Ecco!
La Morte s'è innalzata un trono
In una strana città che giace
solitaria
Laggiù lontano all'Ovest tenebroso,
Dove il buono e
il cattivo, il migliore e il peggiore
Hanno raggiunto la loro pace
eterna.
Laggiù palazzi, torri e altari
(Torri
rose dal tempo e non vacillano!)
A
niente rassomigliano di nostro.
Dimenticate dal vento che si
leva,
Sotto il cielo, rassegnate
Giacciono intorno le acque
melanconiche.
[La
città del Mare- E.A. Poe]
Gli
avevano inculcato fin da piccolo il terrore per le prigioni naturali
di Poni, il giovane Abissale s'era sempre tenuto in maniera quasi
reverenziale lontano da esse. Fin troppo vicine al tempio di Tapu
Fini e al nero tribunale, le carceri erano strutture brutte e
sgraziate anche per gli standard del popolo marino.
“Qui
però è stranamente pulito”
pensò il giovanotto mentre nuotava -per quanto le manette alle zampe
lo permettessero- per quella stanzetta cubica scavata nella roccia.
Stanco di sforzarsi di muoversi per ottenere solo squame spezzate e
sangue nero sui polsi, l'essere si posò in un angolo e avvolse la
coda draconica attorno al corpo, posando le ampie pinne sul viso da
Sharpedo antropomorfizzato. Con un sospiro chiuse gli occhi neri come
inchiostro, sperando di sognare ancora. Al tribunale lo avevano
giudicato come un essere corrotto, un bestemmiatore nei confronti del
Tapu. Ma fosse solo per quello non lo avrebbero condannato alla
decapitazione, la sua famiglia non lo avrebbe ripudiato. No, non solo
aveva avuto l'ardire di raccontare i suoi sogni riguardo la
superficie luminosa, le altre isole e le altre razze. Lui aveva avuto
il coraggio di rubare e nascondere il cristallo di Fini, violando il
tempio e ferendo il Tapu grazie al suo Sharpedo. Al ricordo delle
frustrate pubbliche l'Abissale sentì gli occhi inumidirsi più del
normale.
…
Non
seppe quanto dormì. Lì in fondo agli abissi il tempo era un
concetto quasi sconosciuto, senza i consueti segnali ambientali
l'adolescente non seppe quanto aveva ancora da vivere. Avrebbe voluto
fuggire, sì... ma dove? Nei sogni vedeva Pokémon a lui sconosciuti
solcare eleganti una volta di colore più chiaro dell'acqua. Vedeva
la terra emergere dal mare, vedeva che il suo mondo finiva a un certo
punto per lasciare posto a uno tutto nuovo e da scoprire. Nei sogni
riusciva a vedere la luce.
Ma
il ragazzo non aveva idea di come raggiungere la terra e la luce, in
quel momento di sonno agitato arrivò anche a dubitare che esse non
esistessero, che fosse vero il verdetto del tribunale: erano solo
deliri di una mente perversa.
Ma assieme ai sogni venivano anche
gli incubi, anche quella volta essi avvelenarono quelle dolci
immagini. Essi iniziavano con l'apertura di strani buchi, da cui
fuoriuscivano... creature. Ogni volta che invadevano il suo mondo
onirico l'Abissale si lamentava e s'agitava nel sonno. Erano Pokémon?
Forse. Ma in tutta la sua vita non aveva mai visto esseri con
caratteristiche così accentuate, nemmeno nei sogni. E queste strane
creature, una volta superato il tunnel, sembravano esitare per un
attimo. Si guardavano attorno, spaesate, e... e distruggevano la
terra e inquinavano il mare. Al che, l'Abissale si svegliava sempre
di soprassalto.
Tuttavia quella volta il sogno, per quanto fosse
altrettanto orribile, variò senza preavviso nel finale.
Per la
seconda volta consecutiva nella visione onirica comparve
quell'isoletta. L'abitante dei mari, nell'agitarsi durante il sogno,
si chiese ancora come si chiamasse. Forse ancora non aveva
nome.
