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Autore: Mannu    23/04/2017    0 recensioni
Evan Karman, misterioso e imprendibile sicario, da qualche tempo ha assunto una nuova collaboratrice. Pianificatore meticoloso e attento, stavolta si trova ad avere a che fare con qualcosa che non aveva previsto. Un difficile lavoro da portare a termine e Nadia, la sua nuova e ingombrante "dipendente" che si rivela essere invadente e...
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Professionista'
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In società
2.

Il ricevimento procedeva benissimo: tutti gli invitati parevano a proprio agio. Aveva già fatto cento volte il giro della sala sforzandosi di sorridere a tutti, di scambiare qualche parola fingendo di interessarsi agli argomenti più disparati. Aveva salvato nel suo impianto tutte le informazioni che era riuscita a trovare su ciascuno dei presenti: ciò rendeva il suo lavoro più facile, ma non per questo più divertente. Era da quasi mezzora che galleggiava alla deriva nella folla degli invitati fingendo l’espressione più beata possibile senza sconfinare nell’idiozia, ricambiando tutti i sorrisi finti che le venivano rivolti con altrettanta finzione. Unica parziale consolazione un calice di fresco e costoso spumante, vivace e frizzante, di cui però poteva solo sentire il sapore. L’impianto cibernetico che le era stato innestato sotto i lobi del fegato, un congegno non più grande di un comune rossetto, impediva ad alcol e droghe di annebbiarle il cervello e danneggiarle il curatissimo fisico. Avrebbe potuto bere superalcolici a litri e farsi di pasticche fino all’inverosimile senza subire alcuna conseguenza, ma costringendosi a fingere l’ebbrezza per non risultare antipatica. Cosa che nel suo ruolo di mediatrice le era categoricamente proibita.
- Tutto bene, Hanna?
La domanda la colse alla sprovvista. Non aveva sentito arrivare la padrona di casa: nonostante i tacchi appuntiti la megera si muoveva come un felino. Aveva raccolto interessanti informazioni anche su di lei, informazioni che andavano oltre il semplice pettegolezzo: era intenzionata a farne uso solo se strettamente necessario, ed eventualmente solo dopo essere stata retribuita per il lavoro di quella sera. Oppure, come le era capitato in passato, proprio per garantirsi una retribuzione.
Hanna si riprese subito dall’istante di smarrimento: indossò lesta un bel sorriso standard e un po’ di faccia tosta. Nessuno avrebbe notato quell’istante di noia, meno di tutti la strega che le sorrideva falsa e mielosa a un passo di distanza: aveva problemi di cataratta a un occhio e il bicchiere di spumante che teneva fra le dita ossute e grinzose era già il terzo in meno di un’ora. Profumava troppo, e di un'essenza troppo dolce. Bastava quello a infastidirla.
- Benissimo, signora Ghettmann. Proprio un bel ricevimento, complimenti.
Esattamente come Hanna si era immaginata non era di complimenti che la signora Ghettmann era in cerca. Era la vedova dell’industriale Adolf Ghettmann e alla morte del marito ne aveva ereditato il piccolo impero. Produttore di armi leggere, Ghettmann aveva lasciato la sua vedova quasi coperta d’oro, ma questa non si era certo fermata a godersi il denaro che il lavoro del marito avrebbe prodotto per inerzia probabilmente per decine di anni ancora.
Fu interrogata riguardo gli invitati: la vedova additando con molta discrezione ora questo ora quello, Hanna rispondendo con competenza e precisione. Era il suo lavoro.
- Quello - continuò dopo che la vedova ebbe puntato un’affusolata unghia laccata di nero lucido contro un modesto uomo dalla pelle del colore del caffè - è Robert Ndama, accreditato di possedere alcuni stabilimenti produttivi su Prometeo, qualcuno anche su Vulcano e di possedere azioni di banche con interessi su Icaro e su un paio di stazioni Mu. Un ottimo partito nonostante l’aspetto poco appariscente.
- E cosa mi dici di quel bell’imbusto laggiù?
- Lei ha occhio, signora - mentì Hanna - quello è Johnathan Darp, con tutta probabilità un semplice arrivista che di certo ha solo i debiti. È stato più volte visto perdere grosse cifre al casinò e posso dirle che circolano brutte voci sul suo conto. Soprattutto si agita molto per sembrare ciò che non è. Ha tentato per ben due volte in mezzora di arpionare Luther Ethan Jones, ma senza risultati.
