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Autore: Mikoru    08/06/2009    6 recensioni
Conoscete l'Accademia di Lyraza? La più rinomata del continente, senza alcun dubbio. Iscrivendovi, otterrete l'insegnamento dei migliori maestri d'arme, e la sicurezza di un glorioso futuro come soldato. Entrate, date pure una sbirciata; osservate il combattimento tra la giovane cadetta Bryhn, tanto focosa quanto pericolosa, e il suo avversario Gart, borioso ma imbattibile studente. E se qualche spada volerà dalla vostra parte, non abbiatene a male.
Genere: Romantico, Comico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Buondì. Sono felice che abbiate apprezzato il capitolo.^^ In effetti, mi rendo conto che in questi ultimi capitoli eravamo un po' troppo sul "pucci-pucci", però... be', diciamo che ora ci controbilanceremo. Penso. XD
Buona lettura!


^*^*^*^*^*^*^*^*^*^


...everything burns
While everyone screams
Burning their lies
Burning my dreams.
All of this hate
And all of this pain
I'll burn it all down,
As my anger reigns
'Till everything burns.

(Anastacia – Everything burns)



«Cosa fate qui?» domandò all’improvviso una voce dura e sgradevole.
Bryhn spostò la testa per guardare, riconoscendo subito uno degli abitanti. «Jergarr...» ringhiò, fissandolo con odio. Si staccò di colpo da Gart e scattò verso l’uomo. Il fatto che impugnasse un forcone non la preoccupò minimamente. Gli fu addosso in un attimo, con un grido di rabbia feroce simile a quello di una bestia ferita. Lo slancio fu tale che riuscì a buttarlo a terra, malgrado l’uomo fosse assai massiccio, e lei gli serrò le mani sul collo. «Cos’avete fatto?!» urlò. «COSA?! Dov’è Sigil?! Dov’è?! Dimmelo, o ti spezzo il collo, quant’è vera la Dea!»
Gart giunse da dietro. O meglio, giunse la grande lama della sua spada bastarda, che puntò sul volto dell'uomo immobilizzato da Bryhn. «Voi avete fatto questo?» sibilò, con una voce talmente spaventosa e fredda da non poter essere la sua. I suoi occhi brillarono di un alieno riflesso rossastro.
La ragazza non vi fece caso. Mollò la presa quanto bastava per lasciar parlare l’uomo.
Questi tossì un poco, scrutandoli entrambi con una strana espressione. Sembrava folle. «Sì, siamo stati noi!» confermò. «Quella strega lo meritava! È vissuta anche troppo, doveva morire già molto tempo fa!»
«Mia sorella non era una strega!!» gridò Bryhn, gli occhi pieni di collera e lacrime.
«Sì, la era! Una dannatissima strega e sgualdrina!» rincarò Jergarr, che affermando quelle cose si stava condannando a morte certa. «Ci stava uccidendo!! Ci avrebbe uccisi tutti!! Ma ora non potrà più farlo!» Nei suoi occhi brillò una luce molto simile all’invasamento.
Gart affondò la spada, immergendola nella gola dell'uomo. Un generoso, rosso fiotto di sangue ne fuoriuscì, inzuppando il terreno. Il contadino ebbe appena il tempo di gorgogliare qualcosa di incomprensibile, che già il mezzo demone aveva ritirato l'arma, affondandogliela nel torace. La ritirò una seconda volta, e il popolano, dopo un sobbalzo, ricadde a terra morto.
Bryhn si rialzò, sentendosi mancare il respiro per la furia che aveva dentro e per il pianto che non cessava.
Uno strillo di donna si levò. «Hanno ammazzato Jergarr!! Dea, proteggici! L’hanno ucciso!!»
«Guardate! È Bryhn! È l’altra strega! È tornata!» esclamò qualcun altro.
I due giovani sollevarono lo sguardo, scorgendo tre abitanti di Radryn che li osservavano con orrore. I loro richiami fecero accorrere altri popolani. Tutti iniziarono ad avvicinarsi, pur tenendosi ad una certa distanza, intimoriti dal guerriero che affiancava la ragazza.
«Era andato a controllare perché aveva visto gente lì intorno!» riprese a strillare la donna. «Perché l’ha fatto?! Perché?!»
