La guerra era iniziata.

Ornstein Lo seguì senza pensarci due volte, sebbene sapesse benissimo che il suo Comandante fosse in grado di combattere anche da solo. Con uno scatto simile a quello del suo Maestro, ma sicuramente più debole, giunse nel Suo stesso punto e si preparò a combattere.

Ornstein rimase quasi incantato dalla possanza dell’avversario che avevano scelto: il rettile era grande quanto una montagna, l’intero corpo era ricoperto da massicce scaglie di pietra e da ispido pelo nero, le quattro ali erano simili a quelle di un pipistrello e due corna appuntite venivano sfoggiate ai lati della testa.

L’arcidrago si issò con fatica sulle zampe e spalancò la bocca, rilasciando un grido così forte da spaccare i timpani e rivelando una doppia fila di zanne appuntite. Subito dopo, una zaffata di fuoco si fece largo tra le sue fauci e si sprigionò nella loro direzione.

Il Primogenito scosse la Sua spada-lancia: dalla spazzata si generò un getto d’aria che deviò il soffio infuocato. Ornstein approfittò di quella distrazione e scattò in avanti, puntando la lancia imbevuta del potere del suo Dio tra le iridi verticali del mostro.

La bestia, però, non rimase inerme. Con dei movimenti incredibilmente celeri, prese a sbattere le zampe anteriori a terra: Ornstein rotolò a fatica in avanti, mentre quella sollevava cumuli di detriti e polvere, nel tentativo di afferrarlo tra i pugni e di schiacciarlo come un verme.

Finalmente, il Cavaliere riuscì a trovarsi sotto il suo dorso; qui, fermandosi giusto il tempo necessario a riprendere il fiato, evocò un fulmine e glielo gettò contro. L’effetto fu immediato: una crepa si fece largo con un tremolio lungo le dure scaglie di pietra e ben presto queste iniziarono a frantumarsi e a staccarsi dal corpo; sotto, una nera pelle pulsante faceva capolino, pronta a farsi squarciare da parte a parte. Era lì che dovevano continuare a colpire.

Sopra di lui, il drago ruggì di nuovo e corse in avanti, ed Ornstein lo inseguì. Il Cavaliere e il suo Comandante continuarono a duellare senza sosta contro gli incessanti attacchi del loro avversario; il mostro rendeva onore alla fama della sua razza: ogni sua azione comunicava ira incontrollata, pareva non conosceva la stanchezza ed ogni parte del suo corpo, a partire dalla testa per finire alla coda, poteva costituire una minaccia mortale durante lo scontro.

Ornstein non avrebbe saputo dire quanto ancora si protrasse, ma non si fermò e non esitò nemmeno per un istante. Al suo fianco il Primogenito rideva quasi con follia e adorazione e Ornstein si fece contagiare dalla sua euforia per continuare a combattere, nonostante la fatica iniziasse a pesargli e a ostacolargli la capacità di movimento, finchè…

All’improvviso, l’arcidrago ruotò su se stesso e lo colpì in pieno petto con la coda; non avrebbe potuto predire quella mossa in alcun modo. Ornstein fu sbalzato in aria e scaraventato via, lontano. Sbattè la testa contro un masso e perse i sensi.

 

Quando riaprì gli occhi, restò a terra, immobile. Tutto attorno a sè regnava il caos: registrò confusamente le grida e i rumori della battaglia che andava avanti, vide in lontananza alte colonne di fumo e fuoco che si alzavano contro il cielo, avvertì i miasmi di morte e corruzione farsi avanti sul terreno.

Tentò di alzarsi, ma il più piccolo movimento gli causò un dolore atroce. Si portò una mano sulle costole e, quando la ritrasse, la trovò coperta di sangue, il suo sangue. Faceva fatica a respirare, ogni boccata d’aria pareva infilzarlo come tanti spilli nei polmoni. Iniziò a tremare e a tossire, le sue membra avevano perso quasi ogni traccia di sensibilità e non riusciva a trovare la sua lancia da nessuna parte. Era davvero finita?

