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Autore: Niacchan    25/04/2017    0 recensioni
L’umanità così come noi la conosciamo è dominata dal Bene e dal Male, dagli Angeli e dai Demoni. Un tempo, però le leggi che governavano questa mondo erano diverse, tutto era immerso nella Luce, nella Beatitudine, in molti hanno cercato una spiegazione, ma nessuno è arrivato alla Verità.
Questa è la storia di due entità dominate dalla Lussuria, dalla Superbia, dall’Amore e che per i loro capricci trascinarono l’umanità in una terra dominata dalla discordia, dalla guerra e dalla Morte. L’Amore li aveva condotti in una strada senza uscita in cui l’Oscurità era l’unica sovrana, e Oscurità divennero.
La loro pena fu peggiore della morte: Lui fu costretto a vagare per l’eternità, di corpo in corpo, nel mondo che aveva corrotto privato della propria memoria; Lei fu costretta a non dimenticare il tradimento subito e a ucciderlo ogni volta senza mai riconoscerlo.
Ma un segreto verrà svelato e un nuovo tradimento getterà di nuovo il mondo nel caos, la guerra investirà sia i Cieli che la Terra, nessuno verrà escluso.
Demoni e Angeli come non li avrete mai visti, in una storia che ha le sue fondamenta nell’origine dell’Universo.
Genere: Drammatico, Erotico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Harry Styles, Louis Tomlinson, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Cross-over, Lemon, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Non-con, Violenza
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“La follia, mio signore, come il sole se ne va passeggiando per il mondo,
 e non c’è luogo dove non risplenda.”
-Shakespeare
 
Tornati a casa, ci chiudemmo ognuno nella propria stanza senza fiatare, ma sapevamo entrambi che presto avremmo dovuto affrontare l’oscurità insieme. Mi tolsi velocemente i vestiti bagnati e infilai la maglietta nera del concerto dei Thirty Second to Mars, legai i capelli umidi in una coda e sbuffai buttandomi sul letto.
Erano solo le cinque del pomeriggio e il sole avrebbe iniziato tramontato verso le sette e mezza, avevo tutto il tempo per rilassarmi prima di andare a caccia. Accesi la tv su un canale di musica e presi la copia dell’ultimo romanzo fantasy che stavo leggendo, avrei preferito leggere per l’ennesima volta l’Amleto di Shakespeare, ma decisi di rimanere su qualcosa di più leggero. La mia testa era già sommersa da troppi pensieri.
Iniziai a leggere le prime righe del capitolo, concentrandomi a fatica, i miei pensieri vagavano sull'evento accaduto di poco prima, qual maledetto cacciatore mi aveva sbattuto contro un cavolo di armadietto ed io glielo avevo lasciato fare. Avrei dovuto riempirlo di botte invece di lasciargli fare i suoi comodi e permettergli di minacciarmi.
Un brivido mi scosse e deglutii, il solo ricordo del suo corpo contro il mio mi faceva andare a fuoco le guance. Aveva davvero una forza pazzesca e… Dio aveva delle mani così belle! 
Per non parlare di quella bocca o di quegli occhi. Quegli occhi erano così simili ai giardini del Paradiso che ogni volta che li avevo incrociati mi era parso di correre di nuovo fra i prati perfetti dell’Eden e mi diffondevano una sensazione di profonda sicurezza che mi scaldava quasi il cuore. Mi morsi il labbro inferiore con così tanta forza che sentii il sapore del sangue, che mi stava succedendo? L’ultima volta che avevo provato sensazioni simili era stato con Raziel…
Scossi la testa, sicuramente il nervosismo che fosse un cacciatore mi aveva fatto fraintendere le mie emozioni, non poteva essere che quello che provassi fosse qualcosa di così vagamente vicino all’amore. Non poteva assolutamente essere. I demoni, come gli angeli, s’innamorano una volta sola durante la loro vita e il loro amore dura per l’eternità. Ed io già ci ero passata secoli prima…
Il rumore della porta d’ingresso che si chiudeva, mi fece tornare alla realtà. Guardai l’orologio mancava ancora un’ora al crepuscolo, Enlil era uscito stranamente presto.
“Maledizione!” sbottai, schiaffeggiandomi la fronte. Mi ero completamente dimenticata che dovevo trovare il modo di farmi perdonare da Lily.
Chiusi il libro e spensi la tv, mi affacciai dalla porta il mio corridoio era vuoto e illuminato solamente dalla luce gialla-arancione del tramonto, la notte era vicina.