L'isola era poco più grande di Poni e non aveva punti di
particolare interesse. L'unica cosa di rilievo era una montagna non
molto alta, venata da spaccature frastagliate da cui ogni tanto
scaturivano bagliori luminosi. Alla base della montagna un fiume
sotterraneo emergeva in superficie e sfociava in mare con un delta
enorme, rendendo l'isola estremamente fertile. Dalla parte opposta
del delta sorgeva una piccola foresta.
La prima volta l'Abissale
aveva scorto sulla cima del massiccio una piccola struttura che
assomigliava a un tempio. L'essere riconosceva vaghi tratti dei
templi Abissali, come le decorazioni marine alla base della scalinata
bianca, ma tutto il resto gli appariva sconosciuto, un miscuglio tra
stili diversi.
Come la prima volta, il sognatore si diresse con
naturalezza verso quel luogo sacro, penetrando dentro il naos con la
stessa leggerezza di una corrente di superficie.
All'interno, come
la prima volta, vide sopra un tavolo la statua in marmo bianco di un
Pokémon familiare, con un anello attorno alla vita. E, dietro alla
statua e su un altare riccamente decorato, vi era un disco di legno
con vaghe incisioni.
E allora il sogno si fermava: sospeso in un
istante infinito, l'essere marino poteva scorgere all'interno del
disco quattro alloggiamenti posti ai quattro cardinali.
Come nel
primo sogno, l'Abissale non capì i primi tre simboli. Come nel primo
sogno, il triangolo rovesciato a sinistra lo attirò così
intensamente da provocargli addirittura dolore. Come nel primo sogno,
bastò vedere quel marchio proprio di Fini e del suo cristallo a
fargli capire che ormai il triste fondo del mare non era più il
luogo adatto per quella pietra potente.
Perché lì in fondo non
avrebbe protetto più il popolo del mare, con la stessa certezza che
si ha nei sogni l'Abissale era sicuro che il cristallo dovesse
raggiungere quell'isola.
Ma il primo sogno s'era interrotto solo
con questa consapevolezza, svegliando il sognatore nella sua camera
da letto e lasciandolo rimuginare per ore.
Il secondo sogno lo
svegliò in una cella oscura: era finito prima che quelle strane
creature uscissero dai loro varchi, ma gli mostrò anche due portali
luminosi, prossimi ad aprirsi, proprio accanto al tempio.
“Quei
due tunnel li ho percepiti in maniera diversa, però... che escano
creature di altro genere? Sono quelle che devono essere fermate per
prime? Cosa significa?”
si chiese mesto il prigioniero una volta destatosi mentre
s'avvicinava d'istinto alle sbarre. Ma nel momento stesso in cui il
ragazzo portò il muso affilato tra due spalle che una serie di
eventi cominciò a concatenarsi a velocità impressionante.
Vide
avvicinarsi due figure fin troppo familiari, appartenenti entrambi al
ramo amministrativo del culto di Tapu Fini, sussurrare qualcosa a una
guardia carceraria. L'attimo dopo quella levitava in un nugolo di
sangue mentre il prigioniero nuotava più veloce che poteva assieme a
quelli che riconobbe come suo fratello maggiore e sua sorella
minore.
-Fratelli! Che...- ansimò il giovane mentre guizzava
verso l'esterno, stretto per bene fra i due.
-Taci stupido! Per
credere ai tuoi sogni abbiamo sguazzato nel fango puzzolente per
rubare la pietra prima che Tapu Fini la ritrovasse! Ma come ti è
venuto in mente di piazzarla proprio nell'area rifiuti del tempio?-
sibilò furiosa la femmina, un'Abissale slanciata e dai tratti fini.
Il trio imboccò un corridoio secondario. In lontananza si sentivano
rumori sospetti.
-Ssshht, zitti voi due, che forse ci hanno
scoperti. Zitti e nuotate!- esclamò a mezza voce il maggiore, un
marino grosso quanto un armadio e forte come due adulti messi
assieme.
Velocemente i tre fratelli svoltarono in un condotto del
ricambio dell'acqua aperto chissà da quanto -molto probabilmente
dagli stessi Abissali venuti a salvare il fratello prigioniero- poco
prima che le voci li raggiungessero.