E poi, lo vide: in alto, proprio sopra i suoi occhi, su nel cielo, il suo Maestro era in groppa allo stesso drago che lo aveva colpito. Rimase per un attimo confuso da quella visione, finchè non scorse il Primogenito alzare la Sua arma e conficcarla in profondità nelle carni della bestia. L’arcidrago gridò in maniera straziante e iniziò a precipitare di nuovo, mentre l’Erede si aggrappava con tutte le Sue forze per attutire il colpo.

Quando colpirono il suolo, ci fu una devastante onda d’urto, che quasi gli fece perdere di nuovo coscienza. Ornstein alzò le braccia per ripararsi e, quando le abbassò, trovò uno spettacolo ancora più strano: il suo Signore era sano e salvo, era in piedi con la Sua arma e, nonostante le varie ferite che aveva riportato, sembrava comunque illeso; davanti a Lui, l’enorme bestia era stesa a terra, morente, il ventre che le si gonfiava con dei sussulti.

Un colpo. Bastava un colpo per farla finita, per darle l’estrema grazia e, se non altro, evitare che soffrisse ancora; ma il suo Signore pareva pietrificato, mentre la guardava dritto negli occhi.

Perchè? Perchè non attaccava? Cosa stava aspettando?

Ornstein gracchiò a stento il Suo nome e sputò un grumo di sangue.

Un colpo… Solo un colpo…

L’Erede del Sole non alzò la spada. La Sua mano si posò con delicatezza sul muso dell’arcidrago. E Ornstein, non potendo più sopportare quella vista, trovò le ultime forze per gridare il Suo nome.

«GWYNGALEIN!»[4]


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Nessuno può fissare il Sole mentre risplende, ma tutti lo guardano durante l’eclissi.[5]

 
 
