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Autore: Danail    24/04/2017    3 recensioni
[Prequel di "Unvorsum"| Raccolta di cinque storie | Lunghezza variabile | OriginAU].
Ci sono storie che non vengono raccontate alla luce del sole, ma sussurrate nelle sere tra amici, con un misto di terribile fascino e vivido stupore. E tra una Prova e l'altra, tra una cattura e un allenamento con i propri Pokemon, queste leggende circolano, crescono, si fanno più grandi.
La nascita dei Tapu, la prima venuta delle Ultracreature. i popoli prima delle Guerre di Kalos, eroi di tempi mitici. Il Peccato Originale, il voler andare oltre la superficie.
Racconti di scelte, racconti del coraggio di quattro individui che, seppur diversi e sconosciuti fra loro, hanno il coraggio di aggirare le regole, consci della punizione divina che potrebbe costar loro e alla loro gente la rovina eterna in caso di fallimento.
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Arceus, Guzman, Ivan, Max (Team Magma)
Note: AU, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
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Panthalassa




Ecco! La Morte s'è innalzata un trono
In una strana città che giace solitaria
Laggiù lontano all'Ovest tenebroso,
Dove il buono e il cattivo, il migliore e il peggiore
Hanno raggiunto la loro pace eterna.
Laggiù palazzi, torri e altari

(Torri rose dal tempo e non vacillano!)
A niente rassomigliano di nostro.
Dimenticate dal vento che si leva,
Sotto il cielo, rassegnate
Giacciono intorno le acque melanconiche.

[La città del Mare- E.A. Poe]








Gli avevano inculcato fin da piccolo il terrore per le prigioni naturali di Poni, il giovane Abissale s'era sempre tenuto in maniera quasi reverenziale lontano da esse. Fin troppo vicine al tempio di Tapu Fini e al nero tribunale, le carceri erano strutture brutte e sgraziate anche per gli standard del popolo marino.
Qui però è stranamente pulito” pensò il giovanotto mentre nuotava -per quanto le manette alle zampe lo permettessero- per quella stanzetta cubica scavata nella roccia. Stanco di sforzarsi di muoversi per ottenere solo squame spezzate e sangue nero sui polsi, l'essere si posò in un angolo e avvolse la coda draconica attorno al corpo, posando le ampie pinne sul viso da Sharpedo antropomorfizzato. Con un sospiro chiuse gli occhi neri come inchiostro, sperando di sognare ancora. Al tribunale lo avevano giudicato come un essere corrotto, un bestemmiatore nei confronti del Tapu. Ma fosse solo per quello non lo avrebbero condannato alla decapitazione, la sua famiglia non lo avrebbe ripudiato. No, non solo aveva avuto l'ardire di raccontare i suoi sogni riguardo la superficie luminosa, le altre isole e le altre razze. Lui aveva avuto il coraggio di rubare e nascondere il cristallo di Fini, violando il tempio e ferendo il Tapu grazie al suo Sharpedo. Al ricordo delle frustrate pubbliche l'Abissale sentì gli occhi inumidirsi più del normale.







