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Autore: BebaTaylor    26/04/2017    1 recensioni
Nick Carter ha tutto quello che desidera: successo, fama, soldi, una moglie bellissima che lo ama, quattro compagni di avventura che sono come fratelli e una migliore amica.
Ci sono solo due problemi, in questo quadretto: Skylar è la sua amante e lui non ha il coraggio di dire nulla a sua moglie Tamara. Ma un pugno sul naso e le parole di alcune fans gli faranno capire quello che deve fare: seguire il suo cuore. E lui lo farà, finendo per spezzare il cuore a una delle due donne della sua vita.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nick Carter, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Niente di quanto narrato in questa fanfiction è reale o ha la pretesa di esserlo. È frutto della mia fantasia e non vuole assolutamente offendere la persona in questione. I personaggi originali appartengono alla sottoscritta.

Love Like Stars

Oooh, it starts with a fire,
Brighter and brighter,
We light up the dark,
A million sparks.
Oooh, exploding desire,
Higher and higher,
We light up the dark,
We love like stars.
[Love Like Stars — Ben Montague —]

3.
Parte Prima.

Skylar trattenne un urlo, afferrò il portapenne — un semplice barattolo di latta dipinto con colori vivaci — e lo scagliò dall'altra parte della stanza. Non era possibile, Nick era in Italia con Quella. Il fatto che fosse per la promozione dell'album non le importava, Nick non era con lei e questo le bastava.
Anche se lui le aveva promesso di fare un viaggio insieme... non aveva rispettato la promessa. Era ormai Novembre ed era da Settembre che non lo vedeva. Prima gli impegni dei Backstreet Boys, poi Nick e Quella che andavano in vacanza, poi di nuovo i Backstreet Boys, poi lei che era impegnata... e sua madre che si era arrabbiata quando lei aveva detto che non voleva andare in Canada con loro. Era stata la minaccia dei suoi genitori — le avevano detto che andava con loro o che non avrebbero più pagato le rate del mutuo per casa sua — a farle fare le valigie e partire alla volta di Ottawa. Poi la Bsb Cruise a cui non sarebbe potuta andare perché non aveva abbastanza soldi e perché i suoi non le avevano voluto prestarglieli, dicendole che le stavano già pagando la casa, che se voleva andare su quella nave doveva trovarli lei i soldi per pagare il tutto.
Così Skylar era rimasta a casa, a rimuginare, a guardare le foto postate su Facebook e Twitter, dove seguiva Tamara solo perché postava foto di Nick, anche se ogni tanto aveva l'impulso di insultarla ma si tratteneva perché aveva paura che Quella la bloccasse e lo dicesse a Nick, e lei non lo voleva.
Skylar voleva solo avere Nick tutto per sé, voleva stare con lui, svegliarsi accanto a lui, preparargli le valigie, partire con lui, osservarlo cantare durante i concerti dal backstage... ma non poteva. Aveva visto il concerto di Los Angels, aveva fatto la foto con i Backstreet Boys, aveva partecipato all'after party... ma c'era un mucchio di gente e lei aveva scambiato a mala pena un paio di sguardi con Nick.
Invece c'era Quella al suo posto. Skylar urlò, quando vide l'ennesima foto postata da Tamara su Twitter, in cui si vedeva Nick con un buffo cappellino in testa.
Si gettò sul letto e nascose la testa sotto al cuscino e scoppiò a piangere. Lei lo amava, con tutto il cuore e disperatamente. Lo amava da così tanto tempo che ormai non si ricordava più l'esatto momento in cui aveva preso consapevolezza dei suoi sentimenti.
Afferrò il cellulare e con la mano sinistra si sfregò gli occhi, cancellando le lacrime.
“Perché mi fai questo, Nick? Perché non sei con me?” scrisse e inviò il messaggio.

✫✫✫

Tamara aprì un occhio quando sentì il cellulare vibrare. «Chiunque sia... mandalo a quel paese.» borbottò avvicinandosi a Nick e raggomitolandosi contro il suo corpo. «Ho sonno.»
Nick grugnì e prese il cellulare, sfiorò lo schermo e lesse appena il messaggio. Aveva troppo sonno per poter capire il significato di quelle parole, così si limitò a cancellare il messaggio. «Adesso lo spengo.» biascicò, tastando lo smartphone alla ricerca del tasto per spegnerlo. Riuscì a trovarlo e lo spinse, poi sistemò il cellulare sul comodino, sbadigliò e strinse a sé Tamara.

Tamara guardò la scatolina con dentro una piccola riproduzione del Duomo di Milano e sorrise prima d'infilarlo dentro un sacchettino blu elettrico, ripiegò il bordo, lo fermò con un pezzo di nastro adesivo e attaccò la coccardina azzurra.
«Per chi è?» chiese Nick, sdraiato sul letto, le mani sotto alla testa.
«Marie.» rispose Tamara, sorridendo e pensando alla donna che era stata la sua babysitter quando andava alle elementari. «Le piacerà.» 0disse, «Adora queste cose.»
Nick si limitò ad annuire, «Uhm... okay.» fece, «Ricordati che dobbiamo andare dai tuoi, più tardi.»
Tamara sospirò, «Lo so.» mugugnò, «Adesso incarto anche i loro regali.»
«Credi che piaceranno a Claire e Simon?»
Tamara fissò Nick, «Lo spero.» disse, «Altrimenti glieli rompo in testa.» esclamò e tornò ad incartare i regalini.
Ogni volta che andava in giro per il mondo sua sorella e suo fratello le chiedevano un regalino, un qualcosa di tipico del paese che visitava, un ricordo di quella città... e, puntualmente, ogni singola volta, quando scartavano il pacchetto, si lamentavano sempre.
Tamara non riusciva a capire: prendeva cose belle, passava diverso tempo a scegliere qualcosa che andasse bene ai suoi famigliari e non andava mai bene nulla. I suoi genitori erano entusiasti ogni volta che tornava a Los Angels dopo un viaggio più o meno lungo ed erano sempre felici di quello che portava loro come ricordo dei suoi viaggi.
«Tammy?»
Tamara fissò Nick e lo vide sorridere, così lo fece anche lei, «Sì?»
Nick sbatté la mano sul letto e Tamara lo raggiunse, sedendosi al suo fianco, «Stai tranquilla.» disse abbracciando la moglie, «Tu sei fantastica e loro due sono solo gelosi e invidiosi del tuo successo.» continuò contro i capelli di Tamara La ragazza chiuse gli occhi, rilassandosi contro il torace di Nick.
«Cercherò di farlo.» mormorò lei, pensando che Nick fosse perfetto per lei, lo aveva pensato sempre, fin dalla prima volta che erano usciti insieme. «Devo finire.» disse dopo un po' e si mise seduta sul letto.
«No, rimani qui.» esclamò Nick, abbracciandola di nuovo e trascinandola su di sé, «Lo farai dopo.» mormorò baciandole la mandibola.
Tamara rise, «Fra tre ore siamo a cena dai miei.» gli ricordò, «E abbiamo ancora un sacco di cose da fare.» continuò con gli occhi chiusi, mentre Nick continuava a baciarla e a sfiorarle la schiena.
Si godette i baci e le carezze di Nick, dimenticandosi di tutto il resto.

