Storie originali > Storico
Segui la storia  |       
Autore: Crilu_98    24/04/2017    5 recensioni
Secondo capitolo de "The Walker Series" - non è necessario aver letto la prima storia.
Mark ed Elizabeth Walker sono fratelli ma non si vedono da dieci anni, da quando un terribile incidente ha cambiato per sempre le loro vite. Elizabeth è una ragazza insicura e tormentata dai sensi di colpa che all'improvviso è costretta a lasciare la cittadina di campagna dove ha sempre vissuto e a raggiungere San Francisco per salvare il fratello. Aiutata da uno scontroso gentiluomo dalle origini misteriose, da una risoluta ereditiera poco convenzionale e da un impacciato pescatore italiano, Elizabeth dovrà fronteggiare un intrigo molto più grande di lei. Un complotto che potrebbe diventare la miccia di un'incontrollabile rivolta operaia...
Genere: Azione, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo | Contesto: Il Novecento
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'THE WALKER SERIES '
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


P.O.V. Mark
 
L’ombra che le sbarre proiettavano sul pavimento andava allungandosi man mano che il sole tramontava in mezzo alle onde: l’Oceano, per quanto potevo vedere dalla stretta finestra della mia cella, era molto agitato quel giorno.
La prigione era rumorosa: potevo sentire le urla dei pazzi, gli insulti degli altri detenuti, gli ordini delle guardie e il tintinnio acuto delle sbarre quando i secondini sbattevano i loro manganelli su di esse… Ma in realtà non mi curavo nulla di tutto ciò. Ero seduto sulla mia branda da non so quante ore, ero talmente assorto nelle mie riflessioni che non avevo fatto caso né al tempo che passava né all’ambiente spoglio che mi circondava.
Pensavo a Barbara.
 
La prima volta che l’avevo vista era una ragazzina che saltellava per la fabbrica incurante dei richiami di suo padre e della domestica che l’accompagnava. Io ero entrato a lavorare lì da pochi mesi e non avevo ancora colpito positivamente Thomas Calloway, né mi ero avvicinato ai miei compagni socialisti: tutto ciò che mi interessava era mantenere un basso profilo. Cosa che sarebbe risultata impossibile se la figlia del capo, tra tutti gli operai, avesse perseverato nello squadrare da cima a fondo proprio me.
-Tu sei nuovo!- esclamò, piazzandosi davanti alla mia postazione con le mani sui fianchi e senza mostrare nessun imbarazzo. Le lanciai una breve occhiata timorosa, stimando che dovesse avere l’età di Elizabeth o anche di meno: questa era l’unica cosa che quella ragazzina intraprendente avesse in comune con mia sorella.
-Sì.- risposi comunque, temendo di risultare scortese e che lei si risentisse. Pensai che così se ne sarebbe andata, ma la ragazza non accennava a muoversi:
-Non dovrebbe rimanere qui, signorina, è pericoloso!- borbottai, puntando nuovamente il mio sguardo sulla fucina in funzione.
Barbara alzò le spalle con aria noncurante:
-Curioso, usi le stesse parole di mio padre!-
-Barbara Calloway!- tuonò la voce del padrone dal piano superiore -Vieni qui immediatamente!-
Mentre la ragazzina si girava verso le scale con aria incerta, la fucina ribollì e con orrore vidi che stava per produrre una fiammata che l’avrebbe investita in pieno. Non mi fermai a riflettere: afferrai Barbara per la vita e la tirai indietro, al sicuro tra le mie braccia. Le feci scudo con il mio corpo fino a quando la fiammata non si estinse ed entrambi riaprimmo gli occhi, affannati e spaventati ma illesi. Mi incantai ad osservare quelle iridi calde e liquide di lacrime, mentre lei iniziava a torturare il labbro inferiore con i denti… Fu in quel momento che capii che avrei amato quella fanciulla contro ogni logica e contro ogni regola. Non amavo definirmi un idealista o un sognatore, ma ero fatto così: le promisi fedeltà eterna nell’istante stesso in cui, con un respiro profondo, Barbara Calloway mi sorrise e mi sussurrò un grazie riconoscente.
-Barbara!- gridò Thomas Calloway all’improvviso, strattonando indietro la figlia ed osservandola con attenzione e preoccupazione. Poi si voltò verso di me:
-Lei ha salvato la vita di mia figlia, giovanotto. Qual è il suo nome?-
-Mark Smith.-
-Bene, Smith, lei merita una ricompensa. Cosa desidera?-
Lo fissai con gli occhi sgranati, lottando per non lasciarmi sfuggire ciò che bramavo più di ogni altra cosa: tornare a Rosenville e riabbracciare la mia famiglia. Ero solo un umile operaio, che per di più aveva fornito generalità false al momento dell’assunzione.
-Io voglio…- balbettai, mentre venivo analizzato da due paia di occhi intelligenti ed incuriositi.
-Io voglio che lei sostituisca questa fornace, signore. Non è la prima volta che esplode in questo modo.-
Thomas Calloway rimase in silenzio, accarezzandosi i folti baffi castani, poi ridacchiò soddisfatto e se ne andò, tenendo una mano poggiata sulla spalla della figlia.
-Hai sprecato un’occasione, amico!- sbraitò Ezra Clarke, uno dei membri di spicco del nascente sindacato. Io mi strinsi nelle spalle e non risposi. Una settimana dopo, la fornace fu sostituita.
 
