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Autore: Anaklusmos    25/04/2017    0 recensioni
"C'è l'aloperidolo poggiato accanto alla tazzina del caffè, non l'hai ancora preso e stranamente quel piccolo dettaglio fuori luogo non mi disturba, le mani non mi prudono, il collo non mi fa male dal bisogno di scrocchiarlo; torna di nuovo l'immagine di mia madre."
Genere: Drammatico, Erotico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Quando siamo insieme si creano strani microuniversi pulp!" e intanto mi accarezzi le gambe livide, stanche, nude e fredde sui sedili posteriori della mia auto. Sono le sei del mattino e nel mio cervello si alternano due immagini ben distinte: da una parte ci sono io, o meglio, c'è una delle me che, in una serie infinita di universi paralleli, stanno infinitamente rivivendo le ore appena trascorse: quella me ha gli occhi chiusi e le labbra umide, spalancate mentre annaspa e ansima senza il minimo pudore, costretta sotto la morsa delle tue mani ferme, con la schiena inarcata, la pelle resa giallastra dai raggi degli ultimi lampioni accesi prima dell'alba e i bruni boccoli che ondeggiano sulle spalle; dall'altra parte -non riesco ad afferrarne il perché- c'è mia madre. Mia madre che dorme e non sa, che si sveglia alla mattina e prepara il caffè prima di infilarsi la divisa e andare a lavoro, che guarda la mia foto da bambina nel portafogli e non potrebbe mai immaginare le perversioni che stanotte hanno agitato la mente ed il corpo di quella non più bimba che sorride nella tasca a fianco allo scomparto delle carte di credito. Pulp come la cruda immagine del nostro mucchio di ossa e pelle punzonato qui e là dai ganci delle cinte di sicurezza, scomposto e tremante nel tentativo di un abbraccio; pulp come la tua mente scossa da un continuo fiume in piena di ricordi e deliri, tanto veloce da rendermi difficile lo starti dietro e da lasciarmi stremata quando finalmente si ferma; pulp come i miei vaghi desideri di premere il piede sull'acceleratore fino in fondo e chiudere gli occhi, mentre tenti di edulcorarmi il perché non puoi restare e fai girare il blister delle pillole tra le dita. "Potrei diventare come Zanardi, quello di Paz, sai?" rido e ridi anche tu, non mi credi; come potresti prendere sul serio una citazione del genere? Ed io come potrei spezzare il silenzio confortevole in cui mi rinchiudo quando sono con te spiegandoti quali pensieri si agitano davvero nella mia mente? I tuoi: "Sei così bella." si contrappongono alla sagoma di Zanardi, in cui ormai ho il cervello immerso, lungo e ricurvo, col suo sorriso sbieco. Se solo ti girassi lo vedresti anche tu, è lì, sotto quel lampione. Ride, ride, ride; mi guarda gemere e più mi stringi più lui si fa sguaiato. Quegl'occhi chiari sembrano chiedermi con quale pretesa faccia finta che tutto ciò non mi tocchi, quale sogno d'indifferenza io stia facendo ad occhi aperti; mi ricordano che il vivere alla sua ombra non basta a rendermi come lui. Per un attimo mi guarda negli occhi; sembra quasi che tra me e l'uomo onirico non ci siano nemmeno più l'auto e i metri di distanza. Piangiamo entrambi? E nel frattempo che riprendiamo il fiato, stesi l'uno di fianco all'altra, vorrei ci fosse anche lui, ad abbracciarci entrambi. Vieni, Zanardi, finché è lecito reggere questa pantomima. Intanto è l'alba e Pescara è vuota. L'uomo nero se n'è andato per sempre e l'unico rumore per strada è quello dei vetri del parabrezza che continuano a cadere. Quando si è rotto? Come è successo? "Facciamo colazione?" E più il tempo passa più mi chiedo come passasse prima di conoscerti, prima di trascorrere le mie notti nelle periferie a staccare manifesti, fare l'amore e smussare parafanghi. Un cornetto vuoto, grazie. Vuoto? Eh, sì, ripieno mi nausea un po'. Il cappuccino lo vuoi? Sì, vada per il cappuccino. Fuori è tutto così giallo che mi sembra di averlo negli occhi. Da piccola pensavo che a guardare a lungo il cielo senza sbattere le palpebre diventassero gli occhi azzurri, ora che mi guardi così, mi sembra che tu li possa vedere gialli. La riviera è silenziosa e stranamente hai trovato una certa pace anche tu, mentre addenti il secondo cornetto al cioccolato e guardi gli spiragli di fumo che si alzano dalla mia sigaretta. E' finita la festa e siamo tornati ad essere due zucche inanimate. "A che ora riparti?" "A mezzogiorno." "Sarai con lei domani a quest'ora?" però questo lo penso soltanto. C'è l'aloperidolo poggiato accanto alla tazzina del caffè, non l'hai ancora preso e stranamente quel piccolo dettaglio fuori luogo non mi disturba, le mani non mi prudono, il collo non mi fa male dal bisogno di scrocchiarlo; torna di nuovo l'immagine di mia madre. Mia madre di quindici anni fa che prende il caffè e apre quel meraviglioso portapillole in ricami d'oro che custodiva gelosamente in un angolo del comò. Negli anni successivi, quando pensavo a come fosse essere adulti, pensavo alle sue dita ossute che aprono quella scatolina. "Hai così tanta luce riflessa negli occhi, che sembrano quasi gialli." lo dici infilando velocemente la pillola tra le labbra. Mandala giù. Andiamo a casa.
   
 
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