Un'ora e mezza dopo, avvolta in un grande e morbido accappatoio rosa, Tamara finì d'incartare i regali per la sua famiglia, sistemò l'ultimo fiocchetto e sorrise mentre sistemava i regali in un grosso sacchetto di carta colorata. Entrò nella cabina armadio, alla ricerca dei vestiti, quando il cellulare di Nick squillò. Tamara sbuffò e andò verso lo smartphone e vide che la chiamata proveniva da un numero anonimo. Ci pensò un attimo, poi premette il tasto di risposta: Nick era sotto la doccia e non poteva rispondere e magari era qualcosa d'importante. «Pronto?»
Dall'altra parte si udì un fruscio e un mormorio che Tamara non capì, «Pronto?» ripeté, «Non la sento.» disse, «La linea dev'essere disturbata.»
Ancora nessuna risposta, solo il silenzio rotto da qualche fruscio. Tamara scrollò le spalle, chiuse la chiamata e posò il cellulare sul comodino.
«Chi era?»
Tamara fissò Nick che, appoggiato allo stipite della porta, si asciugava i capelli con un un asciugamani verde scuro.
«Un numero anonimo.» rispose lei e lanciò una breve occhiata al cellulare, «Non si sentiva un cavolo.» aggiunse, «Richiamerà.» disse scrollando le spalle.
Nick la fissò per qualche secondo, rimanendo in silenzio. «Okay.» disse, «Vado a finire.» aggiunse e ritornò nel bagno.
Tamara fissò il punto fino a dove qualche secondo prima si trovava Nick, fece un respiro profondo e tornò nella cabina armadio. Dieci minuti, dopo essersi vestita, entrò in bagno, trovando Nick che si sistemava i capelli.
«Pronta?»
Tamara sospirò, «Uh, diciamo di sì.» rispose e afferrò la spazzola da cassetto sotto al lavabo e iniziò a pettinarsi i lunghi capelli, «Tu?»
Nick rise, «Sì.» disse, baciò la guancia di Tamara e uscì dal bagno.
La ragazza sospirò fissando la sua immagine allo specchio. “Va tutto bene.” pensò, “Va tutto bene e non c'è nulla che non vada.” si disse. “Quello aveva sbagliato numero.”
Tamara mise via la spazzola, afferrò il minuscolo beauty case e si truccò leggermente, continuando a ripetersi che non c'era nulla che non andava, che stava andando tutto bene, che tutto era — più o meno — perfetto.
Si sorrise allo specchio, dicendosi che non doveva preoccuparsi di quello, visto che stava andando dalla sua famiglia e doveva essere il più rilassata possibile per evitare di urlare contro sua sorella e suo fratello.
«Tamara?»
La ragazza sobbalzò, «Sono pronta.» disse, infilò il tubetto del lucida labbra nel cassetto, «Mi lavo le mani e arrivo.» aggiunse e dieci minuti dopo uscì dal bagno. Nick l'aspettava in salotto, con il sacchetto dei regali in una mano e l'iPhone nell'altra. Tamara lo osservò e si chiese a chi stesse scrivendo. «Che fai?» domandò avvicinandosi.
«Guardavo Twitter.» le sorrise lui, «Andiamo?»
Tamara si rilassò sorrise, «Sì.» rispose, «Dammi.» esclamò, allungò una mano e sfiorò il sacchetto.
«Non c'è nessun problema.» ribatté Nick, così Tamara gli lasciò il sacchetto. I due uscirono da casa e, una volta in auto, Nick sistemò il sacchetto sul sedile posteriore. «Rilassati, Tammy.» sorrise e Tamara annuì piano, «Non credo che vogliano mangiarti!» continuò Nick e Tamara rise.
«Uh, lo spero.» disse lei, «Anche perché sono indigesta!»
«Non sei indigesta!» ridacchiò Nick mentre percorreva lentamente il vialetto.
«Uh, grazie!» fece Tamara per poi ridere di nuovo. “Non c'è nulla che non vada.” pensò.

✫✫✫

Erano seduti sul divano della casa dei genitori di Tamara, Claire e Simon davanti a loro, che scartavano i regali da parte della sorella.
Claire osservò la palla di vetro con dentro il Duomo di Milano, l'agitò e osservò la neve che si muoveva, creando una piccola tempesta. «Ah... il Duomo è fatto così?» domandò quando la neve si depositò. «Credevo fosse diverso.» commentò.
«È una chiesa.» replicò Tamara, «Cosa ti aspettavi?» chiese, «Me lo hai chiesto tu di portarti una riproduzione del Duomo.»
Claire la osservò e sbuffò, «Pensavo che fosse diverso!» si giustificò. «Non credevo che fosse così!»
Tamara sospirò e fissò la mano di Nick che stringeva la sua e s'impose di calmarsi, e si disse che non era colpa sua se sua sorella non sapeva come fosse fatto il Duomo. Alzò la testa e sorrise al marito, dicendosi che non doveva badare alle critiche di sua sorella.
Osservò Simon scartare il pacchetto e si morse le labbra, fissò gli occhi del fratello spalancarsi e un sorriso fare capolino sulle sue labbra.
«È bella.» disse lui osservando la riproduzione di una Ferrari, «Grazie.»
Tamara sorrise e fu felice che almeno uno dei regali piacesse — era stato Nick a suggerirle di regalare a Simon quel modellino —, «Sono contenta che ti piaccia.» disse.
Claire sbuffò, «A lui la macchinina, a me una palla di neve.» si lamentò.
«L'hai chiesta tu, tesoro.» disse il padre dei tre, «Non puoi lamentarti.»
Claire sbuffò di nuovo, posò l'oggetto sul tavolino e incrociò le braccia al petto. «Pensavo che fosse diversa!» esclamò, «Se sapevo che era così... non gliela avrei chiesta!»
Tamara decise di non replicare, sospirò e bevve un sorso d'acqua. «Come vuoi.» disse fra una lamentela e l'altra della sorella, «La prossima volta non ti porto nulla.» sbottò.
Claire la fissò sorpresa, «Co-cosa?» balbettò, «Perché?» domandò.
«Perché ti lamenti sempre.» rispose il padre.
Claire sbuffò e incrociò le braccia mentre Tamara sorrideva al padre, grata che avesse preso le sue difese.
E poi Nick le era accanto e le stringeva la mano: Tamara sorrise anche a lui.