Bryhn tremò. «Perché?» ringhiò. «Voi osate chiedere perché?! Che la Dea vi maledica per quel che avete compiuto!!» urlò poi, con tutto il fiato che aveva in gola.
«Abbiamo agito come dovevamo! Tua sorella aveva evocato una pestilenza per ucciderci tutti!» sbraitò uno dei nuovi arrivati. «Ha decimato il villaggio! Doveva morire! Solo così ci saremmo potuti salvare!»
«Menzogne!! Rhiluee non era in grado di far ciò!! E non l’avrebbe mai fatto!!» In quel momento Bryhn avrebbe voluto possedere la magia; desiderò con tutta se stessa quel potere che le avrebbe permesso di spazzarli via, dal primo all’ultimo. «Siete voi a non meritare di vivere!! Che la morte vi prenda tutti, maledetti!! Tutti!! Che il male che avete inflitto a mia sorella vi si ritorca contro, mille volte più grande!»
Quelli non risposero, scambiandosi occhiate spaventate come se temessero che la maledizione di Bryhn potesse realizzarsi davvero. Intanto anche altri abitanti sopraggiungevano: adesso erano più di una decina.
Bryhn si sfregò rabbiosamente alcune lacrime. «Ora ditemi cos’avete fatto a Sigil!!» ordinò, con uno sguardo che prometteva morte. «Ditemi dov’è mia nipote!!»
«È morta anche lei!» rispose un uomo, con una sorta di macabro e inumano compiacimento. «È bruciata dentro la vostra catapecchia.»
«L’avete... l’avete lasciata morire...» disse Bryhn, sconvolta. «Era solo una bambina...»
L’uomo che le aveva risposto scoppiò in una risata isterica. «Era una strega, come sua madre! Non poteva non esserla, considerando di chi era figlia! Il fuoco l’ha divorata, purificando il suo corpo e il suo spirito. E noi ci siamo liberati di una minaccia!»
«Smettila, Mibal!» lo richiamò un altro, allarmato. «Non irritarla! Siamo pochi, aspetta che arrivino anche gli altri!»
«Vigliacchi!!» ruggì la ragazza fra le lacrime. «Assassini! Sigil era una bambina! Non aveva colpe!!» Afferrò il forcone caduto a Jergarr e si scagliò in avanti. Era distante da loro, a dire il vero, ma non le importava. I più vicini si girarono per scappare, imitati subito dopo da tutti gli altri.
L'uomo di nome Mibal non riuscì a fuggire. Voltatosi per darsela a gambe, incespicò e cadde; si rialzò, ma scivolò di nuovo, tradito dal terreno ghiaioso. Arrancò sulle ginocchia, girando la testa. Vide Bryhn precipitarsi furibonda su di lui e gridò, aumentando gli sforzi, cercando di risollevarsi. Ma ormai la ragazza gli era addosso, sollevò il forcone, impugnandolo con entrambe le mani. «NO! Pietà!» invocò Mibal.
«NON CHIEDERLA!!» proruppe Bryhn,. Abbassò l’attrezzo con una violenza tale che le lunghe punte non si limitarono a trafiggere la schiena dell’uomo: arrivarono a conficcarsi nel terreno sottostante. Una pozza di sangue si allargò istantaneamente al di sotto di Mibal, che gridava di dolore. Al suo urlo seguirono quelli inorriditi dei compaesani.
Bryhn sollevò la testa a guardarli, la mascella contratta e i pugni stretti e tremanti, uno sguardo spaventoso negli occhi. Sputò sull’uomo rantolante e sibilò: «Muori come il cane rognoso che sei!» Gli voltò le spalle, senza concedergli la grazia di una morte rapida e indolore. Mibal avrebbe sofferto, agonizzando, e tuttavia quella consapevolezza non diede alcuna soddisfazione a Bryhn. Era comunque troppo poco.
Gart, pur sentendo una rabbia sorda gonfiarglisi nel petto, fu in grado di mantenere ancora una parvenza di lucidità. Afferrò Bryhn per un braccio, attraendola e sé e sussurrandole: «Ricordati che di Sigil non c'era traccia. Non era nella casa!»