Non incrociai più Barbara per un paio d’anni, nonostante la mia vita fosse cambiata e in meglio. Alle assemblee dei compagni mi ero fatto degli amici, tra cui Connor: era eccentrico ed esagerato in tutto, che si trattasse di bere o infervorarsi per una giusta causa, ma era anche molto simile a me per i segreti che custodiva. Era l’unico a cui avessi avuto il coraggio, fino a quel momento, di rivelare la mia storia, sicuro che non sarebbe mai andato a riferirla alle autorità.
Nello stesso tempo, la stima di Calloway nei miei confronti era cresciuta e questo mi aveva conferito il ruolo di mediatore tra lui e i miei colleghi; spesso anche Ezra preferiva affidarsi a me, sicuro che con la mia diplomazia sarei stato capace di riuscire dove gli altri fallivano con la loro eccessiva arroganza ed irruenza.
Mi ritrovai davanti la ragazza all'improvviso, mentre uscivo dalla fabbrica al termine del mio turno di lavoro e sul momento non la riconobbi: sostava all'angolo della strada e giocherellava distrattamente con l'ombrellino da passeggio che portava appeso al braccio.
La scambiai per la moglie o la fidanzata di qualche mio collega e la superai senza neanche accennare un saluto, ma la sua voce squillante e divertita mi fece voltare di scatto:
-Che modi, Mark Smith!-
Il corpo aveva perso ogni traccia della goffaggine infantile, diventando snello ed aggraziato, ma non androgino o scheletrico: Barbara aveva delle curve morbide e proporzionate alla sua altezza, notevole per una donna. Arrivava facilmente a guardarmi negli occhi e notai subito che le lentiggini si erano fatte più marcate e risaltavano anche sotto la cipria.
Solo gli occhi erano rimasti immutati: erano le stesse iridi calde e scintillanti che popolavano i miei sogni dal nostro primo, breve incontro. 
-Signorina Calloway!- borbottai, impacciato, sfiorandomi il berretto con una mano. Il buonsenso mi suggeriva di proseguire e lasciarmi quella ragazza alle spalle, per non soffrire inutilmente… Invece rimasi lì, a fissarla intensamente senza trovare un buon motivo per parlare o una scusa per ascoltare di nuovo il suono cristallino della sua risata.
-Sto aspettando mio padre!- disse infine lei, rompendo il silenzioso scambio di sguardi con un'alzata di spalle -Ha detto che stasera andiamo a teatro… Mah!-
-Non le piace il teatro?- chiesi, nel disperato tentativo di portare avanti la conversazione senza sembrare scortese o rivelare qualcosa di troppo su me stesso.
-E'… Vecchio, triste e pesante. Mi piacerebbe molto passare una serata in uno di quei locali di cui la gente parla a mezza voce… Sa, uno di quelli in cui si balla la nuova musica, si beve e si resta a chiacchierare fino a tarda notte? Ovviamente mio padre non me lo permetterebbe mai, non è il posto adatto ad una signora come me, secondo lui! Ma mi perdoni, le mie devono sembrarle chiacchiere di una ragazzina viziata!-
