Videogiochi > Resident Evil
Segui la storia  |       
Autore: fiammah_grace    27/04/2017    1 recensioni
[Resident Evil: code Veronica X]
"Seppur la non fisicità di Alexia, la sua presenza era rimasta come un alone costante nella vita dell’uomo che abitava oramai da solo quel vuoto castello.
Una costante fittizia, ma così viva e forte che a un certo punto lui stesso l’aveva resa reale continuando a dare un nome, un volto e un ruolo alla sua venerata e lontana sorella, muovendo uno spaventoso gioco di ruolo mentecatto in cui ella esisteva e non lo aveva mai lasciato.
Nulla avrebbe avuto importanza per lui. Avrebbe sacrificato ogni cosa al fine del benessere e del successo della sua Unica Donna, la sua Unica Regina. Persino se stesso.
Qualcuno tuttavia aveva osato disturbare la sua macabra attesa.
Claire Redfield. Il nome della donna dai capelli rossi che aveva invaso il suo cammino nel momento più prezioso. Il nome dell’infima donna che aveva sporcato l’universo perfetto di lui e Alexia, portando scompiglio nel suo territorio.
Quella formica che gli aveva dato del filo da torcere…persino troppo. Più di quanto potesse sopportare."

[Personaggi principali: Alfred Ashford, Claire Redfield]
Genere: Angst, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Alfred Ashford, Claire Redfield
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 
 
 
 
Capitolo 17: giochi pericolosi
 
 
 
 
 
“Siamo nelle fondamenta del centro di ricerche. Da qui in avanti ci sono solo i rifiuti di laboratorio, raccolti in una serie di tunnel in attesa di essere rimossi. Non è generalmente una zona accessibile all’utenza, ma esistono alcuni pass speciali per il solo personale autorizzato….”
 
Alfred Ashford fece una piccola pausa. Puntò i piedi a terra e si fermò nel bel mezzo del discorso, questo proprio per dare modo alla ragazza di guardarlo negli occhi.
Claire si bloccò seguendo i suoi movimenti e gli rivolse il suo sguardo, assecondandolo.
Soddisfatto, il biondo fece un ghigno e con l’atteggiamento tipico di un ragazzino pieno di sé, le parlò altezzoso.
 
“… ovverro: io.”
 
Specificò borioso, dopodiché riprese a camminare come se nulla fosse. La Redfield lo guardò interdetta.
Darsi arie in quel modo era davvero infantile!
La sua espressione sconcertata esprimeva tutte le sue perplessità. Ad ogni modo, non gli diede troppo credito; che Alfred fosse un tipo strano, non era certo una novità.
Il giovane comandante era stato apprezzato davvero poco nella sua vita. I suoi successi, la sua intelligenza, la sua ingegnosità, erano tutte cose che certamente lo mettevano in secondo piano rispetto il genio dell’erede di Veronica; tuttavia lui rimaneva una personalità unica rispetto il resto dell’umanità! Egli era speciale, brillante, dotato in modo eccezionale!
Dunque era su di giri nel dimostrare per una volta la dovuta gloria che raramente gli era stata riconosciuta.
Non si trattava di auto-contemplazione: era un giovane che avrebbe desiderato essere stimolato e amato a suo tempo. Tale senso d’insoddisfazione aveva generato nell’uomo che adesso era diventato un turbine di complessi esistenziali che lo spingevano costantemente oltre i suoi limiti, tuttavia impedendogli di provare gioia o soddisfazione per i suoi meriti.
Per lui non era mai abbastanza. Doveva fare sempre di più per essere acclamato.
Eppure era a conoscenza del suo genio, ma era come se fosse destinato a vagare nel buio per sempre.
Talvolta dunque i suoi occhi brillavano e si lasciavano andare all’entusiasmo di ciò che lo aveva sempre reso internamente fiero. Per lui era, infatti, motivo d’orgoglio essere al comando di quel centro di ricerche dell’Umbrella, dunque poter mostrare alla sua occasionale “alleata” i suoi meriti lo avevano reso eccitato come un bambino.
Un bambino che desidera le lodi per un buon voto.
 
“Non credo di esserci venuto spesso. Anzi…penso che l’ultima volta risalga a ben cinque anni fa, quando mi occupai di effettuare qualche piccola modifica alla struttura.”
 
Egli sorrise velatamente, come se in quel momento stesse rielaborando quel che probabilmente aveva sviluppato in quel luogo angusto.
 
“E’ effettivamente abbastanza degradante come posto, ma reputo sia interessante, alla fine.”
 
La luce maligna che illuminava il suo sguardo non fece presagire nulla di buono a Claire, la quale non faceva che portare i suoi occhi su di lui, interrogandosi su quella mente perversa che sembrava spaventosamente attratta dal macabro e dalla disperazione.
Intanto lui continuò a parlare, completamente appagato. Per lui era come essere nel regno dei balocchi, il luogo nel quale poteva dare sfogo alla sua sete di crudeltà e distruzione, che lo soddisfaceva come nessun’altra cosa riusciva a fare. Era dilettato da quei luoghi angusti, ove l’agonia e la paura avevano animato le sue buie mura.
 
“Nonostante si tratti solo di un comunissimo sotterraneo, è il vero custode di tanti segreti e tante ricerche delicate. Tuttavia non augurerei a nessuno di dover scender quaggiù, a meno che non si tratti di semplice manutenzione, ovviamente. Non so bene cosa venga conservato qui sotto, o cosa ne sia fatto dei rifiuti intanto che qualcuno si ricordi di smaltirli….
Però non ci giurerei che tutti gli scarti che quotidianamente venivano gettati qui siano stati eseguiti prima di essere buttati via. ”
 
Confessò infine, divertendosi a far venire la pelle d’oca alla giovane donna di fianco a lui.
La ragazza si sforzò di non ascoltarlo troppo, ma di limitarsi a carpire le informazioni utili senza lasciarsi suggestionare dal suo vano tentativo di spaventarla.
Non potette tuttavia scappare dal senso d’inquietudine di essere comunque “nelle mani” di un personaggio tanto ambiguo.
Alfred possedeva quel tipico fascino del male, capace di sedurre e di agitare al tempo stesso.
Vedere quel giovane volto dai tratti somatici androgini e delicati, macchiati da quel perverso gusto verso il male, fu un’immagine che la impressionò a tal punto da mandarla in crisi.
Quell’uomo era…fisicamente bellissimo. Non lo pensava perché era attratta da lui, era oggettivamente così.
Egli era un Angelo Demoniaco: un diavolo dalle sembianze celestiali.
Era questo ciò che suscitava in lei ogni volta che si fermava a contemplarlo. Era impossibile per Claire non finire soggiogata dalla sua appariscenza e malignità.
Eppure sapeva che tutto ciò non era che una facciata.
Dietro quell’uomo avido si celava un ragazzino costretto a vivere fra le turbolenze di un mondo devastato; e questa era una parte di lui in realtà più viva di quanto lui stesso non avrebbe mai pensato.
Era questa consapevolezza che divideva in due la rossa Redfield, la quale non poteva fare a meno di ripensare alle confessioni racchiuse nel suo diario personale.
Che si trattasse di suggestione, ingenuità, pietismo, empatia…forse erano persino tutte queste cose assieme.
Fatto stava che ormai non riusciva più a giudicare Alfred solo come un pazzo.
Ne avrebbe pagato le conseguenze forse, eppure in quel momento era disposta a stargli accanto e sfruttare quell’occasione per capire alcune cose di lui.
Probabilmente era più folle lei a volerci tentare, che non lui e le sue paranoie sadiche!
Dopotutto però bisognava essere un po’ folli per riuscire in un’impresa simile.
Queste furono le ragioni per cui riuscì a collaborare con lui, nonostante le loro divergenze.
Claire aveva deciso che per entrare nel suo mondo…aveva bisogno anche lei di qualche pazzia.
 
Terminato quel breve momento introspettivo, tornò obiettiva e ripensò al fatto che Alfred le avesse finalmente rivolto la parola, interrompendo quel lungo e tedioso silenzio che fino a qualche minuto prima aveva regnato fra loro.
Egli, infatti, non aveva spiccicato neppure una parola da quando si erano introdotti in quel luogo.
Aveva dovuto chiedergli ‘dove fossero finiti’ un’infinità di volte prima che lui decidesse finalmente di risponderle!
 
“Scarti? Intendi…gli zombie?”
 
Chiese lei seguendo il discordo del biondo.
Alfred dal suo canto strizzò gli occhi, deluso dal fatto di non essere riuscito a inquietarla.
Una parte di sé provava un ineguagliabile piacere quando vedeva quella donna in preda alla paura e probabilmente anche per questo aveva deciso di rispondere alle sue domande. Fu dunque insoddisfacente non leggere un minimo di sgomento in lei.
Tuttavia non volle dare adito di tutto ciò. Si limitò solo a correggere le parole della Redfield, con uno strano broncio dipinto sul volto.
 
“Bio Organic Weapon sarebbe la definizione corretta, tuttavia chiamali pure come vuoi, è lo stesso.”
 
Claire rimase scombussolata da quell’affermazione.
 
“Sembri piuttosto sprezzante. Non…ti occupi anche tu di queste ricerche?”
 
Affermò dopo un po’.
Lui era a capo del centro d’addestramento dell’Umbrella a Rockfort, allora perché dimostrava tanto disinteresse? Quel mondo non doveva rappresentare qualcosa di molto più profondo per lui?
Il ragazzo dai capelli platinati scostò una ciocca appena caduta sul suo viso, dopodiché si rivolse alla giovane con aria superba.
 
“Certo, ma questo non implica che mi interessi.”
 