Bryhn annuì, a fatica. Si appoggiò a lui. «Mi chiedo dove possa essere fuggita...» mormorò affranta. Sentiva come un macigno sul cuore. Non riusciva a smettere di piangere.
Fu in quel momento che qualcun altro giunse nei pressi della casa in rovina. I due giovani udirono lo scalpiccio dei passi sul terreno e si voltarono, Gart già pronto a mettere mano alla spada.
Ma Bryhn si riscosse di colpo. «Kinn!» esclamò, riconoscendo il vecchio amico. Anche Gart si rilassò, poiché l’aveva già incontrato in occasione di alcune visite. La ragazza gli corse incontro, afferrandolo per le braccia. «Ti prego, dimmi che sai dov’è Sigil!!» implorò disperata.
Il giovane uomo annuì in fretta. «Sì, non temere! L’ho portata al sicuro!»
Bryhn sembrò quasi afflosciarsi per il sollievo e Kinn la sorresse. Lei chinò la testa, appoggiandosi all’amico, e riprese a versare lacrime, questa volta per la consolazione di sapere che la nipote era viva.
Gart lo raggiunse, liberandolo dal peso di Bryhn ed elargendogli un'occhiata di pura gratitudine. Tenne la donna stretta a sé, carezzandole il capo in un inutile tentativo di calmarla. «Dov'è? Come sta?» s'informò inquieto.
Kinn si guardò intorno, come per verificare che nessuno potesse ascoltarli, poi rispose: «In una piccola grotta a meno di mezzo miglio da qui, nel bosco. Non potevo tenerla a casa mia, c’era il rischio che la trovassero. Sono tornato qui al villaggio solo poco fa, per prendere dei medicamenti, e ho sentito gridare che eri tornata.» Diede un’occhiata ai due cadaveri dei compaesani e si accigliò. «Se lo meritavano...» sussurrò con amarezza.
«Me-medicamenti?» balbettò Bryhn spalancando gli occhi. «Perché?!»
Kinn le prese un polso. «Calmati! Ha solo una scottatura, nulla di grave. Ma è tutta la notte che la sopporta, povera piccola...»
«Portaci da lei!» richiese Bryhn. «E poi... poi spiegaci cos’è successo...» aggiunse a voce più bassa, piena di dolore. «Tu lo sai, vero?»
Kinn annuì soltanto, con un'espressione d'angoscia. Si morse un labbro, serrando gli occhi, poi li riaprì di scatto e disse: «Seguitemi.»
Gart montò in sella, facendo salire l'amico di Bryhn. Sperava solo di trovare la piccola Sigil e di non doverla vedere sfigurata da orribili bruciature. Era l'ultimo lume che illuminava il suo cuore.

Kinn li guidò attraverso gli alberi, fino a giungere ad una zona collinare. Le colline erano in realtà dei grandi affioramenti in maggioranza rocciosi, ricoperti di terreno e arbusti; gli alberi erano solo intorno ad essi. Il fabbro li fece fermare nei pressi di un grosso cespuglio di rovi. Smontò da cavallo e lo raggiunse. «Sigil, sono io, non aver paura» esclamò, infilando le mani con noncuranza fra i rami e tirando via; il cespuglio era in realtà stato estirpato dalla sua collocazione originaria e spostato a coprire l’ingresso di una piccola grotta. L’apertura non era molto grande, insufficiente a far passare un uomo grande e robusto come Kinn.
Da dentro provenne una vocina fievole, di cui non s’intesero le parole.
«Sigil!» chiamò Bryhn, scendendo al volo da Biancapezza e precipitandosi all’apertura. Vi strisciò dentro, trovandosi in una grotta relativamente ampia, in grado di ospitare senza difficoltà almeno quattro o cinque persone, alta abbastanza da poterci stare in piedi.
«Tia...» Una figurina esile si mosse nella semi oscurità.
Bryhn la raggiunse, stringendola al petto. «Sei viva! Sei viva! La Dea sia ringraziata!» singhiozzò. La bimba scoppiò in un pianto dirotto, aggrappandosi a lei.
Gart scese da cavallo e tentò di muoversi verso la grotta, ma udire le voci di quelle due donne, sentirle piangere assieme, fu un dolore troppo forte, che lo costrinse a cadere in ginocchio, come paralizzato. La bestia in lui si smosse, come una serpe risvegliatasi dal letargo. Riaprì gli occhi, ora color brace, e chiese a gran voce sangue.