Incurvai gli angoli delle labbra verso l'alto: più che altro, mi sembravano le parole di una ragazza ansiosa di spiccare il volo per conoscere il mondo. Mi ricordava Elizabeth…
-Signorina Calloway!-
Il contabile della fabbrica, Simon Grey, si stava avvicinando a lunghe falcate con un sorriso mellifluo e una volta giunto vicino a noi si esibì in un cortese saluto. Mi lanciò una fredda occhiata di disapprovazione, prima di rivolgersi nuovamente a Barbara:
-Signorina Calloway, suo padre mi manda a dirle che è stato invitato a cena da uno dei suoi nuovi soci e purtroppo non riuscirà a liberarsi per il teatro di stasera… Il che è un peccato, considerato che aveva già pagato i biglietti. Li ho qui con me, se vuole potrei accompagnarla io… Con la sua scorta, beninteso!-
Solo allora mi accorsi dei due individui vestiti impeccabilmente che bighellonavano nei dintorni, senza mai perdere di vista la ragazza: se anche avessi pensato di tenere nascosto quell'incontro al mio datore di lavoro, non sarebbe stato possibile in nessun caso.
Barbara socchiuse gli occhi sorridendomi gentilmente e io pensai che fosse il momento giusto per defilarmi; per quanto ritenessi Grey un essere irritante ed avido, non credevo che sarebbe stata in pericolo in sua compagnia. Ma la ragazza era di tutt'altro avviso:
-La ringrazio, signor Grey, ma credo che tornerò a casa: ero già piuttosto stanca e sono sollevata che questa faccenda del teatro sia saltata… Signor Smith, fa qualche passo con me?-
Boccheggiai, mentre il contabile torceva le labbra con una smorfia e mi fulminava con gli occhi.
"Domani a lavoro me la farà pagare!" pensai, rabbrividendo impercettibilmente e desiderando di poter uscire indenne da quell'imbarazzante situazione. Barbara, però, mi aveva già offerto il braccio che fui costretto ad accettare… Salvo lasciarlo andare di botto una volta girato l'angolo. I mastini di Calloway si mantenevano a distanza, ma potevo percepire il loro sguardo attento ed indagatore.
-Mi ha messo in un bel guaio!- borbottai, accigliato. Lei ridacchiò, poi si avvicinò ancora di più a me, arrivando a sussurrarmi nell'orecchio; io mi irrigidii, avvolto dal suo profumo costoso e dolce, tentando di non muovere un muscolo nella sua direzione. Eravamo in una strada trafficata, ma trattenermi dal toccarla era difficilissimo.
-Fra due ore, all'entrata principale del Golden Gate Park. Voglio una serata diversa.-
Si staccò, mi fece un breve cenno di saluto e in pochi istanti era stata già inghiottita dalla folla.
 
