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Autore: Overlook    24/04/2017    8 recensioni
Dragon Ball Super
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"[...]Fece scattare la serratura della porta della camera da letto, chiudendosela alle spalle lentamente, avanzando poi con passo deciso e felpato. L'abat-jour sul comodino di sua moglie era accesa, ma di lei neppure l'ombra. Un attimo dopo, ecco l'effluvio del collutorio ed il rimbombare gracchiante dei suoi gargarismi; uno sputo ben assestato, qualche secondo d'acqua corrente ed ecco che una Bulma forse più cadaverica di prima faceva capolino dal bagno annesso alla stanza, spegnendosi la luce al neon alle spalle e abbozzando nuovamente un grande sbadiglio.[...]".
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Scorcio di un momento rubato alle quaranta fatidiche ore prima dell'inizio del grande Torneo tra universi. Ça va sans dire, tra le mura della Capsule Corporation...
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Vegeta, Whis | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Breve nota d'introduzione: Desidero anzitutto ringraziare l'elevatissimo e sorprendente numero di persone che, nonostante il mio silenzio come fanwriter, mi hanno inclusa nella propria lista degli Autori Preferiti, altrettanto Grazie per aver inserito le mie storie tra i Preferiti, i Ricordati e così via.
A quasi due anni dall'ultimo mio scritto, facendo sapere a quanti di voi non sento in privato che non sono mai sparita del tutto dal sito, torno con una one-shot dipanata su una delle ghiotte occasioni per un fanwriter, ovvero le ore antecedenti al torneo tra universi.
Vi auguro una buona lettura.



Giulia


 

 




Licenza Creative Commons
"Delta", di Overlook, è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.

Delta

di Overlook, 2017©

 

 

 

Chi abbia quotidianamente a che fare con individui in grado di far deflagrare un pianeta con l'imposizione di un dito, di librarsi in volo con la stessa naturalezza di chi monta in sella al proprio veicolo, non ha poi molto di che stupirsi quando a qualche metro di distanza dalla propria camera da letto trovi nientepopodimeno che un dio della distruzione accompagnato dal fidato maestro. Per questo e per tanti altri motivi che a quell'ora non sarebbe stato assolutamente necessario analizzare, Bulma non trattenne più di un fugace sguardo assonnato in direzione della stanza da cui provenivano due voci ormai note, che calme e saccenti discutevano su quale fosse stato, di quella sera, il pesce più saporito, tra l'orata al cartoccio ed il salmone affumicato. Era quasi più interessante ascoltare quei loro commenti, piuttosto che le spocchiose sentenze sputate da sedicenti chef che alla TV intasavano ogni rete ad ogni ora del giorno. Quantomeno, Whis e Bills parevano sinceramente compiaciuti ed attenti ad ogni sfumatura di sapore a loro sicuramente nuova.

Dovette strizzare appena gli occhi arrossati dal sonno ed allontanarsi di qualche passo ancora, Bulma. Il parto era stato ridicolmente semplice, anzi, per la verità non si sarebbe nemmeno potuto parlare di parto in senso lato; Whis però non l'aveva avvisata che un certo malessere collaterale, nelle ore successive all'incredibile miracolo della nascita di Bra, l'avrebbero colta a più riprese, alle volte anche in maniera piuttosto violenta, tale da intrufolarle tra la bocca dello stomaco ed il palato una nausea spossante e persistente. Quello era proprio uno di quei momenti in cui quella stomachevole sensazione si avviluppava al suo collo come una sciarpa legata troppo stretta.

-Dorme...-, si sentì dire a voce bassa e lì per lì dovette ricalcolare a mente l'ultima ora trascorsa, prima di capire che Vegeta, comparso sul suo tragitto verso l'agognato letto, si stesse riferendo proprio alla loro figlia appena nata.

-Menomale...- buttò un sospiro di sollievo -Non riesco a reggermi in piedi e se ci fosse stato bisogno di un'altra poppata, non avrei avuto le forze neppure per arrivare sino alla culla!-. Il pigiama di taglio maschile, di un paio di taglie in più della sua, le davano tanto l'aria di una povera anima in pena, con quelle gote pallide e quella rugiada stremata ad imperlarle la fronte ed impiastricciarle appena la frangetta.