Kinn era appoggiato con la fronte contro un albero, contro cui tirava pugni.
Sigil continuò a piangere disperata per diversi minuti. Fra i singhiozzi, di quando in quando invocava la madre. Bryhn la strinse ancora di più. «Ho avuto tanta paura, tia! Tanta paura! Dov’è mamma? Dov’è?!»
«Ssst, calmati» sussurrò la giovane con voce rotta. «Non aver paura. Ci siamo noi. C’è anche Gart, là fuori. Non permetterà che qualcuno ti faccia del male! E nemmeno io! Non aver paura!»
Sigil singhiozzò ancora un poco, poi si calmò appena. «Gart... Gart...» chiamò flebilmente.
Lui fu riscosso dalla propria paralisi, udendo quella vocina. Si avvicinò prudentemente alla grotta, il cui ingresso era troppo stretto per lui. «Sono qui, Sigil» mormorò, avvertendo però una strana nota nella propria voce. «Sono qui» ripeté.
«Vieni, andiamo fuori» mormorò Bryhn.
«Va... va bene...» accettò la bimba, timorosa.
La giovane le accarezzò la testa. «Non temere. Ci sono soltanto Gart e Kinn, fuori. La gente del villaggio non c’è... Vieni.»
Sigil si lasciò portare all’esterno, fidando nella zia. Bryhn si rimise seduta, riprendendo la nipote in braccio, e alzò gli occhi azzurri su Gart, senza parlare.
Lui sentì un magone stringergli la gola, e la sete di sangue si fece sempre più intensa. Ma, anziché alzarsi brandendo la spada, egli ricacciò indietro quella sensazione e avvolse le due ragazze tra le proprie braccia. Stampò un bacio sulla fronte di Sigil e un altro su quella di Bryhn.
«Dov’è la mamma? Perché non è qui?!» chiese la bambina, fra le lacrime. «Mi fa male la gamba! Mi fa tanto male! Mamma! Mamma!»
Kinn si riscosse e prelevò il medicamento contro le ustioni dal borsello che aveva alla cintura. Era un fabbro, ne era ben fornito. Aprì il vasetto e iniziò a spalmare l’impiastro sul polpaccio sottile di Sigil, quello sinistro, su cui spiccava una larga ustione. Non grave, ma senz’altro dolorosa.
Bryhn credette di soffocare, tanta era la sofferenza che l’opprimeva, che l’invadeva, artigliandole il cuore. Le lacrime non cessavano di scorrere, benché lei cercasse di contenere la disperazione a causa di Sigil. Doveva essere forte per lei. Doveva. Ma era un’impresa quasi al di là delle sue forze. Rhiluee, la sua amata sorella, era morta, brutalmente uccisa dalla follia degli abitanti di Radryn. Le era stata strappata all’improvviso, con una ferocia inumana. Senza un motivo.
«Sigil...» mormorò con voce spezzata, sentendosi straziare l’anima. «Piccolo sole... la mamma... lei non c’è più... lei è... è...» Non riuscì a continuare. Proruppe in un pietoso singhiozzo.
Più che le parole, fu la profonda angoscia di Bryhn a raggiungere appieno la consapevolezza della bambina. «Mamma...» sussurrò. «No... mamma, no... MAMMAAAA!!!» gridò infine. E quell’urlo lancinante fu seguito da altre grida di disperazione.
Bryhn la tenne stretta, nascondendo il viso contro i suoi arruffati capelli castani. Nel contempo stava abbandonata, come priva di forze, fra le braccia di Gart. Mai come in quel momento sentì di avere bisogno di lui, della sua presenza salda, della sua stretta forte, del suo amore. Eppure, per qualche recondito motivo, all’improvviso il giovane le sembrò terribilmente distante. Malgrado la circondasse con le braccia, malgrado la sostenesse contro di sé, Bryhn ebbe la precisa e angosciante impressione che ci fosse qualcosa di diverso.