Quella risposta per un attimo confuse Claire, tuttavia decise di non badarci. Egli sembrava già abbastanza seccato e non era il caso urtare la sua “sensibilità”. Prevedeva ancora un lungo tragitto da passare assieme e voleva farlo nel modo più tranquillo possibile.
D’altra parte invece, vigeva il punto di vista del biondo e tenebroso signore di quel mondo, il quale in realtà fu alquanto infastidito dalla domanda della Redfield.
Alfred Ashford era un uomo profondamente annoiato.
La sua costante insoddisfazione era scaturita da un vecchio calvario che molto spesso lo aveva contrapposto fra due estremi; si trattava della sua genialità.
Egli era un uomo fuori dalla media, molto elevato socialmente e culturalmente. Questo lo rendeva diverso e profondamente macchinoso. Non era difficile per lui raggiungere ambiti scopi o sviluppare controverse ricerche. Era nella sua natura. Il suo cervello era una macchina perfetta, ma non solo.
Egli possedeva i geni di Veronica, il che lo rendeva unico.
Era sempre stato così, fin dall’infanzia.
Ogni tipo di studio gli riusciva in modo semplice, elevandolo a livello sociale e facendo di lui un eccentrico demonio dalle incredibili capacità.
Nonostante i suoi successi però, pesava su di lui la tremenda maledizione di chi può ottenere tutto con facilità.
Sebbene i suoi eccelsi studi e le sue gloriose affermazioni in campo professionale, ben presto tutto ciò non gli diede più alcun compiacimento.
La genialità che aveva contraddistinto la sua esistenza rispetto ai comuni esseri mortali, era al tempo stesso sia una grazia che una dannazione.
Tutto ad un certo punto lo stufava. Ogni cosa aveva il comune destino di annoiarlo.
Non era capace di godere dei frutti della sua intelligenza.
Neppure lo studio delle B.O.W., che continuò in vece di sua sorella, non gli destava alcun interesse…così finiva per usare le sue ricerche per suo diletto personale, piuttosto. Questo tramite orribili e disumani giochi esangui e di distruzione. Gli zombie e le altre cavie diventarono i suoi giocattoli, coi quali sollazzarsi e basta.
 
Alfred era un uomo dannato.
 
Dannato da ciò che era in suo potere e poteva renderlo grande……
……..che contrastava però con ciò che invece non poteva ottenere.
 
 
 
 
Nulla bastava a colmare l’enorme vuoto che Alexia aveva ormai generato in lui.
 
 
 
 
“Si può risalire, o comunque sbucare da qualche parte da qui?”
 
Chiese all’improvviso Claire, interrompendo i suoi pensieri.
Alfred si morse il labbro, disturbato da una domanda tanto sciocca.
 
“Ovvio, Redfield. Non saremmo qui, altrimenti.”
 
Rispose con aria di sufficienza, sforzandosi di non fare discussione.
Gli serviva la sua collaborazione.
Non aveva alcuna intenzione di stare ancora molto con lei, eppure sembrava non avere altra scelta.
Il vero motivo dietro quella cooperazione da parte sua verteva sul fatto che non esistevano altrimenti, in realtà….e lui lo sapeva bene.
Egli era consapevole delle insidie che si celavano lì sotto e necessitava del suo supporto, sebbene detestasse ammetterlo. Quei sotterranei erano colmi di ostacoli e da solo non era in grado di proseguire se non fino a un certo punto.
Per questo, e solo per questo, aveva deciso di fare buon viso a quel gioco e lasciare credere alla dolce Claire che avrebbe stabilito una tregua con lei.
Solo cooperando avrebbero avuto la possibilità di sopravvivere, e non era certo venuta la sua ora per morire. Alfred aveva una missione, non poteva permettersi di finire i suoi giorni proprio adesso, dunque poco importava se doveva mettere da parte i suoi principi al momento.
Egli doveva risalire nei laboratori quanto prima, la sua Alexia poteva essere in pericolo a quanto detto da quel verme di Albert Wesker.
Quell’uomo viscido e meschino aveva osato penetrare nella sua proprietà e comportarsi da padrone di casa.
Non avrebbe mai tollerato ciò, egli doveva morire!
Prima del suo onore, però, era di sua sorella che doveva occuparsi.
Lei era al sicuro, Wesker non l’avrebbe mai trovata con facilità. Tuttavia dovette ammettere a se stesso di essere notevolmente turbato e di desiderare di uscire al più presto da quel posto, prima che la situazione degenerasse.
Alfred cercò di non darlo troppo a vedere, ma era in uno stato di ansia, assillato dal pensiero che sua regina fosse in pericolo. Doveva proteggerla…proteggerla ad ogni costo.
Se le fosse successo qualcosa, non se lo sarebbe mai perdonato.
Preso da quei pensieri, i suoi occhi si posarono lentamente su Claire, la sola persona che aveva al suo fianco in quel momento. Corrucciò la fronte e la sua espressione si fece impercettibilmente inquieta.
Lei non poteva ancora saperlo, ma il solo modo per uscire vivi da quel posto era ‘essere in due’.
 
I tunnel umidi e bui di quei sotterranei confluirono tutti in un androne circolare decisamente ampio.
Arrivarono, infatti, in un enorme spiazzale il quale verteva in condizioni abbastanza pietose.
Madido e tetro, il luccichio della roccia bagnata che li circondava era l’unico vero elemento distinguibile in quel posto angusto. Dal soffitto pendevano strani residui muschiosi di cui Claire evitò di chiedersi l’origine.
Era disgustoso cercare di scansare le gocce d’acqua stagnante che scivolavano da esse verso il basso, picchiando terra; tuttavia, suo malgrado, l’intero posto era fradicio e gocciolante, per cui dovette forzarsi di ignorarle del tutto non potendo permettersi di essere schizzinosa.
Il suo momentaneo compagno di viaggio si avvicinò verso un portone alto quasi tre o quattro metri. Claire si limitò a seguirlo, lasciando a lui il compito di leader. Era lui che conosceva il posto, in fondo, e al momento aveva deciso di dargli adito.
Alfred esaminò il possente ingresso, realizzato con un metallo pesante e decorato con dei bassorilievi che rimandavano a delle scene di guerra.
Fu inquietante vedere quelle raffigurazioni di morte, decisamente angustianti nelle circostanze precarie in cui lei stessa verteva. Osservò la figura di un teschio ivi impressa, così angosciante da sembrare volerla trafiggere con i suoi bulbi cavati.
Tutto ad un tratto, l’uomo dai capelli biondi attirò la sua attenzione picchiettando con le nocche delle dita sul ferro, accortasi che la ragazza fosse assorta nella contemplazione di quel monumento.
 
“Redfield, c’è una cosa che devi sapere. Queste trappole sono state tutte escogitate da me, dunque so bene cosa dobbiamo fare per oltrepassare questa porta. Ci siamo capiti?”
 
“Intendi che devo seguire le tue direttive, giusto?”
 
“Giusto.”
 
Affermò lui, trafiggendola con i suoi occhi azzurri, chiari come il ghiaccio. Claire deglutì impercettibilmente e stette in silenzio per qualche istante. Elaborò quanto appena affermato dal ragazzo, pronta ad entrare nel vivo di quella bizzarra cooperazione fra i due.
 
“Ebbene…lo farò. Ma bada, Ashford, se mi accorgo che mi freghi, l’accordo non sarà più valido.”
 
Precisò ferma, non essendo minimamente intenzionata a essere il suo cagnolino. Aveva familiarizzato con l’attitudine al comando del biondo e la sua eccentricità l’aveva portato più volte ad atteggiamenti ambigui e insensati. Ragion per cui volle mettere le carte in tavola e rendere chiara la situazione ad Alfred: che collaborassero non significava che lui comandava.
La grinta che c’era nei suoi occhi fu tale da raggiungere il ragazzo, che a sua volta la guardò serio.
Tuttavia, mentre sembrava ascoltarla seriamente, improvvisamente la sua bocca si deformò in un ghigno, che presto si lasciò andare all’ilarità di una risata sfacciata e inopportuna.
Claire sgranò gli occhi, sentendosi presa in giro. Prima però che potesse farlo smettere, fu Alfred a interrompere da solo quel suo momento di sollazzo.
 
“Ahahah….carissima Redfield.” fece una pausa. “Non ti avevo ancora detto la parte più bella. Preparati, perché solo collaborando usciremo da questo posto. Intendo letteralmente.”
 
Sottolineò.
La rossa sbandò, non comprendendo. In verità soltanto dopo avrebbe inteso la profonda veridicità di quelle parole, che fra qualche tempo l’avrebbero spiazzata mostrandole ancora una volta la follia di quell’uomo.
Al momento però poteva soltanto prendere atto della sua affermazione e stare in guardia, pronta ad agire in qualsiasi momento.
Il biondo intanto le diede le spalle e fece scorrere il dito indice sul ferro battuto del magistrale portone che caratterizzava quell’androne.
Seguì con le dita un’incisione piuttosto lunga ivi impressa, che lesse recitando in modo teatrale e disinvolto.
La sua voce fuoriuscì altisonante ed espressiva, come un attore completamente assorto nella sua parte, pronto ad animare la scena e dare vita alla rappresentazione emozionando il suo pubblico.
 
“ Morire, dormire. Dormire, forse sognare.
Perché chi sopporterebbe le frustate e gli scherni del tempo,
il torto dell’oppressore, la contumelia dell’uomo superbo,
gli spasimi dell’amore disprezzato, il ritardo della legge,
l’insolenza delle cariche ufficiali, e il disprezzo
che il merito paziente riceve dagli indegni,
quando egli stesso potrebbe darsi quietanza
con un semplice stiletto? Chi porterebbe fardelli,
grugnendo e sudando sotto il peso di una vita faticosa,
se non fosse che il terrore di qualcosa dopo la morte,
il paese inesplorato dalla cui frontiera
nessun viaggiatore fa ritorno, sconcerta la volontà
e ci fa sopportare i mali che abbiamo
piuttosto che accorrere verso altri che ci sono ignoti?”


Claire abbracciò i gomiti, portando in seguito una mano sotto il mento, questo mentre osservava Alfred recitare quell’incisione.
 