-Va' a letto, non hai proprio una bella cera...-. Il tatto di Vegeta, alle volte, fuggiva all'estero senza passaporto e si dava alla clandestinità. Recuperato il cipiglio piccato ed una discreta dose d'isterismo egocentrico, Bulma si affrettò ad urlargli contro: -Pensi non me ne sia accorta?! Te l'ho detto che sono esausta, se quel Whis soltanto mi avesse avvertita, avrei preferito volentieri partorire nella stessa vecchia maniera in cui ho dato alla luce tuo figlio, sai?!-. Ma anche lei, come il Saiyan, nel mentre della sfuriata non aveva potuto fare a meno di avvertire una fitta ovattata, molto lontana, da qualche parte nei paraggi del cuore; Bra aveva incrociato praticamente subito lo sguardo di suo padre e l'aveva indissolubilmente legato a lei in un puro ed intimissimo gioco di sguardi, manine e sorrisi, tra le sue braccia in presenza di tutti gli altri ed addirittura distesa sul suo torso, sulla poltrona del salone, quando erano rimasti solo i componenti della sua famiglia.

Trunks, invece, aveva avuto ben altro inizio con suo padre e il legame a tratti un po' militaresco che ora li teneva ben stretti se lo era sudato per bene, quel ragazzino dal caschetto lillà; il meraviglioso abbraccio che Vegeta gli aveva elargito per la primissima volta se lo era impresso a fuoco nella memoria come un altro avrebbe fatto sapendo di dover rimanere orfano per sempre.

Allora gli strepiti ormonali di Bulma si placarono quasi tramortiti e lo sguardo di Vegeta si spostò nell'angolo più lontano del corridoio, ma la sua espressione non s'era contrita, al solito, in un'ombra di rabbia o irritazione; semplicemente, per il tempo d'un solo attimo, sul viso del principe del Saiyan aveva fatto mostra di sé lo spettro di un lancinante dispiacere, un privato rammarico assai difficile da scorgere, insinuato tra la fierezza della mascella serrata e il fiammeggiare di quegli occhi oscuri. Bulma, che codificava il volto del compagno come chi per hobby risolve rebus sull'enigmistica settimanale, allora sciolse le briglie di quel suo cipiglio, rivolgendo al compagno un sorriso appena velato, ammorbidito ancora da iridi commosse e misericordiose. -Non badare a me... - gettò un risolino molto simile a quelli genuinamente imbarazzati di Son Goku -Sono solo troppo stanca, scusami, vado a dormire...-, si risolse infine lei, portando una mano alla bocca in procinto di emettere un sonoro sbadiglio, mentre a passo un poco strascinato muoveva le pantofole in spugna candida in direzione della propria stanza da letto.

Durò soltanto una frazione d'istante, il tocco gentile tra le loro mani, che si strinsero appena passando l'una affianco all'altro; non aveva i guanti della divisa, Vegeta, non indossava neppure la battle suit. Un paio di pantaloni lunghi, beige, a coprirgli le gambe ed una maglietta bianca a fasciargli il torace d'acciaio. La camicia blu a mezza manica giaceva stropicciata accanto a Bra, che nonostante il tepore notturno di fine estate aveva chiuso gli occhietti soltanto una volta fasciata malvolentieri nel profumo paterno.

-Passi una buona notte, signora Bulma!-. Lord Whis, composto e soave come suo solito, s'era sporto dall'uscio della stanza in cui alloggiava insieme a Bills, in attesa di Vegeta.

 

Era accaduto che, solleticato dagli ultimi raggi di sole e prossimo ad una luculliana cenetta, sulla terrazza padronale della dimora semisferica, il maestro del dio della distruzione avesse chiesto al principe dei Saiyan di venirlo a cercare, quella sera stessa, per parlare dell'imminente torneo. Lì accanto, Bulma si era solo sincerata di non doversi mettere a costruire un'altra battle suit, visto che il nuovo modello avrebbe necessitato più lavoro e più fatica.

La mano di Bulma e quella di Vegeta, strette appena lungo il fianco l'una dell'altro, erano già tornate sui rispettivi binari e la posa conserta del Saiyan nulla avrebbe lasciato trasparire. Di schiena, senza voltarsi, la donna aveva biascicato nel bel mezzo del suo sbadiglio un saluto indecifrabile, ma probabilmente cortese.