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NdA: Eccomi! Secondo capitolo e sono già in ritardo di una settimana, lo so, ma vi avevo avvertiti!
Purtroppo in questi giorni sono super impegnata tra impegni vari, quindi posso dedicarmi poco alla scrittura e quel che ne esce... sinceramente non ne ho idea di come possa essere. Scrivere questa parte è stato un parto. Le scene di combattimento sono bellissime da vedere, ma scriverle è tutt'altra cosa e, al solito, ho paura di non esserci riuscita. Avrei voluto descrivere ogni minimo dettaglio, ma mi hanno suggerito di fare frasi più brevi e lasciar immaginare al lettore... Spero che ne valga la pensa, davvero. Dopotutto, ho iniziato questa seria proprio per sperimentare diversi stili e scene, quindi non posso lamentarmi. Passiamo alle note vere e proprie!
Avrete notato che, per riferirmi al Primogenito, ho usato sempre lettere maiuscole: questo sia per comunicare l'adorazione e il rispetto che prova Ornstein verso il suo Dio (alcune ripetizioni sono volute, proprio come nella Bibbia), sia per rivolgermi a Lui senza conoscere il Suo nome. E' stata anche questa una faticaccia, lo ammetto.
[1] Piccola citazione al miracolo Great Lightning Spear di Dark Souls I: “
The weapon of the God of War, who inherited the sunlight of Lord Gwyn, but had respect only for arms, and nothing else”; inoltre il Primogenito viene spesso definito folle e mi è piaciuto immaginare che lo fosse non solo per essersi alleato con i draghi, ma anche per l’atteggiamento.
[2] E’ una piccola aggiunta dovuta a The Ringed City. Il miracolo Lightning Arrow recita: “The few female knights who serve in the age of the gods used this miracle for dragonslaying. Draw lightning bow to fire a lightning arrow. The lightning arrows offer a great improvement to the range of the spears, and were said to have been used to pierce the eyes of the dragons from afar. But remember, beautiful stories are always marked by embelllishment.” Abbellimento delle leggende o no, volevo rendere onore alle poche guerriere donne (e poi nell’intro del primo gioco si vedono tanti fulmini volare contro i draghi, perchè non potrebbero essere davvero delle frecce?)
[3] Dal Leo Ring di Dark Souls III: “Ring associated with Dragon Slayer Ornstein, one of the Four Knights of Gwyn, the First Lord. Strengthens thrust weapon counter attacks. Ornstein was the first knight of the sun's eldest born, and his cross spear is said to have pierced scales made of stone.”. Qui dice  chiaramente che Ornstein era il Primo Cavaliere del Primogenito; nella mia testa, ebbe questo titolo fino al Suo tradimento, dopodichè divenne uno dei Quattro Cavalieri di Gwyn.
[4] Arriviamo al pezzo forte. IL NOME DEL NAMELESS KING. Vi aspettavate Gwynsen, eh? Ebbene, sappiate che non sono una grande fan di quella teoria e vi spiegherò perchè: si pensa che il suo nome sia Gwynsen perchè in qualche modo collegato alla Fortezza di Sen.
Che cos’era la Fortezza di Sen? Era l’unica via per raggiungere Anor Londo, un edificio mortale che provasse le abilità di chi si riteneva degno. La presenza di trappole, di statue di cavalieri d’argento e di uomini serpente hanno fatto pensare al Nameless, ma:
-Gli uomini serpente della fortezza e del rifugio del Primogenito nel III sono differenti d’aspetto e per di più quelli del primo erano “servi” di Seath, in quanto catturano non-morti da portare al drago per fargli continuare i suoi esperimenti. Vi sembra normale che colui che si è alleato con i draghi vada d’accordo con l’unico della sua razza che invece li ha traditi?
-La fortezza poteva benissimo essere usata semplicemente per allenarsi (e questo spiegherebbe la presenza delle statue/armature dei cavalieri d’argento)
-Il genitivo sassone in Sen’s Fortress che ce lo fa tradurre con Fortezza di Sen è un “errore” nel doppiaggio di Andre. Inoltre, la parola Sen in giapponese significa “mille” (e si è teorizzato che si riferisse a “mille trappole”)
-Quando hanno tolto il grado di divinità al Nameless, hanno distrutto ogni traccia del suo passaggio, incluso il suo nome; allora come fanno dei semplici non-morti a conoscere il nome Sen?
In altre parole, è una teoria credibile -tranne per il punto degli uomini serpente, che mi lascia davvero dubbiosa-, ma preferisco quella di Gwyngalein. Per chi non la conoscesse, è stata ideata da un ragazzo italiano (purtroppo non ricordo il nome) sul gruppo Dark Souls Italia e su Reddit:
I nomi di Gwyn, Gwyndolin e Gwynevere provengono tutti dal gallese, quindi si presuppone che anche quello del Primogenito abbia una stessa origine, conservando in più il prefisso Gwyn.
Gwyn vuol dire “bianco” (guarda caso, la Covenant degli Dèi è la Via Bianca);
Gwyndolin è una combinazione di Gwyn e Dolen, che vuol dire “anello” o “arco” (per andare da Gwyndolin, senza uccidere Gwynevere, bisogna avere il suo anello, mentre l’arco è la sua arma, mi pare)
Gwynevere è una combinazione di Gwyn e Hwyfar, che vuol dire “soffice”, “morbida” (eh eh)
Da dove esce Gwyngalein? Da Gingalain (la pronuncia si somiglia, se ci pensate), figlio di Gawain (ricorda Gwyn, no?), un formidabile guerriero che prendeva la sua forza dal sole. Gingalain era un cavaliere (quindi a contatto con la guerra e le armi), conosciuto come “The Fair Unknown” per non rivelare il suo vero nome.
Per me c’azzecca tanto.
Per fare contenti tutti, poi, potremmo dire che prima si chiamava Gwynsen e dopo l’esilio Gwyngalein LOL *sclera tanto*
[5] E’ una frase di Baltasar Graciàn.
Infine vorrei ringraziare tutti coloro che hanno letto e che -spero- continueranno a leggere questa storia! Come sempre, mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate.
Alla prossima!

  
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