Scesi silenziosamente le scale, dalla stanza di Lily al primo piano si sentiva rimbombare Justin Bieber al massimo volume, brutto segno era davvero molto arrabbiata. Entrai in cucina e spalancai il frigorifero, sperando che ci fossero tutti gli ingredienti per preparare una bella cheesecake ai mirtilli, la sua torta preferita. Sorrisi, ovviamente c’era tutto, sicuramente era stato Enlil. Avrei fatto pace anche con lui appena l’avrei visto, il mio adorato fratellone non meritava di essere trattato così.
Canticchiando Sorry, cominciai a preparare la torta per la mia fatina preferita.
Alle sette precise, misi la torta decorata in frigo e corsi di sopra a cambiarmi per uscire, m’infilai un paio di pantaloni di pelle e gli stivali neri con il tacco, lasciai la maglia dei Thirty Second to Mars e m’infialai il blazer di pelle. Andai di fronte allo specchio e mi sistemai con le mani i capelli e il trucco.
Scesi giù di corsa, il sole aveva quasi lasciato il suo posto alla luna, afferrai un foglio e una matita. In fretta scrissi un biglietto a Lily, che era chiusa ancora nella sua stanza ad ascoltare il suo cantante preferito: “Cara Lily, ti ho preparato la cheesecake ai mirtilli che ti piace tanto (è in frigo) come segno di pace. Mi sono comportata malissimo, lo so, spero che tu possa perdonarmi. In questo periodo sono molto tesa e ho reagito senza pensare, so che questo non giustifica il mio orribile comportamento, ma ti prego di scusarmi. Perdonami. Tua Lucy”.
Soddisfatta, uscii da casa di corsa prendendo il cellulare, che la caccia abbia inizio.
 
Vagavo per le strade di Londra alla ricerca di un demone da rispedire all’Inferno, letteralmente. Questo era lo scopo principale della caccia, ma soprattutto era il motivo fondamentale per cui ero salita al mondo di mezzo. Il demone che stava cercando Enlil era un antico, in altre parole Astaroth uno dei Principi dell’Inferno, quindi si era rivelata una missione più difficile del solito da svolgere da solo, non perché il ricercato fosse più forte di mio fratello, ma perché si era scoperto essere un maestro nel nascondersi. Beh, giocava a suo favore il fatto che riuscisse a rendersi invisibile. Erano mesi che Enlil cercava di rintracciarlo e l’unica pista che aveva trovato conduceva a Londra, e Londra non era una piccola città, quindi un paio di gambe in più per perlustrarla gli facevano sicuramente comodo. Sapevo stranamente troppo poco su questo incarico. Astaroth era uno degli alleati più fidati di Zio S, con me, Enlil e Azazel, fratello gemello di Astaroth, ma cosa ancora più stramba, era il migliore amico di mio fratello perciò non riuscivo a spiegarmi come fosse riuscito a far perdere le sue tracce per così tanto tempo e in più come potesse essere che Enlil non sapesse nulla di tutto ciò. Erano così legati, ma sapevo bene che i legami si potevano spezzare facilmente.
La missione consisteva semplicemente nel trovare Astaroth e riportarlo a casa, ed era davvero fin troppo facile. Avevo la sensazione che sotto ci fosse dell’altro, qualcosa che né Enlil né Zio Satana volevano dirmi. Astaroth era solito “sparire” per lunghi periodi nel mondo di mezzo, con Enlil condivideva l’amore per questo stupido mondo e per gli umani, non riuscivo a capire perché questa volta fosse diverso, perché noi dovessimo intervenire fino a rischiare la vita. C’era sicuramente qualcosa che mi stavano nascondendo e io l’avrei scoperto.
 Il telefono mi vibrò nella tasca posteriore dei jeans facendomi sussultare, alzando gli occhi al cielo cercai di rispondere per fermare quella fastidiosa vibrazione.
“Pronto?”
“Lucy, sono Enlil, dove ti trovi?”
“Oh, fratellone! Sinceramente non ne ho la minima idea, però ho fame quindi adesso mi fermo da qualche parte a mangiare” risposi, continuando a camminare, mentre la mia pancia brontolava.
“Hai dei soldi con te, vero?” mi domandò lui, usando quel tono saccente che odiavo.
