Film > The Amazing Spider-Man
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Autore: Marvel Architect    24/04/2017    0 recensioni
Cosa è successo a Peter Parker dopo la morte di Gwen in " The amazing Spiderman 2 " ?
Che ne è stato del piano di Harry Osborn ormai dietro le sbarre di un manicomio?
La città ha ancora bisogno di eroi dopo l'ultimo scontro tra i due vecchi amici?
Come sarebbe andata se la saga di " The amazing Spiderman " non fosse finita?
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Osborn, Peter Parker, Un po' tutti
Note: AU, Movieverse, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Non era passato molto dall'anniversario della morte di Gwen, dal momento in cui Peter stesso si era ripromesso che avrebbe trovato l'assassino di zio Ben di cui si era dimenticato.
Aveva abbandonato la sua vita quotidiana e si era messo alla ricerca di ogni possibile indizio, qualsiasi cosa che potesse aiutarlo nella sua impresa: doveva metterci una pietra sopra.
Inizialmente fu colto dallo sconforto perché non riusciva a trovare una via d'uscita ma poi si ricordò di un particolare: in realtà la soluzione era a portata di mano.
Peter aveva un vantaggio: lui conosceva il suo volto.
Peter aveva visto il criminale in faccia quella maledetta sera.
Gli ci volle una settimana intera ma alla fine ci riuscì: entrò nel database della polizia e trovò il profilo che stava cercando.
Peter fece un bel respiro, si mise la maschera e uscì nella notte: era arrivato il momento.
Mentre era in volo, con le sue ragnatele, iniziò a ripensare a suo zio e al giorno della sua morte, al funerale e alle lacrime di sua zia.
D' un tratto, iniziò a piangere sotto la maschera. 
Il palazzo di Mac Gargan, questo era il suo nome, era una squallida palazzina della periferia e il suo appartamento all'interno non era da meno: triste dentro e triste fuori.
Non sembrava passarci troppo tempo o quantomeno, se lo faceva, decideva di non renderlo piacevole: piatti sporchi e buste della spazzatura erano in ogni angolo.
Una delle finestre era anche rotta così Peter non ebbe molta difficoltà ad entrare.
L'uomo ragno si guardò in giro sospettoso, cercando un qualcosa di indefinito che chiaramente non riusciva a trovare.
Dopo poco sentì il rumore della chiave nella serratura e decise di nascondersi attaccandosi al soffitto: Mac era finalmente arrivato.
Il criminale entrò mezzo ubriaco, con una bottiglia di birra in mano insultando chiunque e qualsiasi cosa, spinto di più dall'alcol che dall'odio vero.
Peter, guardando quello spettacolo, scoprì di provare pena per lui e, per la prima volta, pensò di andarsene e lasciarlo li, senza spaventarlo o attuare la sua vendetta: l'avrebbe lasciato nelle mani dell'autodistruzione.
Mac aveva quasi evitato un incontro ravvicinato con il supereroe di New York, ce l'aveva quasi fatta ma poi decise di ricordare a Peter chi era davvero.
Si sedette sul divano e si tolse dalle tasche del giubbotto più di un portafoglio con foto e carte d'identità che chiaramente non erano sue.
Mac Gargan ricordò a Peter Parker che lui era un ladro.
Il ladro che aveva ucciso suo zio.
 Mac si alzò per prendere un'altra birra dal suo sudicio frigo ma non fece in tempo: Peter si calò dal soffitto e lo afferrò per il colletto della camicia.
 " Che-che-chi sei? 
Che sta succedendo? "
chiese Mac balbettando.
 " Un uomo anziano.
L'hai ucciso tempo fa.
Ti ricordi di lui? 
Lui non aveva fatto niente, stava solo cercando un ragazzo che era scappato di casa.
Ti ricordi di lui? "
Peter ora stava urlando e le lacrime tornarono a rigargli le guance.
Mac sbiancò e dopo aver deglutito disse: " Io, io non mi ricordo ".
Peter strinse i pugni, qualcosa scattò nel suo cervello  e urlando spinse Gargan contro le finestre che si spaccarono subito.
Mac urlò cadendo nel vuoto.
Peter, senza pensarci un attimo, provò ad attutire la caduta tramite le sue ragnatele ma il tutto evitò solo i danni peggiori: Mac toccò comunque il suolo e si sentì una serie infinita di crack che segnalavano la rottura di altrettante ossa.
Peter scappò subito mentre delle persone trovavano il corpo e chiamavano i soccorsi: Gargan era salvo ma probabilmente non sarebbe mai stato più lo stesso.