Gart, silenzioso da troppo tempo, sciolse infine l'abbraccio in cui le stringeva. Il capo chino, i lunghi capelli neri che ne oscuravano il volto, si rialzò in piedi, mosso più dalla rabbia che dalla propria volontà. Il cadavere di Rhiluee. La ferita di Sigil. Le urla di Bryhn. Chiunque avesse contribuito a tutto ciò non sarebbe giunto a vedere il tramonto. La bestia in lui, quella serpe strettamente avviluppata attorno al suo animo, aprì le fauci, lieta che il proprietario di quel potente corpo avesse infine deciso di darle retta: lei sapeva qual era la soluzione a tutta quella faccenda. La soluzione definitiva. E Gart le avrebbe permesso di agire, finalmente.
«Occupati di loro» ordinò seccamente a Kinn, raggiungendo la propria cavalcatura. Montò e, spronandola brutalmente, partì al galoppo, diretto al villaggio.
Kinn non ebbe nemmeno il tempo di annuire, prese solo atto della richiesta.
Bryhn sollevò il capo di scatto, guardandolo allontanarsi, ma non tentò di richiamarlo. Pensava di sapere cosa stesse andando a fare... e non intendeva fermarlo.

Gart cavalcò, sguainando la spada, il volto deformato da una rabbia mai provata prima. Li avrebbe ammazzati, li avrebbe ammazzati tutti. Avevano osato toccare la sua famiglia. La sua nuova, unica, bellissima famiglia. Si sarebbe insozzato del sangue di quegli uomini, del sangue delle loro donne e dei loro bambini.
Le donne? I... bambini...? chiese una confusa voce nella sua mente, che subito venne zittita dalla furia sovrumana che ormai lo aveva colto. Ruggì spaventosamente, spalancando una bocca misteriosamente dotata di lunghe zanne, spronando con maggiore energia il suo cavallo che, come impazzito, cavalcava su quei sentierini in terra battuta rischiando ad ogni passo di cadere.
Nel villaggio, un villaggio già piegato dal lutto dei due uomini uccisi innanzi al cadavere di Rhiluee, lo videro arrivare da lontano, una figura nera, urlante, folle. Ma non fecero quasi in tempo a rendersi conto del pericolo imminente, che già Gart era piombato su loro, agitando la lama contro le indifese gole di due contadini, due disgraziati che si trovavano al limite più estremo delle abitazioni. Il primo cadde a terra, ucciso dalla carotide recisa di colpo; il secondo non ebbe altrettanta fortuna.
Gart urlò ancora, schiavo di quel piacere selvaggio. Il demone in lui si mosse, scivolando nelle sue vene, prendendo possesso dei suoi muscoli, afferrandone saldamente il cuore. Sotto gli occhi terrificati del paese, delle donne accorse per soccorrere i propri uomini, le sue unghie divennero lunghi, temibili artigli. Gli occhi si tinsero di un rosso ancora più cupo del sangue che aveva già versato. Il suo cavallo s’impennò, cercando di sfuggire alla strana creatura che aveva ora in groppa.
Lui balzò a terra, liberando la propria cavalcatura che, fissando terrorizzata la trasformazione del proprio padrone, gli volse la schiena, partendo al galoppo in una fuga disperata. Gart non vi badò. Urla e strilli terrorizzati si levarono sempre più alti quando, in un ultimo orrore, due ali nere come quelle di un pipistrello esplosero letteralmente dalla schiena del giovane, piegato su se stesso per il dolore di quella metamorfosi imprevista. Ansante, gli occhi ricolmi di odio e lacrime, egli si rialzò. Le ali si spalancarono, immense. Ruggì ancora, anche se questa volta con una voce non sua. Quindi, si abbandonò al dolce nettare dell'omicidio. Percorse il villaggio come uno sciame assassino, distruggendo sistematicamente le persone o le cose che osavano interrompere il loro cammino. Qualcuno provò addirittura ad attaccarlo e fece una pessima fine. La sua spada bastarda e i suoi artigli recisero senza esitazione le vite di uomini, donne, bambini ed animali.
La popolazione, urlando come un branco di maiali avviati al macello, fuggì, cercando di scampare all'inarrestabile demonio; alcuni rimasero nascosti nelle case, stringendosi al petto i figli più piccoli. Gart non aveva mai voluto aver a che fare con la magia; non ne conosceva nemmeno le minime basi. Ma, per sfortuna degli abitanti di Radryn, il demone in lui sapeva bene cosa fare. E non aspettava altro che l’occasione giusta per poter sfogare la propria sete di sangue.
