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Autore: queenjane    25/04/2017    2 recensioni
Alessio Romanov, erede al trono di Russia, vive alla Stavka, ovvero il quartier generale delle truppe con suo padre, lo Zar. E' il 1915, ha 11 anni, soffre di emofilia, ogni urto può essere fatale ma è curioso, avido di vita. Nonostante o forse per la prima guerra mondiale. Un suo incontro, un suo inopinato amico, il principe Andres Fuentes dal misterioso passato, più grande di lui, che racconterà storie, avventure e molto altro. Collegato a The Phoenix. Buona lettura. Dal capitolo 9;" In quella notte del luglio 1918, mentre il buio lo sommergeva, Alessio si trovò d’un tratto sopra un baio, a cavalcare il vento, come un antico guerriero, in una valle piena di luci e suoni e profumi, il vento portava il rombo delle onde, diede di sprone e il suo ultimo sospiro fu lieve come il mare quando muore a riva. ."
Genere: Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Periodo Zarista, Guerre mondiali
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Dragon, the Phoenix and the Rose'
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“Alessio! Amore, sono qui”Lo sollevai sul fianco, quel giorno ero vestita alla creola, morbide gonne, un corpetto delicato, colori tenui, senza busto, una idea sostenuta da Marianna, la sua tenuta privata, quando non era a corte, usata durante le gravidanze, tessuti comodi,  la pratica comodità di non usare il busto, non dipendere dalle cameriere, una camicia bianca e ampie gonne spumose.
“Eccoci..  Scusa la nostra irruenza” Olga mi circondò con il braccio, ironica, lo zarevic mi aveva “sequestrato”, una ridda di baci, e chiacchiere, impaziente”E che fate, scusa.. sono  giorni che siete spariti..”
“Ehm, Aleksej Nicolaevich.. Varie cose”
“Tipo”
Omisi di rispondere,  ero diventata di uno splendido rosso peperone, quindi porpora, nonostante l’abbronzatura leggera “Tipo??”
“Di tutto. Cuciniamo, parliamo e abbiamo in mente di fare lunghe cavalcate. Tesoro, sei in partenza per Mogilev?” Olga si faceva aria con le mani, stava ridendo silenziosa, assistendo all’assedio di curiosità cumulativa dello zarevic, alla sua immaginazione le varie cose, avevo declinato i fatti secondari, senza balle, pure ritenevo di non dovergli spiegare il significato di una appassionata luna di miele.
“No, ma vado a fare un giro con Papa, per le truppe, Mogilev tra qualche settimana, e ti volevo salutare.”
“Bene. Come sei garbato.” Era trascorso un anno da quando aveva trovato me e lo zar in una livida alba, gli era venuta una crisi per un raffreddore, io avevo fatto un gran numero di ingaggi,avevo fatto pace con Olga, mille e una avventura. E le torte, cucinate insieme come le volte che lo avevo  addormentato e fatto sparare, sempre noi.. E avere imparato, la giustizia, non la vendetta.
“Lo so”
“Disse la viziata al viziatissimo..”chiosò Olga, abbracciando me e Alessio. La circondai con il braccio libero, con l’altro serravo Alessio, che mi abbracciava, valutando il tono luminoso della sua carnagione
“Olga..”Riluceva, pura gioia.  Mi venne una idea e la squadrai, in quel periodo ero sensibile ai miei amori e quelli altrui, diciamo così.
“Sai che sono ....”
“Ottimo, Alessio.. E non era per un dispetto, fidati” Sempre un sussurro.
“Lo so.. E sai anche che sono montato su un aereo, fermo, chiaro, magari un giorno imparerò a pilotare come a cavalcare. Seriamente. Quando rientri al quartiere generale, tu, piuttosto?”
“Inizio ottobre più o meno” Gli appoggiai la fronte sul plesso solare.
“Perché fai sempre così? Lo hai fatto alla Stavka, quando avevo la crisi per il raffreddore, e sempre..”
“Sai.. Per gli antichi, l’anima risiedeva nel plesso solare, ecco, mi piace pensare che appoggiandovi la fronte si riesca a sentire tutta la forza dell’amore, dell’affetto.. Una storia che mi sono inventata quando ero una ragazzina, ehi, cosa ti commuovi”
“Come è la storia che eri alla Stavka per il raffreddore..?” chiese Olga, per stemperare la commozione.
“A settembre 1915, mi ha pescato in versione ufficiosa, meglio di un poliziotto.. Ero a prendere le consegne e sono rientrata a dicembre, quando aveva ..”
