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Autore: Arkytior    25/04/2017    0 recensioni
La giovane Donna, insieme a sua madre e suo fratello, dovrà passare alcuni giorni nella casa di campagna dei suoi nonni. La casa e i suoi vecchi giocattoli rievocano in lei i ricordi più felici della sua infanzia, e le rammentano che ormai è una persona totalmente diversa da quello che credono i suoi parenti.
[Storia partecipante al contest di Biancarcano: Oggetti e giocattoli dimenticati...o ricordati?]
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Storia partecipante al contest di Biancarcano: Oggetti e giocattoli dimenticati...o ricordati?




Autore su ffz e su efp:
Arkytior
Originale o fandom: Originale
Titolo: Quando tutto era più semplice
Oggetto utilizzato: Panda di peluche
Come è stato utilizzato l'oggetto: La protagonista della storia ritrova il suo giocattolo preferito da bambina, e le ritornano in mente tutti i ricordi legati a quel giocattolo




   
Quando tutto era più semplice

    La chiamavano Villa Mo, ma in realtà era tutto fuorché una villa. Si trovava in campagna, a cinque minuti dal paesello più vicino. Doveva il suo nome a Maureen Purves, o Nonna Mo, come la chiamavano i suoi nipoti, e all'iscrizione
Mo luaidh, "Mio tesoro", posta sopra la porta d'ingresso, che suo marito aveva apposto quando aveva costruito la casa per lei, cinquant'anni prima.

