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Autore: Robigna88    23/04/2017    0 recensioni
Quarta parte della serie The Family Business.
Crossover tra The Originals/TVD/Supernatural/Constantine/Arrow
-"Sei la donna più forte che conosco, puoi farcela. Ti amo."- Queste sono le ultime parole che Elijah Mikaelson ha detto a sua moglie poco prima di chiudere gli occhi e cadere nel sonno profondo all'interno della Chambre de Chasse creata da Freya per tenere la sua famiglia al sicuro. Queste sono le ultime parole che Allison ha sentito pronunciare da suo marito prima che chiudesse gli occhi lasciandola sola con il cuore spezzato.
-"Sistemeremo tutto.-" Questa è invece la promessa che Allison ed Hayley si sono fatte e che hanno intenzione di mantenere.
Da quelle parole sono passati cinque lunghi anni e molto è cambiato; la piccola Hope ha sette anni, è bella, sana e amata e le due donne stanno ancora provando a mantenere le promesse fatte. Per farlo sono pronte a qualunque cosa perchè la famiglia viene prima di tutto. Le conseguenze delle proprie azioni, però, tornano sempre a bussare e a volte marchiano l'anima... per sempre.
Genere: Fantasy, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Elijah, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Spoiler!
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Eccomi qui con la quarta parte della serie The Family Business. Piccola premessa prima di lasciarvi al primo capitolo: a parte alcune cosucce, la storia si discosterà dalla storyline della stagione 4 dello show perchè non mi piace dove lo show sta andando e quindi scriverò la mia personalissima versione.
Questa quarta parte è come sempre un crossover tra The Originals-TVD-Supernatural-Constantine ma questa volta si arricchisce di un nuovo "familiare": Arrow. Non in modo regolare... diciamo solo che Oliver Queen e il suo team saranno guest stars ogni tanto.
Buona lettura, Roby.

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1.

 

 

 

 

 

Will compilò gli ultimi documenti, qualche firma e quei fogli si aggiunsero alle scartoffie che già giacevano su un angolo della sua piena scrivania. Sconsolato si guardò intorno, guardò quel mucchio di carte che aveva redatto e non ricordava neppure quando. Doveva decisamente assumere un assistente o avrebbe finito per non vedere neppure il legno scuro della scrivania. Prese tra le dita la targhetta ripensando all’arresto che aveva fatto poco prima; era la quarta volta in un mese, doveva decisamente fare qualcosa. In fondo era anche merito suo se ora la targhetta che stringeva tra le mani diceva L.A. PD Detective W. Kinney, capo.

Aveva la sua squadra e la sua carriera aveva fatto dei passi da gigante da qualche anno a questa parte, da quando aveva lasciato New Orleans, ed era stato merito suo in gran parte. “Ah” mormorò. “Perché non riesci a capire che sto provando ad aiutarti?” Ci stavano provando tutti per quel che ne sapeva ma lei era dannatamente testarda e anche terribilmente triste. Glielo si leggeva negli occhi, in quei begli occhi nocciola che sapevano sorridere ma che non lo facevano da troppo. Da cinque lunghi anni.

Tre colpi decisi alla porta e la testa dell’agente Miranda Colt fece capolino. “Capo, la persona che aspettava è qui.”

Lui le sorrise posando la targhetta dopo averle dato un’ultima rapida occhiata. “Fallo entrare, per favore.”

La donna annuì indietreggiando, fece cenno a qualcuno e la porta si aprì pochi secondi dopo; Matthew Morgan fece il suo ingresso e la richiuse piano.

“Will” lo salutò mettendosi a sedere. “Cos’ha fatto questa volta?”

Il detective si schiarì la voce, prese un piccolo fascicolo e glielo porse. “Ha picchiato un tizio che, a suo dire, ha picchiato la moglie. Gli ha rotto il naso, e due costole o almeno questo è quello che ha detto il paramedico che è intervenuto sulla scena.”

Matt lesse il file, girò la pagina con due dita e si passò l’altra mano sulle labbra. “Vuole sporgere denuncia?” gli chiese guardandolo.

“Sia lui che la moglie vogliono farlo. Lei sostiene che sono entrambi stati aggrediti di punto in bianco mentre si stavano occupando delle loro cose.”