“E’ un indizio questo?”
 
Oh, Redfield, come puoi non commuoverti di fronte l’unicità e la complessità di Shakespeare? Genio inestimabile della letteratura inglese e artista tra i sommi di ogni tempo e paese. Essenzialmente un uomo di teatro, tuttavia qualunque definizione gli si attribuisca, risulta inevitabilmente riduttiva. Shakespeare esplorò, in una serie di intuizioni grandiose, tutto l'aggrovigliato mondo delle passioni e delle emozioni dell'uomo nei suoi rapporti con la società, la natura e il suo destino. Suscettibile a ogni sollecitazione del suo tempo fino a trascendere nell'immortalità dell'arte, egli seppe conferire alla sua opera ineguagliabile il crisma supremo dell'universalità.”  
 
Rispose l’Ashford estasiato da quella sua opportunità di esporre ciò che da sempre aveva animato il suo spirito interiore, amante di ciò che rendeva particolare il genere umano.
Egli era un uomo estremamente colto e laborioso, che in quel momento sentiva vibrare quelle parole nel suo corpo e avrebbe fatto di tutto per farle entrare anche dentro la giovane al suo fianco, la quale ai suoi occhi non era che l’ombra riflessa di un mondo passivo che non si lasciava incantare da suddette sfumature che erano invece gli ingranaggi dell’esistenza umana.
Claire dal suo cantò corrucciò il viso e pensò bene di riportare alla realtà quel ragazzo, probabilmente rimasto da solo troppo a lungo da non rendersi conto quando strafaceva.
 
“Interessante, certo. Ma questo come si traduce in termini più…fattivi?”
 
Offeso, il biondo strinse gli occhi, tuttavia non disse nulla. Si limitò a proseguire verso una direzione, ignorandola del tutto. Solo dopo qualche istante si voltò indietro, rivolgendole a stento uno sguardo.
 
“Molto bene, Redfield. Visto che preferisci la mera materialità rispetto la comprensione della spiritualità di quest’incisione, proseguiamo.”
 
“A…aspetta!” lo interruppe lei vedendolo andar via. “Spiegami cosa dobbiamo fare!”
 
Non voleva essere uno spettatore e basta nella risoluzione di quell’enigma. Voleva partecipare e dare il suo contributo. Perché Alfred si comportava così?!
 
“E’ tutto scritto lì.”
 
Rispose lui, dopodiché continuò a ignorarla, costringendo Claire a seguirlo.
Il biondo prese fra le mani il suo fucile da caccia e con questo diede qualche colpo a una porzione della parete che li circondava. Questa era diversa dalle altre, vi erano una serie di mattoni poggiati l’uno sull’altro, il cui colore era in netto contrasto con le pietre che rivestivano quei cunicoli ferrosi e muschiosi. Questi crollarono uno dopo l’altro in seguito ai colpi ricevuti e, dalla facilità con la quale cedettero, Claire intuì che erano stati solo appoggiati in quel punto, con lo scopo di nascondere il passaggio.
Si ritrovarono così di fronte un lungo corridoio, completamente diverso da quello precedente.
Era una stanza costruita in pietra, che rimandava a uno stile medievale.
Quattro piccoli gradini corrosi dal tempo conducevano al suo interno, ove risaltavano fin dal primo sguardo le pesanti colonne che costeggiavano la passerella centrale.
Era un antro lugubre, vuoto, a parte il colonnato. L’unico elemento su cui soffermarsi era rappresentato dalla colorata pavimentazione, composta di piastrelle bicromate rosse e color pietra, le quali si alternavano fra loro come in una scacchiera.
Al di là del lungo corridoio, s’intravedeva un’armatura di ferro dall’aria antica che sorreggeva fra le sue braccia una balestra. Di fianco, era ben distinguibile una porta.*  Non vi erano altre strade dove proseguire.
Claire fece per superare il corridoio e raggiungere la porta, ovviamente, ma ritrovò prontamente il braccio del biondo davanti a sé che la bloccò. Egli la guardò imperioso.
 
“Cosa ti ho detto, Redfield? Devi fare esattamente ciò che ti dico.”
 
Senza darle tempo di replicare, egli avanzò prudentemente lungo la corsia, con uno sguardo molto più severo del solito. La Redfield corrucciò la fronte, interrogandosi sul perché di quell’atteggiamento.
Intanto il ragazzo altolocato procedette muovendosi molto lentamente, non scostando mai gli occhi dalla pavimentazione, come se stesse ben attento a dove mettesse i piedi.
Ad un certo punto, si girò indietro verso di lei, finalmente.
 
“Madame, cortesemente si muova tenendosi strettamente a sinistra, stando attenta a non superare la terza piastrella.”
 
Claire notò i toni ironici del biondo, tuttavia non obbiettò e fece quanto le fu detto, intuendo facilmente che quel corridoio era una trappola e che lui sapeva come evitare di attivarla.
Era in momenti come quelli che rifletteva sull’enorme vantaggio di viaggiare assieme ad Alfred, architetto e giostraio di quell’inferno.
 
“Solo per curiosità, che tipo di trappola si attiverebbe se non avanzassimo nel modo giusto?”
 
A quella lecita domanda, Alfred rispose in un modo non del tutto convenzionale.
 
“Abbassati.”
 
“Cos…?”
 
In quello stesso istante, egli spostò un piede e lo premette su una mattonella rossa poco più avanti. Quell’azione fece prontamente scattare qualcosa di fulmineo, che si scagliò contro di loro senza dare il tempo alla ragazza di focalizzare di cosa si trattasse.
Raccolse il capo fra le mani e si curvò tempestivamente, così da schivare quel qualcosa preannunciato dal biondo.
Sentì lo scoccare impetuoso di un oggetto contundente, che sembrava essere stato appositamente predisposto a colpirla. Solo dopo essersi voltata distinse, conficcata in una delle colonne, una freccia.
Sgranò gli occhi, dopodiché portò il suo sguardo verso l’armatura esposta in fondo alla stanza che sorreggeva la balestra. Adesso le sue braccia erano tese e la sua arma era puntata verso di lei.
 
“Era…era davvero necessario farlo?!”
 
Tuonò verso Alfred, il quale sogghignò divertito.
 
“Ritengo che un piccolo incentivo ti ci voglia per fare esattamente ciò che ti dico. E’ stato sufficiente?”
 
Claire lo guardò interdetta, col cuore ancora in gola.
 
“Tu sei pazzo…” sospirò rimettendosi in piedi. “Elaborare una macchina mortale simile…per quale motivo poi?”
 
“Per Alexia, ovviamente. Ma anche per diletto personale. Ho elaborato da solo tutte le trappole di questo luogo. Ho impiegato la mia intera esistenza a renderle quanto più tortuose e invalicabili possibile. Resta immobile.
 
Parlò avanzando intanto verso il centro della pista, mantenendo un’andatura rilassata, esaltato al tempo stesso di glorificare il suo operato, sviluppato nella solitudine di quel castello e mai contemplato da alcuno.
La Redfield stava per avere l’onore di conoscere il suo genio ed essere testimone delle opere del Re.
Era qualcosa che lo elettrizzava, che lo rendeva pazzo di felicità. Avrebbe voluto mostrarle ogni cosa, ogni marchingegno, ogni particolarità……..questo pur di ricevere per la prima volta da anni, un segno di approvazione, negatogli da sempre nella sua vita, sparita nell’ombra di sua sorella Alexia.
 
“E’ geniale non trovi? Una comunissima armatura d’esposizione, che ho collegato a un meccanismo capace di localizzare colui che non conosce la strada giusta. Scocca le sue frecce secondo un codice casuale, capace di colpire te oppure me a suo piacimento, per così dire. Fai un passo alla tua destra, atterra sulla mattonella rossa, mi raccomando.”
 
“Mi stai dicendo che neppure tu sai in che direzione vengono scoccate le frecce? Allora perché mi hai detto di abbassarmi?”
 
Chiese stupita, seguendo bene le sue istruzioni.
 
“Oh, no. La prima freccia scoccata la conosco bene. E’ sempre la stessa e colpisce sempre chi comincia per secondo il cammino. E’ stata programmata in questo modo. Sono le altre che sono casuali e molto più veloci. Se sbagliamo non potremo evitarle, quindi fai attenzione. Non voglio rimetterci per colpa tua.”
 
“Aspetta un attimo!”
 
Lo interruppe Claire.
 
“Hai bruciato la tua unica possibilità di errare solo per mostrarmi in cosa consiste la trappola?! Ti rendi conto di cosa hai fatto?!”
 
Alfred sembrò pensarci su, come se non avesse fatto caso a quel fondamentale particolare.
Il suo volto si fece perso, eppure nei suoi occhi brillava una scintilla diabolica ed eccitata, che sconvolse la giovane in balia invece dell’incertezza.
Egli schiuse la sua pallida bocca più volte, come gustando quel tormentato sgomento che aveva inevitabilmente intaccato anche lui, il Re di quel regno. Era stranamente entusiasmato da quella sensazione di terrore.
Umano, deviato terrore.
Meraviglioso…suadente…eccitante.
 
“Osservazione giusta, Redfield.” disse infine. “Tuttavia, in fin dei conti, se sapessimo persino prevedere dove colpirà la balestra, questa morte non sarebbe così… entusiasmante, non credi?
La paura di morire, come questo accadrà. La frenesia di giungere alla fine e il terrore di sbagliare. E’ qui che tutto entra in gioco. Qui l’uomo si misura con il suo attaccamento alla vita.”
 