    Eliza fermò la macchina proprio davanti al grande cancello della proprietà, scese dal veicolo e andò a suonare il citofono, per avvertire i suoi genitori che lei e i suoi figli erano arrivati. Donna e Thomas guardarono, da dentro la macchina, il cancello automatico aprirsi, mentre la loro madre tornava da loro. Eliza parcheggiò il veicolo appena passato il cancello, a lato del vialetto che portava alla casa principale. Insieme ai suoi figli scese dalla macchina, mentre Black, il vivace cane nero dei suoi genitori, saltellava intorno a loro, eccitato all'idea di avere in casa gente nuova.
    Donna guardò l'enorme casa di campagna in cui avrebbe dovuto stare per tutta la settimana. Erano passati anni da quando andava lì per stare con i suoi nonni tutta l'estate. Suo fratello Thomas era troppo piccolo per potersene ricordare, ma lei no. Aiutò sua madre a prendere le valigie dal portabagagli, e, insieme a suo fratello, la seguì mentre si avvicinava all'entrata della casa.
    Davanti all'entrata c'erano tre gradini, che portavano ad un portico spazioso, in cui ricordava di aver giocato da bambina, durante i giorni in cui faceva troppo caldo per giocare al sole. C'erano alcune sedie impagliate, un divanetto di vimini con dei cuscini sopra e una panchina di plastica, sotto cui Black amava rifugiarsi per ripararsi dal caldo. Donna aveva un vago ricordo di come doveva essere stato il portico quando lei era bambina, ma aveva la sensazione che non fosse cambiato poi molto. Sul portico si affacciavano due entrate: un portone di legno e una porta-finestra che dava sul soggiorno. Nonna Mo andò ad accogliere i suoi ospiti aprendo per loro il portone.
    Nonna Mo era sorprendentemente arzilla per la sua età: era piccoletta di statura, portava occhiali da vista rettangolari, con una sottile montatura rossa, aveva capelli corti e grigi che le stavano ritti in testa come gli aculei di un porcospino, ed era perennemente indaffarata. In quel momento indossava un grembiule da cucina e aveva in mano un cucchiaio di legno, chiaro indizio che stava cucinando qualcosa.
    "Eliza, finalmente!" disse Mo, salutando sua figlia. Eliza si abbassò per salutare sua madre con un bacio.
    "E questi devono essere Donna e Thomas!" continuò la nonna, guardando i suoi nipoti. "Come siete cresciuti! Specialmente tu, Thomas!"
    Il ragazzo sorrise timidamente, arrossendo. Nel giro di un paio di mesi avrebbe compiuto diciotto anni, ed era già più alto di sua sorella maggiore.
    "E tu, Donna, perché ti sei tinta i capelli? Non ti piacevano i capelli castani?" disse Mo a sua nipote.
    Anche Donna fece un sorrisetto timido, mentre si attorcigliava una ciocca di capelli attorno a un dito, un po' imbarazzata.
    "Oh, entrate, entrate, non state lì fermi sulla porta!" li esortò l'anziana donna. "Venite, vi faccio sistemare le vostre cose!"
    Ognuno prese la sua valigia, e la portò in casa. Nonna Mo andò in cucina a posare il cucchiaio di legno, dopodiché tornò da sua figlia e dai suoi nipoti, e fece loro segno di seguirla. I tre seguirono Mo in soggiorno, dove si trovava la scala che portava al piano superiore.
    Al primo piano della casa c'era un corridoio con varie stanze. Donna sapeva che alcune di esse venivano usate per gli ospiti, ma non c'era mai entrata.
    "Eliza, cara, tu starai in quella stanza in fondo," le disse sua madre, indicando la stanza in questione.
    Eliza annuì e si diresse verso la stanza. Conosceva bene quella stanza, dato che era lì che aveva sempre dormito, ogni volta che aveva passato lì le vacanze insieme alla sua famiglia, prima del divorzio.
    "Ragazzi, voi venite con me!" disse Mo ai suoi nipoti, facendo loro cenno di seguirla dall'altro lato del corridoio.
    Nell'altra metà del corridoio non c'erano porte che conducevano ad altre stanze, ma soltanto un'enorme stanza completa di divano, televisione, scrivania, computer, ampie finestre, macchine fotografiche costose, e forse qualsiasi congegno elettronico esistente al mondo. Donna ricordava di essersi sempre tenuta alla larga dalla stanza di suo zio Dom, perché aveva il terrore di rompere qualcosa di valore.
    "Non vi preoccupate, ragazzi," disse loro la nonna. "Zio Dom sa che siete qui, e non vi farà problemi se passate per camera sua! Solo, non toccate le sue cose: è molto geloso dei suoi giocattoli!"
    I due fratelli sorrisero alla battuta della nonna, e la seguirono all'interno della stanza dello zio. Nonna Mo girò intorno alla scrivania e guidò i suoi nipoti su per una scala nascosta, che portava all'ultimo piano della casa.
    Si trattava di una soffitta, ma era molto più spaziosa di quanto Donna potesse pensare, nonostante il tetto spiovente: c'erano due camere e un bagno, ed erano state preparate apposta dai nonni per il loro arrivo.
    "Thomas, tu starai nella camera a destra, mentre Donna starà in quella a sinistra," disse loro la nonna. "Vi do il tempo di sistemare le vostre cose. Quando siete pronti, scendete: il nonno vuole salutarvi!"
    Nonna Mo scese le scale e tornò a lavorare in cucina, mentre Donna e Thomas sistemavano le valigie nelle loro camere.