 

-Si può sapere di cosa c'è da discutere a quest'ora?-, calamitò nuovamente l'attenzione su sé stesso il Saiyan, corrucciato, ma lesto nel fare il proprio ingresso nella stanza con tutta la confidenza di chi è padrone di casa. Ai suoi occhi sbalorditi e seccati al contempo, s'era parato davanti un tripudio di cartacce appiccicose, recanti i più disparati loghi delle rinomate pasticcerie che la madre di Bulma frequentava quotidianamente. Un rimasuglio di lecca lecca multicolore, spappolato sulla moquette grigia, scricchiolò malamente sotto il suo stivaletto destro ed il profilo cafone di Whis stravaccato sul pouf ai piedi del letto, intento a scartare l'ennesimo bon bon alla frutta, ne fecero esplodere il ringhio pungente: -E voi due dovreste essere due entità superiori?! Sul vostro pianeta mi avete addirittura fatto indossare un ridicolo grembiule, com'è possibile che qui non sappiate utilizzare un minimo di decenza...-. Whis, fattosi d'un tratto imbarazzato, ritto ritto come un fuso s'era limitato ad indicare con un dito vile il compare dalle sembianze di una divinità egizia, che nel frattempo aveva preso a sbocconcellare un ennesimo pasticcino sbuffando che, se proprio ci teneva, dopo avrebbero riordinato, ma che in fin dei conti era stata proprio Bulma a dir loro di non preoccuparsi di nulla, che avrebbero pensato a tutto i robot domestici. Socchiudendo gli occhi costernati ed alzandoli al cielo, Vegeta si era limitato a recuperare dall'angolo opposto della camera un cestino in metallo reticolato, porgendolo con sdegno all'altro in attesa che questi dimostrasse un po' d'educazione: -Non vuol dir nulla. Non si riducono così le case altrui!-. Mentre disgustato ed altezzoso poggiava la pattumiera lì accanto, sembravano mai accaduti, i tempi in cui lercio e stremato dopo un atroce allenamento tra le lande desolate alla ricerca dell'aura dorata, lui stesso si gettava sul letto, incurante del destino delle lenzuola.

 

La stanza era proprio la stessa. Quando, al ritorno a casa dopo la sconfitta di Majin Buu, quelle quattro mura asettiche avevano smesso di ospitare la sua solitudine, quella camera, imbiancata e arieggiata a dovere, aveva finito per tornare all'originario suo compito di ristorare gli amici di Bulma ed i colleghi di suo padre, che talvolta da remote parti del pianeta soggiornavano lì per collaborare a qualche avveniristico progetto. E di camere per gli ospiti, alla Capsule Corporation, pareva non essercene mai a sufficienza.

Non ci aveva più messo piede, Vegeta. Non perchè si fosse rifiutato deciso, ma semplicemente perché il fascio di luce tenue emanato da due abat-jour piuttosto che una soltanto, la curvatura del materasso su cui era già distesa sua moglie, il profumo della crema per le mani che Bulma spalmava con cura estenuante sino ai gomiti, lagnandosi di come stesse perdendo elasticità la sua pelle per lui sempre tanto invitante, erano il giaciglio ideale entro cui, talvolta con finta seccatura, assopirsi saturo di una preziosa e rara pace con sé stesso, quasi come se chiudersi quella porta alle spalle significasse fare ingresso nei cunicoli più ascosi e pulsanti del proprio cuore.

Forse era proprio così.

 

Poggiando il passo felpato sulla maiolicatura dell'impiantito, di ritorno dall'allenamento presso il pianeta del dio della distruzione, la sua ombra imponente fasciata nella divisa da battaglia aveva fatto fiera mostra di sé, sul ciglio della porta finestra di quella stanza, in cui Bulma si stava intrattenendo con una rivista scientifica prima di assopirsi. -Eccomi-. Solo questo era sfuggito di bocca al principe dei Saiyan, con un tono pacato e confidenziale che solo quella stanza e l'ora notturna, avevano il privilegio di origliare. La rivista era già stata gettata da un lato del letto, le mani di Bulma si erano giunte dinanzi alle labbra appena tremule e i lucenti occhi azzurri avevano preso a raccogliere gocce di rugiada gioiosa. -Sei tornato...-, aveva sussurrato d'un fiato soffocando il singhiozzo d'un pianto, lei, gettandoglisi al collo sopraffatta da quella sincera emozione. Poggiandole delicatamente una mano sul capo, Vegeta, aveva finito per percorrere la linea sinuosa dei suoi fianchi, terminando il tragitto sulle sue gote lattiginose e fissandola per un istante interminabile negli occhi, severo, implacabile ed eroico. In quello scambio di sguardi naufragavano beate dichiarazioni d'amore che le parole avrebbero svilito; ormeggiavano tempestose languide consolazioni a quelle lacrime appassionate, che la voce avrebbe soltanto affogato senza vie di scampo.