Pronunciò con voce roca, profonda, trasmettendo in Claire la sua partecipazione e lo spirito ribollente che lo animava in quel momento e che dava profondo valore alle sue parole.
Agli occhi della rossa, invece, quel corridoio di circa quattordici metri non sembrò mai così lungo. Il tragitto che la separava dalla porta d’uscita sembrava infinito e irraggiungibile.
Un primordiale istinto si rifiutava di tenere i piedi immobili sulle piastrelle indicate da Alfred e le suggeriva invece di correre a perdifiato verso la libertà. Tuttavia la razionalità e la ragione prevaricavano l’istinto. Per cui tenne le sue gambe ferme, pregando in cuor suo che quell’incubo finisse presto. 
I suoi pensieri andarono inevitabilmente alle parole proferite da Alfred, al suo perverso e insensato piacere verso quelle torture.
Egli sembrava realmente entusiasta da quel macabro gioco elaborato da lui stesso. Era una mente complessa e indecifrabile per lei e quell’ardore che illuminava il suo sguardo le faceva paura.
 
“Cammina in diagonale, devi raggiungere il punto che adesso sto per lasciare, capito? Dobbiamo iniziare insieme, quindi: un, due, tre…ora.”
 
In quel preciso istante, Claire si mosse con passo lento verso di lui, mettendo un piede avanti all’altro.
Non seppe per quale illogica ragione, ma avvicinarsi a un altro essere umano, anche se Alfred, in quelle circostanze mortali la rassicurò per un istante.
Istintivamente, quando lo vide vicino a sé, allungò una mano sulla sua giacca rosso cremisi, afferrandola per un lembo. A quel gesto, il biondo si voltò verso di lei, ma non fece nulla. Si limitò a controllare che posizionasse i piedi esattamente sulle stesse piastrelle sulle quali poggiava lui in quell’istante, dopodiché fece per abbandonare la sua posizione.
Claire lo lasciò andare, accorgendosi solo in quel momento di aver poggiato la sua mano a lui. Si sentì in soggezione nell’aver fatto una cosa simile, che nella sua piccolezza aveva simboleggiato un sentimento di vicinanza, cosa per la quale provava sentimenti contrastanti.
Seguì i suoi movimenti mentre il ragazzo avanzava sempre di più verso la fine di quel corridoio, chiedendosi ininterrottamente mille domande circa quell’uomo.
 
“Alfred…”
 
L’Ashford si voltò, in verità sorpreso dal fatto che lei l’avesse chiamato per nome, tuttavia non dibatté.
 
“Questa trappola è stata elaborata in modo che solo due persone possano avanzare lungo il corridoio, hai detto. E se io, o te, fossimo stati da soli?”
 
“Non esiste questa possibilità.”
 
Pronunciò lui in modo secco, gelando il corpo di Claire.
Vedendola irrigidirsi di colpo, scioccata da quella rivelazione, Alfred le concesse ulteriori spiegazioni. Fece dunque una pausa e le si rivolse paziente, tuttavia del tutto inconsapevole delle sue stesse parole, fulcro di una pazzia di cui non si sarebbe mai reso conto.
La Redfield intanto rimase pietrificata da quella risposta.
Il biondo Ashford invece sorrise, dilettato dallo sguardo smarrito della giovane alle sue spalle.
Roteò il busto verso di lei e le rivolse il suo sguardo canzonatorio, eccitato da quella circostanza in cui le redini erano completamente nelle sue mani.
Era ammaliato dal suo sgomento, dalla frustrazione e dalla confusione che animava gli occhi blu di quella meravigliosa e curiosa donna, che tuttavia l’aveva stregato fino alla pazzia.
Dunque sul suo viso marmoreo non era dipinto solo il suo sollazzo, ma anche la curiosità verso un sipario a lui sconosciuto e che stava coinvolgendo ogni centimetro del suo corpo.
 
“Bisogna essere necessariamente in due per proseguire, questo per quel che riguarda questa trappola e non solo. E’ così che ho strutturato questa intera zona.
Lo scopo non è percorrere in due un tragitto, ma essere complementari. Quando io avanzo, infatti, muovo degli ingranaggi che fanno sì che l’arciere non scocchi la sua freccia; ad un certo punto però serve anche la tua collaborazione, altrimenti nessuno dei due sarebbe in grado di arrivare vivo dall’altra parte.
Solo insieme giungeremo sull’altra sponda, dunque non deconcentrarmi, così che io rimembri correttamente tutti i passaggi, Redfield.”
 
Claire si sentì smarrita.
Fu in quell’istante in cui la sua esistenza era appesa a un filo che si rese conto di essersi immischiata in una spaventosa ed enorme trappola.
Si accorse di non essere che un burattino nelle sue mani. Lei era sua… dipendeva esclusivamente da lui…
Per sopravvivere avrebbe dovuto fare ogni cosa Alfred avrebbe voluto. Leggeva nei suoi occhi la consapevolezza di questo.
Egli fremeva di gioia per via di quella circostanza.
A sua volta, anche il biondo leggeva la paura di Claire nel riporre la sua vita nelle sue mani.
Lo sguardo della giovane non smentiva infatti quelle emozioni, il che lo rendeva esaltato enormemente. L’essere padrone della sua vita e del suo destino gli aveva montato la testa, facendolo innalzare al rango di Re Assoluto, il ruolo che lui più amava recitare.
Era eccitante per lui vedere quella dolce e tenace creatura, impaurita e costretta a seguirlo ciecamente, in balia della paura della morte.
La ragazza si sentì venir meno e il terrore quasi immobilizzò del tutto il suo corpo, mentre si capacitava di quanto ci fosse in gioco in quel momento.
Lui aveva davvero elaborato una trappola simile perché fossero pragmaticamente due persone a compierla? A quale scopo? Di che diavolo di pazzia si trattava?
 
“Mi…mi hai fatto iniziare questo percorso senza avvertirmi minimamente di quel che stavo per fare.”
 
Disse titubante, stringendo i pugni.
 
“Non hai mai pensato di poterti trovare…in pericolo anche tu? E se io avessi deciso di non collaborare? Come avresti fatto?”
 
I suoi toni provocatori indussero il biondo a stringere gli occhi a fessura, essendo irritato notevolmente.
Sapeva tuttavia che la sua era solo una recita. La giovanissima Claire non si sarebbe lasciata morire in un modo tanto sciocco.
Tuttavia a suo tempo avrebbe trovato il modo per farla rigare dritto e cancellare quella spavalderia dalla sua bocca. Al momento però, quella situazione non richiedeva solo la sua prudenza, ma anche quella di Claire. Dunque represse i suoi sentimenti e si limitò a quella tenue occhiataccia.
 
“Suppongo che tu già sappia la risposta.”
 
Disse in un sussurro, rispondendo alla sua domanda. In seguito socchiuse gli occhi, dirigendoli di nuovo di fronte a sé.
Alzò il viso e decise di lasciarsi trasportare, spiegando alla giovane i reali sentimenti che muovevano la sua mente e il perché dietro di quei atroci e inspiegabili inghippi. Motivazioni che lei non avrebbe mai potuto comprendere, ma di cui volle farla partecipe; questo più per il gusto di confonderla che per essere compreso.
Non ricercava da anni, oramai, la comprensione di nessuno.
 
“Sai perché è così? Perché bisogna essere necessariamente in due per completare i vari percorsi che presto affronteremo?
Semplice, Redfield. Estremamente semplice.
Non si tratta soltanto di un ostacolo mortale. Non si tratta solo di ingannare i miei nemici. Era mia intenzione invece dare una simbolicità a queste insidie, metafora dell’unione e della complicità. Allegoria dell’amore di una coppia.”
 
Alfred si voltò di nuovo verso di lei, al che la rossa sbandò.
 
“L’amore di una coppia..?”
 
Per questo si poteva proseguire soltanto se si era in due…?
Era profondamente romantico…oppure spaventosamente folle?
 
Se non fossero stati in due, sarebbero morti…
Era questo che Alfred voleva parafrasare.
 
Lui ed Alexia…
O il suo bisogno di avere qualcuno a fianco?
 
Claire sentì il suo cuore palpitare ancora una volta, consapevole di star apprendendo le nozioni di un mondo che non le apparteneva, ma di cui possedeva una profonda chiave di lettura che stava inevitabilmente condizionando i suoi pensieri.
Il biondo ereditiere del casato Ashford si stava repentinamente trasformando in qualcosa di follemente umano, inducendola a lottare contro i principi fondamentali della sua mente che la stavano condizionando.
Soltanto la paura riusciva a tenerla ferma sulla sua posizione. Quell’inevitabile paura verso quell’universo che internamente sapeva di non poter controllare.
Eppure la sua arroganza di ragazza di diciannove anni, che sente dentro di sé il potere di cambiare il mondo, le comandava di continuare per quella strada; di cercare un canale di connessione con lui, inducendola a credere di poter toccare il suo mondo e aiutarlo…
 
Aiutarlo a guarire…
A scappare via…
…con lei.
 
Intanto il biondo si fermò a sua volta a contemplarla, facendo caso che avesse preso forse troppo in considerazione la sua risposta. Vederla così assorta lo fece sussultare, facendolo sentire inquieto.
Egli era rimasto profondamente turbato dal fatto che lei avesse acceduto ai suoi intimi pensieri riguardanti non solo la sua vita o Alexia…ma anche lei: la sua difficile e incomprensibile Altra Donna.
Si agitò dunque nel momento nel quale si accorse che lei poteva aver profondamente compreso il senso di quella trappola e del suo discorso.
Stranamente, la sensazione della comprensione da parte di un altro essere umano lo mise a disagio.
Eppure con Alexia questo non era mai accaduto.
Era sempre stato lieto di capirsi con lei con un solo sguardo, anche tramite una sola e piccola occhiata…
Con Claire era diverso; lei gettava nel caos il suo spirito.
Lei lo agitava, lo rendeva nervoso. Sentiva il suo cuore pulsare all’impazzata, disturbato dall’idea di essere capito.
Eppure…una parte di sé non desiderava che questo.
Era confuso, spaventato
Spaventato dall’idea di trovare un’altra anima capace di comprenderlo.
 