- Mia cara - cinguettò la vedova fasciata in abiti costosi e troppo scollati per la sua età cingendole per un attimo il polso con mano adunca - vali ogni singolo credito della tua parcella. Continua, ti prego. Che accade laggiù?
Senza additare nessuno in particolare la signora Ghettmann si volse verso la vetrata panoramica: metri e metri quadrati di estensione, una vera e propria parete trasparente che si apriva sull'orizzonte cilindrico della Stazione e rendeva quel posto davvero entusiasmante. Ampi gradini sagomati come onde portavano a una zona rialzata del locale che seguiva l’andamento curvilineo della vetrata. Nel punto dove la curva si protendeva maggiormente verso l’esterno si era formato un capannello di persone intente a chiacchierare, ridere e bere insieme.
- Ah, quella... - esordì Hanna freddamente - Quella è Hoshi Nakano, rampante moglie di Eric Valdemort, un piccolo industriale di poco conto. Pare abbia la scollatura più profonda di tutta la sala, al momento. Anche se ben poco seno da esibire.
- Due mezze tacche, mi pare di capire - commentò acida la vedova sorseggiando altro vino.
- Direi di sì - Hanna era rimasta solo un po’ sorpresa dalla facilità con cui aveva trovato scarne informazioni sulla bionda e torreggiante Nakano e ancora meno sul marito. Parevano davvero due mezze tacche, ma danarosi abbastanza da permettersi la costosa paranoia della privacy. Poche le immagini della moglie disponibili in Rete, nessuna di Eric Valdemort. Quest'ultimo era quindi un bel bersaglio per lei.
- Ti spiace andare a controllare che non succeda nulla di sconveniente laggiù? Voglio sapere chi sta regalando attenzioni a quella svampita spilungona bionda dal balordo nome giapponese. Voglio sapere se qualcuno semina zizzania a casa mia, soprattutto.
Effettivamente c’erano due o tre nomi importanti nel piccolo nugolo di curiosi intorno alla Nakano. Hanna espresse il suo assenso con un piccolo inchino e si congedò dalla vedova. Ecco una parte del suo lavoro che non le piaceva affatto. Non aveva alcun interesse per i fenomeni da baraccone come quella bionda dagli occhi a mandorla che, non contenta di superare i due metri per natura, calzava vertiginosi sandali dai tacchi a spillo. Contrariamente a molte esibizioniste però dimostrava buon gusto: l’abito era di finissima fattura, realizzato senza dubbio su misura da una nota sartoria e la generosa porzione di petto visibile dalla scollatura a V da capogiro era ampiamente coperta da sciarpe di veli dai colori indovinati e intonatissimi ai gioielli che la donna portava. Veli che creavano un seducente effetto vedo-non vedo i cui risultati erano palesi: Hanna dovette letteralmente sgattaiolare tra spalle e schiene maschili erte come pareti, ma anche alcune femminili prima di giungere a portata d’orecchio.
Ne approfittò per mettere a frutto i suoi innesti: memorizzò nel suo impianto modificato volti e nomi più che poté. La piccola CPU biologica che aveva nella testa cominciò a elaborare, inesorabile. Dopo pochi minuti le arrivarono i primi risultati: apparentemente aveva sopravvalutato la Nakano. Intorno a lei c’erano soprattutto mezze tacche del suo stesso livello, un solo pesce più grosso davvero interessante che la osservava divertito e un noto ladro che attendeva il momento migliore per sfilare gioielli con la destrezza che lo caratterizzava: collana, orecchini, anelli e una spilla discreta ma preziosa appuntata tra lo scarno seno e la spalla. Hanna con un impercettibile movimento della mascella attivò il suo impianto di comunicazione modificato per poter chiamare oltre che ricevere e avvisò la sicurezza. Pochi minuti dopo, con la massima discrezione e senza che nessuno si rendesse conto di nulla, il ladro fu intercettato e accompagnato fuori vista. Hanna ringraziò i suoi impianti cibernetici grazie ai quali poteva identificare un volto in pochi secondi. Le bastava averlo già visto almeno una volta in precedenza. Ovviamente avrebbe fatturato a parte l’intercettazione del ladro: la sicurezza non rientrava tra i suoi compiti.
- ...ma questo non è mio marito!