Le mani di Bulma avvicinarono allora repentine il volto del principe al suo, catturando in un bacio infinito quella bocca selvatica e quel corpo felino e maestoso. Si sfilò in fretta i guanti della divisa, Vegeta, intenzionato a ripercorrere, per l'ennesima, estenuante, conturbante volta l'intero perimetro del corpo della sua donna, della sua Bulma, abbracciandola teneramente con quella stretta che racchiudeva in sé la morte e la vita, la brama e l'amore, la spietatezza ed il calore, il cosmo e quella stanza. Non dovette trascorrere molto altro tempo perchè i loro corpi nudi rilucessero sotto il discreto riflettore della luna piena e ubriaca, che sorniona dardeggiava anfratti impudici ed ansimanti. Il culmine del loro piacere era come il delta d'un fiume: genuino, deflagrante, rabboccante e dirompente.

Era già trascorso qualche tempo da quando Bulma aveva deciso di interrompere momentaneamente l'uso di anticoncezionali, sostenendo che ogni tanto il fegato andasse purificato. Solo nell'intimità di quella loro camera si era sentita schernire da Vegeta: le aveva ricordato sagace che, se il fegato avesse dovuto purificarsi, allora anche i polmoni troppo avvezzi al fumo ogni tanto avrebbero dovuto fare una pausa. La sigaretta del dopo pasto era un viziaccio che Bulma non era ancora riuscita a scollarsi di dosso; così, durante l'assenza del compagno, per cercare di liberarsene, aveva ripiegato su una quantità spropositata di gomme da masticare, che di contro le avevano provocato non pochi bruciori di stomaco. -Tutto non si può avere-, si era risolta gettando nell'immondizia il pacchetto di sigarette e l'accendino, succhiando un antiacido al limone.

Soltanto per un secondo, in preda al brivido del picco massimo del loro godimento, aveva spalancato gli occhi d'acquamarina, svelando una preoccupazione improvvisa che l'immensità delle due iridi nere dinanzi a lei che già da tempo la stavano spolpando viva, aveva inghiottito in una sconquassante accondiscendenza, perché dalla bocca del principe dei Saiyan non sarebbe mai trapelato qualcosa di anche solo lontanamente simile alla proposta di generare una nuova vita insieme, non serviva. A loro non serviva alcuna parola, in quella stanza, giacché qualsiasi vocabolo avrebbe tarpato le ali a ciò che si librava fiero sull'insenatura dei loro cuori.Si addormentarono scomposti, senza vestiti, appena accarezzati dal flebile venticello che dalla finestra rimasta accostata trapelava furtivo tra quelle quattro pareti.

 

 

Con un colpo di tosse un po' più marcato, Whis sembrava aver riacquistato un certo tono ed una certa postura ben diritta, mentre gli occhi furbeschi e chiusi saccentemente fremevano per l'imbarazzo. -O...Orbene, Vegeta, l'ho fatta venire qui per parlare del torneo e non di faccende domestiche!-. Il ruggito digrignato del Saiyan velocizzò l'appunto. -Come avrà capito si tratta di un torneo di portata universale, ma che dico, ben oltre! E lei negli ultimi tempi si è allenato molto duramente, sa gestire perfettamente la forma Blue e con lei in squadra c'è senz'altro una discreta possibilità di vincita...-. -Vuole venire al dunque, sì o no?-. Vegeta non aveva mai amato le sviolinate, neppure quelle sapientemente ricamate da Freezer e dai suoi ciceronici tirapiedi.

-N... Niente, davvero, volevo solo... Volevamo solo congratularci con lei per la saggia decisione di partecipare, alla fine, vista la sua iniziale scelta...-. L'inopportuna osservazione del maestro del dio, condita da quel fare sempre così sibilante e sibillino, gli fecero istantaneamente guizzare una risposta sulla punta della lingua: -Ho detto che non mi sarei mosso di qui sino alla nascita di mia figlia. Ora, grazie a lei...- e quel grazie aveva tutta l'aria d'uno scherno, più che di una vera e propria riconoscenza -... il “problema” non ha più motivo di porsi-. Ma alle orecchie di un dio e per giunta del suo maestro, la scarsa convinzione che Vegeta tentava di mascherare con quel fare spaccone, era risuonata molto più forte ed acuta di ogni altro suono.

Forse non l'ingordo Bills, ma Whis già da tempo e più volte aveva centrato il bersaglio, il punto debole di Vegeta, quel tallone d'Achille dalle sfumature azzurre e dalla prosperosità evidente. Vegeta ancora non era al corrente del vero motivo per il quale quel torneo necessitava assolutamente della sua presenza, benché avesse tentato di farsi due conti in testa quando Son Goku aveva supplicato la sua partecipazione a discapito della smania di far tutto da solo, gustarsi tutti gli scontri da indiscusso protagonista.