✫✫✫

«Scusami.» esclamò Nick e si abbassò appena in tempo per evitare di essere colpito da una scarpa lanciata da Skylar. «Ma sei matta?!» squittì.
«Me lo avevi promesso!» pianse la giovane, «E' Dicembre, sono mesi che non ti vedo.» singhiozzò e lanciò l'altra scarpa, che sbatté contro il muro accanto a Nick prima di cadere a terra.
«Scusa.» ripeté Nick e si sentì male nel vedere il viso della ragazza distorto dal dolore. Fissò le guance rigate dalle lacrime, gli occhi gonfi e rossi per il troppo piangere e i capelli arruffati. «Ho avuto un sacco di impegni.» si giustificò e le si avvicinò con lentezza, pronto a chinarsi di nuovo nel caso Skylar avesse voluto lanciargli addosso qualcos'altro. La raggiunse e la strinse, le baciò i capelli mentre lei si stringeva a lui e singhiozzava rumorosamente. «Mi dispiace.» disse Nick, «Perdonami.» soffiò, «Ti amo.» mormorò baciandole la fronte.
Le asciugò le lacrime e abbozzò un sorriso, felice di essere con lei dopo tutto quel tempo: Skylar gli era mancata e non gli erano bastati i messaggi e le telefonate.
Rimasero abbracciati a lungo, poi Nick la fece sedere sul divano, le versò un bicchiere d'acqua e glielo porse.
«Mi hai fatto soffrire tanto.» pigolò lei bevendo a piccoli sorsi.
«Lo so.» disse lui, «Sono stato stupido.» si sedette accanto a lei e l'abbracciò ancora.
Skylar tirò su con il naso e lo guardò, «Mi ami?» pigolò stringendo il bicchiere.
Nick le sorrise, «Sì, ti amo.» disse e le baciò una guancia, sentendo sulle labbra il sapore salato delle lacrime.
Rimase abbracciato a lei a lungo, accarezzandole le braccia e i capelli, baciandole il viso, giurò a se stesso che non l'avrebbe più fatta soffrire così.
Aveva detto a Tamara che sarebbe uscito con alcuni amici a cena e che sarebbero andati a giocare a biliardo, così avrebbe avuto un po' di tempo da passare con Skylar e recuperare — almeno in parte — il tempo che aveva perso. Lo sapeva che non era colpa sua se non l'aveva vista: fra gli impegni del gruppo e quelli di Tamara non aveva avuto molto tempo libero. E non poteva — e voleva — rinunciare alle vacanze con Tamara, sentiva di doverglielo, visto che andava a letto con un'altra.
Quando Skylar si fu calmata, ordinarono del cibo cinese d'asporto e lo mangiarono accompagnandolo da un paio di birre mentre fissavano vecchie repliche di “Friends”, erano le puntate del matrimonio di Ross a Londra, quando lui aveva chiamato nel modo sbagliato la sua futura sposa mentre erano sull'altare.
Nick sperò che non gli succedesse una cosa simile, sarebbe stato imbarazzante e deleterio se fosse accaduta una cosa del genere. L'ultima cosa che voleva era chiamare Tamara con il nome di Skylar o viceversa.

Più tardi, mentre erano in camera da letto, Nick amò Skylar come non aveva mai fatto prima, sfiorandole tutto il corpo, baciando ogni centimetro quadrato della pelle di lei, sussurrandole che l'amava ogni volta che le sue labbra giungevano all'orecchio di lei.
In quel momento sentì che le era manca tantissimo, lo percepì con tutto il corpo, e giurò a se stesso che non avrebbe mai più fatto trascorrere così tant0 tempo prima di vederla.
Quando finirono di fare l'amore Nick abbracciò Skylar, stringendola forte e affondando il viso nei capelli di lei. E fu così che si addormentò.

Si risvegliò che era quasi mezzanotte e mezza.
«Vai via?» domandò Skylar avvolgendosi il lenzuolo attorno al corpo.
«Sì.» rispose lui infilandosi la maglia.
«Potresti restare.» pigolò lei.
Nick la fissò e sospirò, «La prossima volta.» disse e si sedette sul letto.
«Lo prometti?» domandò Skylar abbracciandolo da dietro e gli baciò il collo.
Nick chiuse gli occhi e le prese le mani, «Lo prometto.» giurò, le baciò i dorsi delle mani e inspirò a fondo prima di alzarsi. Guardò Skylar e le sorrise con dolcezza, «A presto.» soffiò baciandole la fronte.
«A presto.» mormorò lei, «Ti amo.» disse.
«Ti amo anche io.» esclamò lui

✫✫✫

Tre quarti d'ora dopo entrò in casa sua. Gettò le chiavi dell'auto nel cestino accanto alla porta, inserì l'allarme e andò di sopra. Una volta in camera guardò verso il letto, fissando la sagoma di Tamara rannicchiata sotto le coperte.
Entrò nel bagno, si spogliò, gettando i vestiti sporchi nella cesta di vimini e si fece una doccia, cancellando il profumo di Skylar da sé. Sospirò, dicendosi che quella situazione doveva finire, che doveva prendere una decisione, che doveva scegliere, prima che qualcuno lo facesse per lui.
Ma era tutto così troppo complicato, difficile, per potere scegliere. E poi... e poi amava Tamara, il solo pensiero di non vederla più, di non averla al proprio fianco lo faceva star male.
Ma amava anche Skylar.
Con un gemito di frustrazione uscì dalla doccia e si rivestì — boxer neri, pantaloni della tuta e una canotta bianca — e andò a letto.
«Sei qui.» soffiò Tamara quando Nick l'abbracciò.
«Sì.» mormorò lui e le baciò il viso.
«Ti sei divertito?» chiese lei, la voce bassa e soffice, «È andato tutto bene?»
«Sì.» rispose lui, «È andato tutto bene.» assicurò mentre il senso di colpa tornava a farsi strada in lui.
«Bene.» mormorò lei, gli occhi socchiusi, «Buona notte.»
«Buona notte.» mormorò lui e la baciò piano sulle labbra; la strinse più forte, affondando il viso nei capelli di lei, inspirandone il profumo.

