Essendo la mia prima storia con contenuti
semi-espliciti ogni critica è ben accetta, quindi, se vi va,
mandatemi anche un messaggio privato semplice semplice, giusto per
aiutarmi a migliorare.
Detto questo, buona lettura!
***
Era come se l’aria fosse pregna di quei fulmini che
illuminavano il cielo grigio di quel giorno. Quello stesso cielo che piangeva,
in quel momento. Piangeva gocce calde fatte d’acqua vischiosa. Piangeva gocce
amare, come se sapesse di tutte le parole non dette che vi erano tra i due,
come se sapesse dei sussurri che si erano scambiati nelle notti buie e
silenziose, come se sapesse dei sospiri che avevano condiviso, di tutti i
momenti in cui si erano cercati l’uno con l’altro, spaventati dall’oscurità che
li circondava e soffocava come una morsa d’acciaio.
Si guardavano e i fulmini saettavano dagli occhi di Ryuzaki a quelli di Light.
Hanno amato il contatto della pelle dell’altro e ne hanno goduto finché hanno
potuto, ma ora pare che tra loro, oltre alle scintille che lentamente stanno
morendo, sia rimasto solo ghiaccio. Ghiaccio secco, talmente freddo da scottare
la pelle degli uomini mortali, talmente freddo da scottarli e talmente freddo
da riempire l’aria di un gas tossico quasi come le scintille che una volta
brillavano intense quando si sfioravano.
Piccole perle d’acqua cadono sulla pelle di Light, quella pelle che Ryuzaki si
è impegnato tanto ad asciugare.
«Sei ancora bagnato.»
Il moro si china, l’asciugamano nella mano destra, e carezza il viso del corvino
con questo, per asciugarlo, si ripete, solo per asciugarlo. No, non sta
cercando un ultimo contatto con lui, con la pelle del suo viso che, durante
quelle notti proibite, si è divertito a baciare e vezzeggiare. No, non sta
cercando di dimostrare a Ryuzaki, e a sé stesso, che tra di loro c’è ancora
qualcosa, oltre al ghiaccio.
Esita solo un momento per poi ritrarre il braccio. L alza lo sguardo su di lui,
solo per un momento. Si sono ridotti così, ormai, a scambiarsi momenti fugaci e
cercare appigli di falsa gioia.
«Grazie, Light.»
Nessuna risposta.
Il corvino torna a dedicarsi con impegno al suo lavoro mentre tra loro regna il
silenzio più assoluto, e Light lo guarda. Guarda le sua mani leste muoversi,
guarda i suoi polpastrelli morbidi affondargli nella carne come hanno già fatto
tante volte, guarda la pelle bianca di Ryuzaki che sfiora la sua, solo un poco
più scura, e desidera che quel momento non finisca mai, che il tempo si dilati
all’infinito e continui a ritorcersi su sé stesso e desidera di poter restare
bloccato per sempre nell’eternità di quell’attimo in cui nulla esiste oltre a
loro due.
«È così triste.» la voce di L gli arriva forte alle
orecchie, troppo forte. Light sussulta. «Tra poco dovremo dirci addio.» Light
chiude gli occhi, come incapace di guardarlo, schiude le labbra senza riuscire
però ad emettere un suono.
Poi piega il capo in avanti e con le dita affusolate solleva il capo di L.
Vuole solo guardarlo, guardarlo negli occhi e perdervisi dentro, guardarlo
negli occhi e dimenticare il mondo. È il corvino a sporgersi in avanti quel
tanto che basta per far sfiorare i loro nasi e combaciare le loro labbra.
Contatto.
Quella è l’unica cosa a cui Light riesce a pensare. Al contatto tra le loro
labbra gelide e bagnate dalla pioggia.
Light lo bacia e lo attira verso di sé poiché è quasi certo che l’altro abbia
preso l’iniziativa solo per il disperato bisogno che leggeva nei suoi occhi.
Ryuzaki è così freddo, così distante, così vuoto
in quel momento che Light non riesce ad impedire che una grossa lacrima salata
sfugga ai suoi occhi appannati e vada a rigargli il viso già umido di pioggia.
E Light non sa come, ma Ryuzaki pare accorgersene. Si protende contro di lui,
con slancio e, per un attimo, a Light pare che la scintilla si stia rianimando.