Lo scoppio di risa fu ben controllato ma evidente. Incredibile a dirsi quella gente, banchieri, industriali, investitori, azionisti di maggioranza e presidenti di società danarose a volte perfino molto note si stavano intrattenendo raccontandosi a vicenda barzellette idiote. Molte mani sorreggevano calici di vino o cocktail profumati di frutta e alcol, ma per Hanna non era una scusa sufficiente. Non c’erano molti nuovi ricchi lì intorno, tranne forse il misterioso e spregiudicato Luther Ethan Jones, uno che aveva mostrato di sapere molto bene come costruire la propria fortuna usando ossa altrui. E quando non vi erano cadaveri in giro, Jones era in grado di trovarne uno fresco e conveniente da disossare. Apparso dal nulla un paio di anni prima, era salito alla ribalta della cronaca finanziaria grazie a una pericolosa ma riuscita speculazione che gli aveva fruttato denaro e una certa notorietà. Di quella pericolosa però: c'era un buon numero di persone, alcune anche a quel ricevimento, che l'avrebbero affondato volentieri. Anche lui era nell'orbita di Hoshi Nakano, sebbene più in disparte.
Dovette riconoscere alla nippo-valchiria una certa abilità, una miscela tra grazia e sfacciataggine che la rendeva interessante. E irresistibile per molti: gli uomini non le toglievano gli occhi di dosso e alcuni, i più avventati o i meno esperti forse, arrivavano a pavoneggiarsi davanti a lei nei modi più diversi, incluso gonfiando il torace e i bicipiti. Probabilmente la Nakano era ben consapevole di ciò e, sebbene con molta discrezione e abilità, conduceva lei il gruppetto comandandolo a bacchetta. Brava a spostare continuamente l’attenzione sempre su una persona diversa, ma la vera protagonista era lei. Hanna aveva fatto dello studio del comportamento delle persone il proprio mestiere e dopo pochi minuti di osservazione non ebbe dubbi: era Hoshi Nakano il capo indiscusso del branco.
- Brava, vero?
Per la seconda volta in poco tempo Hanna si fece cogliere alle spalle, impreparata. Tale era la sua attenzione per l’altissima bionda che non si era resa conto dell’avvicinarsi dell’uomo.
Vestito elegantemente ora quello le porgeva un calice colmo di spumante cristallino decorato da finissime bollicine in corsa, come preziosi fili verticali di minuscole perle. Non sorrideva ma dalla luce che brillava negli occhi non pareva minaccioso.
- Grazie... - Hanna accettò il calice sorridendo, accennando una millimetrica e aggraziata riverenza. Le servì per frugare disperatamente il suo impianto mnemonico alla ricerca di quel viso. Del tutto normale, privo di segni caratteristici, apparentemente uguale a mille altri dentro e fuori quella sala. Lo perquisì più volte alla ricerca di qualcosa cui agganciare la propria memoria artificiale. Ben rasato, non un pelo fuori posto, capelli tagliati cortissimi come dettava la moda, nessun anello alle mani, nemmeno il colore dell'iride era degno di nota. Non profumava, cosa più che normale visto che la moda dei profumi corporei maschili era in piena fase minimalista. L'unico segno che l’avrebbe distinto dalla folla della strada erano i soldi che doveva possedere in abbondanza, vista la qualità degli abiti. Ma si trattava di una caratteristica comune a tutti i presenti.
- La conosce? - Hanna accennò alzando il calice verso la bionda nippo-valchiria che ora si era portata ancora più vicina alla vetrata fingendo di seguire un canuto senatore. In realtà era stata lei a imporre lo spostamento a tutto il nugolo di gente che l’attorniava. Tanto che lo sconosciuto e lei si trovavano ora al centro di un’isola di vuoto e fresca, improvvisa tranquillità. Hanna fu colpita a tradimento da un pensiero che stentò a riconoscere come suo: avrebbe desiderato una scollatura come quella della Nakano, che con lei avrebbe fatto decisamente più sensazione, per sbatterla in faccia all’imperturbabile individuo. Voleva destabilizzarlo, provocare una reazione, far guizzare i muscoli di pietra di quel viso.
- È mia moglie - rispose quello atono.
Eric Valdemort, piccolo industriale abilissimo a tenersi in disparte, lontano dai riflettori ma sempre ben addentro redditizi affari. Nel tempo di un sorriso associò l’immagine che la parte elettronica del suo cervello aveva catturato di quel viso a quanto archiviato nel suo ricco database. Bel colpo: Hanna si congratulò con se stessa per il piccolissimo ma inatteso successo. Non poté fare a meno di ostentare subito il suo trofeo col diretto interessato.