Tamara e Nick, il giorno seguente, rientrarono che era quasi l'ora di cena. Lui l'aveva svegliata e l'aveva trascinata in spiaggia e lei aveva apprezzato ogni secondo di quella giornata.
Tamara era stata felice di non pensare a nulla tranne che a lei e a Nick, al sole, alla sabbia, al cibo che avevano mangiato nel loro ristorante preferito, all'acqua che Nick le schizzava in faccia, ai baci, alle carezze, alle risate...
Con un sospiro di pura soddisfazione si lasciò cadere sul divano, chiuse gli occhi e ripensò alla giornata appena trascorsa.
«Stanca?» le domandò Nick.
«Un po'.» rispose lei aprendo gli occhi.
«Birra?» propose lui, «Possiamo ordinare la cena.» disse.
Lei annuì, «Sì, grazie.» soffiò.
«Cosa prendiamo?» domandò lui tornando con due bottiglie di birra.
Tamara lo ringraziò, «Non so.» disse dopo aver bevuto il primo sorso. «Cinese?» propose.
«Non mi va.» rispose lui, «Italiano?» propose.
Tamara lo guardò e sorrise, «Va bene.» disse e si strinse contro Nick, amando la sensazione di sentirlo su di sé, di inspirare il suo profumo. Chiuse gli occhi e si rilassò, sentendo il braccio di Nick che la stringeva e le sue labbra che si posavano sulla testa.
Ad occhi chiusi scacciò tutti i pensieri negativi, concentrandosi solo sulle braccia di Nick, sul calore del suo corpo, sul rumore del respiro di lui.
«Hai fame?»
Tamara alzò lo sguardo, le labbra piegate in sorriso, «Sì.» rispose.
«Ordino.» esclamò Nick.
Tamara si alzò in piedi e stiracchiò le braccia sopra la testa, «Perfetto.» esclamò, «Intanto vado a ficcare i panni in lavatrice.»
Nick alzò un sopracciglio mentre prendeva il telefono, «Adesso?»
«Bhe, dovevo farle stamattina, ma qualcuno mi ha svegliato e ordinato di vestirmi perché voleva portarmi in spiaggia...» rispose e bevve un altro sorso di birra.
Nick sorrise. «Ragazzo fortunato.» commentò e lei si allontanò, salendo le scale che conducevano al primo piano.
Tamara sollevò i panni sporchi dalla cesta di vimini e li sistemò in quella di plastica, ritornò al piano di sotto, entrò nella lavanderia e infilò gli abiti nel cestello della lavatrice. Poi si bloccò, la maglia azzurra in mano.
La stese, fissando la macchia rosso scuro sulla parte posteriore, proprio sotto il collo.
Deglutì nel riconoscere la forma delle labbra femminili. Non erano le sue, ne era certa; lei non usava rossetti così scuri. E poi…
Infilò la maglia in lavatrice, seppellendola sotto gli altri capi, chiuse lo sportello e lo fissò, dicendosi che Nick non la tradiva, aveva giurato, promesso davanti a Dio di non tradirla.
Si alzò in piedi e avviò la lavatrice dopo aver aggiunto il detersivo.
“Magari è stata una fan.” pensò, “Una un po' troppo affettuosa.” si convinse.
«Ieri sera hai incontrato qualche fan?» domandò tornando in salotto.
«No, perché?» fece Nick fissandola.
Tamara lo guardò, gli occhi fissi nei suoi. «Ho trovato una macchia di rossetto sulla tua maglia, dietro la schiena.» disse.
Lui si bloccò, la mano che sfiorava la bottiglia di birra, «Ah.» commentò, «Bhe, sì.» disse, «Era una mezza pazza, mi si è avvinghiata e voleva baciarmi.»
«Una pazza.» commentò Tamara e sospirò dal sollievo. Era come aveva pensato, non c'era nulla di cui preoccuparsi, «Potevi dirmelo.»
Nick sorseggiò la birra, «Non volevo che ti preoccupassi.» le sorrise e le baciò la fronte. «Non farci caso.» disse. «La macchia andrà via?» domandò, «La maglia che avevo ieri mi piace molto.»
Lei annuì, «Sì.» rispose, «Andrà via.» disse e lo guardò. “Lui ti ama,” si disse, “Smetti di pensarci.” ordinò a se stessa.
E lo fece. Smise di pensare a quella macchia, al bigliettino, al telefono di Nick che suonava un paio di volte e per poi smettere all'improvviso.
Non volevano dire nulla quelle cose: lei si fidava di Nick ed era sicura del suo amore.

✫✫✫

Nick si bloccò, l'angolo del lenzuolo in mano. Osservò Tamara, sdraiata sulla pancia, che dormiva tranquilla.
Ripensò a quello che gli aveva detto sulla macchia di rossetto sulla schiena. Era stata Skylar, ne era sicuro. Non sapeva il perché — anche se una vaga idea cominciò a farsi strada in lui — ma era certo che fosse stata lei.
Con un sospirò si sdraiò e coprì Tamara, che emise un sospiro rumoroso. Lui le sfiorò i capelli e la schiena. Sorrise. Tamara sembrava una bambina piccola quando dormiva, con il viso schiacciato contro il cuscino e l'espressione rilassata; la mente vagò, arrivando al giorno in cui l'aveva conosciuta.