Infine Alfred e Claire completarono il percorso, coordinando i loro movimenti e giungendo, uno alla volta, dall’altro lato del corridoio finalmente.
Claire stese le braccia, rilassando i muscoli e tirando un sospiro di sollievo. Intanto il biondo si posizionò alle spalle dell’arciere e premette una leva.
 
“Questo disattiva la trappola, così al ritorno potremo passare. Proseguiamo.”
 
Senza dare ulteriori spiegazioni, oltrepassò l’uscio della porta di legno posta su quel versante del corridoio.
Mentre era dietro di lui, Claire si chiese cosa avrebbero trovato più avanti e quali altre trappole avrebbero dovuto affrontare prima di riuscire ad aprire il magistrale portone posto nell’atrio circolare.
Ad ogni modo rinvigorì il suo spirito, tenendosi pronta a tutto. Appoggiò le sue dita affusolate sul legno della porta e stette dietro al biondo, inoltrandosi dopo di lui.
Si soprese quando si accorse che dentro vi era un vicolo cieco. Si trovavano, infatti, in un deposito d’arte o qualcosa del genere.
Il caos regnava sovrano. Vi erano diversi cavalletti per dipingere, molti dei quali rotti e abbandonati negli angoli assieme a tele su tele, cornici di ogni grandezza e diverse tavolozze da disegno. Il pavimento di cotto era macchiato e polveroso, se ne distingueva a stento il colore.
Claire osservò le tende ingrigite dalla polvere che ricoprivano alcune opere d’arte sparse un po’ ovunque. Sebbene la stanza fosse abbastanza grande, risultava terribilmente ingombra. Vi erano un paio di grossi tavoli posti a ridosso del muro, su cui poggiavano pergamene, statuine, lampade antiche, quadri, forzieri, candelabri…di tutto.
La ragazza infine si lasciò affascinare da un vecchio quadro di famiglia appeso fra una serie di scartoffie lasciate a impolverare sulle mensole. Per via dei tratti somatici delicati e i capelli biondi, dedusse dovesse trattarsi di un antico parente di Alfred. Era un’opera davvero ben eseguita, sapeva trasmettere tutta l’eleganza e la raffinatezza che gli Ashford emanavano, i quali erano accomunati da quell’aura di mistero che lei stessa aveva sperimentato sulla sua pelle. Era un peccato che la polvere e il cattivissimo stato di conservazione l’avessero reso così sbiadito da non permettere di ammirarne la bellezza.
Non stette comunque ad analizzare troppo il vecchio quadro, questo poiché un gran baccano distolse le sue attenzioni.
Si voltò e cercò Alfred, che intanto si era arrampicato su una sedia per rovistare dentro una scatola posta sopra un armadio. Egli setacciava non preoccupandosi dello stato decadente dei mobili, cosa che indusse Claire ad approssimarsi a lui, preoccupata dall’idea che potesse cadere.
 
“Cosa cerchiamo..?”
 
Gli domandò volendo dargli una mano, tuttavia non ricevette risposta. L’unica cosa che il biondo fece, fu sprofondare il suo braccio nella scatola e fare per tirare qualcosa. Estrasse un oggetto dal colore biancastro, leggermente ingiallito, che egli lanciò prontamente a Claire, la quale non subito comprese di cosa si trattasse.
Solo quando lo afferrò fra le sue mani, quasi lo lasciò cadere a terra quando si accorse che era…un teschio!
Un teschio vero…o uno finto?! Oh mio Dio!
Alfred rise sonoramente vedendola inorridire, dopodiché saltò dalla sedia e prese l’oggetto dalle mani paralizzate della giovane. A differenza della rossa, egli aveva un’aria spensierata e burlesca.
Prese infatti a far roteare il teschio sul suo indice, facendolo piroettare in un’esibizione che aveva dell’inquietante.
 
Essere, o non essere, questo è il dilemma: se sia più nobile nella mente soffrire i colpi di fionda e i dardi dell’oltraggiosa fortuna o prendere le armi contro un mare di affanni e, contrastandoli, porre loro fine? Morire, dormire…nient’altro, e con un sonno dire che poniamo fine al dolore del cuore e ai mille tumulti naturali di cui è erede la carne: è una conclusione da desiderarsi devotamente. Morire, dormire. Dormire, forse sognare. Sì, qui è l’ostacolo, perché in quel sonno di morte quali sogni possano venire dopo che ci siamo cavati di dosso questo groviglio mortale deve farci esitare. È questo lo scrupolo che dà alla sventura una vita così lunga.”
 
Alfred aveva appositamente interpretato un inquietante Amleto nella scena in cui recita il famoso soliloquio conosciuto in tutto il mondo.
Vederlo con i suoi occhi, con tanto di teschio in mano, fece il suo effetto, ipnotizzando Claire e portando tutte le sue attenzioni su di lui: il fascinoso e delirante burattinaio di quel castello di fantasmi. 
Il biondo intanto serrò nuovamente il cimelio fra le sue mani, fermando la sua roteazione, dopodiché finalmente si rivolse alla giovane, continuando tuttavia a tenere lo sguardo fisso sul teschio.
 
“L’incisione che prima abbiamo letto, faceva ovviamente riferimento all’Amleto di Shakespeare, come mi auguro tu abbia inteso. Era l’opera che tanto piaceva alla mia amata sorellina. Alexia ha letto più e più volte le sue pagine, le sapeva alla perfezione. Dunque perché non fare di quell’opera qualcosa di ancor più grandioso? Una trappola mortale capace di proteggerla e condannare colui che vuole farle del male. Oh, sì, esattamente questo.
Quale altro poteva essere, dunque, l’emblema di una tragedia così tanto acclamata se non il simbolo che la rappresenta?
Il cranio umano, metafora sull’uomo, il quale forse non è null’altro che uno scheletro nella sua più cruda materialità. In verità, non tutti sanno che Amleto non ha mai avuto nemmeno un teschio in mano in questo famosissimo soliloquio, eppure…tutti non fanno che attribuire quest’immagine alla sua scena. Davvero strano, il mondo. Spesso adora qualcosa che nemmeno esiste…curioso.”
 
Enunciate quelle parole quasi fra sé, Alfred rimase assorto per un po’ di tempo; in seguito diede le spalle alla Redfield. La ragazza stette ad osservarlo dal basso, ancora concentrata sulle sue parole e da come il biondo avesse finemente curato ogni singolo particolare di quel luogo adibito a proteggere la sua preziosa sorella gemella, la fantomatica donna del suo destino.
Quei crudeli giochi mortali, elaborati al solo scopo di infliggere dolore, visti tuttavia dagli occhi di quella mente altro non erano che la glorificazione di un immenso amore. In essi Alfred aveva riposto tutta la sua vita, i suoi ricordi, le sue speranze. Dietro ogni tassello si celava un segreto che coinvolgeva lui e la sua amata.
Cos’era tutto questo, dunque? Simbolo di uno sconfinato amore? Oppure era sintomo di una inumana follia…?
Poteva la celebrazione del male essere al tempo stesso contemplazione di un sentimento così dolce ed autentico come l’amore?
La ragazza era confusa. Il divario apertosi nel suo cuore si faceva sempre più ampio.
Osservando il giovane Ashford, vedeva il volto di un amante ferito e perseverante, che viveva per la sua causa e sarebbe morto per essa; eppure allo stesso tempo stava cadendo nell’oblio di una sofferenza che già aveva dilaniato il suo spirito.
Egli era forte………eppure era stanco. Lo sentiva.
Lo vedeva………
Quello scheletro morto fra le sue mani, agli occhi di entrambi non era che la trasposizione materiale di qualcosa che non era tangibilmente fra loro. Qualcosa di adorato e contemplato, ma che nei fatti era evanescente e lontano, cosa di cui Alfred era consapevole, tuttavia restio ad ammetterlo.
Per questo gli occhi del biondo si abbuiarono; per questo la sua boriosità fu sostituita velocemente da un fastidioso senso di frustrazione.
Egli aveva fra le mani il simbolo del suo disastro mentale, di quella vita fra “l’essere e il non-essere” che egli stesso si era imposto.
L’altolocato comandante si voltò indietro, in balia di quella confusione mentale che lo stava straziando.
Uscì quindi dalla stanza, facendo per tornare nell’atrio principale.
Claire lo seguì, questo mentre sempre più punti interrogativi affollavano la sua mente; così tanti che presto si perse fra essi, non essendo più capace di isolare le singole questioni, le quali nel loro insieme annebbiavano la sua mente traducendosi in uno stato d’animo di agitazione che scuoteva il suo cuore, tormentandolo irrefrenabilmente.
 