Non seppe quanto dormì. Lì in fondo agli abissi il tempo era un concetto quasi sconosciuto, senza i consueti segnali ambientali l'adolescente non seppe quanto aveva ancora da vivere. Avrebbe voluto fuggire, sì... ma dove? Nei sogni vedeva Pokémon a lui sconosciuti solcare eleganti una volta di colore più chiaro dell'acqua. Vedeva la terra emergere dal mare, vedeva che il suo mondo finiva a un certo punto per lasciare posto a uno tutto nuovo e da scoprire. Nei sogni riusciva a vedere la luce.
Ma il ragazzo non aveva idea di come raggiungere la terra e la luce, in quel momento di sonno agitato arrivò anche a dubitare che esse non esistessero, che fosse vero il verdetto del tribunale: erano solo deliri di una mente perversa.
Ma assieme ai sogni venivano anche gli incubi, anche quella volta essi avvelenarono quelle dolci immagini. Essi iniziavano con l'apertura di strani buchi, da cui fuoriuscivano... creature. Ogni volta che invadevano il suo mondo onirico l'Abissale si lamentava e s'agitava nel sonno. Erano Pokémon? Forse. Ma in tutta la sua vita non aveva mai visto esseri con caratteristiche così accentuate, nemmeno nei sogni. E queste strane creature, una volta superato il tunnel, sembravano esitare per un attimo. Si guardavano attorno, spaesate, e... e distruggevano la terra e inquinavano il mare. Al che, l'Abissale si svegliava sempre di soprassalto.
Tuttavia quella volta il sogno, per quanto fosse altrettanto orribile, variò senza preavviso nel finale.
Per la seconda volta consecutiva nella visione onirica comparve quell'isoletta. L'abitante dei mari, nell'agitarsi durante il sogno, si chiese ancora come si chiamasse. Forse ancora non aveva nome.
L'isola era poco più grande di Poni e non aveva punti di particolare interesse. L'unica cosa di rilievo era una montagna non molto alta, venata da spaccature frastagliate da cui ogni tanto scaturivano bagliori luminosi. Alla base della montagna un fiume sotterraneo emergeva in superficie e sfociava in mare con un delta enorme, rendendo l'isola estremamente fertile. Dalla parte opposta del delta sorgeva una piccola foresta.
La prima volta l'Abissale aveva scorto sulla cima del massiccio una piccola struttura che assomigliava a un tempio. L'essere riconosceva vaghi tratti dei templi Abissali, come le decorazioni marine alla base della scalinata bianca, ma tutto il resto gli appariva sconosciuto, un miscuglio tra stili diversi.
Come la prima volta, il sognatore si diresse con naturalezza verso quel luogo sacro, penetrando dentro il naos con la stessa leggerezza di una corrente di superficie.
All'interno, come la prima volta, vide sopra un tavolo la statua in marmo bianco di un Pokémon familiare, con un anello attorno alla vita. E, dietro alla statua e su un altare riccamente decorato, vi era un disco di legno con vaghe incisioni.
E allora il sogno si fermava: sospeso in un istante infinito, l'essere marino poteva scorgere all'interno del disco quattro alloggiamenti posti ai quattro cardinali.
Come nel primo sogno, l'Abissale non capì i primi tre simboli. Come nel primo sogno, il triangolo rovesciato a sinistra lo attirò così intensamente da provocargli addirittura dolore. Come nel primo sogno, bastò vedere quel marchio proprio di Fini e del suo cristallo a fargli capire che ormai il triste fondo del mare non era più il luogo adatto per quella pietra potente.
Perché lì in fondo non avrebbe protetto più il popolo del mare, con la stessa certezza che si ha nei sogni l'Abissale era sicuro che il cristallo dovesse raggiungere quell'isola.
Ma il primo sogno s'era interrotto solo con questa consapevolezza, svegliando il sognatore nella sua camera da letto e lasciandolo rimuginare per ore.
Il secondo sogno lo svegliò in una cella oscura: era finito prima che quelle strane creature uscissero dai loro varchi, ma gli mostrò anche due portali luminosi, prossimi ad aprirsi, proprio accanto al tempio.
Quei due tunnel li ho percepiti in maniera diversa, però... che escano creature di altro genere? Sono quelle che devono essere fermate per prime? Cosa significa?” si chiese mesto il prigioniero una volta destatosi mentre s'avvicinava d'istinto alle sbarre. Ma nel momento stesso in cui il ragazzo portò il muso affilato tra due spalle che una serie di eventi cominciò a concatenarsi a velocità impressionante.
Vide avvicinarsi due figure fin troppo familiari, appartenenti entrambi al ramo amministrativo del culto di Tapu Fini, sussurrare qualcosa a una guardia carceraria. L'attimo dopo quella levitava in un nugolo di sangue mentre il prigioniero nuotava più veloce che poteva assieme a quelli che riconobbe come suo fratello maggiore e sua sorella minore.
-Fratelli! Che...- ansimò il giovane mentre guizzava verso l'esterno, stretto per bene fra i due.