Schiude le labbra accogliendo il calore del compagno, scacciando il freddo e
permettendo al ghiaccio di rompersi, per l’ultima volta.
L gli è sopra, e Light lo attira a sé per i capelli e, mentre se lo stringe
addosso, mentre si scambiano baci appassionati lì dove tutti potrebbero
vederli, spera egoisticamente di riuscire a rubargli l’anima e infonderla nel
proprio essere, solo per averlo sempre accanto, solo per impedirgli di
abbandonarlo per sempre, solo per negare il futuro crudele che lui stesso, in
quanto Dio, ha creato per loro.
Si strofinano l’uno contro l’altro e i palmi di Ryuzaki scorrono lungo i
fianchi di Light, solo la maglia zuppa a separarli dalla pelle. E i baci
diventano morsi mentre i corpi dei due aderiscono e si incastrano come pezzi di
un puzzle perfetto.
E il contatto tra le loro bocche si rompe, anche se per poco, quando Light
ribalta le posizioni finendo sopra il corvino che, stretto tra le scale e il
suo peggior nemico, guarda il soffitto a volta con occhi vuoti, spenti e perduti,
l’anima spezzata mentre questo gli allarga le cosce e va ad inserirsi proprio
nel mezzo aspettandosi, senza nemmeno saperlo, che queste gli si richiudano
intorno ai fianchi snelli, ed è esattamente quello che accade.
Il moro si getta sulla pelle bianca del corvino e la morde e la succhia
sperando che quei lividi e quei morsi possano restare sul corpo dell’altro per
tutta l’eternità. L lo attira verso il suo collo, stringendoselo addosso per i
capelli, le palpebre che vanno ad abbassarsi e a coprire gli occhi pieni di
vuoto.
Light gli si strofina contro spingendolo a perdere ogni controllo, ogni
inibizione, ogni briciola di quel rispetto che L aveva preservato dalla
distruzione da quando si erano baciati per la prima volta.
Annullato.
Annullati.
Non più due uomini, né due nemici, solo due animali che si cercano prima di
uccidersi.
«Light» geme Ryuzaki. L’altro ringhia contro la pelle del
suo petto e gli stringe la carne tra i denti strappandogli un lamento. «Light,
ti prego, fermati.»
Il moro alza lo sguardo, di scatto, e cerca gli occhi del compagno, che però
sono ancora puntati sul soffitto a volta in cerca delle stelle.
«Light dimmi… dimmi che non è stato un gioco.» sussurra, sollevando le palpebre
senza però guardarlo, come se temesse di leggergli la risposta nello sguardo.
Light lo fissa, le labbra schiuse dalla sorpresa, gli occhi che temono di
incontrare i suoi, ma che allo stesso tempo lo desiderano tanto ardentemente da
fargli male.
Ryuzaki un… gioco?
Lo era stato, all’inizio. All’inizio, quando si era fatto beffe di lui in
tv, quando aveva ucciso tutti quei criminali lasciando messaggi inutili per il
solo gusto di farlo ammattire, quando si erano inseguiti a vicenda senza mai
riuscire a trovarsi. Quello era stato l’inizio e, sì, quello era stato un
gioco, una partita a scacchi che avrebbe visto un cadavere come premio finale.
Ma era passato così tanto tempo da allora.
Adesso non era più l’inizio.
Il gioco era cambiato, le regole erano mutate insieme a loro e si erano
infrante quando si erano baciati per la prima volta, quando Light aveva
esplorato con le dita gli antri dell’altro, quando gli aveva accarezzato la
schiena sudata e aveva goduto dei gemiti trattenuti e delle urla strozzate.
Ryuzaki era cambiato.
Light era cambiato, si era lasciato cambiare.
Tutto ora era diverso.
«Dimmi che non sono stato un gioco.»
No, non era più un gioco, non avrebbe potuto esserlo, non avrebbe potuto
spingersi così avanti per una partita a scacchi.
Non avrebbe potuto mettere anche il suo cuore, nella scatola dei premi.
Da quando i loro sguardi si erano incrociati, da quando il cuore di Light aveva
saltato un battito mentre gli occhi neri come pece di L lo studiavano, da quel
momento non era più stato un gioco.
«Sì, Ryuzaki.»
È solo un sussurro, e poi il moro si getta nuovamente sulle labbra dell’altro.
«Nulla se non un gioco.»