“Questo è ridicolo, non avrebbe mai aggredito delle persone di punto in bianco e tu lo sai.”

“Sì, lo so Matt” Will rimise il fascicolo nella pila. “Ma non dipende da me. È la quarta volta in un mese che la copro e so che sta attraversando un momento terribile, ma…”

“Ma deve smetterla di agire così impulsivamente. Sì, lo so.” Matt fece un grosso respiro. “Posso vederla adesso?” Il detective si alzò, un bicchiere di Starbucks in una mano e una penna nell’altra. Gli fece segno di seguirlo e l’altro lo fece.

Percorse di nuovo quel lungo corridoio che portava alle celle e si ritrovò a pensare che l’aveva fatto fin troppe volte negli ultimi anni. Conosceva a memoria le stazioni di polizia di almeno metà stato e non era una cosa di cui andare fieri.

Terza sulla sinistra pensò mentre Will lo precedeva. Ma il detective tirò dritto.

“Dove stiamo andando precisamente?” chiese perplesso. “Sono quasi sicuro che le celle siano dall’altra parte” disse indicandolo la sinistra con una mano.

“L’ho messa nella sala interrogatori, oggi è stata una giornata piena di arresti, le celle sono occupate.” Si fermò e indicò una porta. “Entra pure.”

Matt aprì la porta e piegò il capo fissando lo sguardo su di lei. Stava seduta sulla sedia, le braccia intrecciate e le gambe allungate sotto il tavolo. Aveva un’espressione annoiata sul viso smagrito e una ferita sull’occhio destro. “Stai bene?”

Allison gli sorrise. “Benissimo! Hey” disse guardando Will. “Avevo chiesto ad uno dei tuoi agenti se potevo avere un caffè ma non è mai arrivato.”

Il detective sorrise sarcastico porgendole il suo. “Sai che questo non è un bar vero?”

“Credevo che visto che vengo a trovarvi così spesso oramai mi consideraste una dei vostri.”

“Sì, a proposito di questo” Matt si mise a sedere sulla sedia di fronte a quella della sorella. “Non potresti provare a stare lontana da questo posto per un po’?”

“Sai per cosa sono dentro?”

“Will mi ha mostrato il fascicolo.”

“Giusto” lei bevve un sorso dal bicchiere e guadò il suo amico. “Detective Will Kinney, capo della sua squadra nella polizia di Los Angeles. Un posto molto prestigioso, soprattutto dopo l’incubo New Orleans.”

Will fece un grosso respiro. “So benissimo che per il mio avanzamento di carriera e le cose positive che mi stanno succedendo negli ultimi tempi dovrò per sempre ringraziare te.”

“Oh no Kinney” lo interruppe lei. “Non c’è bisogno che mi ringrazi… per sempre. Solo per un altro paio di ore, il tempo necessario a farmi uscire da qui e a cancellare ogni traccia della mia presenza.”

“E come dovrei farlo Allison? È la quarta volta in un mese che sei qui, non posso coprirti per sempre. Il tizio che hai picchiato e sua moglie vogliono sporgere denuncia.”

Lei si mise dritta sulla sedia. “L’ho difesa e vuole sporgere denuncia? Beh mi pare ovvio che questa decisione sia dettata dalla sua paura del marito.”

“Non c’erano telecamere e non ci sono testimoni disposti a dire com’è andata. A questo punto è la tua parola contro la loro e loro sono quelli con le ferite.” Will si schiarì la voce. “Allison so che stai attraversando un brutto momento e mi dispiace okay? Ma per quanto ti sia grato per tutto quello che hai fatto per me e per quanto tenga a te, non posso più coprirti. È ora che tu ti prenda le responsabilità delle tue azioni.”

Allison ridacchiò. “Quando mai non l’ho fatto?”

“La Allison che io conosco l’ha sempre fatto, ma questa non è lei” l’uomo la guardò. “Quanta gente ha dovuto soggiogare tuo fratello per coprire i tuoi colpi di testa? E Hayley, quante volte ha dovuto fare lo stesso?” le domandò. “Senti, posso convincere quei due a non sporgere denuncia ma sappiamo entrambi che non è questo il punto.”