Il condotto era così stretto
che a stento passavano in fila indiana: le code sbattevano
sonoramente contro le pareti, le pinne potenti e fini come veli a
volte restavano impigliate tra fenditure e punte di metallo, le zampe
palmate sembravano scalare più che nuotare, gli artigli delle dita
spesso e volentieri grattavano i mattoni e la malta che fendere
l'acqua.
Dopo minuti di lenta agonia il condotto finì, con
immenso sollievo il giovane ritornò alle acque libere che, per
sedici anni, avevano accolto scorrerie, nuotate e tanti momenti
felici.
-Fratellino, tieni la pietra. Ti abbiamo fatto un
ciondolino, così non la perderai!- rispose il maggiore alla domanda
non detta del minore, passandogli il gioiello mentre s'allontanavano
dalla fortezza-carcere. Il giovane s'infilò rapidamente la
cordicella in cupronichel attorno al collo squamato per poi osservare
di sottecchi la pietra rubata.
-Ascoltaci invece di ammirare
quella cosa! Devi risalire in superficie il più in fretta che puoi!-
gli gridò rabbiosa la sorella, afferrandogli un braccio e spingerlo
a continuare il nuoto.
-Ahia! Pensavo che non mi credeste, come
tutti!- piagnucolò in risposta il ragazzo, che accelerò.
Sotto
di loro la città scavata nella pietra, le sue strade, le sue case e
i negozi, tutto lentamente s'allontanava in proporzione alla loro
ascesa.
-Davvero credi che ti avremmo lasciato marcire in quel
buco? Anche noi abbiamo avuto qualche sogno. Ma non è nostro compito
risalire, qualcuno deve restare qui per organizzare il popolo degli
abissi!- spiegò il maggiore dei tre, controllando le strade. In
lontananza si vedevano strane ombre muoversi. Forse era un effetto
ottico.
-Eccoli! Muoviti!-.
No, non era un effetto ottico. Alla
voce spaventata della sorella l'Abissale istintivamente il ragazzo si
fermò, giusto per vedere che una silhouette di un Pokémon
proveniente dal tempio attraversare a grande velocità le strade e i
vicoli per raggiungere il ladro.
-NUOTA!- gli urlarono contro i
fratelli, prima di guizzare in chissà quale nascondiglio.
Disperato,
l'Abissale guizzò in alto e, con le forze congiunte di zampe e coda,
si proiettò in alto alla ricerca della superficie dorata che tanto
desiderava.
Mentre la corsa verso gli strati marini più alti si
consumava in fretta, una sorta di nebbia poco a poco invase l'acqua
attorno all'Abissale. Questo annaspò ancora un po' per vincere la
trance che la nebbia di Fini provocava: il ricordo dei sogni e del
pericolo riusciva a mantenere la concentrazione, ma lo sforzo era
tale da far strizzare le palpebre alla creatura e ad aprire la mente
a tutt'altri attacchi.
La nebbia lo stava rapendo. Doveva andare
più in alto! ...più in alto! ...in alto...
“Infrangendo
la legge perderai la memoria di ciò che eri e ciò che sei ora. Ma,
in fondo, rompendo la superficie col cristallo avresti perso comunque
la tua identità. Assieme alla tua casa e alla tua famiglia. È la
sorte peggiore che possa capitare, no?”
sussurrò la voce apatica e fredda che l'Abissale collegava senza
esitazione a Fini.
Stava perdendo la concentrazione, il torpore lo
stava intrappolando. La superficie...
Il ricordo della superficie,
del Sole caldo, della luce e dell'isola irruppero vivide
all'improvviso nella mente del giovane, che si riscosse e abbandonò
la trappola mortale. La nebbia lo aveva quasi raggiunto.
Con un
guizzo tornò a nuotare veloce verso l'alto, cercando di riguadagnare
il terreno perduto.
I ricordi dei sogni si ripetevano in un
circolo vizioso, donando al ribelle l'ultimo barlume di forza.