- Complimenti signor Valdemort... la sua signora è davvero intrigante. Formate una coppia estremamente varia, ma davvero ben assortita.
Non stentò a immaginare quanto frizzante potesse diventare la Nakano una volta su di giri per l’alcol o per qualche pillola di gialla, mentre invece il marito non muoveva un muscolo più del necessario. Forse nemmeno se preso a schiaffi. Aveva qualcosa negli occhi però che la scoraggiava dal tentare un simile approccio.
- Lei è molto gentile, signorina Fernandes.
Nonostante tutti i suoi sforzi Hanna si sentì sbiancare sotto la bella pelle color caffelatte. Quello era un bel colpo.
- Non è l’unica a giocare con i database somatici...
Impossibile dire se Valdemort stesse scherzando con lei o se avesse in mente qualcosa, e di che genere. Non solo l’aveva chiamata col suo vero cognome, ma sapeva chi era e cosa faceva lì. Aveva bisogno di tempo per pensare ma nello spazio di un sorso dal frizzante calice che Valdemort stesso le aveva portato tutto quello che le riuscì di dire suonò debole e falso alle sue stesse orecchie.
- Mi devo correggere... la sua signora non è l’unica a essere intrigante - ammiccò più palesemente di come avrebbe voluto, sentendosi volgare come una prostituta. Se Valdemort avesse interpretato quell’atteggiamento come un’offerta di qualche genere non lo diede a vedere.
- Se crede, Hanna... posso chiamarla Hanna? - lei accennò un debole assenso, la gola improvvisamente paralizzata - abbiamo alcune cose di cui parlare. Vuole accompagnarmi ai divani?
Cortesissimo, eppure fermo e freddo come una trave d’acciaio. La sua offerta non sembrava nemmeno prevedere un rifiuto, una scusa. Lanciò tutto intorno uno sguardo che non avrebbe voluto essere una muta richiesta di soccorso, ma Hanna si rese conto che stava proprio cercando qualcosa cui aggrapparsi per non dover seguire Eric Valdemort. Ma come se un complotto nascosto si palesasse solo in quel momento in tutta la sua terribile e schiacciante realtà, vide solo schiene.
Come un turbine profumato Hoshi Nakano li raggiunse, straordinariamente leggiadra per essere una donna tanto alta da essere facilmente scambiata per una spaziale.
- Eric, non posso lasciarti solo nemmeno un minuto! Mi devi assolutamente presentare questa bellissima ragazza che hai già tra le grinfie!
Inebriante: era un buon termine per definire Hoshi Nakano. Profumata, elegantissima, seducente. Non certo bella: stupiva come nonostante vivesse palesemente nel lusso non avesse fatto ancora nulla per quei lineamenti un po’ troppo spigolosi, per le labbra scarne e sottili, per il naso un po’ troppo schiacciato e per quella piccola cicatrice sul mento. Piccola ma ben visibile. Anche un minimo ritocco al seno le avrebbe giovato grandemente: aveva un fisico troppo asciutto e quasi androgino. Erano di gran moda le curve mozzafiato e non v’era donna nella sala che non ostentasse vita sottile, seni ampi e natiche modellate con generosità. Gli occhi da soli erano in grado di bilanciare ogni tratto sgraziato che la affliggeva: deliziosamente obliqui, scuri ed estremamente femminili.
- Ma certo - Valdemort si illuminava a fatica perfino in presenza della sua consorte - ho appena invitato la signorina de Chateaux a bere qualcosa con noi.
Hanna si rammaricò di aver desiderato vedere il viso dell’uomo cambiare espressione. Il sorriso di Valdemort era forse peggio della più inespressiva delle maschere che quello possedeva. Un sorriso inquietante, pauroso, cannibale.
- Come sei formale! “Signorina de Chateaux”! - lo rimproverò la Nakano irraggiungibile, chinandosi sorridente su di lei dall’alto dei due metri superati grazie ad acuminati stiletto. Le loro guance si sfiorarono appena nel saluto di rito.
- Hanna, Hanna de Chateaux - si corresse subito Valdemort con tono di scuse usando il nome con cui lei era stata presentata dalla padrona di casa, la vedova Ghettmann. Non l'aveva chiamata col suo vero nome di fronte alla moglie. Avere quella piccola complicità con Valdemort non servì a tranquillizzarla, anzi. Si sentì intrappolata e senza possibilità di fuga.
   
 
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