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Autore: athenawinchester    24/04/2017    0 recensioni
Un breve brano dedicato a lei che, sebbene dispensatrice di preziosissimi doni, non chiede mai niente in cambio.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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All'arte

Scritto sotto le note della bellissima e sofferta "First Love" di Suga, che qui riporto:
https://www.youtube.com/watch?v=T8V9a6wl1oI
grazie infinite.


 
Non ricordo il momento in cui ti ho incontrata per la prima volta, non saprei dire quando sei diventata importante al punto da non riuscire ad immaginare la mia vita senza di te, non mi domandare la ragione per cui ti ho scelta perché non potrei spiegarti.

Non è la prima volta che devi perdonare questa lacerante accidia che mi opprime e mi ammacca da tutta la vita. Mi rimproveri continuamente l'indugio che mi spinge a retrocedere, l'insofferenza che mi porta a respingere tutto quanto. Una volta mi hai detto che la procrastinazione è la pigrizia dell'animo, e che non la si deve viziare ma educare. Io non avevo capito, ero stanca, non potevo sopportare anche le tue grida. Ti ho allontanata, ho chiuso a chiave la porta della mia cella, mi sono stesa sul suo pavimento freddo. Nessuno ha bussato, sono rimasta là dentro per secoli con la sola compagnia dell'eco delle vite degli altri. Così ho cominciato a scrivere di quelle vite sui muri, vi ho disegnato volti amorfi e ho voluto diventare tutti quei volti. Inaspettatamente hai sussurrato da una di quelle bocche cui io avevo dato voce, hai detto che non c'era più spazio su quelle pareti. Con una mano sul petto e l'altra che stringeva la tua ho lasciato la mia cella per cercare muri intatti.

Durante quella nostra piccola avventura abbiamo pianto lacrime prive di ragione apparente, abbiamo combattuto dolori senza principio certo, abbiamo riso di noi stesse e degli altri solo per rivendicare un diritto che ci appartiene, abbiamo peccato di orgoglio e arroganza quando tutto il resto intorno a noi ci appariva ordinario e siamo state sovrane di mondi inventati da capo, ma più avanzavamo in quell'assurdo cammino più diveniva difficile tenere il tuo passo: io ero così debole e stanca mentre tu eri bellissima ed irraggiungibile. Per invidia e per dispetto ho tracciato una linea di confine tra noi, ti ho voltato le spalle, ti ho rinnegata. Devi avermi guardata piena di compassione mentre con patetica confidenza pretendevo di dividermi in due parti, mentre vivevo un'esistenza a metà.

Tornando indietro ho visitato luoghi che mi mortificavano mentre mi raccontavo che doveva essere così e non c'era modo di cambiare le cose, ho riferito storie che disprezzavo con il trasporto eccessivo di chi non è interessato, ho taciuto le mie aspirazioni e i miei principi, ho incontrato persone brutali e ne ho accettato le violenze senza contestazioni. Quanto ho dovuto nuocermi prima di comprendere che quel grido di protesta contro un mondo contraddittorio e beffardo non doveva soffocarti, ma doveva abbracciarti perché il grido fosse ancora più potente e incisivo. Mi hai trovata inerme nel mio letto mentre non riuscivo a prendere sonno, e silenziosamente ti sei stesa accanto a me. Mi vergognavo così tanto che non ho detto niente, e non ho detto niente per molto tempo, ma tu eri in tutto quello che facevo, che faccio, dal primo gesto della mattina all'ultima preghiera della sera. Sarà sempre così.

L'impazienza e l'ambizione non mi permettono di amarti come meriti, e di ascoltarti e di curarti, perché anche tu soffri la solitudine, ma ti difenderò per sempre perché nel tuo cuore non esistono indugio e presunzione e discriminazione. Senza fare domande hai raccolto i miei errori e ne hai fatto una canzone, una poesia, una fotografia. Ed ogni volta che il peso di quest'esistenza irrisolta piega le mie ginocchia la tua voce dice sempre, ferma e gentile: alzati, grida, scrivi.  

 
  
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