Quattro anni prima
Nick si bloccò nel vedere la ragazza: lunghi capelli biondi raccolti in una mezza coda, un tubino azzurro, sandali dall'alto tacco tempestati di brillanti, in una mano una pochette dello stesso colore del vestito, nell'altra un bicchiere mezzo pieno. La riconobbe immediatamente, non avrebbe potuto fare altro, anche perché le foto di lei erano praticamente ovunque. "È bellissima." pensò.
Ricordò quello che era successo qualche giorno prima, quando era così preso e assorto nelle lettura del libro di lei da non accorgersi di AJ che lo chiamava. Il ragazzo si era riscosso solo quando l'altro gli aveva sottratto il libro dalle mani — e lui si era incazzato, anche perché l'amico aveva piegato un angolo della pagina — e Nick lo aveva inseguito, sbraitando e agitando i pugni, mentre AJ fuggiva ridendo. Alla fine riprese il libro, stringendolo al petto come se fosse un tesoro prezioso e mostrò il dito medio all'altro che non smise di prenderlo in giro.
Bevve un sorso del suo cocktail e avanzò, senza togliere lo sguardo dalla biondina. La raggiunse, «Ciao.» esclamò e sorrise — quasi intenerito — quando lei lo guardò a bocca aperta, per poi balbettare il suo nome e un saluto.
«Sei Tamara Andrews, la scrittrice?» chiese, anche se era ovvio che fosse lei.
La giovane annuì e lui la trovò adorabile e, uno strano senso di protezione, salì in lui.
«Mi piace il tuo libro.» commentò e sorrise quando lei arrossì. Le domandò se volesse spostarsi in un posto un po' più tranquillo e Tamara sorrise — e Nick pensò che qualcuno avesse acceso un riflettore e glielo avesse puntato in faccia, perché la stanza si era illuminata.
Si spostarono in una zona appartata, si sedettero a un divanetto semi circolare, su cui i camerieri posavano bicchieri pieni e stuzzichini vari.
Nick ascoltò con interesse quello che Tamara gli raccontava, ed era felice di averla incontrata. C'era un qualcosa in lei che lo spingeva a saperne di più, un qualcosa che non sapeva neppure lui cosa fosse, ma sapeva che era giusta.
Continuò a fissarla, guardando i capelli che cadevano sulle spalle nude in morbide onde, perdendosi in quei occhi di un azzurro così intenso che gli faceva venir voglia di starsene lì per sempre, a guardarla e ascoltarla.
«Parlo solo io.» esclamò lei, «Penserai che sia una stupida egocentrica...»
«No.» replicò lui, «Mi piace ascoltarti.» le disse e sorrise, apprezzando il rossore dipinto sue guance di lei.
«Ah... davvero?» domandò lei.
Nick sorrise, «Bhe, sono io che ti ho fatto tutte quelle domande.» disse, «Non preoccuparti.» le sorrise di nuovo.
Anche lei sorrise e a Nick sembrò che, per un singolo istante, in quell'enorme sala, ci fossero solo loro.
E avrebbe voluto che fosse vero.

Erano fuori, nel parcheggio, in attesa dei loro taxi. Nick calcolò che da casa sua a quella di lei ci fossero circa cinquanta minuti di strada — ma con il traffico di Los Angeles avrebbe potuto impiegarci tre volte tanto — e si disse che non gli importava, che avrebbe guidato anche ore e ore per raggiungerla.
«Usciamo a cena una di queste sere?» domandò fissandola, si accorse che Tamara tremava un po', mentre si stringeva nella giacca tono su tono con il vestito. «Hai freddo?» domandò.
«No, non ho fredd-cosa?» esclamò lei, «Tu... ce-cena? Fuori? Io e te?» balbettò.
Nick la osservò per un paio di secondi, poi scoppiò a ridere, «Sì, Tamara, voglio andare a cena con te.» disse.
Le labbra di lei formarono una piccola "o" poi si piegarono in un sorriso, «Con molto piacere.» disse.
Nick sentì il cuore battere all'impazzata mentre si scambiavano i numeri. Poi il taxi di lei arrivò, fermandosi davanti loro. Lui aprì la portiera, «Ci sentiamo, allora.» soffiò e chinò la testa e le baciò la guancia, pelle liscia e profumata.
«Ciao.» mormorò lei, gli occhi che scintillavano, salì sul taxi e Nick chiuse la portiera e rimase a osservare il mezzo che si allontanava.
Nick sorrise nella notte tiepida e rumorosa della città degli Angeli.