Ispirai profondamente frugandomi nelle tasche alla ricerca di qualche spiccio o della mia amata carta di credito: “Ecco… devo aver lasciato il portafoglio sul tavolo della cucina”.
“Lucy, sei nel mondo degli umani. Qui devi pagare quando vai in un ristorante o in un negozio qualsiasi e compri qualcosa” replicò lui.
Di nuovo quel tono… Espirai e ispirai di nuovo, dovevo calmarmi non volevo litigare nuovamente. Non riuscivo a capire cosa gli stava succedendo, Enlil non mi trattava mai così.
“Lo so, Enlil, ma non avevo in programma di fermarmi da qualche parte”.
“Dimmi in che locale di fermi così ti raggiungo”.
Sospirai e mi guardai intorno, un locale con l’entrata di legno bianco rovinato e con vasi colmi di rose attirò la mia attenzione, l’insegna era posta di fianco la porta e vi era scritto in maniera molto semplice The Farm Girl Cafe. Varcai la soglia e mi trovai all’interno di porticato con un rampicante che formava il tetto, affascinata, avanzai e aprii la parta bianca a vetri. Sbattendo le palpebre, entrai facendo suonare la campanella sopra la porta, e il profumo di pane tostato m’invase le narici.
“Allora?” chiese Enlil dall’altra parte del telefono riportandomi alla realtà.
“Ecco… in un locale che si chiama The Farm Girl Cafe” risposi, scuotendo la testa e vedendo arrivare in fretta un ragazzo poco più grande di me.
“Stiamo chiudendo!” esclamò fermandosi di fronte a me e squadrandomi.
Sbattei le ciglia e assunsi un’espressione dispiaciuta: “Ah… peccato, mi piaceva questo locale”.
“Mi… mi dispiace, signorina” balbettò il cameriere, arrossendo notevolmente.
“Non è che potrebbe fare uno strappo alle regole, è che sto morendo di fame e sono nuova di qui, non conosco altri locali dove andare” dissi affranta, cercando di corrompere il cameriere. Cosa che mi riuscì facilmente, visto che arrossì e si passò una mano tra i capelli facendomi cenno di seguirlo.
“Ah, senta ancora una cosa non è che mi sa dire la via di qui, così mio fratello mi viene a prendere” gli domandai, sorridendogli provocante.
“Cer-certo, in Via Portobello 56” replicò lui, evitando di incrociare i miei occhi. Che ragazzo timido. Mi leccai le labbra e dissi ad Enlil la via, mentre seguivo il cameriere dentro il locale.
Pochi minuti dopo ero seduta su un comodo divanetto davanti a un piatto di toast all’avocado e pomodoro, e a uno smoothie alla fragola, mentre aspettavo che Ed, il cameriere, mi portasse la mia insalata vegetariana e dopo la mia fetta di torta al cioccolato, con tanto di porzione gigante di frutta. L’ambiente era davvero confortevole, il mio tavolo si trovava di fronte alla cucina, un’isola azzurra dove il cuoco, un ragazzo di colore, aiutato da una ragazza bionda mi stava preparando da mangiare, affianco ad essa un paio di scale portavano al piano di sopra, dove era situato un tavolo più grande rispetto agli altri. Le pareti erano a scacchi azzurri e blu alternate da alcune semplicemente bianche.
Addentai un toast, mentre la campanella suonò avvertendoci che qualcuno era appena entrato, scrollai le spalle capendo subito che si trattava di mio fratello. Avevo riconosciuto l’energia della sua anima. Salutò con un cenno della mano i dipendenti, che lo guardarono sbalorditi, il loro sguardo in seguito si posò su di me, che gli facevo segno di venire. La nostra somiglianza metteva sempre in soggezione gli umani e non riuscivo mai a capire perché, in fondo esistevano gemelli uguali anche tra loro.
Enlil si sedé di fronte a me ed io gli sorrisi: “Vuoi?”
Senza neanche rispondere prese uno dei toast e se lo divorò in un attimo, lo guardai inclinando la test di lato sorridendo obliqua: “Pensavo non ti piacesse l’avocado”.
“Infatti è così, ma avevo una certa fame. È da ore che giro per Londra senza trovare nulla”.
Gli allungai il piatto con il resto dei toast, sapendo che non avrebbe gradito nient’altro: “Non credo che qui cucinino bistecche al sangue, accontentati di questo”.
Mentre Enlil alzava le spalle e addentava un altro toast, Ed mi posò davanti il piatto colmo di insalata e guardò incerto mio fratello, che ricambiò lo sguardo sorridendogli strafottente.