“La crisi. Non ti eri fatta ammazzare, io avevo passato l’accidente..  O ci provavo”
“Giusto.”
“Ma con il servizio attivo hai finito, vero, ti limiterai a guardare i rapporti..”
“Credo proprio di sì..” Poi “Scusatemi, sono in luna di miele, un poco di riposo me lo sono meritato”
“Ti riesce a farmi fare un giro in incognito a Piter?, prima di riandare?”
“Vediamo, Alessio” E tanto sapeva che era un sì. Sua sorella sbuffò, se era viziatissimo, un motivo vi era di sicuro.
“Ho detto di no ed è no, fine, obbedisci senza fiatare” omisi di dire, almeno per una volta, appellandomi alla pazienza che si stava esaurendo. Le mani sulle spalle, cercavo di bloccarlo, la visuale parata dal mio corpo,se tirava un calcio o si faceva male era un guaio, per l’emofilia. Ma non poteva fare quel casino. Allibì che non lo assecondassi e cercavo di calmarlo, lo avevo portato a fare un giro a San Pietroburgo, appunto,che in quel principio di autunno era veramente tetra, i viali erano pieni di soldati con fasce nere su un braccio, civili vestiti di scuro, mendicanti in ogni dove. Chi poteva andava in Crimea o in Finlandia, per sfuggire al duro inverno che si avvicinava e agli stenti. Anche la Neva pareva più torbida e gonfia, il cavaliere di bronzo, la statua che come una sentinella vegliava la città avrebbe dovuto affrontare un ben duro compito, resistere  come tutta la Russia che entrava nel terzo inverno di guerra.
“Io faccio come voglio, sono lo ..” cercò di sgusciare dalla mia stretta, mentre gli tappavo la bocca, se proclamava che ero lo zarevic come si accingeva a fare, eravamo allegramente fottuti.
“Basta, Alessio”Un duro sibilo “Respira e calmati, passiamo oltre” Lo presi per la manica, non raccolsi la provocazione, non lo toccavo, che forse non voleva e intanto lo contenevo.  Che il gruppetto che spregiava la zarina e il suo amante aveva colto   nostri movimenti, lo zarevic si era incollerito e ..
“ Farai una segnalazione.. Hanno insultato anche te, che è un pederasta” Mi aveva stretto il polso, rapido, solo il rossore testimoniava la sua collera.
“Certo, hai ragione ad arrabbiarti, che quei gesti sono crudi, espliciti..” Fortuna che non si erano accorti che ero una donna, mi ero travestita, come al solito, e meno male, benedissi che fosse giorno e che la mia figura sottile fosse comparabile a quella di Androgino. Per una volta ero contenta di essere magra, senza curve abbondanti.
“Volgari… Sempre peggio”le foglie scrocchiavano secche sotto i nostri stivali, la zarina era a compiere una visita benefica ai vari ospedali, non parlava con il suo teutonico cugino, tanto era. .
“Fermati, calmati. “Avevo il fiato corto e un principio di nausea. Mi bloccai di colpo, le mani affondate nelle tasche, il sudore che mi intrideva. Cos’è? Poi sorrisi tra di me.
“Due contro sei, sono in superiorità numerica..Secondo te quanti ne potevamo mettere fuori uso, salvo guai?”
“Hai valutato bene.. E tanto se insultavano me li facevi neri, altro che cinque o dieci, e ora che ridi, che ho detto..” Perplesso, e la rabbia era scemata. Gli posai un bacio sulla guancia, scosse la testa, mai in pubblico ero stata così affettuosa. “Aleksej Nicolaevic”
“TE sei tutta scema.. ma va bene, che si fa?”
“Andiamo a prendere una tazza di tè e della torta, qui vicino c’è una sala carina” Che frequentavo ai tempi remoti, nel 1913, ai tempi degli incontri segreti con Luois. Scacciai il ricordo “La parolaccia te la spiego dopo, intesi, che se mi metto a parlare in inglese e francese ci scambiano per spie tedesche  e non voglio dovere spiegare a tuo padre come siamo finiti nella fortezza dei Santi Pietro e Paolo, se prima non mi torce il collo, ipotesi molto probabile, e tua mamma lo precede, fidati”
“No ..No. Tieni il fazzoletto, hai sudato”Mi tamponai la fronte e il collo.
“Stai bene?”
“Ho fame..”