Gustav Fiers, ormai, passava da un ospedale all'altro senza soluzioni di continuità anche se era a capo di una grandissima azienda.
Da quando Harry era finito a Ravencroft, per colpa del ragno, Gustav non si era dato più pace e anche se la Osborn e tutto ciò che il ragazzo possedeva era passato nelle sue mani aveva un giuramento da rispettare: un giuramento fatto allo stesso uomo che lo aveva nominato tutore di Harry, suo padre Norman.
Norman Osborn l'aveva salvato, l'aveva messo sotto la sua ala e prima della sua morte gli aveva affidato il suo bene più prezioso, suo figlio, facendogli promettere che, in qualsiasi modo, l'avrebbe reso felice.
Per Norman, Gustav, aveva fatto cose tremende e non sarebbe stato un problema farle anche per Harry.
Ecco perchè, ora, lui si trovava nell'ospedale centrale di New York City: per fare cose tremende o, quantomeno, per prepararsi a fare cose tremende.
Il Dr. Kafka aveva lavorato per anni al Ravencroft, con metodi discutibili per qualcuno ma, anche, estremamente soddisfacenti per altri.
Poi, d'un tratto, erano iniziati a spuntare dovunque quei cosiddetti metaumani come quel tizio in costume chiamato Spiderman e il tizio blu, quello che sparava elettricità, era stato portato da lui per tenerlo sotto osservazione e per analizzarlo.
Così, lui aveva iniziato a fare il suo solito lavoro, giusto per capire, ma poi quel moccioso di Harry Osborn si era messo in mezzo e lui ora si trovava in ospedale attaccato ad una serie di macchine senza le quali non sarebbe sopravvissuto.
Lui odiava Harry e anche tutti quei dannati mostri.
Il suo compito consisteva nell'andare dal Dr. Kafka e convincerlo ad entrare in un gruppo con a capo Harry, ma Gustav se ne accorse subito vedendolo lì, steso su quel letto: difficilmente, senza un regalo, Kafka avrebbe accettato di mettersi dalla parte di colui che l'aveva ridotto così.
Fiers stava per fare dietrofront quando sentì provenire distintamente da una stanza i lamenti e le urla di un uomo " Ucciderò quel maledetto ragno,o ucciderò! ".
Gustav Fiers sorrise e capì di essere sempre più vicino a finire il suo lavoro.

Strano a dirsi ma Peter, quel giorno, sentiva di avere il cuore più leggero.
La città non era libera dai malvagi, il domani poteva essere la fine del mondo ma oggi aveva deciso di non pensarci.
Oggi sarebbe stata una bella giornata: l'assassino di suo zio avrebbe affrontato la giustizia.
Si era svegliato presto, si era messo il suo costume e era arrivato in tutta fretta davanti all'ospedale dove Mac Gargan era stato ricoverato dopo il loro incontro: una camionetta della polizia l'avrebbe prelevato e finalmente l'avrebbe portato in prigione.
Finalmente tutto avrebbe trovato una sua conclusione.
Tutto stava per concludersi per il meglio se solo l'auricolare di Peter, collegato con la radio della polizia, non l'avesse avvertito di un problema nel centro cittadino.
" Un uomo con una tuta da volatile sta seminando il terrore nel centro cittadino ".
Queste le scioccanti parole che continuavano a risuonare nella testa di Peter mentre si sforzava di andare il più veloce possibile.
Che cosa stava succedendo davvero?
Peter non lo sapeva ma era disposto a scoprirlo.
Così arrivò più in fretta che poté in centro e lo vide, per davvero, un uomo vestito con una tuta da volatile che stava seminando il terrore nel centro cittadino.
Il Dr Kafka era stato colpito da un fulmine da quel pazzo di Electro per colpa di quello stupido ragazzino e ora il suo uomo migliore gli aveva chiesto se voleva partecipare ad un progetto particolare.
Lui li odiava, li odiava tutti ma la proposta era interessante quindi perchè non approfittarne?
Avrebbe trovato una soluzione, si sarebbe svincolato dal loro controllo, e quindi avrebbe approfittato della loro offerta e si sarebbe messo quella strana tuta.
L'uomo di Osborn gliel'aveva lasciata, lui l'aveva provata e solo dopo averla attivata e aver risucchiato l'energia vitale di un'infermiera, come gli era stato spiegato, si era sentito bene: lui non aveva più possibilità di vivere autonomamente ma poteva assorbire la vita dagli altri.
Cercare qualcuno da mangiare era proprio quello che stava facendo quando il ragno lo chiamò e la lotta iniziò.
" Dr Kafka? "
Peter aveva saputo di lui dai notiziari ma quelli avevano detto che era in fin di vita e che sarebbe dovuto stare sempre attaccato alle macchine che gli permettevano di vivere; perché era lì, con quella tuta, allora?
Il dottore non rispose a nessuna delle sue domande, gli si buttò contro e lo spinse contro una parete.
Peter cercò subito di levarselo di dosso e lo colpì con un pugno ben assestato sul volto.
I due caddero a terra, sul tetto del palazzo vicino e mentre Peter fu il primo a rialzarsi, Kafka lo fece molto più lentamente.
Il dottore sentiva le poche forze che aveva acquisito svanire dal suo corpo, possibile che il suo tempo stava già svanendo?
Si rimise in piedi con fatica, guardò il ragno, le ali della sua tuta si ritrassero e digrignando i denti gli si buttò contro accendendo la sua tuta: avrebbe risucchiato la sua vita.
Peter vide l'uomo andargli contro e, per la sorpresa, non riuscì a bloccarlo in nessun modo: Kafka lo fece cadere a terra, colpendolo con tutto il suo peso, e gli mise le mani, coperte dai guanti, in faccia.
In un singolo istante sentì la vita e le sue forze risucchiate via.
Cosa stava succedendo?
Questa fu l'ultima domanda che si fece prima di cadere in un sonno profondo.
Gustav aspettava da un po' il camion in strada e stava iniziando a spazientirsi ma, come per miracolo, le sue preghiere furono esaudite: la polizia e il suo prezioso carico si facevano largo in lontananza.
Gustav schioccò le dita e di fianco a lui si presentò Rhino, pronto a fare il suo lavoro.
  
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