✫✫✫

E poi era arrivato il mercoledì, il giorno in cui sarebbe uscito a cena con Tamara, il loro primo appuntamento, si rese conto mentre si fermava davanti alla casa di lei. Scese dall'auto e si incamminò lungo il vialetto, osservando distrattamente i fiori e le piante. Inspirò a fondo e bussò, gli rispose l'abbaiare di un cane e la voce di Tamara che lo zittiva.
Poi lei aprì la porta e lui si ritrovò senza fiato nel ritrovarsela davanti, con il top bianco che metteva in mostra il seno, e i jeans blu scuro che fasciavano le lunghe gambe.
«Ciao.» disse trovando il controllo di se stesso, «Sei bellissima.» sorrise.
«Grazie.» fece lei, «Entra, devo dare una cosa a Buck, faccio in fretta.»
Nick si accorse solo allora del labrador nero seduto accanto a lei, «Va bene.» disse e la seguì, chiuse la porta e si guardò attorno, «Bella casa.» commentò.
«Grazie.» esclamò lei e andò a sinistra, in cucina, «Dovresti dirlo a mia madre, l'ha arredata lei.»
Nick osservò il cane che seguiva Tamara, «Non c'è?» domandò curioso.
Tamara lo guardò, «Sono fuori tutti.» rispose, «Buck rimarrà solo, questa sera.» ridacchiò e sollevò il coperchio di un bidoncino, rivelando a Nick che era pieno di croccantini.
«Bhe, deve mangiare anche lui.» rise Nick mentre lei riempiva di croccantini una caraffa di plastica. Buck se ne stava seduto accanto alla sua ciotola, lo sguardo fisso sulle mosse di Tamara, la coda che si muoveva piano. Allungò una mano e sfiorò la testa del cane che lo guardò appena, poi Tamara riempì la ciotola e l'attenzione del labrador si spostò su di essa e sul suo contenuto.
Tamara si sciacquò le mani al lavandino, le asciugò in uno strofinaccio bianco e sorrise a Nick, «Possiamo andare.» esclamò.
Nick le sorrise a sua volta e la osservò spegnere le luci, lasciando però accesa una delle applique della cucina. In salotto la ragazza prese una giacca di jeans nera e la indossò, afferrò la borsa e si avvicinò a Nick.
Uscirono e, dopo che Tamara chiuse la porta, si avviarono all'auto.
All'ultimo Nick la superò e aprì la portiera del passeggero.
«Oh, grazie.» esclamò lei leggermente sorpresa.
Ma anche Nick rimase sorpreso dal suo gesto, «Di niente.» disse. Chiuse lo sportello dopo che lei fu salita, fece il giro della macchina e si sedette al posto di guida; si fermò ad osservarla per un momento, fissando la luce del tramonto che regalava riflessi dorati ai capelli di lei.
"È bellissima." pensò prima di mettere in moto.
Rimasero in silenzio per qualche secondo, e Nick riuscì a sentire il rumore del respiro di lei, «Hai freddo? Caldo?» domandò.
«Va bene così, grazie.» rispose lei.
Nick sorrise, sollevato. Voleva che tutto fosse perfetto, quella sera. Voleva che Tamara si trovasse bene, con lui, così bene da accettare un secondo appuntamento; lui glielo avrebbe chiesto anche subito,ma sapeva che sarebbe stato un errore: in fondo erano insieme da cinque minuti scarsi.
Inspirò a fondo mentre svoltava a destra, «Dove sono i tuoi familiari?» domandò.
«Mamma e papà sono andati a cena con i colleghi di papà perché uno di loro va in pensione.» rispose lei, «Claire è uscita con le sue amiche. Simon... bho, credo sia fuori con una.» continuò.
Nick accennò un sorriso, «Tutti fuori a divertirsi.» disse e Tamara ridacchiò. Nick la fissò per un breve istante, trovando adorabile quella risata e pensò che avrebbe voluto sentirla ancora.
E ancora.
«Questa sera hai una borsa più grande.» notò lui, fissando per un breve istante la borsa nera di lei, posata fra i piedi della ragazza.
«Ah, sì.» ridacchiò lei e Nick si domandò se fosse nervosa — perché lui lo era, e tanto — «Preferisco avere una borsa grande, quelle piccole non mi piacciono.» disse, «E non mi trovo.» continuò. «E poi...»
Nick approfittò del semaforo rosso per guardarla, «E poi cosa?» domandò curioso.
Tamara distolse per un istante lo sguardo da lui, facendolo vagare per l'auto, «Ho una cosa per te.» soffiò a bassa voce, la testa china.
«Per me?» domandò Nick, «Tu mi hai... mi hai fatto un regalo.» disse. «Mi hai fatto un regalo?!» gracchiò.
«Io...io... sì.» confermò, la testa ancora bassa.
Il rosso divenne verde e Nick avanzò, per poi fermarsi in un parcheggio. «Cosa mi hai pre-»
«No! No! Fa' finta che non ti abbia detto nulla!» esclamò lei alzando la testa, le guance rosse. «Che imbarazzo... ecco, fai finta di niente. È che ti piace ed è appena uscito e io ho pensato che sì insomma e quindi ecco... i-»
Nick la zittì posandole un dito sulle labbra. «Calmati.» disse intenerito e sorpreso dal fiume di parole, «Tranquilla.» disse, «Di cosa parli?» domandò, «Cosa mi hai preso?» chiese, mentre lei lo fissava gli occhi chiari sgranati, fissi sul dito. Nick lo scostò, «Tamara?»
Lei arrossì ancora e scosse la testa, «Io...» deglutì e Nick si intenerì ancora — e pensò che si sarebbe sciolto se si fosse intenerito un'altra volta — «Okay.» sospirò e si chinò appena, aprì la zip della borsa e ne estrasse un sacchetto di plastica bianco, sotto cui si intravedeva il blu lucido di un altro sacchetto.
Nick lo prese e lo scartò, aprì la bocca alla vista del contenuto. La guardò, sorpreso e sconvolto, «Ma questa è...» aprì la copertina di cartone rigido e spesso, sfogliò le pagine di quel libro che sapeva a memoria e fissò le foto, i disegni dei ritratti dei protagonisti, mappe varie... tornò alla copertina, fissando il nome di lei, stampato in un elegante corsivo dorato. «Ma questa è...» ripeté.
«La versione deluxe del libro.» concluse lei con un risolino, «Uscita oggi, è fresco di stampa.»
Nick aprì e chiuse la bocca un paio di volte. Deglutì. «Grazie.» soffiò fissandola.
«Ti piace?» domandò lei, la mano destra chiusa a pugno premuta sulla bocca.
«Sì.» rispose Nick, «Grazie.» le sorrise.
Lei si mosse sul sedile, «Sicuro? Perché se non ti piace puoi dirmelo anche perché è una cosa stupida e poi non ho neanche scritto la dedica perché si scrive sempre la dedica in questi casi ma io non so cosa scrivere "Con affetto" è troppo impersonale "con amore sembra una presa per il culo e io non so mai cosa scrivere quando qualcuno mi ferma per farmi autografare il libro e davvero non so e Dio sto straparlando e no-»
Nick la zittì nuovamente, con un bacio, però. Sì scostò da lei come se avesse ricevuto la scossa. «Scusa.» soffiò, «Va bene anche senza dedica.» mormorò, la voce dolce.
«Sicuro?» pigolò lei.
Nick annuì. «Sicuro.» disse. «Non preoccuparti, sul serio.» sorrise ancora ed era vero: non gli importava nulla se la dedica ci fosse o no. Quello che per lui era importante era essere lì con lei.
«È che ci tenevo.» sospirò lei, «Ho passato tutto il pomeriggio a pensare a cosa scrivere ma mi sembrava tutto così... noioso e scontato.»
«Ah, allora è per questo che ti esce il fumo dalle orecchie.» rise Nick.
Tamara lo fissò, poi rise anche lei, la testa reclinata, posata contro il poggia testa, le mani a coprire la bocca, le spalle scosse dalle risate.
Nick la guardò e la trovò ancora più bella. «Facciamo così,» esordì «quando ti riaccompagno a casa mi scriverai la dedica.» disse, «In base a come ti sei trovata.» spiegò, «Va bene?» domandò, «Dovrei avere una penna da qualche parte...»
«Va bene.» sorrise lei, «La penna ce l'ho io.» disse.
Nick sorrise, «Perfetto.» disse e ripartì.