Non sapevo cosa mi avesse spinto davanti all'entrata del parco, mentre nella mente avevo ben chiari tutti i motivi per cui avrei dovuto disertare quell'appuntamento.
"Ma è davvero di questo che si tratta?" mi domandai, confuso, mentre aspettavo Barbara con un piccolo mazzolino di fiori in mano. Era l'unica cosa che mi potevo permettere e mai come in quel momento provai rabbia e vergogna per il lavoro che svolgevo e per lo stipendio da fame.
"Di solito sono gli uomini a fare il primo passo."
Ma Barbara era una ragazza speciale, non si sarebbe mai accontentata di un damerino qualunque: me ne accorsi subito, non appena la vidi avvicinarsi con un ampio sorriso.
-Non credevo saresti venuto!- esclamò, accettando i fiori con una luce entusiasta nello sguardo che mi fece stringere il cuore. Ma il tono vittorioso ed il sorriso trionfante che accompagnava quelle parole cancellarono ogni traccia di tenerezza. Ero innervosito dalla piega che avevano preso gli eventi e dal tormento che Barbara mi dava, così vicina eppure così lontana.
"Non è per te!" mi ripetei per l'ennesima volta "Puoi avere chi vuoi, ma non lei!"
-Basta con i giochetti!- sbottai ad un tratto, mentre passeggiavamo nei vialetti del parco, illuminati da graziosi lampioni in ferro battuto. Non avevo mai pensato di visitare un posto del genere, non era stato pensato per la mia classe sociale. Barbara si voltò verso di me con fare interrogativo:
-Perché tutto questo? Perché rivolgermi la parola, mettermi nei guai? Si annoia, forse?- domandai, in maniera più brusca e rude di quanto volessi. La ragazza, però, non si fece intimorire; rifletté per qualche istante accarezzando delicatamente i petali dei fiori che teneva in mano, poi rispose.
-La mia vita è abbastanza noiosa, è vero. E' vero anche che sono una ricca ragazza viziata che non conosce il mondo né la vita… Le mie uniche occasioni di libertà sono quelle poche volte che riesco a sfuggire alla mia amata "scorta"!- piegò le labbra in un ghigno amaro -Tu, invece… Non lo so, hai qualcosa di diverso. Sei estraneo a questa città, sei pieno di forza e di vita repressa! Mi piaci.-
Rimasi spiazzato da quella semplice ammissione.
Da quando le avevo salvato la vita avevo sognato un mondo in cui Barbara Calloway avrebbe potuto dirmi una cosa del genere, un mondo in cui lei non era la figlia del mio padrone, ma solo la donna che amavo. Avevo immaginato il suo corpo steso accanto al mio sul letto, anche se la fantasia non mi aveva mai ispirato l'emozione e l'eccitazione che provavo nell'osservare dal vivo le sue curve strette in un abito semplice e poco pretenzioso.
Col tempo avrei imparato a capire che Barbara era esattamente come si presentava: sicura di sé, impulsiva, schietta e dotata di notevole senso pratico. Avrei conosciuto ogni particolarità del suo corpo, grazie ai numerosi incontri che avvenivano nel buio della notte, quando mi introducevo di nascosto in camera sua; avrei imparato a memoria il suo profumo, la sua voce e la sua risata.
Ma tutto iniziò quella sera, in un vialetto curato e silenzioso del Golden Gate Park: quando Barbara si voltò a scrutarmi con i suoi occhi grandi e caldi, l'attirai a me di slancio e la baciai, deciso a non lasciarla più andare.
 
 
Angolo Autrice:
Innanzitutto scusate il ritardo, ma neanche mi ero accorta che fossero già passati dieci giorni dall'ultimo aggiornamento xD
Questo è il capitolo che io chiamo "capitolo-bolla" perché è come se fosse qualcosa di distaccato dalla storia pur facendo parte di essa: volevo trovare un modo originale per spiegare il passato di Mark e Barbara prima che lei si presentasse a Connor ed Elizabeth!
Quindi adesso sappiamo meglio chi è la nostra lady misteriosa! Spero che il capitolo vi piaccia e di poter riprendere ad aggiornare con maggiore regolarità!
 
Crilu 

 
   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Storico / Vai alla pagina dell'autore: Crilu_98