“Ed, senti non è dopo porteresti un'altra porzione di frutta e di torta per il mio fratellone” mi rivolsi a lui posando la testa sulle mani e rivolgendogli uno dei miei migliori sorrisi. Il cameriere annuì con le guance arrossate e quasi non corse via per l’imbarazzo. Enlil trattenne una risata per educazione, mentre io risi sotto i baffi. Adoravo stuzzicare i ragazzi timidi.
Mio fratello scosse la testa e mi diede un calcio sotto il tavolo, richiamando l’attenzione su di lui: “Ehi, hai trovato qualcosa?”
Scossi la testa, masticando un boccone d’insalata. Enlil sbuffò e gettò la testa all’indietro stiracchiandosi le braccia, il maglione blu notte si alzo lasciando intravedere gli addominali obliqui. Intercettai lo sguardo della biondina dietro alla cucina, che lo guardava quasi sbavando. Scrollai le spalle e mi dissi di non fare una scenata di gelosia per così poco. Mi schiarii la voce nel momento in cui Enlil ammiccò verso di lei, si girò verso di me con ancora quel sorriso attraente sulle labbra. Attirata la sua attenzione, seccata dissi: “Ho avvertito l’energia di alcuni demoni, ma erano tutti di rango troppo basso perché si tratti Astaroth, però…” mi fermai ripensando alla strana energia che avevo avvertito mentre camminavo che tuttavia era sparita all’improvviso. Enlil mi guardava corrucciato, aspettando che io continuassi.
“Però, ripensandoci ho avvertito un’anima più forte delle altre molto vicino a me, mentre camminavo in una strada affollata, ma poco dopo è scomparsa e non sono riuscita a capire da chi e da dove provenisse”.
Enlil scoppiò in una fragorosa risata che mi lasciò davvero perplessa, era impazzito?
“Quel bastardo, mi ha costretto a farti salire qua sopra, dove non sei al sicuro, perché sapeva che tu sei l’unica con una percezione così fine delle anime. L’unica in grado di trovarlo”.
Per poco non mi strozzai con l’ultima forchettata d’insalata, che diavolo stava blaterando: “Dove non sono al sicuro? Che stai dicendo, mi vuoi spiegare?”
Enlil scosse la testa e mi fece cenno con la mano di lasciar perdere, ma che diamine stava succedendo? Io ero il Principe degli Inferi e adesso mi stava tenendo all’oscuro di davvero troppe cose.
Prima che potessi aprire bocca per protestare e dirgliene quattro, arrivò la biondina con le nostre ordinazioni.
“Beh, un vero e proprio buco nell’acqua questa sera, però potremmo andare a spassarcela da qualche parte” mi disse guardando, però la cameriera, che non perse tempo e replicò: “Posso portarti da una parte a divertirti, se vuoi”
Affondai la forchetta nel bicchiere di frutta, innervosita, Enlil le sorrise e annuì: “Perché no, tanto non ho niente da fare” le strizzò l’occhio e lei gli accarezzo il braccio.
Mi morsi il labbro e scattai in piedi innervosita, la biondina mi guardò incuriosita ma tornò subito a concentrarsi su mio fratello.
“Io vado a casa, paga tu” dissi avviandomi a grandi falcante verso la porta con in mano il bicchiere di frutta.
Salutai Ed e il cuoco e uscii dal locale, l’aria fredda mi fece rabbrividire, rimasi immobile fuori dal locale mentre la rabbia abbandonava il mio corpo. Tornai a respirare normalmente e mi avviai verso casa addentando un po’ di frutta, anche se non avevo la più pallida idea di come raggiungere l’appartamento.
Guardai l’orologio sul cellulare, era quasi mezzanotte e non ero per nulla stanca, non che mi stancassi così facilmente. Continuai a camminare facendomi strada tra il flusso di ragazzi che affollava la strada. Volsi lo sguardo verso l’alto e scorsi la luna piena sopra la mia testa, non si vedeva nemmeno una stella a causa dell’inquinamento luminoso, ma la luna era sempre lì immobile che troneggiava su tutti. Volevo ammirarla il più possibile prima di ritornare sotto terra, le creazioni del Padre erano splendide, tutte tranne gli umani che rovinavano questo mondo che gli era stato donato. Tuttora avrei sacrificato la vita per difendere questa Terra, ma non l’avrei mai sacrificata per gli umani. Non più.