✫✫✫

Nel ristorante furono fatti accomodare a un tavolo appartato, chiuso su tre lati. Nick fissò Tamara sedersi di fronte a lui e pensò che avrebbe dovuto scostarle la sedia. Il cameriere portò loro i menù e una bottiglia di acqua, per poi lasciarli soli.
E Nick non seppe cosa dire. Osservò Tamara leggere i menu e la trovò bellissima.
«Cosa prendi?»
Nick sobbalzò e la fissò, «Io... io... non saprei.» disse sentendosi stupido.
«Bene.» ridacchiò Tamara.
Nick scosse la testa divertito e le riempì il bicchiere d'acqua. Alla fine, dopo cinque minuti di "Ti va questo?; Non so, e questo? Cosa vuoi?" scelsero il menu di pesce, accompagnato da un vino bianco della California.
Rimasero in un piacevole silenzio, poi Nick parlò: «I tuoi prossimi impegni?» domandò per tastare il terreno, voleva sapere quando avrebbe potuto rivederla, il pensiero che sarebbero potute passare settimane prima di vederla gli attorcigliava lo stomaco. Ma non c'erano solo gli impegni di lei, ma anche i suoi: la seconda parte dell'Unbreakable Tour era alle porte e sarebbe stato lontano da lei per...
«Settimana prossima vado a New York per due giorni.» la risposta di Tamara interruppe i pensieri di Nick, che la fissò. «Sarò talmente impegnata che non riuscirò a vedere la città.» si lamentò.
«Non se mai stata a New York?» domandò Nick ed ebbe la tentazione di prenotare il primo volo disponibile e mostrarle la Grande Mela.
«Ci sono stata.» rispose lei, «È che...» scrollò le spalle, «Vorrei vederla anche questa volta, ma sarà impossibile a giudicare dai mille impegni stipati in quarantotto ore scade.» sospirò e ringraziò il cameriere che aveva portato loro due bruschette e la bottiglia di vino.
«Altre cose?» chiese lui, curioso. Agosto, l'inizio di Settembre, la fine di Ottobre e l'intero Novembre erano già tutti pieni di concerti, in Nord America e in Sud America. Quasi tremò al pensiero che l'avrebbe rivista solo dopo intere settimane, «Spero che la tua agenda sia meno fitta della mia.» rise.
Tamara sgranò gli occhi, «A metà Agosto incontrerò i... oddio, mi fa strano dirlo,» rispose lei e deglutì un sorso d'acqua «i fan nelle librerie.»
Nick sorrise, orgoglioso e fiero di lei, «È bellissimo.» disse e le versò il vine nel bicchiere. «Assicurati che ci siano abbastanza guardie del corpo.»
«Co-perché?» gracchio lei.
Nick scrollò le spalle, «Perché i fan pazzi esistono.» rispose, «Ci sono quelli che si buttano sul tavolo per abbracc-» si bloccò nel vedere il viso di lei su cui serpeggiava una leggera paura. «Tamara?» chiamò, «Tutto bene?»
«Fan pazzi?» gracchiò lei, «Veramente?» soffiò.
Nick capì di aver parlato a sproposito, «Non preoccuparti» le disse e le prese la mano, stringendole con delicatezza il polso sinistro, sentendo il calore di lei sotto i polpastrelli, «Ci hanno già pensato loro.» sorrise di nuovo.
«Dici?» pigolò lei.
Nick annuì, «Sì, tranquilla.» la sua mano che stringeva quella di lei.
Tamara sospirò, «Bene.» esclamò, «Perché se qualcuno sale sul tavolo per abbracciarmi... io scappo.»
Nick rise, «Ti abituerai.»
Lei ingoiò un pezzo della bruschetta, «Ai fan pazzi?» chiese, il sopracciglio destro inarcato.
«Anche.» fece lui. Bevve un sorso di vino, «Intendevo l'affetto dei fan.» disse, «È bello.» le sorrise e, quando sorrise anche lei, a Nick sembrò di essere finito davanti a un angelo.

«E quella?» Nick indicò la cicatrice su bicipite sinistro si lei.
Tamara tagliò in quattro la seppia alla griglia, «Cosa?» domandò.
«La cicatrice.»
«Ah... quella.» disse, «Ma niente.» esclamò, «Da piccola sono salita su un albero...»
«Sei caduta?» rise Nick.
Tamara ingoiò il cibo, «Veramente no.» esclamò piccata, «Sono salita, sono arrivata abbastanza in alto, papà mi ha scattato una foto e poi sono scesa...»
«E sei caduta?» esclamò Nick cercando di trattenere le risate.
«No.» sbuffò lei e lasciò le posate appoggiate al piatto, «Ero una scimmietta.» mosse le mani come se si stesse arrampicando, «Non sono mai caduta.» disse.
Nick rimase in silenzio, felice di ascoltare quello spaccato della vita di quando Tamara eta piccola.
«Bhe, sono salita e scesa,» lei riprese il discorso, «Mi stavo spostando e sono inciampata in un gioco di mia sorella, sono caduta e sono finita su un pezzo di legno che mi ha graffiato.» si fermò per bere, «Io piangevo perché mi ero fatta male, Claire perché le avevo rotto il gioco, mio fratello piangeva perché con quel legno voleva costruire non so cosa per le sue action figure...»
Nick rise, «Sembra comico.» disse.
Anche lei rise coprendosi la bocca con la mano. «Mamma urlava perché era convinta che mi fossi spaccata un braccio o addirittura la testa, papà le strillava di stare zitta...»
«Come è finita?» domandò Nick, continuando a sorriderle.
«È finita che papà ha gridato a mamma di chiudere la bocca, ci ha caricati in auto e siamo andati al pronto soccorso.» rispose lei, mangiò un altro pezzo di seppia, «È buonissima.» commentò, «Là mamma continuava a gridare ai medici di controllare che non mi fossi rotta, perché piangevo. In realtà non mi ero rotta nulla, mi hanno messo solo dei punti.»
Nick allungò una mano e sfiorò con l'indice la cicatrice, apprezzando il calore che sentiva sotto il polpastrello. «Bhe... è logico che tua madre si sia spaventa, è una cicatrice bella grossa.» commentò e distolse la mano.
Tamara alzò gli occhi al cielo, «Le hanno dato del sedativo.» raccontò.
Nick ridacchiò, «Quanti anni avevi?» chiese.
«Sette.» rispose lei e Nick se la immaginò:una bambina dai lunghi capelli biondi legati in due codini alti, ai lati della testa, grandi occhi azzurri, calzoncini e maglietta rosa, che si arrampicava sull'albero, orgogliosa di riuscire a farcela da sola.
E scoprì che avrebbe voluto sentirne altre, di storie del genere, e sapeva che non si sarebbe mai stancato di ascoltarla.