 
 
 
***
 
 
 
Base Antartide dell’Umbrella Corporation – Sotterranei
Androne Circolare
 
 
Alfred posizionò il teschio dentro uno degli incavi dell’imponente portone di ferro battuto, posto nell’enorme sala circolare centrale.
Claire osservò il resto dell’incisione e solo dopo aver risolto parte dell’enigma comprese la sua logicità.
Era una citazione di Amleto e dunque il primo oggetto da posizionare era un teschio. Era chiaro.
Il resto della scritta invece parlava di morte, sogni, sacrifici, amarezze, aldilà… era un discorso sulla vita.
Gli altri oggetti avrebbero fatto riferimento a questo tema, quindi?
Contò che mancavano almeno altri tre oggetti, tuttavia, dalla forma degli incavi intagliati sul portone, non riuscì a stabilire nulla. Mentre si attingeva ad interpretare cosa avrebbe dovuto cercare assieme ad Alfred, constatò che indubbiamente il biondo sapeva già cosa fare. Leggeva nei suoi occhi la determinazione di chi era pronto a intraprendere un nuovo percorso.
Avrebbe solo voluto smettere di essere solo una pedina per lui e che cominciassero a collaborare più alla pari. Temeva però che non sarebbe stato semplice trovare il modo per farsi rispettare da lui.
Sebbene il desiderio di essere accettata era in verità più forte dell’istinto di sopravvivenza, decise comunque che nelle condizioni attuali non poteva far altro che assecondarlo ancora una volta. Avrebbe trovato la sua occasione e allora magari persino uno come Alfred avrebbe capito.
Suo malgrado dunque, tenne a freno il suo fortissimo bisogno di interloquire con lui, questo per superare al più presto quelle trappole e recuperare gli oggetti necessari ad aprire il portone.
Proseguirono lungo uno dei tanti cunicoli che si intrecciavano in quel sotterraneo, percorrendo un tunnel roccioso molto simile a quelli già percorsi.
Alfred Ashford ad un tratto si fermò vicino una porta d’acciaio costruita nella pietra. Questa era rugginosa e senza serratura. Sembrava invalicabile.
Claire si affacciò verso di lui, curiosa di sapere quale meccanismo l’avrebbe aperta. Stette dunque ferma, in silenzio, osservando accuratamente le movenze del biondo.
Egli intanto si poggiò al ferro, facendo come per origliare dall’altra parte. In seguito diede un paio di sonori colpi su di essa con il palmo della mano chiuso in un pugno. Subito dopo si allontanò e proseguì lungo la strada ignorando del tutto quella porta.
Claire sgranò gli occhi. Impiegò qualche istante prima di realizzare che Alfred aveva deciso di ignorare quella porta di ferro battuto.
Si rimise velocemente a suo passo, rivolgendogli tuttavia un volto dubbioso che non riuscì proprio a frenare. La sua bocca parlò senza che lo volesse, interdetta da quel suo strano gesto.
 
“Ashford…perché hai dato dei pugni contro quella porta? Cosa….cosa c’è dentro..?”
 
Chiese titubante e Alfred fece spallucce.
Si soprese quando lo vide sorriderle. Qualcosa di sinistro era però celato in quel ghigno.
Eppure…c’era anche qualcosa di infinitamente triste celato in esso.
Non seppe spiegarselo, ciò nonostante era così.
Le parole che ben presto pronunciò il biondo confermarono quella sua impressione, che decifrarono perfettamente il motivo per cui sul suo viso era dipinta un’espressione nostalgica, beffarda eppure tristemente malinconica.
 
“Niente…ho soltanto dato un saluto a mio padre.”
 
 
 
Suo…padre…?
 
 
 
Claire si girò tempestivamente di nuovo verso quella porta ormai alle sue spalle.
 
“Cosa…intendi?”
 
Disse frastornata, mente la sua espressione facciale si corrucciava.
Alfred si fermò dandole il tempo di realizzare quanto detto, tuttavia non disse di più.
Quelle parole, nella loro sinteticità, avevano riassunto ogni cosa. Non c’era altro da aggiungere per lui riguardo quell’uomo.
La rossa tuttavia si intristì enormemente. Avrebbe tanto voluto chiedergli qualcosa, eppure non trovò il coraggio di farlo.
Provò solo un grande e profondo senso di malinconia, che dovette forzarsi di reprimere poiché non andò giù tanto facilmente. Alfred se ne accorse, tuttavia non aveva alcun interesse nel spiegarle perché suo padre fosse lì dentro o in che condizioni vertesse.
Non aveva alcun senso per lui. Non desiderava che lei capisse.
Eppure qualcosa ancora torturava il suo animo. Qualcosa cui non riusciva a dare una decifrazione.
Si trattavano delle oscure ragioni che per qualche motivo avevano portato quella giovane donna ad avvicinarsi a lui.
Per qualche ambiguo motivo, egli leggeva nei suoi occhi una determinazione che non riusciva a comprendere. Era come se lei anelasse a qualcosa……ed era ormai chiaro di cosa si trattasse.
Claire sperava di trovare delle risposte, di arrivare a lui… di oltrepassare il recinto spinato avvolto attorno il suo cuore, dentro cui erano nascosti i suoi ricordi, i suoi pensieri, la sua vita.
Tuttavia…perché?
Cosa se ne importava lei?
Cosa mai sarebbe cambiato se lei conosceva o no qualcosa di lui?
Non aveva alcun senso per un uomo come Alfred che non aveva agognato nella vita nulla se non l’amore di un Sola Donna, una Sola Regina.
Non gli importava di Claire. Aveva da tempo smesso di riporre le sue speranze in altri esseri umani al di fuori di Alexia. Lei soltanto aveva importanza per lui.
Dunque perché Claire interferiva con i suoi piani? Perché gli rivolgeva quello sguardo che lo straziava?
Perché sembrava voler introdursi dentro di lui?
Dentro il suo tortuoso, spinoso, invalicabile cuore?
Alfred non riusciva a comprendere in nessun modo per quale motivo una persona dovesse desiderare tanto comprendere un altro essere umano……all’infuori di Alexia.
I suoi occhi vitrei si fecero in qualche modo portavoce di quei pensieri, apparendo frigidi e distanti…eppure estremamente penetranti.
A modo suo, anche Alfred si stava inconsciamente avvicinando a quella donna, desiderando la conoscenza di quell’universo a lui così dissimile.
Ai suoi occhi, Claire non era che un micro universo che racchiudeva però qualcosa che lui non aveva mai conosciuto. Non sapeva nemmeno di cosa si trattasse, eppure bastava questa consapevolezza a renderlo morboso.
Anelava la chiave di lettura circa quegli incompressibili atteggiamenti che facevano di quella strana donna la persona più misteriosa che avesse mai conosciuto.
In un qualche qual modo, dunque, entrambi si rivolsero uno sguardo inquisitorio, cui però nessuno dei due riuscì a dare voce. Tuttavia entrambi, in quel fugace istante, trasmisero l’uno nell’altro quella sete di conoscenza che li stava facendo letteralmente impazzire.
 
“Redfield…”
 
Sussurrò il biondo comandante inaspettatamente, interrompendo il silenzio.
Il suo sguardo era buio e i suoi occhi erano capaci di entrare nell’animo di Claire, che si sentì come trafitta da essi.
Pungenti e incomprensibili, erano puntati su di lei ed erano riusciti a catturare ogni componente del suo corpo e dei suoi pensieri. Quasi le sembrò di non riuscire più a sbattere le palpebre, in balia delle confuse emozioni che la animavano nel momento nel quale interloquiva con lui.
Quando lo vide schiudere di nuovo la bocca e fare per parlare, il cuore le salì in gola, completamente presa dal suo oscuro sguardo. Tenebroso….inaccessibile…
 
“Dimmi, perché hai letto il mio diario?”
 
Disse infine e il silenzio piombò di nuovo fra loro.
Claire rimase immobile, incapace di dare una risposta a quella domanda.
Nella sua mente si figurarono almeno una decina di risposte, che si susseguirono una dopo l’altra, ma non riuscì a formularne nemmeno una. Non era semplicemente preparata a dare quella risposta.
Forse non era certa neppure lei del perché lo avesse fatto. Sapeva solo cosa avevano indotto nella sua mente quel diario dopo, ma non sapeva spiegarlo. Non sapeva trovare le parole.
Quel silenzio indusse Alfred a voltarsi completamente verso di lei. Posò una mano sul fianco, facendo come per attendere una risposta che tuttavia non giunse.
Egli attese, sentendosi seccato. Il suo cuore si sentì turbato, era come se lo sguardo vago della Redfield avesse invece risposto alla sua domanda e la cosa lo mise in uno stato di tacita agitazione.
Egli sgranò gli occhi quando vide la giovane dai capelli scuri portare la lunga frangia che le pendeva sul viso dietro l’orecchio, scostando i suoi occhi da lui.
In seguito ella sorrise, non trovando il coraggio di guardarlo negli occhi a sua volta.
Quelle labbra che si curvavano dolcemente comunicarono un calore umano che fu spiazzante per lui. L’Ashford si ritrasse, sentendosi toccato in qualche modo.
Discostò lo sguardo da lei, mentre il suo cuore prese a battere forte. Era straziante, non riusciva a comprendere cosa diavolo gli stesse accadendo.
Fu costretto a darle le spalle e ignorare del tutto quel momento che aveva gettato nel buio il suo animo, costringendolo a crucciarsi.
Claire comprese il profondo disagio dell’uomo di fronte a lei. Capì che in qualche modo Alfred aveva intuito cosa tormentasse anche lei in quel momento, e quel pensiero la mise enormemente a disagio.
Decise dunque di rompere il ghiaccio e rendere quella circostanza qualcosa di più sopportabile.
Non erano probabilmente pronti ad affrontare un argomento simile. Lei almeno non lo era, sebbene dentro di sé possedeva invece tutta la risoluzione necessaria ad agire e aiutarlo.
Fece dunque qualche passo verso di lui, incitandolo a tornare sui propri passi e trovare il secondo oggetto per aprire il portone.
Alfred la osservò mentre lei lo superava e si incamminava lungo il cunicolo muschioso. Contemplò i suoi lineamenti, le sue curve, il suo incedere determinato. Questo mentre la sua mente si contorceva sempre di più negli abissi dei suoi tormenti.
Nello stesso tempo in cui ella si allontanava da lui, non ritrovò subito la volontà di affiancarsi a lei.
Non era del tutto disinvolto, raramente si era sentito in quel modo.
Eppure, se da un lato la voleva lontana da lui, per sempre, dall’altra c’era qualcosa che lo aveva rinnovato da quando l’aveva incontrata. Più passava del tempo con lei, più sentiva che quel qualcosa stava marciando sempre più forte dentro di lui. Era oramai un processo inarrestabile.
La mente e il corpo di Alfred ormai desideravano solo e soltanto una cosa, ma era ancora bloccato per ammettere quel desiderio.
 