Al
che, senza preavviso e in maniera del tutto naturale, il cristallo
appeso al collo del giovane s'illuminò, avvolgendolo con un'aura
azzurrina a forma di vaga spirale e spingendolo in su, sempre più
su, come una corrente oceanica che risaliva impetuosa.
Lo stridio
furente di Fini si sentì appena da lì in fondo, l'Abissale non gli
prestò più attenzione. Vide solo la sagoma del suo fedele Sharpedo
emergere dal nero del fondo e aiutarlo a nuotare.
“Potete
segregare me e il mio passato”
pensò nei suoi ultimi istanti di memoria passati prima d'infrangere
il confine fra acqua e aria, mare e cielo.
“Ma
non potrete mai rubare i miei sogni!”
…
-Ehi,
svegliati. Tanto lo so che sei vivo-.
C'era una voce
nell'oscurità. Qualcuno lo spingeva dolcemente, forse per ottenere
una reazione da parte sua.
Ma chi era? Il ragazzo non la
riconosceva. Non ricordava di conoscere qualcuno con quella voce e
quel dialetto gli risultava estraneo.
Anzi, non ricordava proprio
nulla.
Emise un gemito e passò dalla posizione supina a quella
distesa sul dorso, continuando a tenere gli occhi chiusi.
-Ah, ma
allora stai bene! E io che credevo che avessi qualche danno... su, ce
la fai ad alzarti?-.
Sotto le sue mani c'era sabbia. Tanta sabbia,
dura e compatta.
Non ricordava nulla, ma era abbastanza sicuro che
la sabbia che conosceva lui era ben diversa. E poi che cos'era quello
strano torpore, tutto quel caldo, tutto quel sole? Il ragazzo aprì
gli occhi.
-Mh, penso di no... non ti ho mai visto da queste
parti. Sei un naufrago? Un Pokémon fatto umano? Uno Sharpedo è
venuto al villaggio tutto agitato, credo che fosse tuo, no? Riesci a
capirmi?-
Di fronte al ragazzo disteso c'era un suo coetaneo. Da
quello che riusciva a comprendere, era un ragazzo dalla pelle fragile
e bruciata dal sole. E... aveva detto umano? Qualcosa non quadrava,
se lo sentiva. Almeno ricordava di Sharpedo, quel vecchio squalo lo
aveva salvato anche quella volta.
Faticosamente si mise a sedere
per guardarsi bene, ignorando temporaneamente l'altro che continuava
a ciarlare.
-Allora? Come ti chiami? Dai, per favore, dì
qualcosa!-
Il ragazzo guardò con apparente apatia il suo corpo e
poi quello che l'aveva trovato. Erano parecchio simili. Eppure...
eppure sentiva che c'era qualcosa che gli sfuggiva. Ma cosa? La
memoria era un buco nero. Approfittò della pausa dello sconosciuto
di fronte a lui per rispondere con ciò che sapeva ancora. Forse
qualcos'altro sarebbe emerso.
-Ti capisco, non serve che urli.
Io... mi chiamo Ivan. Credo di avere due fratelli da qualche parte,
ma non ricordo chi sono e come si chiamano. Non ricordo nemmeno il
loro sesso né il loro nome. Io... sì, forse sono naufragato, non
ricordo...- mormorò confuso Ivan, guardando l'interlocutore con
espressione confusa. Quella situazione non gli piaceva affatto.
-Ma
piacere Ivan! E quindi soffri di amnesia, eh? Scommetto che non
ricordi neanche del perché hai quella pietra! Sai, assomiglia a
quella che abbiamo noi. Solo che la nostra è verde e sta nella
foresta. Dai dai, vieni al villaggio, magari riconosci qualcuno! Sono
venuti altri naufraghi, forse vi conoscete. Dai, muoviti!-
Ivan
ebbe il tempo solo di dare un'occhiata al suo ciondolo -e sentire uno
strano sollievo nel vederlo ancora appeso al suo collo- e venne
alzato e trascinato dal ragazzo verso un sentiero che portava in un
bosco, pensando solo che non si era presentato.
Che tipo
frettoloso.