Tornai a guardare la strada, guardando le anime dei passanti, sfumature di bianco e nero mi passavano accanto e di fronte. Purtroppo quelle scure erano più numerose delle altre. Mi domandai se il Padre avesse calcolato anche questo nei suoi piani, se avesse pensato che un giorno le sue adorate creazioni sarebbero diventate più malvagie dei figli che gli si sono ribellati. Mi domandai se ci stesse ancora guardando dall’alto, oppure si era lasciato tutto alle spalle e aveva deciso di lasciare che ci uccidessimo avvicenda; chissà se ascoltava ancora le preghiere dei suoi fedeli.
Scrollai le spalle, pesavo troppo come sempre. Anche volendo, non sarei riuscita a fermare il flusso di pensieri che invadevano il mio cervello; avvolte, mi sembrava di diventare pazza, anche una sola parola nella mia testa diventava spunto di pensieri strani e non riuscivo a smettere di crearne degli altri finché non trovavo qualcos’altro su cui ragionare e fantasticare. Non riuscivo mai a smettere di pensare, neanche di notte. Anzi di notte il flusso di pensieri aumentava a dismisura, impedendomi di dormire e arrivando quasi ad asfissiarmi.
Tutto era iniziato subito dopo la caduta, che anche questo facesse parte del mio castigo.
La testa aveva iniziato a pulsarmi a dismisura, nella mente mi passarono le immagini degli avvenimenti di oggi, li analizzai di nuovo uno a uno, soffermandomi principalmente sull’incontro con quel cacciatore; ancora non riuscivo a capacitarmi della somiglianza con Raziel, era tutto così assurdo. Una fitta alla testa più forte del solito mi fece bloccare di colpo, qualcuno mi venne addosso e il bicchiere con la frutta mi cadde atterra. Grugnii infastidita mentre mi massaggiavo la testa con le dita, un ragazzo poco più basso di me mi mise una mano sulla spalla stringendola leggermente, disse qualcosa che non riuscii a capire bene ma che suonava come: “Vedi di stare più attenta”.
Fissai la sua mano sulla spalla, le tempie continuavano a pulsarmi e se entro tre secondi il tipo che avevo davanti non avesse tolto quella dannata mano, gli avrei spaccato il braccio, ma l’idea sembrava non sfiorarlo nemmeno.
“Hai sentito cosa ho detto, tesoro?” continuò stringendomi di nuovo la spalla e ghignando. Guardai la sua anima e un senso di profondo disgusto mi si fermò sulla bocca dello stomaco, feci scrocchiare le dita riflettendo su come atterrarlo nel minor tempo possibile. Avrei infranto due fondamentali regole:
1. Attaccare un umano in luogo pubblico;
2. Attaccare un umano.
Gli afferrai il polso con una mano e lo strinsi con forza, lui mi guardò confuso e non potei fare a meno di sorridere.
Non feci in tempo a fare altro che una mano con tatuata una croce e un paio d’ali d’angelo, che conoscevo bene, si posò sopra la mia spostandola: “Che ne dici di lasciare questa ragazza, eh?”
Il tipo non se lo fece ripetere due volte e lasciò andare la mia spalle, andandosene.
“Te l’avevo detto che ti avrei tenuta d’occhio” sussurrò severo al mio orecchio sogghignando.
Deglutii rumorosamente, merda, ero nei guai. Non solo stavo per infrangere le Regole, ma ero stata anche beccata da un cacciatore, e non un cacciatore qualsiasi che era tenuto ad uccidermi. Lui ne era anche in grado.
Incrociai i suoi occhi smeraldo, mi stava fissando e avevo come la sensazione che non vedesse l’ora di ammazzarmi.
Merda.
 
L’angolo dell’autrice
Ciao a tutti!
Eccoci al quarto capitolo, dove si scopre qualcosa sulla missione di Lucy e Enlil.
So che come trama è un po’ complicata, cioè della storia passata di Lucy e Harry si sa poco e niente,
ma non posso svelare tutto subito altrimenti non ci sarebbero altri capitoli.
Comunque evitando spoiler ecc, spero che il capitolo vi sia piaciuto,
perciò, se vi va, fatemi sapere che ne pensate!
Ringrazio comunque tutti coloro che l’hanno letta, grazie di cuore!
Un caloroso bacio e abbraccio G.
P.S. se vi passate a leggere la mia nuova storia: 
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3661358&i=1
   
 
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