La donna si mordicchiò l’interno della guancia, bevve l’ultimo sorso di caffè e guardò suo fratello per un lungo istante. Sapeva che la pensava come Will ma che non lo avrebbe detto di fronte a lui. Sarò sempre dalla tua parte, anche quando non sarò d’accordo con te. Glielo ripeteva da cinque lunghi anni.

“Mi dispiace” mormorò alzandosi e puntando lo sguardo su Will. “Proverò a stare lontana da questo posto per un po’ così da non farti licenziare. Se ti mandassero via poi non avresti più nulla per cui ringraziarmi e non mi sta bene” scherzò.

Will rise. “Ah quasi spero che tu non riesca a mantenere la tua promessa” il suo sguardo si spostò su Matt. “Portala via prima che questo momento di lucidità la abbandoni.”

Ma Allison scosse il capo ridando il bicchiere al suo amico. “Un’ultima cosa. La donna… la moglie, è incinta.”

“Come lo sai?” le chiese Matt perplesso.

“Mentre lui la picchiava lei teneva le braccia piegate in modo da proteggere il ventre. Né il viso né la testa ma il ventre. So che ha paura ma potresti provare a convincerla a liberarsi di quell’uomo? Per il bene del bambino.”

Il detective le sorrise, infine le baciò una guancia. “Ci proverò, via ora.”

Allison e Matt se ne andarono.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

“Grazie di avermi tirata fuori dai guai, di nuovo.”

Matt annuì e con un sorriso poggiò le chiavi dell’auto sul mobile all’entrata. “Sei mia sorella, è il minimo. Ma ora cerca di non combinare altri guai fino a domani, ho bisogno di una doccia e di una dormita. Credi di potercela fare?”

“Puoi giurarci” disse Hayley raggiungendoli dal salotto. “Non la perderò di vista.”

Lui si congedò salendo su per le scale ed Allison rimase sola con Hayley. Senza dire nulla la precedette in cucina e si versò un bicchiere di acqua. “Hope dorme?”

“Sono le dieci passate, voleva aspettarti ma è crollata.” L’Ibrida si mise a sedere su uno sgabello e indicò l’occhio con un dito. “Stai bene?”

“Sì, è solo un graffio.”

“A me sembra più di un graffio.”

Allison sospirò. “Dovresti vedere com’è messo l’altro.”

Hayley però rimase seria. “Allison, non è divertente.”

“Mi vedi forse ridere?” un altro sorso di acqua poi continuò. “Qualche novità da Mary?”

“Non ancora, sta continuando a fare delle ricerche. Notizie da John invece?”

“Stava lavorando a qualcosa quando l’ho sentito. Ha detto che mi avrebbe richiamata.” La cacciatrice si passò le mani tra i capelli. “Siamo così vicine Hales” le disse. “Manca solo il sangue di due branchi e tutto sembra incredibilmente fermo.”

“Hey” la sua amica le si avvicinò a le prese una mano. “Ce la faremo, tu ed io. Non possiamo mollare proprio ora.”

“Non voglio mollare” l’altra scosse il capo. “È solo che… è più difficile di quanto credessi” si inumidì le labbra prima di afferrare il suo cellulare che vibrava; era John, lo mostrò ad Hayley prima di rispondere. “John, hai qualcosa per me?”

“Ciao dolcezza, ho trovato il tizio che stai cercando il suo nome è Carl Kostav.”

“Kostav?”

“Sì, è un cognome russo. Vive a San Pietroburgo.”

“Fantastico, ho sempre voluto visitare San Pietroburgo.”

Dall’altra parte John rise per qualche istante. “Frena l’entusiasmo”  le disse. “Sono certo che andare a San Pietroburgo non sia un problema per te ma le cose sono un po’ più complicate di così.”

“Complicate come?”

“Kostav è un membro attivo della Bratva.”

Allison chiuse gli occhi per un istante, infine li riaprì e guardò Hayley. “La mafia russa… fantastico. E immagino che tu non abbia una soluzione a questo problema.”

“Oh sì ce l’ho” rispose lui sorprendendola. “Ma temo ti costerà un po’.”

“Vuoi dei soldi?”

“Non io, ma potrebbero servirti.”

“Qualunque cosa John” mormorò lei tenendo la mano di Hayley, una lieve speranza le solleticò il petto. “Dimmi cosa devo fare.”

“Sei mai stata a Star City?”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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