Gart afferrò un bambino per un braccio, strattonandolo con violenza ed impedendogli la fuga. Era piccolo, più piccolo di Sigil, forse. Sorrise, vedendolo strillare e piangere, e gli carezzò la gola con i lunghi artigli. «Adesso mi aiuti a fare un giochetto, vuoi?» mormorò, roco e spaventoso. Quindi, affondò. Altro sangue scorse, insozzandolo ulteriormente. Gart sollevò la creatura morente, alzandola al cielo, lasciando che il sangue fluisse a terra. «ECCO UN’OFFERTA!» ruggì, concentrando quei poteri magici che, invisibili, aveva conservato in sé, nella sua metà oscura. «DISTRUGGI OGNI COSA!»
Era una magia antica, quasi ancestrale. E orribile. Veniva chiamata Raggio della Distruzione. Poteva essere attuata solo da un demone, e solo dietro una cospicua offerta di sangue. Gart possedeva entrambi i requisiti. Mentre il corpicino del bambino dava gli ultimi spasmi di vita, un cerchio di luce nera partì dalla sua persona, espandendosi attraverso lo spazio. Raggiunse gli abitanti in fuga, quelli ancora nascosti nelle proprie case, gli animali nei recinti. Fu un coro quasi uniforme, quello delle ultime urla di quelle persone, e quindi, spettrale, cadde il silenzio. E con esso, cadaveri. Decine di cadaveri.
Da una delle case divamparono delle fiamme, che si espansero rapide fino ad avvolgere l'abitazione, raggiungendo quelle accanto, illuminando quell'orribile scenario della danzante luce del fuoco, il cui crepitio spezzò il silenzio che regnava.
Gart chinò il capo e gettò distrattamente a terra il ragazzino ormai morto. Le sue ali ebbero un fremito. Rialzò il volto, fissando con aria di sfida lo splendore del cielo azzurro. Quindi, come impazzito, spalancò la bocca, esplodendo in una risata che si levò sino al sole. Rise, rise e rise. Poi, mentre la sua parte umana si rivoltava in quell’orrido corpo, improvvisamente avvertì calde lacrime bagnargli il volto. Cadde a terra, immobile. La risata divenne meno forte, si trasformò in un singhiozzo.
Urlò disperato, mentre le ali rimpicciolivano, le zanne decrescevano e gli artigli tornavano ad essere normali unghie. Infine, in mezzo a quella distruzione totale, vi fu un semplice uomo, piegato su se stesso, distrutto dal dolore e dalla paura.
Gart intravide il bambino sgozzato poco prima come offerta. Lo raggiunse gattoni, afferrandolo e quasi cullandolo tra le proprie braccia, piangendo per lui lacrime disperate, come se lo conoscesse da una vita. Come se non fosse stato lui, ad ammazzarlo.
Dopo molto, molto tempo, trovò infine la forza per rialzarsi. Il corpo ancora scosso da singhiozzi, non osò neppure osservare ciò che aveva commesso. Si guardò le mani, lorde di sangue. «Cosa sono?» mormorò agghiacciato. Aveva completamente perso il controllo. Per quanto quelle persone meritassero una vendetta, lui... era stato un demonio. Voltò le spalle al paese, incamminandosi verso il luogo ove Sigil e Bryhn erano nascoste. Le stradine erano deserte, nessuno che potesse inorridire alla vista di quell'uomo sporco di lacrime, fango... e sangue.
Incontrò il suo cavallo, dopo un po'. La bestia l'osservò terrorizzata ma, preda della fedeltà che ancora lo legava a lui, infine gli permise di afferrarla per le briglie, e lo seguì.



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Spero vi sia piaciuto. ^^ Comunque, se notate qualcosa che non va, ditelo pure. Almeno potrò correggere quando revisionerò la storia. (in un futuro abbastanza remoto, temo^^')
Ora fuggo. Scusate se non mi dilungo, ma sto facendo fatica a stare davanti al pc, mi danno fastidio gli occhi. ò.o
  
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