 
I due ben presto giunsero di fronte una porta decorata color rame, ove era intagliata la forma di una cornice su cui era incastrato un “gioco”: uno di quei puzzle composti da varie caselle che una volta riordinate riproducono una certa figura.
Le piastrelle quadrate, seppur scomposte, rimandavano già al primo sguardo a una figura alata che Claire riconobbe subito nello stemma della famiglia Ashford.
Alfred tuttavia la precedette, facendo scorrere quei tasselli e ricostruendo con velocità la figura.
La Redfield era abbastanza brava in quel tipo di giochi, eppure mai avrebbe creduto che qualcuno potesse riuscire a riordinare un puzzle con così tanta facilità. Non sapeva se era perché Alfred conoscesse già la combinazione, oppure quella prestazione non era che la dimostrazione della sua intelligenza fuori dal comune. Fatto stava che vederlo riordinare tutte quelle piastrelle e ricomporre l’aquila dorata della famiglia Ashford fu un’esibizione che aveva dell’incredibile.
Lo contemplò mentre era concentrato nel risolvere quell’enigma; il suo volto serio e imperscrutabile era qualcosa che la lasciava davvero di stucco. Non poteva fare a meno di chiedersi come un ragazzo dalle indubbie capacità intellettive come le sue potesse essere arrivato a distruggersi tanto psicologicamente. Era un pensiero che non riusciva ad accettare.
Una volta sbloccato il meccanismo, entrarono in una sala veramente elegante. Era una sorta di salone dall’apparenza del diciannovesimo secolo.
La pavimentazione era lucida e ambrata, rifletteva le loro effigi in modo impeccabile, come fosse uno specchio. Diverse ricostruzioni di sculture in stile greco costeggiavano i perimetri della hall, conferendo all’ambiente un aspetto museale.
Claire cominciò a pensare si trattasse di una sala d’esposizione. Osservò i quadri appesi che rivestivano gran parte delle pareti, tutti ispirati all’arte rinascimentale e romantica. Era senza dubbio una stanza di valore, si sentiva notevolmente stimolata nell’essere in un posto simile.
Tutto ad un tratto, poi, quel che catturò la sua attenzione fu una riproduzione piuttosto singolare e che rimembrò in lei una scena già vista: il quadro di due bambini dai capelli color oro, dipinti eccellentemente con pennellate morbide e sottili.
I loro visi erano rilassati, dolci, puerili…e la loro somiglianza evocava chiaramente a una linea parentale fra i due.
Tuttavia la loro posa così intima, in cui i loro volti quasi si univano in un bacio ove labbra non si erano ancora sfiorare, faceva rabbrividire i suoi sensi. Quell’immagine faceva indubbiamente riferimento a una relazione misticamente fra i due, profonda e anomala.
Erano Alfred e Alexia in età giovanile, non v’erano dubbi.
Vederli in quella posa trasmise qualcosa di sfuggente nella mente semplice di Claire Redfield, la quale si sentiva leggermente a disagio di fronte le ambiguità dei due gemelli Ashford.
Il biondo, intanto, rimasto taciturno alle spalle della ragazza per un lungo periodo, giaceva ancora nell’ombra, al momento incapace di interpretare quel che il suo cuore gli suggeriva.
Era immobile, sentiva il suo corpo tremare. Era come se fosse incapace di muoversi.
Per qualche oscura ragione si sentiva a disagio e quella che prima sembrava un’eccitante collaborazione in cui aveva la Redfield nelle sue mani, velocemente andò invece ad intaccare lui stesso, rendendolo vulnerabile.
Il suo spirito ribollente fremeva dal desiderio del dominio, dall’inarrestabile e seducente prospettiva di detenere l’oggetto del suo tacito e ignobile desiderio.
Questa dicotomia lo frapponeva fra i suoi ideali e le sue ambizioni. Malgrado ciò, bramava peccare…bramava compiere quel sacrilegio.
Quel che aveva freddato il suo corpo era dunque il disagio di non sapere come comportarsi, eppure di avere chiaro in mente cosa volere. Pur tuttavia aveva un modo per ottenerlo…
Poiché era lui il giostraio. Era lui che muoveva quel gioco.
La negazione verso ciò che poteva o non poteva fare, fece accrescere in lui un capriccio. Una ribellione interiore che annebbiò la sua ragione, inducendolo a ingannare i suoi sensi al fine di avere ciò che desiderava.
Era questo il gioco di Alfred Ashford. Avrebbe ottenuto da Claire tutto ciò che voleva.
Alfred Ashford era il sovrano assoluto di quel mondo che lui stesso aveva costruito.
Lei era sua, non avrebbe mai potuto disobbedire al suo volere.
Mosso da quell’insana consapevolezza, ove la sua indole tirannica dominava, le sue gambe si mossero quasi senza che lo volesse e si ritrovò alle spalle della ragazza dai capelli rossicci.
La tirò per il polso e con una presa ferma, eppure per niente violenta, fece voltare tutto il suo corpo.
Vide la sua bellissima Altra Donna piroettare verso di lui, costretta dalla sua morsa a rivolgergli il suo sguardo sveglio e temerario. Due occhi blu meravigliosi, che egli osservò estasiato, incapace di contemplare altro.
 
“Cosa…stai…?”
 
“Avvicina il tuo volto al mio. Fallo Claire. ”
 
Pronunciò tenendola stretta a sé, mentre si avvicinava a lei a tal punto da sentire solleticare la sua fronte dai suoi morbidi capelli.
 
 
Una scusa….una qualsiasi scusa….
Per averla accanto; per non sentire il peso del suo peccato.
 
 
Voleva incitarla a toccarlo, a volerlo…ad amarlo.
Voleva essere desiderato.
Ambiva che la sua passione non fosse univoca, anche ricorrendo a escamotage disonesti e macchinosi.
 
 
Non gli importava altro.
Voleva solo che lei lo facesse.
 
Che lo amasse.
 
Voleva quell’amore.
 
Lo bramava.
 
L’avrebbe avuto.
 
Ora, in quell’istante.
 
Perché ne aveva bisogno.
 
Perché era lui il Re.
 
 
“Cosa stai dicendo?” chiese Claire interdetta, indietreggiando il collo.
 
“Per proseguire è necessario che tu faccia ogni cosa io ti dica…ricordi?”
 
La ragazza rimase impietrita, al che il biondo insistette ulteriormente, posizionando la sua mano sulla sua guancia e tenendole il viso. Essa era stranamente calda.
Suadente, la invitava a quel contatto intimo con lui, cui sembrava non potersi sottrarre; eppure si affiancava anche una certa prepotenza, quella di chi voleva ottenere tutto come un bambino capriccioso.
Alfred intanto la guardò dritto negli occhi, trasmettendole una sensazione di malizia che sconvolse la Redfield fino a mandare in panne la sua mente.
 
“Cosa c’entra ora?”
 
“Ho creato io questi luoghi, queste trappole sono frutto del mio impegno e dedizione. Sono la tua unica speranza di sopravvivere, non essere titubante.”
 
Claire non riuscì ad interpretare quello sguardo, che le comunicava tutto tranne che un collegamento con le sue parole. Ella non vedeva altro se non l’ostinazione di un ragazzino. Egli voleva che lei lo facesse e basta.
Per lei era lampante che la sua fosse una strana e ambigua presa di posizione.
Stava approfittando delle circostanze…era una situazione letta.
Sentiva dentro di sé che era una scusante la sua. Lo sentiva sulla sua pelle.
Alfred stava mentendo.
Stava strumentalizzando la sua circostanziale dipendenza da lui e la sua accettazione di questo.
La sua espressione insistente e bramosa dava conferma a quella supposizione.
Si ritrovò velocemente fra le braccia del tenebroso comandante di Rockfort, non sapendo come contraddirlo.
Non fu tanto il senso di sopraffazione a non farla ribellare. Fu piuttosto la sorpresa di vedere Alfred avvicinarsi così repentinamente a lei senza darle la possibilità di accorgersi delle sue azioni. Il modo brusco e improvviso con cui avvenivano i suoi gesti. La sua mente era congelata e non fu capace di fingere di credere a un’assurdità simile.
 
“Non ti credo che lo stai facendo per salvarci da qualche trappola…”
 
“Vuoi contraddirmi?” ribatté lui, calmo.
 
“Perché dovrei crederti?” disse lei quasi fra sé, ma il biondo era abbastanza vicino da sentire benissimo quel sussurro.
 