Tra sé e sé, Whis decretò che non sarebbe stato certo lui né tanto meno il suo scomposto discepolo, a svelargli la reale natura di quell'evento solenne: non avevano alcuna intenzione di far adirare più del dovuto il principe, ma, sopra ogni altra cosa, non ci tenevano proprio a rimanere senza alloggio e... vitto, per le restanti ore che avevano da trascorrere su quel pianeta.

-Infatti, infatti, caro Vegeta, siamo semplicemente contenti della sua decisione, ecco tutto... Solo, mi raccomando: non abbassi mai la guardia, nemmeno in queste ultime ore d'attesa-. Ma il Saiyan, per natura, non era tipo da abbassare la guardia: troppo amica, era divenuta nel corso della sua vita la diffidenza e quando non era più solo con la sua famiglia, nella sua casa, nella loro stanza, automaticamente invisibili muri s'ergevano a protezione sua e dei suoi cari, ormai quasi inconsapevolmente, tanto la cosa era istintiva.

Facendo schioccare la lingua sul palato, accigliando appena lo sguardo, Vegeta girò i tacchi di scatto, dando le spalle ai due esseri ultraterreni ed affettando falsa premura: -Non ha nulla di cui preoccuparsi, mi creda...-.

 

 

Fece scattare la serratura della porta della camera da letto, chiudendosela alle spalle lentamente, avanzando poi con passo deciso e felpato. L'abat-jour sul comodino di sua moglie era accesa, ma di lei neppure l'ombra. Un attimo dopo, ecco l'effluvio del collutorio ed il rimbombare gracchiante dei suoi gargarismi; uno sputo ben assestato, qualche secondo d'acqua corrente ed ecco che una Bulma forse più cadaverica di prima faceva capolino dal bagno annesso alla stanza, spegnendosi la luce al neon alle spalle e abbozzando nuovamente un grande sbadiglio.

Si era già liberato dei vestiti e, coperto soltanto da un boxer scuro, aveva poggiato la schiena contro il proprio cuscino, con il possente braccio sinistro a reggere il capo straripante di elucubrazioni. Con gli occhi fissi al lampadario spento, Vegeta ne ripercorreva le greche in vernice zigrinata, apparentemente intento a sbrogliare i nodi scorsoi che quella fugace chiacchierata con Whis aveva creato nel delta quotidiano in cui alla notte sfociavano i suoi pensieri. Si fece automaticamente più in là, quando sentì il peso di Bulma accasciarsi malamente sul materasso, per voltarsi sul fianco accanto a lui e rimanere comunque ad occhi aperti.

-Lo sai che non mi piace essere fissato...-, la redarguì lui senza alcuna severità, anzi, con un fare straordinariamente abituale ed in un certo qual modo affettuoso, con quell'inclinazione arrendevole del tono di voce.

-Non ti sto fissando. Sto solo pensando a cosa quei pazzoidi avranno mai avuto da dirti per impensierirti tanto...-. Talvolta Vegeta rimaneva sbigottito come il primo giorno, quando la sua Bulma decriptava tanto agilmente il codice scritto nelle sue espressioni.

-Dormi, hai una faccia che fa paura-, dissimulò allora lui, girandosi sul fianco opposto ed offrendole il panorama del delta tratteggiato dalle sue spalle lungo la schiena marmorea. -Se ogni tanto ti alzassi tu, per calmare quel piccolo demonio, il mio splendido viso non sarebbe tanto provato...!-. In risposta ottenne uno scatto felino delle iridi di Vegeta nella sua direzione. -Il tuo splendido viso...- indugiò su quelle parole senza scimmiottarne il tono -farebbe meglio a non far aprire troppo quella bocca, a meno che tu non voglia sentir frignare ancora il... Piccolo demonio, come dici tu-. Fu sulla calcatura di quell'ultima espressione, che a Bulma tornò alla memoria l'istante in cui furbescamente aveva affibbiato senza possibilità di replica il nome Bra alla loro figlia. Ci volle qualche minuto perché rammentasse che forse Vegeta aveva avuto in mente altri nomi, giacché la stanchezza e l'intimo silenzio tra quelle quattro mura aveva rallentato anche il fluire dei ragionamenti. Il respiro di Vegeta, caldo e costante, s'era già appesantito, quando, con la voce impastata dalle grinfie del sonno predatore, Bulma riuscì a biascicare: -A quale nome avevi pensato, tu, per la bambina?-.

Né lui le rispose, né lei attese in veglia la sua voce. Quell'interrogativo svanì nel buio della notte, lasciando che solo le ceneri del popolo Saiyan ricordassero per l'eternità il suono ammaliante ed imperioso di Echalotte.
 

 

 

 

 

-Fine-

  
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