-Taci stupido! Per credere ai tuoi sogni abbiamo sguazzato nel fango puzzolente per rubare la pietra prima che Tapu Fini la ritrovasse! Ma come ti è venuto in mente di piazzarla proprio nell'area rifiuti del tempio?- sibilò furiosa la femmina, un'Abissale slanciata e dai tratti fini. Il trio imboccò un corridoio secondario. In lontananza si sentivano rumori sospetti.
-Ssshht, zitti voi due, che forse ci hanno scoperti. Zitti e nuotate!- esclamò a mezza voce il maggiore, un marino grosso quanto un armadio e forte come due adulti messi assieme.
Velocemente i tre fratelli svoltarono in un condotto del ricambio dell'acqua aperto chissà da quanto -molto probabilmente dagli stessi Abissali venuti a salvare il fratello prigioniero- poco prima che le voci li raggiungessero.
Il condotto era così stretto che a stento passavano in fila indiana: le code sbattevano sonoramente contro le pareti, le pinne potenti e fini come veli a volte restavano impigliate tra fenditure e punte di metallo, le zampe palmate sembravano scalare più che nuotare, gli artigli delle dita spesso e volentieri grattavano i mattoni e la malta che fendere l'acqua.
Dopo minuti di lenta agonia il condotto finì, con immenso sollievo il giovane ritornò alle acque libere che, per sedici anni, avevano accolto scorrerie, nuotate e tanti momenti felici.
-Fratellino, tieni la pietra. Ti abbiamo fatto un ciondolino, così non la perderai!- rispose il maggiore alla domanda non detta del minore, passandogli il gioiello mentre s'allontanavano dalla fortezza-carcere. Il giovane s'infilò rapidamente la cordicella in cupronichel attorno al collo squamato per poi osservare di sottecchi la pietra rubata.
-Ascoltaci invece di ammirare quella cosa! Devi risalire in superficie il più in fretta che puoi!- gli gridò rabbiosa la sorella, afferrandogli un braccio e spingerlo a continuare il nuoto.
-Ahia! Pensavo che non mi credeste, come tutti!- piagnucolò in risposta il ragazzo, che accelerò.
Sotto di loro la città scavata nella pietra, le sue strade, le sue case e i negozi, tutto lentamente s'allontanava in proporzione alla loro ascesa.
-Davvero credi che ti avremmo lasciato marcire in quel buco? Anche noi abbiamo avuto qualche sogno. Ma non è nostro compito risalire, qualcuno deve restare qui per organizzare il popolo degli abissi!- spiegò il maggiore dei tre, controllando le strade. In lontananza si vedevano strane ombre muoversi. Forse era un effetto ottico.
-Eccoli! Muoviti!-.
No, non era un effetto ottico. Alla voce spaventata della sorella l'Abissale istintivamente il ragazzo si fermò, giusto per vedere che una silhouette di un Pokémon proveniente dal tempio attraversare a grande velocità le strade e i vicoli per raggiungere il ladro.
-NUOTA!- gli urlarono contro i fratelli, prima di guizzare in chissà quale nascondiglio.
Disperato, l'Abissale guizzò in alto e, con le forze congiunte di zampe e coda, si proiettò in alto alla ricerca della superficie dorata che tanto desiderava.
Mentre la corsa verso gli strati marini più alti si consumava in fretta, una sorta di nebbia poco a poco invase l'acqua attorno all'Abissale. Questo annaspò ancora un po' per vincere la trance che la nebbia di Fini provocava: il ricordo dei sogni e del pericolo riusciva a mantenere la concentrazione, ma lo sforzo era tale da far strizzare le palpebre alla creatura e ad aprire la mente a tutt'altri attacchi.
La nebbia lo stava rapendo. Doveva andare più in alto! ...più in alto! ...in alto...
Infrangendo la legge perderai la memoria di ciò che eri e ciò che sei ora. Ma, in fondo, rompendo la superficie col cristallo avresti perso comunque la tua identità. Assieme alla tua casa e alla tua famiglia. È la sorte peggiore che possa capitare, no?” sussurrò la voce apatica e fredda che l'Abissale collegava senza esitazione a Fini.
Stava perdendo la concentrazione, il torpore lo stava intrappolando. La superficie...
Il ricordo della superficie, del Sole caldo, della luce e dell'isola irruppero vivide all'improvviso nella mente del giovane, che si riscosse e abbandonò la trappola mortale. La nebbia lo aveva quasi raggiunto.
Con un guizzo tornò a nuotare veloce verso l'alto, cercando di riguadagnare il terreno perduto.
I ricordi dei sogni si ripetevano in un circolo vizioso, donando al ribelle l'ultimo barlume di forza.
Al che, senza preavviso e in maniera del tutto naturale, il cristallo appeso al collo del giovane s'illuminò, avvolgendolo con un'aura azzurrina a forma di vaga spirale e spingendolo in su, sempre più su, come una corrente oceanica che risaliva impetuosa.
Lo stridio furente di Fini si sentì appena da lì in fondo, l'Abissale non gli prestò più attenzione. Vide solo la sagoma del suo fedele Sharpedo emergere dal nero del fondo e aiutarlo a nuotare.
Potete segregare me e il mio passato” pensò nei suoi ultimi istanti di memoria passati prima d'infrangere il confine fra acqua e aria, mare e cielo.
Ma non potrete mai rubare i miei sogni!