“A te ha fatto male il matrimonio, fidati” Serio. Nascosi la risata nel fazzoletto, invece che la manica mi prese la mano, scrollando il capo e compatendo Andres, la sorella se la era ritrovata, la moglie se la era scelta, affermò, serissimo.
 
“Oh ..In genere hai poco appetito, e hai preso due pezzi e finito il mio, va bene che il cibo non si spreca, e sorridi, sei ancora più strana del solito”
“Zarevic, tralasciando la parte degli insulti, ti è piaciuto?” Eravamo sul treno che dalla capitale riportava a Carskoe Selo, avevo il permesso per portarlo fuori tre o quattro ore, meglio rispettare le consegne, un sussurro.
“Sì, la sala era carina, anche se vi era poco assortimento e la libreria molto bella, la giostra mi è piaciuta, però..”
“  Quella è una parola brutta, non la usare, è peggio che bliad, intesi. O bastardo
“Va bene. Grazie, Cat. “
“Grazie a te, che proteggi.”Mi fissò come se fossi impazzita “Il significato del tuo nome, in greco, colui che protegge..”
“Ah e.. sai che non me lo aveva mai detto nessuno “ Andres significa valoroso,in greco,  gli spiegai, Olga  santa (!!!) Tatiana figlia di Tatius, dal latino, passammo tutti i nomi delle sue sorelle, dei suoi genitori, pure quando mi chiese il significato del mio esitai.
“E’ brutto?”
“Applicato a me, abbastanza ironico, katros, la pura” mi sorrise, in effetti era abbastanza inopinato.
“Dipende. Te ne vedrei meglio uno del tipo .. Amante dei cavalli, esiste, no..”Mi venne in mente ed allibii. “Felipe .. il maschile, femminile Felipa “
“Traduci, capisco che è spagnolo” Lo declinai in russo e in francese, feci una addenda mentale. Felipe Fuentes, principe, conte di Sierra Morena, Signore di Ahumada y la Cruz.
“Meglio Catherine, pardon Catalina, di Felipa” Poi “Greco e latino, eh..”
“Fino al latino ci arrivo, il greco .. no, tranne qualche sparsa definizione.”
“Comunque, sono cresciuto, l’altra volta, per gli insulti, abbiamo litigato di brutto. Invece.. Li segnali, vero?”
“ Certo. Ti ho trattenuto per evitare un guaio peggiore, e non ti volevo fare male, era per te “ la precedenza la aveva sempre e comunque la sua tutela, fisica, in primo luogo.  E se era quello che sospettavo, per me, non era il caso di ingaggiare una rissa.
“ Lo so, che lo fai per me e il tuo prezioso collo”A cui si era stretto. “Scusa, ma Felipe non era il nome del primo principe Rostov-Raulov”
“Bravissimo”lo abbracciai “A prescindere, è un bel primo appellativo”
“ Lo so che sono bravo”
“Non ne dubito affatto” Ricevetti un colpo sulle scapole, sdegnato, poi si calmò.
“E modesto”
“Soprattutto”
“Ti adoro, Zarevic”
“Lo so.. ma stai bene, sul serio” Lo distrassi, svelta, in un dato senso mai ero stata meglio.
 
 
“Saresti un ottimo precettore” sancì Olga “La sai l’ultima di Alessio? Ha chiesto un ciclo più dettagliato e approfondito su Pietro il Grande, Caterina II.. E ha strappato a Mamma la promessa che quando avrà 14 anni di imparare il latino”
“Ottimo. Almeno alla Stavka si terrà occupato..”
“Si diverte imparando. Come noi su altri fronti”
“Ben vero. Mi insegni una cosa e non mi prendere in giro..”Posai il palmo sul ventre piatto, la fede sull’anulare destro brillava sotto il sole.
“Perché?” Glielo dissi e mi scrutò, commossa.
“Forse.. è molto presto, però questa soddisfazione posso togliermela”
“ E tua madre?Andres..?”
“Cosa? Che devono dire.. Nulla, che sei la prima persona in assoluto a cui lo dico, anche se lui non è uno sciocco, ci arriverà””
Deglutì e mi strinse il braccio, le appoggiai la testa sulla spalla e rimanemmo in silenzio. Il vento di fine settembre era lieve e dolce come il sussurro di un pianoforte, un attimo che era un per sempre, nel parco imperiale di Carskoe.
Il mio viso appartiene al vento e all’acqua, il corpo al ferro ed al fuoco, la mia  memoria al regno della precisione. Ero una fenice, riapparsa dalla sua ceneri
 
 
   
 
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