    La camera di Donna era quella in cui ricordava di aver dormito da bambina. Allora le sembrava immensa, ma ora le sembrava una camera di dimensioni normali. In un angolo, in cui il tetto era troppo basso perché una persona potesse stare in piedi sotto di esso, erano ammucchiati i suoi vecchi giocattoli: poteva vedere un tavolino di legno, una sedia abbinata al tavolino, e numerose scatole piene di bambole di pezza, con cui aveva giocato più di dieci anni prima. Proprio davanti a lei, una grande finestra le permetteva di ammirare la campagna circostante, e il resto della fattoria dei nonni. Proprio al centro della stanza, con la testiera attaccata al muro di destra, c'era il letto, che la nonna aveva rifatto, utilizzando le lenzuola e coperte multicolori ricamate da lei stessa. Appoggiato ai cuscini del letto c'era un piccolo panda di peluche, che Donna riconobbe immediatamente. Donna lasciò la sua valigia appoggiata sulla porta, si avvicinò al letto e prese in mano il panda. Ricordava di averci giocato da piccola, ma allora le era sembrato molto più grande. Ora, invece, si rese conto che le stava comodamente nelle due mani unite.
    La visione di quel pupazzo le riportò alla mente i suoi ricordi felici. Avrà avuto quattro o cinque anni quando suo nonno le aveva regalato quel panda. Le aveva raccontato che era stato uno dei suoi giocattoli preferiti quando lui era stato bambino, e che ora aveva deciso di regalarlo a lei. Donna aveva sempre avuto un rapporto speciale con suo nonno. La ragazza ricordò i pomeriggi estivi in cui non si separava mai da quel giocattolo speciale, e passava ore e ore a giocare con il suo peluche preferito, a prendere il tè, a guardare le nuvole in cielo, o a esplorare la campagna. Era tutto molto più semplice allora, quando non doveva mentire per salvare le apparenze, quando poteva semplicemente essere se stessa, senza preoccuparsi costantemente di non deludere le aspettative dei suoi familiari. Ora come avrebbe fatto a sopravvivere per una settimana, circondata dai suoi familiari, che non la vedevano da anni, a cui aveva paura di raccontare la verità? Tutti avevano un'idea ben precisa di lei, e non poteva certo distruggerla per sempre. Per tutti, lei era una hostess per una prestigiosissima compagnia aerea: come avrebbero reagito se avessero saputo che, quando era stata licenziata, si era dapprima guadagnata da vivere facendo la spogliarellista in locali poco raccomandabili, in cui era conosciuta con il nome di Britney, e ora si accontentava di tirare avanti facendo l'allenatrice di softball? Tutti i parenti si erano riuniti per festeggiare i settant'anni di nonno Pete, e Donna non avrebbe di certo rovinato i festeggiamenti deludendo le aspettative di tutti su di lei! Soprattutto, non avrebbe mai voluto che suo nonno, con cui aveva sempre avuto un buon rapporto, venisse a conoscenza di quel suo segreto.
    "Donna?" la chiamò una voce.
    Donna alzò gli occhi, come se si fosse appena risvegliata da una trance. La voce di suo fratello Thomas l'aveva appena riportata alla realtà.
    "Tutto bene?" le chiese il ragazzo, avvicinandosi a lei, e sedendosi accanto a lei sul letto.
    "Sì, sì, sto bene..." rispose Donna. "Stavo solo... ricordando..."
    "Quello cos'è?" chiese Thomas, riferendosi al panda di peluche.
    Donna guardò il giocattolo che ancora aveva in mano. "Oh, questo... è Squishy! Era il mio preferito, da piccola... Me lo regalò nonno, sai?"
    "Squishy? Che nome è per un panda di peluche?"
    "Non lo so! Ma mi piaceva come suonava..." Donna sorrise al ricordo.
    "Che dici, scendiamo?"
    Donna annuì. Insieme al fratello si alzò, rimise il piccolo panda di peluche sul letto, dove l'aveva trovato, e seguì Thomas.
    Al piano terra, nonna Mo li aspettava. Li condusse in soggiorno, in cui il nonno stava guardando la televisione, seduto sul divano. Non appena vide la moglie e i nipoti, l'uomo spense subito l'apparecchio, per dedicarsi completamente ai suoi ospiti.
    Nonno Pete era un po' più anziano di quanto Donna ricordasse. Era alto, aveva i capelli bianchi e portava occhiali squadrati dalla montatura trasparente. Quando vide Donna, il suo viso si illuminò, e le sorrise: non la vedeva da anni, ma ricordava ancora perfettamente tutte le estati passate insieme, i pomeriggi passati a giocare insieme, e a correre per la campagna. Tra loro c'era sempre stato un rapporto speciale, anche se ormai non si vedevano più tanto spesso.
    Il nonno si alzò dal divano e andò a salutare prima Thomas. Lo abbracciò e gli scompigliò i capelli.
    "Ehi, giovanotto!" lo salutò il nonno. "Ti sei fatto proprio alto, sai?"
    Nonno Pete si voltò quindi verso Donna, e l'abbracciò.
    "Ciao anche a te, signorina!" la salutò affettuosamente. "Ogni giorno che passa, somigli sempre più a tua madre... Anche se gli occhi sono di tuo padre!"
    Donna sorrise al complimento. Suo nonno era orgoglioso di lei, ma la ragazza non sapeva se lo sarebbe stato, se avesse saputo la verità su di lei. No, nessuno doveva scoprire il suo segreto: per tutti sarebbe stata esattamente come se l'aspettavano. Anche se questo significava mentire a tutti, perfino a suo nonno.

   
 
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