-Ehi, svegliati. Tanto lo so che sei vivo-.
C'era una voce nell'oscurità. Qualcuno lo spingeva dolcemente, forse per ottenere una reazione da parte sua.
Ma chi era? Il ragazzo non la riconosceva. Non ricordava di conoscere qualcuno con quella voce e quel dialetto gli risultava estraneo.
Anzi, non ricordava proprio nulla.
Emise un gemito e passò dalla posizione supina a quella distesa sul dorso, continuando a tenere gli occhi chiusi.
-Ah, ma allora stai bene! E io che credevo che avessi qualche danno... su, ce la fai ad alzarti?-.
Sotto le sue mani c'era sabbia. Tanta sabbia, dura e compatta.
Non ricordava nulla, ma era abbastanza sicuro che la sabbia che conosceva lui era ben diversa. E poi che cos'era quello strano torpore, tutto quel caldo, tutto quel sole? Il ragazzo aprì gli occhi.
-Mh, penso di no... non ti ho mai visto da queste parti. Sei un naufrago? Un Pokémon fatto umano? Uno Sharpedo è venuto al villaggio tutto agitato, credo che fosse tuo, no? Riesci a capirmi?-
Di fronte al ragazzo disteso c'era un suo coetaneo. Da quello che riusciva a comprendere, era un ragazzo dalla pelle fragile e bruciata dal sole. E... aveva detto umano? Qualcosa non quadrava, se lo sentiva. Almeno ricordava di Sharpedo, quel vecchio squalo lo aveva salvato anche quella volta.
Faticosamente si mise a sedere per guardarsi bene, ignorando temporaneamente l'altro che continuava a ciarlare.
-Allora? Come ti chiami? Dai, per favore, dì qualcosa!-
Il ragazzo guardò con apparente apatia il suo corpo e poi quello che l'aveva trovato. Erano parecchio simili. Eppure... eppure sentiva che c'era qualcosa che gli sfuggiva. Ma cosa? La memoria era un buco nero. Approfittò della pausa dello sconosciuto di fronte a lui per rispondere con ciò che sapeva ancora. Forse qualcos'altro sarebbe emerso.
-Ti capisco, non serve che urli. Io... mi chiamo Ivan. Credo di avere due fratelli da qualche parte, ma non ricordo chi sono e come si chiamano. Non ricordo nemmeno il loro sesso né il loro nome. Io... sì, forse sono naufragato, non ricordo...- mormorò confuso Ivan, guardando l'interlocutore con espressione confusa. Quella situazione non gli piaceva affatto.
-Ma piacere Ivan! E quindi soffri di amnesia, eh? Scommetto che non ricordi neanche del perché hai quella pietra! Sai, assomiglia a quella che abbiamo noi. Solo che la nostra è verde e sta nella foresta. Dai dai, vieni al villaggio, magari riconosci qualcuno! Sono venuti altri naufraghi, forse vi conoscete. Dai, muoviti!-
Ivan ebbe il tempo solo di dare un'occhiata al suo ciondolo -e sentire uno strano sollievo nel vederlo ancora appeso al suo collo- e venne alzato e trascinato dal ragazzo verso un sentiero che portava in un bosco, pensando solo che non si era presentato.
Che tipo frettoloso.

   
 
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