Era lampante ai suoi occhi che dietro quel gesto si celasse un grosso malinteso, tuttavia egli non accennava a scostarsi da lei. Prontamente Claire mise i palmi sul suo petto contrapponendosi al suo gesto immotivato e prepotente, ma in tutta risposta egli posò delicatamente la sua fronte sulla sua, tentennando qualche istante prima di comprimersi contro la sua pelle.
Sentire il viso caldo del biondo così prossimo al suo fece sussultare il suo cuore. L’unica cosa che riuscì a fare fu aprire inutilmente la bocca, pronta a enunciare parole che non trovava. Questo mentre le sue iridi profonde si spalancavano, rispecchiandosi nello sguardo ferito e solitario di un uomo che aveva perso tutto, persino se stesso.
Alfred stette immobile, ricercando in quel contatto intimo quel bisogno di calore umano che solo Alexia aveva sempre saputo colmare. Volle cercare in quella donna così dissimile dal suo amore eterno quella stessa complicità che lo completava, e fu meraviglioso quando mille emozioni lo trapassarono, facendo sussultare il suo corpo ormai morto.
Si nutrì di quella meravigliosa sensazione di vita che Claire seppe trasmettere in lui. Quel respiro caldo, quegli occhi intesi, il sangue che ribolliva nelle sue vene, quella pelle candida e calorosa…
Alfred non fu capace di dare un freno a quel suo bisogno di affetto e così, quando Claire fece per discostarsi, la strinse ancora più saldamente e la tirò a sé, inducendola ad avvinarsi di più. Voleva arrivare a lei…di più…sempre di più…
Inspirò profondamente, arrivando quasi a sfiorare il suo naso, tuttavia a quel punto si fermò.
Voleva stare immobile così. In quella posizione. Con quella fioca distanza. Con lei. Non desiderava altro.
Claire si sentì confusa.
Lo vide irrefrenabilmente avvicinarsi a lei con le delicatezza e la prepotenza di principe affamato, per poi bloccarsi in modo quasi statuario una volta sfiorato l’oggetto del suo desiderio.
Quasi come se non potesse avvicinarsi di più. Quasi come se non potesse ottenere di più.
Rimase immobile a meno di cinque centimetri da lei, completamente padrone del suo corpo, dei suoi istinti, dei suoi gesti. Come se improvvisamente si fosse trasformato in una pietra immobile.
Eppure.. non era freddo. Sentiva che quel corpo era vivo, che quell’ardore che l’aveva fatto quasi avventare su di lei non l’aveva abbandonato.
Per qualche ragione egli si era fermato, ma non perché bloccato. Si era fermato perché era quella l’espressione del suo amore.
Al contrario, era lì che quel corpo era diventato vivo veramente, nonostante fosse immobile. Nonostante non fosse arrivato ad averla.
La cosa la confondeva e faceva agitare il suo corpo, lei che invece era una donna normale e quella lunga giacenza immobile di fronte a lui era difficile da sostenere.
Tuttavia riuscì a rimanere ferma, riportando intanto alla mente il giorno in cui quell’uomo fece già un gesto simile… quando lei era ancora travestita da Alexia…
Quel giorno in cui si specchiò nei suoi occhi e già allora intravide qualcosa in quelle iridi buie, tristi, sole…
Rievocare quella sensazione dopo tutto quel tempo trasmise dentro di lei una miriade di emozioni contrastanti.
Quel gesto per lui aveva un significato profondo. Rifletteva il suo bisogno di comprensione, di amore, di vicinanza.
Eppure egli non osava toccarla, non osava arrivare a congiungere le sue labbra con le sue.
Questo perché era solito fare questo con Alexia? La sua regina assoluta che non osava toccare?
Tuttavia lei non era la sua Regina…e lui lo sapeva bene. C’era altro che muoveva i suoi sentimenti.
Claire era in attesa di una risposta che tuttavia non giunse mai.
Ad un certo punto, Alfred fissò i suoi occhi glaciali su di lei.
Non gli bastava.
Voleva che fosse lei a volerlo…
Era lei che doveva desideralo…
Doveva farlo Lei…
 
“Avvicinati, Claire…”
 
Claire sentì il suo collo paralizzarsi, tuttavia, sebbene rigida come un tronco, lentamente si approssimò a lui accondiscendendo a quell’ordine.
Non seppe perché lo fece, probabilmente voleva solo scoprire fino a che punto sarebbe arrivato.
Non lo sapeva o forse non voleva rispondere a tutte le sue domande.
Fatto stava che diminuire ulteriormente le distanze e porsi a due centimetri da lui, fece andare in panico la sua mente, che finì per freddare tutto il suo corpo immobilizzandola del tutto.
Il biondo Ashford se ne accorse; ella non riusciva a lasciarsi andare e acconsentire agli ordini del suo padrone come lui desiderava. Ma egli era incapace di accentate quella ribellione. Non l’avrebbe permesso.
Così lasciò libero il suo polso, ma in compenso afferrò il viso di Claire con entrambe le mani, attaccandolo praticamente al suo.
 
Il suo respiro…
Il suo calore….
 
 
 
Vita… Vita vera….
Sangue che pulsava e scorreva nelle sue vene.
 
Fu….stupendo.
 
 
 
 
Alfred abbandonò improvvisamente la presa, lasciando Claire libera da quel vincolo.
Egli si allontanò ristabilendo una distanza normale, comportandosi in modo del tutto disinvolto.
La rossa si sentì confusa, sempre di più.
Il biondo intanto si ricompose e l’espressione beffarda che improvvisamente si dipinse sul suo volto fece sbandare la giovane, ancora in balia di quelle ribollenti emozioni.
 
“Il meccanismo che apre la porta alle tue spalle dovrebbe essere scattato ora. Andiamo.”
 
Claire sgranò gli occhi.
Improvvisamente si rese conto di ciò che era accaduto, di come con tanta facilità Alfred fosse riuscito ad avvicinarsi a lei e indurla a ottenere ciò che voleva.
Si sentì tremare, mai nella sua vita le era capitato di perdere il controllo in quel modo.
Cosa..cosa aveva fatto? Perché non l’aveva scacciato subito? Cosa diavolo le era venuto in mente?!
L’Ashford l’aveva sedotta, stregata forse. Era…inspiegabile!
Osservò il suo viso arrogante e i suoi occhi pungenti, quell’espressione soddisfatta che lo illuminava, rendendolo improvvisamente l’uomo corrotto che aveva sempre visto in lui.
La sua mente cominciò a martellarla, facendole apprendere tutto d’un tratto il peso dell’aver conosciuto un passato come quello del comandante Ashford; un uomo vissuto nella solitudine cui lei aveva dato calore…
Una parte di sé aveva finito col prendere a cuore la sua triste sorte e così si era lasciata soggiogare fino a voler entrare nel suo mondo…per comprenderlo.
Tuttavia questo era stato un errore! Un grosso errore!
Questo perché Alfred era pazzo! Deviato!
Come aveva potuto lasciare che il suo lato più sensibile e sentimentale prevaricasse tanto?
Claire si sentì frustrata.
Dentro di sé sapeva benissimo di essere stata accondiscende verso di lui perché internamente l’idea di aiutarlo la stuzzicava, la rendeva vogliosa di mettersi in gioco data la sua natura altruista.
Dunque il fatto che si fosse avvicinato a lei, lì per lì l’aveva ammaliata, rendendola smaniosa.
Tuttavia questo era stato un errore imperdonabile.
Quell’uomo non aveva contegno. Lui era la prova di quanto disgustoso potesse essere il genere umano. Lui aveva finito col fraintendere le sue buone intenzioni e la sua indole generosa, trasformandola ancora una volta nel suo giocattolo, da sfruttare a suo piacimento.
D’altra parte, non poteva però fare a meno di chiedersi perché Alfred avesse fatto una cosa simile. Quale era il suo tornaconto in questo caso?
Fino a qualche ora prima, egli aveva cercato di ucciderla proprio perché si era abbandonato a lei in quel bacio oltraggioso, quando era mascherato da Alexia.
Quella vicinanza pretesa pochi istanti prima, dunque, era…un controsenso. Era ridicolo!
Eppure, in quello stesso istante, accadde qualcosa che la frastornò ulteriormente.
 
Un muro sprofondò nella pavimentazione, sparendo dentro un’insenatura e svelando un percorso prima nascosto.
Era…una coincidenza? Alfred aveva appena attivato un qualche meccanismo senza che se ne accorgesse? Oppure aveva detto la verità e quel contatto fisico era davvero servito a quello scopo?
Era…sconvolta.
Intanto l’Ashford se la rideva sotto i baffi, mentre quella sensazione di calore scaldava ancora la sua pelle. Passo una mano sul suo volto, accarezzando la sua bocca, come rievocando quel contatto che aveva ottenuto in quel modo subdolo.
Sorrise velatamente, in seguito s’inoltrò oltre il passaggio appena apertosi in quel salone, incitando in quel modo Claire a seguirlo.
La ragazza mai come allora si sentì una marionetta nelle sue mani. Quella storia doveva finire. Alfred era un uomo corrotto e lunatico. Doveva pagarne le conseguenze!
 
“Tu…sei un pazzo maniaco! Come diavolo ti sei permesso a prenderti gioco di me? Pensi che sia tanto stupida da non accorgermene?”
 
Ringhiò contro di lui, dimenandosi rabbiosamente.
Alfred la guardò stizzito, alterandosi non poco per via di quella reazione.
Il suo cuore trasalì, rinnegando in quello stesso istante quella verità sconcertante che lui si ostinava a camuffare.
Ferito nel suo orgoglio, strinse i denti. Quel senso di sopraffazione fece capovolgere di colpo le sue emozioni appagate, che divennero tutto a un tratto riprovevoli.
Come osava quell’insulsa ragazzina anche solo ipotizzare che lui escogitasse uno stratagemma simile per avvicinarsi a lei?!
In effetti era la verità, eppure nella mente di Alfred quella realtà si capovolse, trasformando Claire nella colpevole di tutto.
Era la sua reazione di auto difesa, che preservava la sua mente dal declino.
Claire osava affermare che fosse stato lui a volerla…? Si sbagliava…era lei che continuava ostinatamente a traviarlo! Lei! Lei!!
 
“Cosa staresti insinuando Redfield…!?”
 
“Lo sai BENISSIMO!”
 
Alfred sbandò, sentendosi indifeso. La sua mente lo portò a reagire in modo violento, arrampicandosi a qualsiasi cosa gli desse ragione. Puntò dunque i piedi a terra ed esplose.
 
“Tu…non osare rivolgerti così a me! Se sei rimasta in vita fino ad ora, è solo perché io l’ho voluto! Non provare a ribellarti, Redfield, o ne pagherai le conseguenze!! Ti avevo avvertita!”
 
“Ebbene…paghiamole queste conseguenze! Sono stata già una volta il tuo ‘giocattolo’, non succederà di nuovo!”
 
A quel punto, però, un rumore imprevisto catturò l’attenzione di entrambi distogliendoli da quello scontro.
Una densa coltre di fumo si propagò improvvisamente nella sala, annebbiando tutto ciò che li circondava.
Si voltarono e fra i detriti di una porzione di muro abbatta d’improvviso, apparve un inatteso ospite….
Un Bandersnatch aveva sfondato la parete ed era ora lì, pronto ad attaccarli.
 
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
* Per chi l’avesse riconosciuta, la descrizione di questa stanza vi dovrebbe ricordare l’area che precede lo scontro contro Daniella in Haunting Ground (ps2-videogame).
 
 
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Resident Evil / Vai alla pagina dell'autore: fiammah_grace