✫✫✫

Dopo cena avevano passeggiato lungo la spiaggia, i corpi vicini, le mani che si sfioravano.
E adesso Nick la stava riaccompagnando a casa, perché lei aveva un incontro con la sua editor il giorno seguente alle undici meno venti.
La casa di lei arrivò troppo presto. «Eccoci qui.» esclamò Nick fermando l'auto.
«Già.» fece lei.
«È stato bello.» soffiò lui incatenando i suoi occhi in quelli di Tamara.
«Sì.» disse lei. «La dedica.» ricordò, frugò nella borsa e prese una biro blu. Nick prese il libro e glielo pose, la fissò aprirlo, «Non sbirciare.» fece lei e si chinò, i capelli scivolarono di lato come una cascata, nascondendo il libro alla sua vista. «Leggilo a casa.» si raccomandò chiudendo la copertina.
«Okay.» fece lui e lo rimise nel cruscotto, «Allora... buonanotte.» soffiò.
«Buonanotte.» mormorò lei e slacciò la cintura di sicurezza.
«Ti chiamo.» disse Nick. "Sei un coglione." pensò, "Baciala! E se lei non vuole?"
«Mi dai un bacio della buonanotte come Dio comanda o devo stare qui a fissarti per mezz'ora?»
Nick la fissò, sorpreso e quasi sconvolto, poi sorrise, slacciò la sua cintura e si avventò su di lei, le prese il viso fra le mani e posò le labbra su quelle di Tamara, trovandole morbide e invitanti. Spostò una mano e le toccò il fianco, sfiorando la stoffa morbida del top di lei. Inspirò il suo odore, la spinse contro la portiera e le baciò il collo prima di tornare alle labbra.
Con un piccolo gemito si staccò da lei, «Buonanotte, Tamara.» soffiò.
«Buonanotte, Nick.» mormorò lei e sfiorò la guancia di Nick, che le baciò la punta delle dita.
Lui le sorrise, «Dopo domani sei libera?» domandò e sperò che dicesse di sì, «Potremmo pranzare insieme...»
Tamara annuì, «Sì.» rispose, «Sarebbe... perfetto.» sorrise.
Nick la baciò di nuovo, un bacio leggero a fior di labbra, «Ti chiamo.» soffiò.
Lei gli sorrise, «Sì.» mormorò, «Vado.» disse.
Nick annuì, «Va bene.» mormorò.
Tamara scese dall'auto e Nick la guardò camminare lungo il vialetto, la fissò mentre apriva la porta d'ingresso e accarezzare la testa di Buck, poi lei agitò una mano in segno di saluto, gli soffiò un bacio che ricambiò. Solo allora ripartì con il sorriso sulle labbra.

Fu solo quando arrivò a casa e si sedette sul letto che aprì il libro, lesse la dedica e le labbra si piegarono in un sorriso. Sfiorò quelle parole, lettere scritte in una grafia tonda e piccola, immaginò Tamara seduta a una scrivania, mentre rimuginava su quello che doveva scrivere
Nick sorrise ancora, posò il libro sul comodino e andò a dormire.

✫✫✫

Skylar non poteva crederci, ma le foto erano lì, davanti ai suoi occhi. Nick e Quella, in giro per la città, come due piccioncini. Le venne da vomitare al pensiero di loro due che si comportavano come due adolescenti in preda agli ormoni che si baciavo ad ogni angolo. Continuò a spingere il dito sulla rotellina del mouse, scorrendo la pagina. Altre foto. E ancora, ancora. Una ragazza fortunata li aveva incontrati e aveva fatto delle foto con loro.
Skylar la fissò abbracciata a Nick, lui che la stringeva e sentì la gelosia salire in lei, non le era mai capitata una cosa del genere, non aveva mai incontrato Nick per caso, tranne quella volta che si erano incontrati in spiaggia per caso.
Sì sentì invidiosa di quella ragazza e terribilmente gelosa perché lo aveva abbracciato. “Solo io posso farlo.” pensò.
Afferrò il cellulare e lo controllò per l'ennesima volta nell'ultima ora. Ancora niente. Nick non le aveva scritto nulla. Represse un urlo e si domandò cosa non avesse funzionato questa volta. Eppure...
Eppure era convinta che quella macchia di rossetto avrebbe fatto litigare Nick e Quella, ne era certa. E invece... invece erano usciti come una coppietta qualunque.
Si lasciò cadere sul letto con un gemito, domandandosi cosa dovesse fare per obbligare Nick a lasciare Quella.
Rimanere incinta? Ma Nick usava il preservativo con lei, anche se gli aveva detto che prendeva la pillola. Avrebbe dovuto convincerlo che non era necessario usare una protezione.
Oppure... oppure avrebbe potuto mandare a Tamara un paio delle foto che aveva scattato quando Nick dormiva accanto a lei. Anche quella era una buona idea, peccato che non avesse l'indirizzo email di lei.
Pensò che avrebbe potuto mandarle un tweet con un collage di foto, ma poi avrebbe dovuto scontrarsi con le ire delle fan di Nick e della coppia. E poi c'era la possibilità che il messaggio passasse inosservato.
No, no, doveva trovare un'altra idea.
Si alzò e andò in bagno, si sciacquò il viso e aprì l'antina dello specchio, afferrò la boccetta degli antidolorifici e ne ingoiò un paio, sperando che il mal di testa le passasse. E i suoi occhi si posarono su un altro boccetta, dal corpo verde chiaro e il tappo bianco.
Gli occhi le si illuminarono e un sorriso piegò le sue labbra. Sapeva cosa fare.
E poi Nick sarebbe stato suo.



Ed eccomi, sono ritornata con questa storia, dopo... lasciamo stare, va'. Ho avuto un piccolo blocco.
È solo la prima parte perchè altrimenti sarebbe venuto troppo lungo e per non farvi aspettare troppo.
Grazie a chi legge!
   
 
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